Ho letto questo libro, “L’archeologo” di Arthur Phillips.

Un giovane esploratore è in Egitto, circa 100 anni fa, a cercare la tomba di un re.

Un ex investigatore privato, negli anni ’50 (quindi una trentina di anni dopo) racconta lo svolgersi di indagini alla ricerca di un appassionato di egittologia

Le due storie si “intrecciano” finché alla fine del libro si scoprirà che….

Detto così sembra interessante, in realtà è un libro terribilmente LENTO, ampolloso, verboso. (Si dice verboso in italiano? In english you can say “verbose“). Io non capisco quegli autori che, in preda a delirio di scrivere tomi da mille pagine, non si accorgono che se cancellassero almeno un terzo di quello che scrivono sarebbe molto, ma molto meglio.

Matteo Colombo mi dai ragione? La scrittura è un lavoro simile alla scultura: prendi un blocco di granito, togli togli togli e infine arrivi a una grande opera. Bella, rifinita, dettagliata. E anche se non foste il Bernini, beh, sempre meglio di un masso malamente abbozzato.

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