Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita
Trentanovesima puntata
“Non vendiamo un prodotto, ma un’idea” (M. Ascarelli De Giacomi, “Psicologia e Tecnica della Vendita”, Franco Angeli Editore,1969)
Vendere non significa soltanto prendere la merce dagli scaffali e mostrarla al cliente ripetendo un certo numero di frasi imparate a memoria, non è solo il rispondere alle domande di chi abbiamo davanti, cercare la taglia e il colore desiderato, preparare la confezione e accompagnarlo alle casse. Chi nella vendita vede soltanto questi aspetti materiali non è un vero venditore. La vendita è innanzitutto un lavoro intellettuale e solo in parte un lavoro manuale: vendere significa convincere il cliente. Si può convincerlo ad arrivare fino al punto vendita, grazie alla pubblicità ed alle promozioni; si può convincerlo ad entrare, grazie all’allestimento delle vetrine, all’insegna e ad un ingresso accogliente; si può infine convincerlo ad esprimere desideri inconsci, o a farne scaturire di nuovi, per poi soddisfali con gli articoli proposti. Nel settore moda questo è ancora più vero in quanto molto spesso non si compiono acquisti per stretta necessità, ma per soddisfare esigenze più o meno voluttuarie, quindi la componente umana risulta fondamentale.
Quest’ultima parte spetta in gran parte al venditore. È un compito difficile, specialmente in un negozio autonomo, dove il rapporto con il cliente è più diretto, personale e intimo. L’addetto alla vendita non lavora sul ferro, sulla pietra, sul legno, sulla stoffa, ma sulla personalità umana del cliente e il suo strumento principale è la parola, che deve essere sempre guidata da capacità, intuito ed intelligenza.
Il cliente-tipo di un negozio tradizionale ha esigenze diverse da quello che si rivolge ad un centro commerciale, ad un negozio di una catena o ad un outlet. In un negozio il cliente cerca degli aspetti che nelle altre formule distributive mancano.
Essenzialmente cerca un rapporto umano con il venditore, da cui scaturiscono altri vantaggi. Quando si istaura questo tipo di rapporto la vendita diventa più piacevole, rapida e proficua. Analizziamo i motivi che spingono un potenziale cliente a rivolgere la propria attenzione ad un negozio tradizionale.
- La fiducia. Il cliente si aspetta di trovare una controparte esperta della categoria merceologica dei prodotti che vende. In questo modo potrà farsi consigliare, assistere nelle scelte, supportare nella selezione delle proposte. L’opinione preponderante è quella che assegna un alto grado di competenza al dettagliante. Questo perché molto spesso il negozio è gestito direttamente dal titolare o dai familiari, e si suppone che abbiamo intrapreso questa attività per passione, e quindi siano abili intenditori della merce venduta. Queste caratteristiche molto spesso non sono presenti nelle altre tipologie di vendita, dove il personale viene assunto senza richieste di una preparazione specifica, specialmente nel settore abbigliamento e moda.
- I servizi. Dal rapporto personale con il venditore possono scaturire dei servizi che altrove non vengono effettuati, se non in rari casi. Il venditore potrebbe accordare sconti particolari ai clienti abituali, tenere in sospeso la merce in attesa del pagamento futuro, concedere la merce a credito, accettare resi, ecc.
- Calore umano. Un aspetto da non sottovalutare è quello che molte persone scelgono il negozio semplicemente per il rapporto umano che si istaura col negoziante. Chi lo fa per chiacchierare, magari solo del più e del meno, chi per avere un valore aggiunto agli acquisti che fa.
Questi elementi sono ovviamente legati tra di loro e partecipano assieme a formare la motivazione per la quale gli acquirenti italiani dirigono le proprie attenzioni alle consuete attività commerciali tradizionali.
Per questi motivi il rapporto col cliente deve essere oggetto di particolari attenzioni. Un abile venditore deve saper ascoltare, capire il cliente, le sue esigenze, proporre nuove soluzioni, invitare all’acquisto, e anche accettare di fare qualche chiacchiera, senza perder tempo ma senza neanche perdere la pazienza.
“Non vendiamo un prodotto, vendiamo soluzioni” (William “Bill” Henry Gates III, all’epoca CEO di Microsoft, in una conferenza a Milano, 1994) (Io c’ero ! NotaDiFabio)
Il venditore deve essere un buon psicologo, deve conoscere il cliente e convincerlo, comprendendo il comportamento, gli atteggiamenti mentali, le motivazioni. La vendita è anche un incontro tra due menti, fra due intelligenze, fra due esseri sensibili e ragionanti, pertanto è un rapporto estremamente complesso. L’abilità del commerciante sta nell’utilizzo delle sensazioni che farà nascere, con tutti i mezzi possibili: le parole, i toni, le pause, le suggestioni, ma anche dando al cliente la possibilità di utilizzare altri sensi per valutare la merce, facendo in modo che possa toccala, maneggiarla, indossarla.
La psicologia ci insegna anche tanti altri aspetti della vendita, che qui non analizzeremo. Ad esempio occorre valutare anche i differenti tempi di reazione (dovuti ad età, stato di salute, esperienza, cultura, abitudine, ecc.) per adeguare i ritmi di presentazione degli articoli. L’elencazione di tutti gli aspetti psicologici della vendita e le opportune tecniche da utilizzare esulano gli scopi di questa tesi, ma rimarchiamo che spesso sono estremamente importanti.
"Noi vendiamo sogni" (Santo Versace, presidente della Gianni Versace s.p.a., "Io, Gianni, Donatella e la politica", Panorama, 20 marzo 2008)