L’antico maniero dei Malaspina venne distrutto nel 1575 in una faida di famiglia
La recente attenzione che la carta stampata ha dedicato al castello di Oramala, l’insigne maniero che sorge sul crinale tra Varzi e la Val di Nizza e che risulta essere in vendita, ci ricorda quanto sia stata importante la presenza dei Malaspina nelle nostre terre. Oramala ovviamente non è stato il loro unico castello; un altro strategicamente fondamentale per il dominio delle zone sottostanti era quello di Pregola, andato poi distrutto, come vedremo, a seguito di una sanguinosa faida familiare. In effetti il monte che sovrasta Pregola era il posto ideale per un insediamento di carattere difensivo data l’ottima visuale che offriva sul territorio circostante. La vicina preesistente cisterna con acqua sorgiva, risalente all’epoca romana al pari una torre inglobata nella nuova costruzione, avrebbe garantito gli approvvigionamenti idrici in caso di prolungato assedio.
Quando nacque il castello di Pregola? Per opera di quale esponente della famiglia Malaspina? Per la data di fondazione dobbiamo risalire al XII secolo essendo il maniero citato un atto del 1194 quando venne espugnato da armati piacentini; varie testimonianze coeve affermano che la rocca di Petragroa era di spettanza dell’abbazia di Bobbio. Sappiamo poi che nel 1221 vari rampolli della famiglia Malaspina, originaria della Lunigiana, si dividono le terre comuni, cioè castrum et villa de Petragroa. Nel 1453 il marchese Alberto Malaspina de Petragroa ed i nipoti, nello spartire i propri beni, mantengono indiviso il castrum Petragroae ma si dividono le “masnade” degli habitatores burghi castri Petragroae. L’uso del termine borgo lascia intendere che l’abitato circostante avesse or mai raggiunto una certa consistenza.
Il trekking del Barbarossa
Sappiamo che i Malaspina ebbero stabilmente il territorio di Pregola da Federico il Barbarossa perché il sito risulta inserito nella concessione data in Pavia nel 1164. In una divisione familiare successiva il feudo di Pregola andò ad Alberto, figlio del Corrado l’antico citato da Dante (“Chiamato fui Currado Malaspina; non son l’antico ma da lui discesi” – Purgatorio VIII). Da allora il marchesato di Pregola conobbe le turbolenti alterne vicende dell’intero periodo feudale fino a che Napoleone non ne decretò la fine. Ma due fatti di rilievo che coinvolsero tanto i Malaspina che il castello e la zona circostante meritano di essere riportati.
Il primo avvenne alla fine dell’estate del 1167 quanto l’imperatore Federico dovette rinunciare ad una campagna nell’Italia meridionale. Lasciata Roma dove imperversava una epidemia di peste che gli aveva decimato le schiere in armi, Federico si portò a Pontremoli con l’intenzione di raggiungere Pavia valicando l’Appennino. Sulla strada della Cisa si vide la strada sbarrata dalle formazioni della Lega lombarda. Obizzo Malaspina, signore del luogo, gli propose allora un itinerario alternativo attraverso le valli del Taro, del Ceno, dell’Aveto, della Trebbia e della Staffora, così da aggirare le insidie nemiche. Malgrado fosse stato avvertito che il percorso era estremamente disagevole l’imperatore accettò e sotto la guida di Obizzo arrivò a Pavia sfruttando i sentieri battuti dai mulattieri e facendo sosta probabilmente nei castelli meglio difesi della zona, Cerreto in val Trebbia, Pregola, Oramala. Fu durante quel tragitto che Obizzo, cavalcando a fianco dell’imperatore e dietro richiesta di questi, non esitò a rivelare quale fosse l’attività prevalente che svolgevano i Malaspina in quel periodo turbolento: “Cosa volete, in siffatti paesi che non producono nulla bisogna pur vivere di rapina“.

Una lotta sanguinosa
Insomma, i signori taglieggiavano — come altrove — viandanti, pellegrini, mercanti e chiunque si avventurasse lungo i gioghi e le valli dell’Appennino. Una prassi purtroppo consueta all’epoca, sia qui che sulle Alpi.
Il secondo fatto storicamente non meno importante risale al 1575 e muove da una intricala storia di torbidi rapporti familiari, vendette, ripicche, uccisioni. Nel I563 i marchesi di Pregola fratelli Oliviero e Agostino Malaspina (Agostino era sacerdote) furono uccisi da un altro dei Malaspina del posto, il marchese Federico, perché i primi gli avevano trucidato il padre. Una rappresaglia sanguinosa, una faida in piena regola. Il figlio di Federico, Gian Maria, nel 1570 si aggregò ad una schiera di banditi assetali di preda e con il loro aiuto tentò di occupare con la forza delle armi il castello di Pregola di cui pure era condomino ma che al momento era tenuto da altri parenti. L’assalto non riuscì. Per vendetta Gian Maria scatenò i suoi uomini, devastò e incendio i borghi di Zerba e di Belnome in val Boreca, uccise parecchi vassalli dei suoi congiunti e rivali, bruciò quattro donne e fece una imponente razzia di bestiame. Dal castello partì l’ordine di confisca dei suoi beni, alla quale cercò ovviamente di opporsi con la forza chiamando di nuovo a raccolta i suoi masnadieri per impossessarsi definitivamente della rocca dei detestati parenti. Riuscì in breve ad incendiarla e a raderla al suolo definendola sprezzantemente “casupola di poco conto“. Per il vetusto maniero carico di anni e di storia la fine, nessuno pensò più di ricostruirlo.
Anzi, quasi a segnare il passaggio di un’epoca, i Malaspina titolari del fetido eressero successivamente in uno spiazzo ad est del centro abitato di Pregola una pretenziosa casa forte recuperando parte del materiale e delle pietre della struttura semidistrutta. Siccome la memoria storica è rimasta, l’edificio viene ancora oggi chiamato castello, il castello di Pregola.
Nel corso di scavi effettuati qualche tempo fa sulla sommità del monte che sovrasta l’abitato sono state rinvenute una cerniera e una serratura della porta dell’antico castello. Alla cerniera era ancora inchiodata una parte del legno bruciato dagli assalitori.
Fiorenzo Debattisti
Il giornale di Voghera, 21 gennaio 2021