Erano gli anni ’90. Ricordi? Le chiamavamo scherzosamente le "sedute spiritiche". Scherzosamente non perché stessimo scherzando, naturalmente. Non scherzavamo affatto. Troppo buoni eravamo. O forse, anzi probabilmente, quasi di certo sicuramente, eravamo coglioni. E lo siamo rimasti (buoni e/o coglioni). Volevamo essere "speciali". Ci sentivamo speciali. E credevamo che qualcuno se ne sarebbe dovuto accorgere. Ma nessuno se ne accorgeva. Beh, quasi nessuno. Anzi, per i più eravamo "speciali" si, ma in senso negativo. Non allineati, non organizzati, non omologati. Quello che a noi pareva bello ad altri appariva sbagliatissimo. Frequentare gente giusta, bere ciò che tutti bevono, farsi vedere nei posti che contano, indossare calzature alla moda. Se ci andava lo facevamo, se non ci andava non lo facevamo. Non eravamo convenzionali, non eravamo anticonvenzionali. Mai fregato niente di tutto questo, mai importato di essere anticonvenzionali. Se volevamo fare una cosa, semplicemente, con naturalezza, la facevamo. Sia che essa fosse considerata "in", sia che essa fosse considerata "out". E per quelli che ci sfottevano, avevamo il nostro sistema. E per quelli che invece ci osteggiavano perché la pensavano in modo opposto, avevamo il nostro sistema. E per quelli che avevano "successo" utilizzando i metodi opposti al nostro e ci davano degli sfigati, avevamo il nostro sistema. "Successo" lo scrivo tra virgolette, perché era un successo effimero, un successo da stronzi. E un successo a durata limitata. Anche grazie a noi. Grazie alle nostre "sedute spiritiche". Che, prima o poi, hanno tutte funzionato. Chi pensa male, chi giudica gli altri, ha sempre fatto una triste fine. Magari rocambolesca, magari meno, ma sempre triste. Perché il nostro sistema si è rivelato sempre potente. Ecco perché oggi ti chiedo aiuto, oggi nove giugno duemilaquattordici ho bisogno di te. Come ai vecchi tempi, fratello. Io mi siedo in riva al fiume e aspetto.
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