Poco tempo fa, sulla prestigiosa rivista Gambero Rosso ha dedicato un articolo al “nostro” celeberrimo cucito, il Salame di Varzi (scrivo maiuscolo anche “Salame” perché merita)
Dopo aver sommariamente descritto questo favoloso prodotto e accennato alla sua storia, fa una top 3 di quelli che, secondo loro sono i migliori. Al terzo posto quello del salumificio Thogan Porri di Casa Cucchi, medaglia d’argento per il cucito Buscone di Bosmenso e supervetta per Dedomenici di Casanova di Destra.
Mi fanno venire fame solo a pensarci, figuriamoci a vederli, figuriamoci sentirne il profumo, potete solo immaginarvi il gustarli che prelibatezza possa essere.
Ma che ne sanno i 2000 della Ferrovia Voghera-Varzi? A dire la verità non ne so neanche io che sono degli anni ’70. Però i miei genitori me ne parlavano sempre del "Trenino". Non era un loro vezzeggiativo, era chiamato proprio così da tutti. Era una ferrovia che partiva dalla pianura per poi proseguire in salita, compiendo in tutto 32 km. Serviva sia ai turisti che volevano raggiungere più agevolmente le località montane, sia i valligiani che volevano scendere in pianura. Il trenino ha svolto "solo" 35 anni si servizio, poi è andato in pensione.
L’idea parte dal lontano, addirittura se ne parlava nel 1897, e poi dieci anni dopo nel 1907, ma solo nel 1928 l’idea iniziò a concretizzarsi. I lavori si svolsero in breve tempo e già nel 1931, il 27 dicembre, la nuova linea fu inaugurata. Dove passava? Beh molti di voi, immagino, sanno che correva lungo quella che da poco tempo è diventata la "Greenway". La stazione di Voghera era vicino a quella delle Ferrovie dello stato, poi attraversava lo Staffora, sorpassava l’attuale SP10 (quella che va in direzione Casteggio – Piacenza) e poi proseguiva verso Torrazza Coste, poi Rivanazzano e infine incanalandosi verso Varzi, Sempre rimanendo sulla riva destra del fiume.
La spesa di costruzione dell’intera opera pare sia stata di circa 35 milioni di lire, che comprendeva la realizzazione del tracciato, la posa dei binari, fabbricati, ponti, cavalcavia, sponde, e paga per i circa 1600 operai. Al giorno d’oggi, un’opera così in tre anni ce la scordiamo, e pensate che nel millenovecentotrenta non è che andavano di escavatori e autobetoniere, ma piccone e badile.
Le stazioni erano: Voghera, Torrazza Coste, Codevilla, Retorbido, Rivanazzano, Salice Terme, Godiasco, San Desiderio, Pozzol Groppo, Cecima, Ponte Nizza, San Ponzo Semola, Bagnaria, Ponte Crenna, Varzi.
La ferrovia veniva utilizzata moltissimo, tant’è che negli anni ’60 viene studiato un piano di ammodernamento e rilancio, ma nel 1965 ne viene stranamente decretata la chiusura.
Il trenino aveva sia carrozze viaggiatori che carrozze merci, alcune magari recuperate durante il percorso, per via di alcuni scambi che agevolavano il lavoro delle imprese locali che volevano caricare il vagone.
Quando la hanno chiusa, i treni sono stati spostati su un’altra linea, sempre della stessa proprietà, mentre i binari sono stati col tempo tolti. Solo fino al deposito militare di carburante di Godiasco sono stati mantenuti, in quanto il tratto fino a Voghera è stato utilizzato fino credo agli anni ’80 (mi sembra di ricordare da bambino che ci fosse ancora il passaggio a livello tra Rivanazzano e il bivio per Salice, di sicuro per tanto tempo ancora ci sono stati i binari).
Nella foto l’abbonamento di mia mamma. Probabilmente doveva fare una supplenza a Bagnaria.
Stanno rifacendo gli impianti sciistici del Monte Chiappo, vale a dire la seggiovia che parte da Pian del Poggio. E’ una cosa sicuramente bella, perché dalle nostre parti è la pista più lunga. Però io credo che il solo fatto di rimodernare gli impianti non sia, da solo, sufficiente. Negli anni 70 e 80 dello scorso secolo erano GLI impianti. Chiunque volesse cimentarsi con l’attività sciistica e abitava in Valle Staffora o zone limitrofe, poteva contare sugli impianti al Penice, Casamatti, Brallo, Cima Colletta, Caldirola e, appunto, Pian del Poggio. Erano altri tempi. Si partiva, che so, da Voghera e in circa un’ora si era sulle piste da sci: papà, mamme, figli, nipoti e nonni al seguito per un’allegra scampagnata. La neve cadeva abbondante, gli atleti erano poco esigenti e tutti si divertivano. Oggi ci sono le autostrade che con qualche minuto in più ti portano sulle piste della Val d’Aosta che, con tutto il rispetto, sono un altro pianeta rispetto a quelle dell’appennino pavese. Nel 2015 invece chi se la sentirà di partire da Voghera, affrontare un strada che, se fino a Varzi è inadeguata, dopo diventa addirittura terribile? Io spero tanti, me lo auguro. Spero altresì che scenda tanta neve e che le piste siano tenute bene e battute come si deve. Sono in ogni caso convinto, che per i nostri paesi ci siano almeno un paio di grossi handicap che se rimangono incolmati non permetteranno non solo ai turisti di venirci a trovare, ma renderanno sempre più difficile agli abitanti di rimanere e di lavorare. Il primo l’ho già citato: la strada. Se la ex Statale del Penice era talmente importante da essere considerata, appunto, una statale e andava bene per le auto e i mezzi di trasporto di trenta o più anni fa, ormai è inadatta ai mezzi odierni. E questo va a scapito del turismo, dell’industria, del commercio e del traffico stesso. La strada è sempre più intasata e gli abitanti e sindaci dei paesi che attraversa sono ormai stufi, mentre gli automobilisti sono esasperati. A mio avviso, quando c’erano i soldi (e c’erano ancora tanti abitanti, e qualche industria, e molto turismo, cioè i già citati anni 70 e 80) avrebbero dovuto ipotizzare una strada più bella, più larga e che magari evitasse qualche paese. Perlomeno fino alla "capitale" dell’Alta Valle Staffora: Varzi. Da lì in avanti è "normale" che le strade abbiano più curve, siano un po’ più strette. Beh, magari non messe male come quella che va al Pian del Poggio, ecco.
La seconda cosa è un altro tipo di strada: quella informatica. Se una volta era essenziale che il territorio fosse coperto dalle linee elettriche, dall’acquedotto e dalla fognatura, poi è diventato "normale" avere a disposizione le linee telefoniche. Nel duemilaquattordici è ASSOLUTAMENTE ESSENZIALE avere la copertura internet, quella che qualche anno fa era chiamata "banda larga", che ormai è il minimo indispensabile. Senza, siamo tagliati fuori dal mondo. Perché internet non serve per i giochini, ma per il turismo, e quindi per il commercio, per il lavoro, ecc. Così come una volta gli analfabeti erano quelli che non sapevano scrivere e adesso sono quelli che non sanno usare un computer, così adesso internet è un servizio indispensabile come la corrente elettrica.
Ad agosto ho deciso di spedire tramite Paccocelere3 di Poste Italiane. Anni fa l’avevo già utilizzato e sapevo che esistono dei carnet prepagati di bollettini da compilare. Io spedisco quasi esclusivamente scarpe, e quindi ricado nella fascia 0-3 kg che costa 10 euro (9,90 per la precisione).
Il 2 di agosto chiedo all’ufficio postale di Brallo il costo di uno o più carnet. Il ragazzo non lo sa e non trova l’informazione sul computer. Dice di ripassare. Dopo 3 giorni passo e mi dice che ancora non lo sa, ma che se gli lascio il mio numero di cellulare mi avrebbero richiamato. Va bene. Il giorno dopo vado ancora in posta a spedire (e quindi in questi giorni, se li avessi avuti, avrei potuto utilizzare i carnet) e alla fine chiama una collega al telefono che mi dice che si sarebbe informata. La gentile impiegata mi richiama nel pomeriggio e poi mi manda i costi via email: un carnet da dieci spedizioni costa 90 euro, due carnet 170 euro. Beh, ne ordino due, risparmio 30 euro in totale. Benissimo, ci vogliono un po’ di giorni per farli arrivare. Pazienza. Nel frattempo continuo a spedire compilando ogni volta il bollettino da 10 euro. Il giorno che sarebbero dovuti arrivare ne arriva uno solo. Pazienza, dico io. Ma loro insistono e dicono di passare il giorno dopo. Anche quel giorno non c’è. Pazienza, ripeto io, tanto ormai siamo quasi a metà mese e non so quanti ne utilizzo ancora. Insistono anche loro, ripassa il giorno dopo. Quel giorno mando mio cugino a ritirare e… oltre al fatto che ne avevano sempre solo uno, gli han fatto pagare 109 euro !!! Ma come? Mi fiondo all’ufficio postale e chiedo lumi. La gentile impiegata si informa: eh già sono 90 euro + IVA = 109 euro ! Ma scusate care le mie poste: ma se una spedizione la pago 10 euro perchè 10 spedizioni le dovrei pagare 109 euro? Visto che ne compro tante e vi pago subito vorrei lo sconto, non l’aumento! Mi dicono che col carnet posso spedire fino a 30 kg. E chi se ne frega, io devo spedire pacchetti piccoli ! Va beh, con un po’ di insistenza riesco a farmi rimborsare.
L’altro giorno devo spedire tre pacchetti, ecco il dialogo surreale:
"Salve, avrei bisogno 3 bollettini per il Paccocelere, se me li da intanto li compilo, grazie"
"Eccone due"
"Grazie, ma ne avevo chiesti 3"
"Io ne ho solo 2"
"Ho capito, allora uno lo posso fare senza bollettino?"
"No, ne può fare solo 2"
"Scusi, e per spedire il terzo pacco come faccio?" "Vada a Varzi"
Ogni commento ulteriore è superfluo. Risultato: ho spedito tutti e tre i pacchetti con DHL.
Devo dire che tutti gli impiegati delle poste sono stati gentilissimi (a parte quella di "Vada a Varzi"), se alle Poste non gliene frega niente delle spedizioni ma solo dei conti correnti non è certo colpa loro.
Siamo stati in questo agriturismo a Varzi, sulla rive gauche dello Staffora, per una serata d’evasione sulle colline.
Iniziamo subito con gli antipasti misti, accompagnati da gnocco fritto con salumi. Quasi inutile dire che i salumi erano deliziosi. Non c’è niente da dire, dalle nostre parti siamo forti sui salumi. Queri locali che servono salumi scadenti sono proprio dei… salami hehehe.
Ci hanno servito una torta salata, una specie di frittata con verdure e un panzerotto con sugo e cipolla. Mi spiace se non elenco le pietanze coi loro nomi corretti, ma sono abbastanza carente nel lessico culinario e dico ciò che mi sembrano.
Di primo andiamo coi ravioli di magro con fagioli e patate e poi dei sublimi raviosi al brasato: buonissimi e teneri.
Di secondo assaggiamo roast beef, morbido. Di dolce una torta sbrisolona e un particolare tiramisù alle fragole.
Da citare il liquore alle noci, una crema molto buona.
Tempo fa ho fatto un giro in bici sul primo tratto del tracciato della vecchia ferrovia Voghera – Varzi. L’ho imboccata da strada Malvista (per chi non sa dove sia: uscendo da Voghera verso est, appena prima del ponte sullo Staffora di via Piacenza, la viettina sulla sinistra è strada Malvista). Appena prima del sottopasso, sulla sinistra c’è un piccolo sentierino che porta sulla massicciata. Si percorre quindi il ponte sullo Staffora e si arriva fino a strada Braide, dove l’itinerario prosegue. L’erba era stata tagliata, quindi il percorso agevole. Si raggiunge il ponte che passa sopra la Statale, nei pressi dello Zenith e si prosegue nei campi in direzione Codevilla. Il mio giretto è stato breve, anche perchè ho fatto numerosissime soste a fare fotografie. Eccone alcune:
Per chi non fosse mai stato a Varzi, vi consiglio di andarci: il centro storico è veramente carino e vale sicuramente la pena visitarlo. Tra la strada che scende dall’Alta Valle Staffora e la Piazza della Fiera si snodano una moltitudine di viuzze strette circondate da case spesso in pietra a vista e talvolta dotate di portici, che rendono l’ambiente molto medioevale.
In una di queste vie potete trovare il ristorante Caffè del Centro. Ci siamo stati io e Elisa la scorsa settimana. Anni fa era gestito dai miei amici Paolo e Monica, adesso siamo stati accolti da Alessandro (quella sera era da solo, perchè la sua tipa non c’era). Il posticino è molto intimo, l’ambientazione è familiare, ma curata. La scelta dei vini mi è parsa molto buona, noi abbiamo scelto un Great Ruby di Monsupello, un rosso frizzante per festeggiare il mio compleanno, di uva croatina e barbera. Inevitabile assaggiare dei salumi, visto che eravamo nella patria del salame crudo. Ragazzi, è inutile che mi venite a dire: il salame di varzi è il migliore del mondo. E se volete il mio parere: quello buono non lo trovate SOLO a Varzi, ma in tutta la Valle Staffora. Se prodotti coi giusti criteri ci sono dei salami, spesso artigianali, che magari non hanno la denominazione "di Varzi", ma sono altrettanto buoni, se non di più.
Come primo piatto abbiamo assaggiato ( = divorato) dei ravioli di brasato col ragù di brasato ("alla varzese"), devo dire veramente buoni. E poi direttamente al dolce.. squisito: una cialda con mascarpone e fragole deliziosamente adagiato sul piattino che pareva chiedesse di esser gustato (ed è stato accontentato, naturalmente).
Quindi location, posto, proprietario, cibo, ambiente, vini… tutto OK ! Consigliato !