(raccolta molto sparsa di pensieri)

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Ladro di editoriali

Lo ammetto pubblicamente: ho compiuto un furto! Ho rubato l’editoriale di ieri del direttore di ViVoPavia Notizie. Ovviamente non gli ho chiesto il permesso, altrimenti che furto sarebbe? Anzi, ho rincarato la dose rubando anche la foto. Ho fatto proprio un copia e incolla, non c’è nulla di mio, tutto rubato. Anche perchè le volte che ho chiesto a qualche giornalista di poter riportare il suo pezzo sul mio blog (ovviamente citando la fonte) ho ricevuto solo dei rifiuti. Allora sono passato all’esproprio giornalistico! Mi condanneranno come Sallusti? Beh, pazienza, al giorno d’oggi se non finisci a San Vittore non sei nessuno.

 

L’EDITORIALE. Commercio, sensi unici e l’involtino primavera

io copia

di EMANUELE BOTTIROLI

Il commercio non è una strada a senso unico, ma questione di proposte. Tanti cittadini di Pavia, Voghera e Vigevano sfogliando le cronache assistono a battaglie di schiere di commercianti contro la viabilità che cambia. Nel frattempo i centri storici perdono progressivamente fascino per l’incapacità dei professionisti del settore di mettersi insieme, innovare, organizzare iniziative e stupire la clientela anche con idee semplici e low cost. Muoiono le botteghe e i mercati storici. Il commercio pavese sta lasciando progressivamente troppo spazio non più ai franchising – quella è un’epoca già passata – ma a una schiera di attività di stranieri, pronti a maggiori sacrifici e ad aperture prolungate. Le città e i paesi si stanno snaturando e il rischio, paradossalmente, è che a breve potrebbe risultare più bello e qualitativamente appagante fare shopping nelle gallerie commerciali o negli outlet, dove le grandi griffe calamitano sempre di più l’attenzione. Fa orrore la gara al ribasso nei centri storici, dove al contrario dovrebbero essere i marchi, la professionalità e la qualità a prevalere. Stiamo perdendo la cultura del bello, sprofondando tra villaggi del kebab o dell’involtino primavera e coiffeur con gli occhi a mandorla. La liberalizzazione delle licenze e il non introdurre criteri professionalizzanti per gli operatori ha ucciso il gusto del vivere e dell’animare il commercio nei nostri centri urbani. Cambiare questo triste trend dovrebbe essere una sfida per tutti. Perché il commercio vero è anzitutto tre cose: identità, propensione al sacrificio e capacità di leggere i mutamenti. Ora o mai più.

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Phelps e Keynes

Scusate, ma il mio animo di economista (una delle mie tante personalità che talvolta hanno il sopravvento l’una sull’altra) mi spinge a rubare questo articolo apparso giorni fa sul Corriere della Sera. Indovinate dove? Nella sezione "Lettere"… e già perchè magari nelle pagine più importanti avevano altre cazzate da scrivere… ma dai!!! così va il mondo….

Perché è sbagliato tornare all’ interventismo di Keynes
di EDMUND PHELPS

(premio Nobel per l’economia 2006)

Di quale teoria possiamo avvalerci per uscire dall’ imminente recessione in modo rapido ed efficace? Usare la «nuova teoria classica» delle fluttuazioni nata a Chicago negli anni Settanta – che incorpora i modelli di «gestione del rischio» – è inimmaginabile, dato che con il crollo dei prezzi degli asset è proprio questa teoria a essersi dimostrata errata. Alcuni hanno pensato di rivolgersi a John Maynard Keynes. Le sue riflessioni sui rischi e sulle speculazioni sono acute, ma la sua teoria sull’ occupazione è problematica e le soluzioni politiche «keynesiane» sono, nel migliore dei casi, discutibili. Le banche hanno parlato della discesa dei prezzi delle case come se fosse la conseguenza di un qualche shock. Secondo i loro modelli, sono shock casuali a far deviare il prezzo degli asset dai valori previsti. In realtà non sono stati terremoti, periodi di siccità o altri fattori esterni a provocare la caduta dei prezzi. La causa principale è stata una previsione basata su modelli del tutto erronei. Gli speculatori e gli acquirenti di case, pensando che gli affitti o i costi di costruzione sarebbero saliti, contavano sul fatto che nel futuro il prezzo delle case sarebbe aumentato e questo provocava anche un aumento di prezzo delle case esistenti. Ma nel corso degli anni né gli affitti né i costi (in termini reali) sono cambiati. In una situazione del genere, i prezzi (reali) prima o poi devono tornare a scendere. Questo era il mondo di Keynes. A Cambridge, nel suo Treatise on Probability, Keynes mostrò come un investitore debba tenere conto di circostanze non note. A Londra gestì un fondo con O. T. «Foxy» Falk e si arricchì, ma fu poi colto di sorpresa dal crollo dei prezzi delle materie prime all’ inizio del 1929. Si rese conto così della fragilità delle certezze degli investitori. Quando gli investitori cominciano a ritirarsi, il prezzo dei beni, che in precedenza aumentava, dapprima fluttua, e alla fine precipita insieme alle convinzioni su cui si basava. Nella Teoria generale del 1936 Keynes affermò che il prezzo degli asset era determinante per l’ occupazione. Se un cambiamento nel modo di sentire della gente provoca il crollo dei prezzi degli asset (insieme a quello delle azioni e delle case), gli investimenti si riducono e l’ occupazione si contrae (aumenta la disoccupazione), soprattutto nelle industrie di beni capitali (capital goods). Sfortunatamente, da allora nulla andò più bene. Keynes fece un grave errore, non distinguendo tra una caduta dei prezzi degli asset dovuta a cause monetarie – un aumento esogeno, o autonomo, della domanda di denaro – e una caduta dovuta a cause che non hanno nulla a che fare con l’ offerta e la domanda di denaro – ma dipendono, per esempio, da una minore fiducia negli investimenti azionari o nel settore immobiliare. Il primo fenomeno potrebbe essere risolto con mezzi monetari: la banca centrale potrebbe accrescere l’ offerta di denaro, risollevando così il prezzo degli asset senza trascinare gli altri prezzi e i salari in un’ inutile spirale di aumenti. La recente crisi della speculazione sugli immobili è però un fenomeno non monetario: deve esserci un calo dei prezzi delle case, in termini monetari, rispetto a quelli dei beni di consumo. Keynes sosteneva che l’ aumento dell’ offerta di denaro potrebbe funzionare anche in questo caso: i lavoratori non sono consapevoli che altrove i salari per lavori analoghi sono saliti come i loro e si astengono quindi dal richiedere salari alti quanto prima, in termini reali; in questo modo le assunzioni sono incentivate e l’ occupazione torna a crescere. Ma continuare a sostenere una ripresa di questo tipo richiederebbe di sicuro un aumento senza fine dei salari, che continui a precedere le aspettative – una prospettiva poco attraente. Keynes pensava sempre di più a misure non monetarie per cambiare il nuovo equilibrio non monetario derivante da una perdita di fiducia degli investitori. Riteneva che anche la domanda dei consumatori incentivasse l’ occupazione. Un aumento della domanda incoraggia, in un primo tempo, le aziende ad aumentare la produzione e ad assumere un maggior numero di lavoratori. Ma in un’ economia aperta quest’ incentivo sarebbe di stimolo soprattutto per i paesi esteri. Nell’ economia globale, l’ aumento della domanda dei consumatori farebbe solo aumentare i tassi d’ interesse, spianando la strada al calo dei prezzi reali degli asset, degli investimenti e dei salari. Keynes poneva l’ accento sull’ investimento come leva per aumentare l’ occupazione. Secondo questa teoria, si potevano stimolare gli investimenti privati attraverso sgravi fiscali, o aiuti alle nuove aziende o a chi assume. Keynes vedeva con favore gli investimenti da parte dello Stato o di imprese statali. Gli americani, con i loro aeroporti da incubo e i ponti che crollano, accoglierebbero volentieri la realizzazione di nuove «infrastrutture». Ci si deve chiedere, però, se un massiccio spostamento di investimenti dai privati allo Stato non soffochi la creazione, lo sviluppo e l’ adozione di idee innovative da immettere sul mercato. La teoria del capitalismo si basa sulla diversità delle fonti da cui possono scaturire nuove idee commerciali, sulla varietà dei gruppi di imprenditori disposti a investire, delle risorse finanziarie – angel investors, venture capitalists e altri – e degli utenti. E si basa anche sull’ importante presupposto che i proprietari di imprese finanziarie e commerciali non debbano render conto a nessuno (se non alla propria coscienza) – e siano quindi liberi di usare il loro intuito, una condizione molto diversa da quella di rigido controllo a cui devono giustamente sottostare i funzionari dello Stato. Un considerevole aumento della presenza del governo nel settore degli investimenti potrebbe quindi limitare l’ innovazione e abbassarne la qualità. Continueremmo a essere in crisi. Alla fine della vita Keynes disse all’ amico Friedrich Hayek che intendeva riesaminare la sua teoria in un libro successivo. Sarebbe andato oltre. L’ ammirazione che noi tutti nutriamo per l’ enorme contributo di Keynes non dovrebbe trattenerci dall’ andare oltre.

Traduzione di Maria Sepa

Alberoni

tratto da www.corriere.it/editoriali/alberoni

L’amore richiede pazienza
E un solo errore può distruggerlo

Passare da un partner all’altro non serve a nulla

di Francesco Alberoni

Un tempo in un villaggio tutti sapevano tutto di tutti. Se arrivava uno straniero gli occhi erano puntati su di lui ed era impossibile avvicinarlo senza che gli altri ne venissero a conoscenza.

L’individuo aveva rapporti con poche persone: i familiari, gli amici, i parenti, gli abitanti del paese. Era in questo nucleo chiuso che avvenivano tanto gli affari quanto le scelte amorose. La ragazza si fidanzava e si sposava con uno del luogo. Solo chi andava in città aveva altre possibilità di incontro.

Ma anche qui, una volta sposati, i coniugi condividevano i conoscenti e gli amici. Oggi tutto è cambiato. La gente viaggia, studia o lavora in altre città, partecipa a congressi, ha continue occasioni di conoscere altre persone andando nei villaggi vacanze o in crociera. Infine, con Internet, ciascuno può fare nuove conoscenze, scambiare con loro email, foto, filmati o incontrarsi personalmente. Nel campo erotico e amoroso ogni individuo oggi, se lo vuole, ha la possibilità di scegliere fra innumerevoli alternative.

Eppure sono molte le persone che non trovano l’amore che cercano e che si sentono sole. In ogni essere umano, infatti, esistono due tendenze opposte, una che ci spinge alla ricerca di nuove esperienze, di nuovi rapporti e l’altra che invece ci fa desiderare di amare ed essere amati da una sola persona e di realizzare solo con lei una intimità totale.

Avendo a disposizione numerose alternative, molti spesso hanno tanti rapporti, tante esperienze, provano e cambiano in modo frettoloso. Alla più piccola frustrazione, alla più piccola delusione cercano subito qualcosa di meglio. Ma l’amore non si trova correndo in modo veloce da uno all’altro. Occorre tempo per capire se ciò che proviamo è amore o solo una attrazione. Occorre tempo per capire se l’altro ci ama. Occorre tempo per capire se il legame è forte.

E in questo periodo delicato un solo errore può distruggere tutto. L’amore infatti è come il diamante, durissimo e fragile. Vuole tutto, non puoi dirgli «resta dove sei, vado a fare un’altra esperienza e torno». E se lo perdi non puoi rimpiazzarlo, non c’è nessuno al mondo che lo possa sostituire. Lo puoi cercare anni e anni nei viaggi, nei club, nelle discoteche, sul web senza trovarlo. Poi talvolta invece, quando meno te lo aspetti, lo incontri. Ma, come la prima volta, corri sempre il pericolo di fare un errore e di perderlo. Devi riconoscerlo e averne cura.

29 settembre 2008

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