E la storia continua…
Brallo: i suoi dintorni di Rita Rebolini
Oggi inizierò a mostrarvi i paesini che stanno ad est di Brallo. Si sa, il giorno inizia ad est, dove spunta il sole. Prima sta l’alba, quella fioca luce che dirada le fitte tenebre della notte e man mano le allontana così bene da poter osservare la vallata sotto una bella schiarita. Dapprima spunta in cielo il chiarore del sole, tanto da far sbiadire quello delle stelle e mostrarci uno squarcio di “infinito” impenetrabile col nostro piccolo ragionevole cervello. Poi i raggi: pochi, chiari, prorompenti su quel cielo mattutino che non è né grigio né azzurro. Infine il bel faccione del sole, non ancora abbagliante, che si lascia guardare così tondo, così pacioccone. È un’emozione. Il cuore ti si allarga, prendi coscienza del tuo essere, del tuo mondo, dell’universo che ti circonda e ti fa chiedere se gli uomini sanno che il sole è vita per tutto il mondo, se si accorgono che il suo sorgere significa un giorno di vita da godere in qualsiasi forma, se sanno che è un dono riconducibile a Dio.
Ora nel cielo non è ancora tutto chiaro, ma quei minuscoli uccellini che stanno sulle piante già cinguettano, un mormorio solo, un inno, un canto al Creatore e non importa se non hanno di che beccare. Poi la luce si diffonde. Luccicano le collinette, i versanti dei monti, appaiono i paesini così belli, così assonnati, così caratteristici da fare seriamente invidia alle invivibili città.
Vi voglio parlare di Pieve. Si dice che si mangi bene e che bene vada anche nel portafoglio. Su un pianoro, in mezzo a prati e boschi, c’è una rovere secolare, grande, grossa, fronzuta. Ogni anno per la festa della Madonna della Guardia (29 agosto), nel periodo migliore delle vacanze e dei raccolti, ai pedi di questa ultracentenaria pianta si celebra la Santa Messa. Accorre gente da tutte le vallate circostanti. È un rituale al quale ciascuno tiene a presenziare. Mentre il celebrante, senza alcun microfono, con paramenti per il minimo indispensabile, prosegue nelle sue funzioni religiose davanti alla statua della Madonna, si possono scorgere bimbi seduti sull’erba, in silenzio assoluto. Nessuno si permette qualche capriccio, anzi si sta lì compiti per tutto il tempo della Santa Messa. Uomini e donne appoggiati ai tronchi degli alberi, statualmente rivolti alla grande pianta, trovano un momento di pausa per poter entrare con tutta l’anima a percepire l’emozione di trovarsi lì, anche in mezzo a gente sconosciuta, e a formare con la mente un magico pensiero di umiltà e fratellanza. Più in là, in bella mostra, la fila dei sindaci (anche in versione femminile), venuti come i Magi da oriente e da occidente. Con le loro sciarpe tricolori, in rappresentanza dei loro concittadini, pur senza parlare, stanno lì a porgere il loro omaggio alla Madonna. A fine cerimonia belli e brutti, piccoli e grandi, come si suol dire, tutti in fila partecipano alla lunga processione che riporta la statua celeste nella nicchia della propria chiesa. Ora la vecchia rovere resta lì, nuovamente sola. Scuote le fronde, chiama a sé tutti gli uccelli e dice loro: “cantate!”
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