(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Tag: treno

Padre Pio – prima parte

Sono le 2153

Eccoci qui, sul treno. Finalmente sto andando in Puglia, a San Giovanni Rotondo, “da Padre Pio”, come si suol dire. Sono anni che sto progettando questo viaggio, o meglio che ci sto pensando. Non so se è un pellegrinaggio, non sono particolarmente devoto a questo a questo santo, a dir la verità non conosco neanche bene la sua storia, se non qualche spezzone che si legge sui giornali o qualcosa detta alla tv, ma è una cosa che mi ero imposto di fare.
Dite che scrivo dei periodi troppo lunghi? Scusatemi, in italiano, raggiungevo il sei, sei e mezzo. I miei ci andavano spesso anni addietro, una volta l’anno, forse per un fioretto o cose simili, non l’ho mai saputo. Come sempre senza dire nulla fino all’ultimo giorno, quando a cena dicevano: “Guarda che noi andiamo da Padre Pio”, e prendevano il treno di notte, per arrivare a Foggia all’alba. Lo stesso treno su cui sto viaggiando. Dopo aver partecipato alla messa tornavano, e per la sera del giorno dopo la partenza erano a casa. Ricordo quella volta che mi hanno telefonato mentre ero al bar a vedere la partita dicendomi che, causa ritardi, avevano perso la coincidenza. E così sono andato a prenderli alla stazione di Piacenza. È stato un “diversivo”, ero contento di andarli a prendere. Ricordo che, ascoltando l’autoradio, sentimmo la partita inframmezzata dai loro racconti. L’Inter vinse quella sera.
Quasi sette anni fa gli dissi: “La prossima volta verrò anche io”. Avevo un mio motivo e feci quella promessa. Solo che l’anno successivo mia mamma aveva già problemi alla gamba e avrebbe fatto fatica a fare quella sfacchinata. Nei periodi in cui stava meglio non aveva tempo, oppure ci eravamo imbarcati in altri viaggi, come a Lisbona e ad Atene. Poi la malattia si è improvvisamente aggravata, con tragico epilogo. Quando era in ospedale, quasi due anni fa, le promisi che l’avrei accompagnata io fin là, magari con mezzi più comodi, come l’auto, ma il destino non me ne ha dato la possibilità.
Nei mesi successivi se ne è parlato qualche volta in famiglia, ma è una di quelle cose che rimandi sempre: quando farà più caldo, quando avrò più tempo, quando sarò più libero, quando, quando ,quando, quando.
E così mi sono deciso. Avevo ovviamente pensato ad uno dei miei viaggi lampo: dalla Rita qualcosa avrò pur preso, no? Solo che raggiungere San Giovanni Rotondo in aereo è complicato. Foggia ha un aeroporto servito malissimo (non so neppure se è ancora funzionante) e atterrare a Bari comporta delle perdite di tempo e denaro e aggiunge delle complicazioni che rende il treno una scelta quasi obbligata per una breve visita. Quindi, una notte di novembre (la notte è il paradiso -o l’inferno, dipende dai punti di vista- di chi  come ma fa –incauti– acquisti su internet. Sia benedetta/maledetta la carta di credito) ho preso i biglietti per gennaio, intercity notte, direttamente da Voghera a Foggia.
E quindi eccomi qui. Viaggiare da solo non mi ha mai messo ansia, malinconia o preoccupazione, ma stavolta un pochino si, starò invecchiando? Mi sembra di partire per un lungo viaggio, ma sarò di ritorno nel mio letto tra… dunque… 31 ore? O 32. 
Il treno sembra mediamente tranquillo. Ci sono, ovviamente, anche delle brutte facce, ma niente di che. È anche abbastanza frequentato. Né troppo, né troppo poco. Dovremmo essere a Piacenza. Credevo ci fossero dei vagoni cuccette, invece mi sa di no. Adesso mi metto a leggere.
 
 
È quasi mezzanotte e siamo a Bologna. I compagni di viaggio del mio scompartimento sono scesi tutti, compresi i chiacchieroni saliti a Piacenza. Ora vediamo chi sale. Speriamo bene.
 
 
Sono le 7:17. È appena finita la messa al santuario di Santa Maria delle Grazie. Sono molto in anticipo sulla tabella di marcia.
Da Bologna in avanti ho fatto il viaggio in compagnia di due ragazze e un ragazzo. C’era anche un altro, ma è sceso subito. Potrei definirlo “di colore”, ma è una definizione che non mi piace. Di che colore? Quando ero bambino si diceva “negro”, ma poi è diventata una parola offensiva. Dovrebbero inventarne una, perché “di colore” è proprio brutta. 
Le due tipe invece erano di una strana nazionalità che ci ho messo un po’ ad individuare. La fisionomia era europea, ma la lingua che parlavano mi era ignota. Non era italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, neanche nordica tipo fiammingo, olandese, svedese. Neppure slava, russa, ecc. Quindi? Quando una delle due ha estratto un libretto per scrivere qualcosa ho sbirciato e ho riconosciuto una theta minuscola: erano greche! Tra l’altro: perché si dice greco, greca, greche, ma il maschile plurale è greci? Boh.
Ad un certo punto abbiamo spento la luce, cercando di dormire. Una delle due si è calata in faccia uno scalda collo, ma nonostante quello ha cambiato posizione cento volte: seduta, allungata, sdraiata, stravaccata. Ogni volta scontrandomi e svegliandomi.
Il tipo russava. Quindi si può dire che non ho dormito molto. Alle 4 ci ha pensato pure il controllore.
Alle 5 e 20 il treno era già fermo appena fuori dalla stazione di Foggia. Wow, si prospettava un arrivo anticipato. Esco e cerco una pensilina del bus. Chiedo a una signora, ma lei sta andando in Romania. In quella passa un autobus cono scritto “S.G. Rotondo”. Lo rincorro, si ferma, salgo. Purtroppo non è possibile acquistare il ticket sul mezzo, l’autista mi indica un bar. Mi precipito. Sta entrando una decina di persone col trolley: li sorpasso con astuzia e un pizzico di maleducazione e chiedo il biglietto. “Tanto il prossimo è alle 7”. “No, mi sta aspettando”. “Ah, parte in ritardo?”. Io penso “Si, perché è amico mio, tiè
Sulla corriera cerco di dormire, visto che il viaggio dovrebbe durare oltre un’ora. Avrei voluto leggere la guida che mi sono stampato, visto che non ho bene idea di cosa ci sia da visitare, ma è buio pesto.
Se avevo dimenticato come è scomodo cercare di dormire in treno, riscopro che sull’autobus è proprio impossibile. Per fortuna non fa soste (e chi dovrebbe salire o scendere a quest’ora?) e arriviamo in anticipo di un quarto d’ora. Riesco così ad assistere alla messa delle sei e mezza

Reati annunciati

L’altro giorno riflettevo su questo fatto: ero in treno e la voce registrata annunciava di non pensarci neanche a mettere le mani addosso al bigliettaio, in quanto pubblico ufficiale, altrimenti sarebbe stata un’azione passibile di denuncia in quanto reato. Tempo dopo vedevo un cartello su un bus che spiegava che andare in giro senza biglietto non era cosa buona e giusta. Altri cartelli ongi tanto spuntano e qua e là, indicando al passante di non compiere atti spregiudicati. Mi fanno venire in mente l’avviso, un po’ ironico e un po’ sarcastico, che avevo apposto anni fa vicino agli occhiali da sole che vendo e che erano (e forse sono) uno degli oggetti più taccheggiati nel mio negozio,  che recitava più o meno così: "Si prega di non rubare gli occhiali".

Ora, dico io, ma è mai possibile che sentiamo il bisogno di dire esplicitamente che fare resistenza ad un pubblico ufficiale è un reato? Cioè, dai! E’ un po’ come il mio "non rubate gli occhiali" ! E’ ovvio che non si dovrebbe fare. O meglio, dovrebbe essere ovvio. Evidentemente non è così. Segno dei tempi. A quando i cartelli "vietato stuprare", "vietato rapinare", "vietato fracassare le teste con le mazze da baseball"?

Piccola conclusione (già mi sento i commenti: "fascista"). Ma invece di dire l’ovvietà che picchiare il capotreno è un reato, e poi permettere che lo si faccia impunemente, non si potrebbe non dirlo, ma prendere a randellate sui denti chi lo fa, chi viaggia tranquillo e impunito senza biglietto, chi sporca, infastidisce, ruba, e fa i cazzi suoi sui treni, perchè tanto sa benissimo che il povero dipendente Trenitalia non si prende (giustamente) la briga di dirgli alcunchè, per evitare di prendersi una manica di botte? Invece di suggerire a questi signori di comportarsi bene e basta, non sarebbe meglio, nel caso trasgredissero, usare la loro stessa moneta? Ah no scusate, poverini, hanno già i loro problemi (sono apolidi –leggasi zingari– oppure clandestini, oppure delinquenti abituali, oppure matti, oppure sanguinari omicidi, vittime di soprusi, vicini di Erba, tossici, semplici cialtroni, insomma tutti motivi che per il sistema legislativo/giudiziario italiano ne fanno dei martiri, delle vittime e una categoria da proteggere) e quindi è giusto, o perlomeno comprensibile, il loro comportamento. A me sembra una forma molto antipatica di razzismo nei MIEI confronti che devo rigare dritto mentre questi fanno quel cazzo che vogliono.

 

Cara la mia Ferrovia

…anzi molto cara!

Ieri volevo andare al mare a Rapallo a trovare mia sorella e la mia nipotina. Sabato notte, tornato a casa, da buon internet-dipendente ho acceso il piccì e ho controllato i treni…. mmm per dormire almeno qualche ora, ma senza arrivare là troppo tardi sceglo il treno delle 8:51 e pago con carta di credito:

10,18 euro

va beh… pagamento via internet, prenotazione obbligatoria del posto, ecc ecc.

Al ritorno invece ho preso l’ultimo treno disponibile (che è un po’ prestino: 20.36, altrimenti ti tocca passare lì la notte). A genova Principe ho anche dovuto cambiare:

12,31 euro !

Ma come? al ritorno, dove la prenotazione obbligatoria era solo da Genova a Voghera e perdipiù ho anche dovuto cambiare… ho speso di più?? Misteri di Trenitalia.

Risultato: 22,49 euro.

Adesso, facciamo finta che fossimo stati in tre persone: avremmo speso 67,47 euro!!!!!
E poi ci chiediamo perchè la gente prende l’auto? Anche con la benziana a 4 euro al litro sarebbe ancora più conveniente!!!!

Inoltre: vado e vengo quando voglio, mi fermo quando voglio, ascolto la musica, ho l’aria condizionata regolata come voglio io, e mi siedo dove mi pare. Adesso con questa storia della prenotazione obbligatoria se capita (come è capitato ieri a me) di doversi sedere vicino a persone che forse avevano sudato un po’ troppo… non c’è scampo!!!

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén