Invece, grazie anche alle mirabolanti imprese di Andrea, siamo riusciti ad andare a Parigi. Cavoli che bello. Della nostra classe, eravamo appunto molto pochi. Prima di partire Andrea ci raccontava meravigliose cose dei casinò, quindi decidiamo di andare a visitare quello di Parigi. Pertanto, mentre i nostri compagni caricavano sulla corriera solo zaini e borsoni, noi maschi (solo in 4) avevamo anche gli abiti e i cappotti. Idoli. Come prof accompagnatore non avevamo nessuno della nostra classe. Se non ricordo male avrebbe dovuto esserci la Papalia, insegnate di religione, ma aveva dei problemi e pertanto c’erano due professori dell’altra classe. Due tizi (uno dei due era Veneroni, l’altro non ricordo) fortissimi, se ne fregavano abbastanza di noi (in senso buono) anche perché eravamo quasi tutti maggiorenni.
Abbiamo visitato le cose abbastanza classiche e canoniche di Paris. La prima sera, come deciso, volevamo andare al Casinò. I nostri compagni di classe non erano dell’idea, quindi io e il mio socio Giancarlo siamo tornati in camera e ci siamo cambiati. Nel farlo, mi si è sciolto il nodo della cravatta. Invece i nostri altri due amici, Andrea e Stefano, ci hanno convinti lo stesso: si va in quattro. Bene, ma dovete farmi il nodo alla cravatta. Io non ero capace. Su quattro sbarbati diciottenni nessuno era in grado di fare il nodo, ma Andrea mi rassicura: non è obbligatoria. Andiamo nella hall dell’albergo (Ibis Alesia per la cronaca) e chiediamo al tizio dove si trova il Casinò. Non lo sa, ma guarda sulle pagine gialle e ci fornisce l’indirizzo. Raggiungiamo la zona in metropolitana. Non so se siete mai andati a Parigi, la metro fa abbastanza schifo, non come servizio intendo, ma come pulizia. Usciamo dalla stazione e notiamo di essere in una zona non proprio bellissima: porno shop, battone, cinema hard. Quando racconto questa cosa tutti mi dicono: eri a Pigalle. No, questa era proprio una zona di merda, datemi retta. Strano che il Casinò sia in un posto simile. Arriviamo al numero civico… nooooooooo, è una sala giochi di nome “Casinò”. Che fare? Un venditore di piadine ci dice che il Casinò è abbastanza in periferia di Parigi, bisogna andarci in taxi. Ma si, facciamo ‘sta cazzata. Arriviamo la, paghiamo e poi mi fermano perché non ho la cravatta. Ecco! Alla fine me ne vendono una loro. Una volta dentro mi accorgo che, soldi per la metro, per il taxi, per l’ingresso, per la cravatta,… mi avanzano giusto quelli x il ritorno. Mi posso permettere solo una fiche da 7 mila lire, il taglio più piccolo. Quanti soldi che giravano li dentro. Decidiamo di tornare all’una. Invece gli altri due sono in scimmia e non si schiodano. E va beh, li lasciamo li. Al mattino dopo, a colazione hanno due facce da funerale. Avete vinto? Si si come no. Ok, capito, avete perso tutto. La sera dopo vogliono andare ancora, invece i prof insistono per farci andare a fare un giro sul Bateaux Parisiens (il fratello povero del Bateaux Mouche). Noi si va, loro imperterriti vanno al Casino. Il giro sulla Senna non è male, si vede anche la statua della libertà. E poi i due prof sono proprio simpatici. Di notte, stiamo dormendo quando: TOC TOC TOC. Bussano alla camera. E’ Stefano che ci chiede i soldi per pagare il taxi. Andrea è giù in “ostaggio”. Grandi: hanno spianato tutti i soldi che si erano portati in gita. Benissimo, e ci sono ancora 5 giorni. E così al mattino scendevano con lo zaino per incamerare quanta più roba possibile: tortine, brioches, ecc.
Tra le altre cose mi ricordo un giretto al Centre Pompidou, una visita a Père Lachaise a vedere la tomba di Jim Morrison. E poi quando siamo stati sulla Torre. Al secondo piano non vediamo più gli altri e Giancarlo, solito agitato, inizia a dire che sono scesi. E’ talmente agitato che mi mette l’ansia e mi convince, quindi scendiamo. Raggiungiamo la corriere, dove non c’è nessuno. Noooooooo, sono andati al terzo piano. E io sono venuto fino a Parigi senza andare sulla Torre??? Noooo, sacrilegio!!!! Ho deciso, la prima volta che posso tornerò a Parigi e vado subito sulla Torre. (Infatti ho fatto così, anni dopo)
Un’altra sera siamo andati alla discoteca La Scala, in Rue de Rivoli. Mitica, mi pareva veramente grande. E poi proiettava i video delle canzoni che mandava. Erano i tempi degli U.S.U.R.A con “Open Your Mind”. Un’altra sera siamo stati in albergo a giocare a carte e fare i pirloni tutta notte. Insomma è stata proprio una bella gita.
E poi si avvicinava la matura. Da una parte felicissimi di finire, dall’altra la paura di non saper cosa fare dopo, la paura di dover crescere, la malinconia di non frequentare più quei posti e quelle persone.
Ragazzi, l’esame di maturità è forse quello in cui ho copiato di più nella mia vita. Non so come dire, ma era veramente una figata, si estraevano bigliettini da ogni dove. Io mi ero creato colle mie manine fatate una cartucciera (visto che mia madre si era rifiutata di farlo) per inserirvi tutti i bigliettini. Se non ricordo male solo Federica si è fatta sgamare.
Anche l’orale non è stato male. Ricordo che il tizio di inglese, vedendo che io la portavo come prima materia, pensava fossi un fenomeno della madonna, ma dopo due minuti di pseudo conversazione in inglese ha capito e si è messo a parlarmi in italiano hehehe. La prof ci aveva detto di studiare bene una lettura del libro apposito e di portarla a scelta. Invece il tipo ha aperto il libro a caso. Panico. La fortuna ha voluto che era una lettura sulla famiglia reale. Come non sapere le cose? Le vicende di Charles, Diana e la regina Lizzie? La fortuna aiuta gli audaci, è una cosa che nella mia carriera scolastica è SEMPRE stata confermata. Se non ci provi non ti capiterà mai la botta di culo.
Peccato non aver assistito agli orali di quel pistola di Andrea, mi hanno detto che ha fatto del gran teatro, non rispondendo quasi nulla e dicendo che aveva fretta di andare al mare. Infatti l’hanno segato. Idolo. Lo ammiro. Non si sentiva di uno bocciato alla matura dai tempi dei tempi. E lui ce l’ha fatta. Dopo aver superato 4 anni a calci in culo, essere ammesso all’esame per grazia divina… si è imbattuto in gente che non lo conosceva… e così è finito male. Peccato, non era per niente stupido (aveva sicuramente altri difetti, per esempio presuntuoso, permaloso, ecc)
Qui finisce il racconto delle mie avventure al Baratta, alcuni aneddoti che ricordo. Ma quello che mi resta è il fatto che io ci sono entrato bambino e ci sono uscito… moooooooolto meno bambino. Sia quando si dice: alle superiori mi sono trovato male, soprattutto coi compagni? Ecco, il nostro è il caso opposto, ci siamo trovati benissimo e siamo ancora amici. Non tutti, ovviamente, di alcuni si sono perse le tracce praticamente immediatamente, ma con altri il feeling è rimasto. Grazie ragazzi, siete mitici. Ci vediamo in giro. Fabio.