Il giovane venditore rimase qualche minuto pensieroso.
“Una maestra… addirittura… una maestra… Quando andavo a scuola a Corbesassi avevo un maestro che arrivava da Varzi, o da un paese vicino. Mi sembrava altissimo, intelligentissimo, vecchissimo e soprattutto molto austero e severo. Io, per fortuna, me la cavavo molto bene in aritmetica e quindi riuscivo a scusare qualche carenza nelle altre materie. Non avevo mai conosciuto prima d’ora una maestra, soprattutto una della mia età. Caspita: una maestra, una vera maestra!”.
Fu destato da una mano che si era posata sulla sua spalla: era lei!
“Allora, ci facciamo un ultimo giro? Però devi promettermi che stai più attento e cercherai di non pestarmi troppo i piedi”.
E ballarono, ballarono, ballarono fino al tramonto. Il ragazzo si rese conto che doveva imboccare la via del ritorno, aveva parecchia strada da fare per tornare a casa.
“Il mese prossimo c’è la festa a Vezimo, vieni?” disse la maestrina di Zerba.
“Credo proprio di sì, allora ci vediamo là, così puoi darmi altre lezioni di ballo.”
“Volentieri, mi sei molto simpatico, e pensare che mia mamma mi aveva parlato male di te.”
“Ah si? Posso conoscere il motivo di questa antipatia?”
“Beh, diceva di starti alla larga perché sei un commerciante, e quindi un buono a nulla, uno che non è capace neanche di andar nei campi o curare gli animali, e poi che sei uno sbruffone, un fanfarone. Sai, i miei genitori hanno fatto dei sacrifici per permettermi di studiare e vorrebbero per me qualcuno che abbia un lavoro solido e un avvenire garantito, non un mercante.”
“Aspetta un attimo, non ti sembra di correre un po’ troppo? Abbiamo solo ballato insieme.”
“Hai ragione, scusa” disse lei diventando tutta rossa, e aggiunse: “Allora ci vediamo, ciao”. E corse via, verso casa.
Durante il viaggio di ritorno il ragazzo non fece che pensare a quegli occhi, a quelle parole, i balli di quel pomeriggio, a quella figura minuta, i suoi capelli, le sue mani. Pareva che i propri piedi camminassero da soli lungo il sentiero del Lesima, non sentiva né il freddo né la fatica. Non era preoccupato, ma neanche soddisfatto, di come erano andate le vendite. Non gli importava più, pensava solo a lei, la maestra, la ragazza di Zerba, e quando fu arrivato vicino a casa i suoi pensieri si erano riassunti in una sola, forse avventata, ma solida, convinzione: “Io, un giorno, la sposerò!”
Qui finisce, per noi, questa storia, che è un po’ vera e un po’ narrata sulle ali della fantasia. Non so veramente come siano andate le cose, non so come realmente si siano incontrati, come si siano conosciuti, ma mi piace immaginare che sia andata proprio così, come vi ho raccontato. Quello che so per certo è che la favola del commerciante e della maestra è una bella storia, che è durata tutta la vita. Ancora oggi, che hanno passato gli ottant’anni, quando guardano il monte Lesima, ai cui fianchi sono cresciuti e vissuti, pregano verso la croce che svetta sulla sua cima, e ringraziano il Signore per tutto ciò che gli ha regalato. Come faccio a sapere tutte queste cose? Perché il ragazzo di Ponti e la ragazza di Zerba li conosco molto bene: li vedo tutti i giorni da quando sono nato!