L’autore non era ancora nato, in Scozia, o era troppo piccolo per ricordare bene il disastro di Chernobyl, nell’allora Unione Sovietica. Io me lo ricordo bene: avevo tredici anni. Alle elementari, nel pieno degli anni ’80 e della Guerra Fredda, si respirava un clima di paura per una possibile guerra nucleare. E noi eravamo relativamente vicini al bersaglio che era considerato la centrale di Caorso: una fuoriuscita di materiale radioattivo avrebbe contaminato anche le nostre valli.

Chernobyl ci ha messo di fronte a una nuova realtà: un incidente dall’altra parte del continente può avere conseguenze anche da noi. Si sconsigliava di mangiare frutta e verdura, di stare troppo all’aperto, e a noi ragazzini era “vietato” andar per campi e boschi.

La storia del disastro in Ucraina è sconcertante: i motivi del disastro, le decisioni prese prima, durante e dopo l’esplosione. Il libro mixa il racconto di ciò che è accaduto con la storia del viaggio nei luoghi del disastro (Chernobyl, Prypiat, i resti della centrale, Kiev, ecc).

Un tragico avvenimento del ‘900, che ha spiegato che il potere dell’uomo non è infallibile.

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