Quando ero piccolo com’era il Natale per me? Se ne iniziava a parlare dalla settimana dopo l’Immacolata. A scuola la maestra iniziava a pensare ai “lavoretti” che avremmo potuto fare per Natale. Erano cosine semplici, però ovviamente ci sembrava di fare delle cose bellissime. La cosa che mi piaceva di più, e che rendeva speciali questi lavoretti rispetto agli altri che si facevano durante l’anno scolastico, era che quelli natalizi “luccicavano”. Nel senso che si usava la carta brillante. Mi spiaceva perfino tagliarla… per farci magari delle stelline o cose simili. Mi pareva uno spreco, tenevo anche i ritagli. Anche perché a casa mia di queste cose non se ne parlava neanche e un ritaglio di carta luccicante era già un bel premio… E poi si iniziava a parlare del Natale, si narrava la storia di Gesù, nato lontano lontano al freddo e al gelo.
A messa il parroco, Don Mario, iniziava a convocarci per la Novena in preparazione al Natale. Al termine si cantavano sempre le classiche canzoni, come “Tu scendi dalle stelle”. E poi aveva bisogno di una mano per fare il mega presepe. Andavano di sotto a recuperare le statue. Ovviamente a noi bambini dava il compito di portare su quelle più piccole, le grandi le portava lui. Era un presepe in prospettiva: davanti si mettevano le statue principali, che erano grandi quanto un bambino, e in fondo quelle piccole, fino ad arrivare a quelle molto piccole come quelle di casa mia.
A casa facevamo il presepe non l’albero. Io e mia sorella andavamo nei boschi a cercare il muschio. Mi ricordo una volta che c’era la neve e occorreva ricordarsi dove fosse il muschi, visto magari mesi prima nella bella stagione. Poi ci siamo modernizzati e utilizzavamo il tappeto di erba finta. I primi anni facevamo nascere Gesù in una grotta, che altro non era che un pezzo di legno che pareva proprio una cavità naturale. Di statuine ne avevamo parecchie, molte probabilmente derivavano anche dal fatto che mi mamma ha fatto la maestra in tantissime scuole e, quando dovevano rinnovare un presepe, lei di certo non buttava le statuine. Infatti ci diceva che “quelle di adesso sono in plastica, non come le nostre che sono in gesso, sono più delicate, ma sono molto più belle”. Poi un anno abbiamo recuperato una capanna e da allora la Sacra Famiglia è stata un po’ più comoda. Sopra alla casetta c’era la stella cometa, che era la più difficile da piazzare. Un altro anno è arrivato lo sfondo stellato. E poi c’erano tante statuine: i classici pastori, e poi tutti quelli che facevano tutti i tipi di lavoro: pescare, filare, mungere, ecc. Poi qualche casetta, qualche pecorella e qualche ochetta da piazzare nel laghetto fatto con la carta stagnola (oops adesso si dice "alluminio" oppure "domopak", ma io sono un preistorico…). Chissà se anche adesso si fa ancora il presepe nelle scuole o se anche li, per far vedere che noi italiani non siamo razzisti e siamo aperti a tutte le culture, ci divertiamo a soffocare la nostra come al solito…
Ahhh ma mi sono dimenticato di dire che i re Magi li mettevo in fondo e ogni giorno li spostavo di pochi centimetri, fino a farli arrivare il 6 gennaio di fronte alla capanna. Gesù stava nel cassetto sotto al telefono fino al 24 sera. Prima di uscire per andare a messa lo mettevo nella mangiatoia.
E poi c’era la messa di mezzanotte. Alcune volte mi addormentavo prima e allora i miei mi lasciavano dormire e andavo a quella del 25 mattina. Don Pino che faceva le sue fantastiche omelie.
E poi il 25 respiravi un’altra atmosfera. Era bello alzarsi e uscire, tutto vestito un po’ bene. E girare, magari sotto il sole o sotto la neve, vedendo che tutti erano più allegri, più felici. La gente che usciva da messa e si salutava, quelli che si incrociavano e si sorridevano e si facevano gli auguri. E poi di corsa a casa, aspettando che Cinzia si alzasse, per aprire i regali insieme. Poi abbiamo instaurato l’abitudine di aprire i regali dopo pranzo, in modo che la famiglia fosse tutta unita.
Durante il pranzo del 25 amavo mettere un disco in vinile, un LP, con tutte le musiche di Natale, mentre in tv il Papa lanciava la sua benedizione a Roma e a tutto il mondo.
Il Natale era questo, era l’atmosfera, era l’attesa, aspettare Natale e fare i soliti buoni propositi. Cantare le canzoni di Natale… ma non Jingle Bells della Cocacola… Aspettare la neve, la messa di mezzanotte, aspettare la nascita, aspettare i doni che rigorosamente portava Gesù Bambino. Ormai credo che neanche più nei libri di storia sia citato Gesù Bambino che porta i doni. Ormai la globalizzazione ci ha imposto il biancorosso Babbo Natale e stop. Io invece ero contento che a portare i regali fosse un bambino come me. Anzi mi chiedevo come facesse a individuare tutti i bambini in tutte le case. Una volta avevo espresso il mio desiderio a Milano e lui mi aveva portato il regalo fino a Brallo: che grande!!!
E poi le battaglie a palle di neve con gli amici. E l’oscurità che porta subito la sera. In casa a giocare coi nuovi giochi, sembravano magie, cose bellissime. Mi ricordo il trenino Lego: quanto l’avevo desiderato. E quanto ne ero geloso, guai se qualcuno avesse osato smontarne anche solo un singolo pezzo.
E poi andare al mattino di Natale dalla Linda a svegliare Matteo. E poi… e poi…. E poi…
È lo stesso spirito di Natale che trovo nei visi della gente che, frettolosa ma non troppo, si saluta amichevolmente lungo la via, che ritrovo nel tram di natale che abbiamo visto l’altra sera a Milano, nei sorrisi dei bambini quando vedono le luci, i colori, le fantasmagoriche luccicanze, nel bell’albero addobbato che ho visto l’altro giorno a casa della mia ragazza…
daniele
Stupendo, mi sembra di rivivere gli stessi momenti pari pari…