(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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I colori dell'autunno

L’autunno ha le sue magie. Anche se è una stagione che hai dei lati tristi, come quando guardi malinconicamente le tue magliette a maniche corte e le sposti dall’armadio sapendo che per un bel po’ non potrai più indossarle. Non sei triste solo per le magliette, ma anche e soprattutto per il freschino che non ti permette di usarle…
Quando esci al mattino e c’è freddo, e non sei ancora abituato. Sei costretto a mettere già il piumino e ti senti tutto intirizzito. Poi magari piove anche.

Però l’autunno ha le sue magie. Ha soprattutto i suoi colori. Qualche giorno fa stavo tornando da Cima Colletta verso Brallo, quando nella strada sopra Bocco una folata di vento ha fatto scendere una pioggia di foglie multicolori. Che forte, pareva di essere in un quadro. I colori dell’autunno sono i più belli, quelli che si adattano meglio ai quadri.

 

La chiesa del Brallo

tratto dal sito della Pro Loco Brallo.

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Il complesso (Chiesa, Salone, Canonica) è stato realizzato dal Sacerdote Luciano Faravelli, parroco di Pregola.
Fin dall’inizio chiamò attorno a sè un "Comitato Promotore" al fine di sensibilizzare la generosità degli Enti pubblici e privati cittadini, sia locali che villeggianti, onde far fronte al notevole peso finanziario.
I lavori della nuova Chiesa ebbero inizio il 17 aprile 1961 e a conclusione l’11 luglio 1965. Sua Eccellenza Mons. Francesco Rossi, insigne benefattore, solennemente benedisse.
L’opera è stata progettata e diretta dall’Architetto Enrico Decorato di Milano e costruita dall’impresa Edile F.lli Ravetta di Brallo su sedime donato dal Comune.

Il 27 Luglio 1969 Sua Eccellenza Mons. Francesco Rossi di Tortona consacrava l’Altare dedicandolo ai SS.Pietro e Paolo e benediceva l’artistico Crocefisso. Il complesso è opera dello studio di Architettura Cagnoni-Ciampa di Milano; in sasso di Serizzo, con le sculture in metallo duro bianco di stile volumistico. Lo scultore Aldo Calvi, attraverso un simbolismo personale, ha inteso affermare l’espressività  dei valori plastici, indipendentemente dalla configurazione naturalistica dei soggetti, senza travisare il messaggio del Cristo-Amore che attraverso il Sacrificio (la Croce), si dà  a tutti (Mensa-Altare con paliotto raffigurante l’ultima cena) per mezzo della Chiesa e nella Chiesa (per questa la figura di S. Pietro: dalla sua origine, pescatore, vele di barca alla sua elezione le chiavi)

Successivamente è stata inserita la vetrata artistica realizzata in vetro antico soffiato legato in piombo disegnata e realizzata nel 1980 dal frate francescano Padre Costantino Ruggeri nel laboratorio del Convento della Chiesa Canepanova di Pavia.
La vetrata che riporta diversi elementi del paesaggio montano, vuole essere un canto alle bellezze del creato.

La scultura posta sul cippo davanti alla Chiesa è opera di Silverio Riva, noto pittore e scultore Vogherese nato nel 1940, docente titolare di Anatomia artistica all’Accademia delle belle Arti di Brera. Si ispirava a Sutherland e credeva in Giacometti, poi la sua attenzione di uomo di terra e di fiumi si è concentrata sul frammento di vita; tra astratto e figurativo le sue opere vogliono avere il sapore della natura. Muore a Voghera nel 1998. Il monumento a ricordo dei caduti in guerra è stato eretto il 20 Novembre 1983.

Salire al Brallo

Tratto da “Brallo di Pregola ESTATE INVERNO” di Alessandro Disperati e Mara Vago, 2003

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Il Territorio

Di giorno  o di notte salire al Brallo è sempre un’emozione. Quando la luna fa capolino e illumina quasi a giorno boschi e pinete, come giocando, scompare e ricompare dietro il Lesima. All’alba ecco splendere in tutta la sua bellezza questa fetta di Appennino divisa fra la Val Trebbia e l’alta Valle Staffora, in Lombardia, al confine con la Liguria, all’interno della Comunità Montana dell’Oltrepo Pavese. Ecco il Brallo di Pregola, un susseguirsi ininterrotto di monti e di verdi pascoli. Qua e là piccole frazioni arroccate tra le montagne. Di sera poi si accendono le luci delle case: è il segnale che questi monti sono ancora popolati. Vivono. Il clima del Brallo risente sia della vicinanza del mare, sia del clima tipico montano, formando così situazioni davvero particolari e benefiche per la salute. Solitamente l’estate è caratterizzata da un clima mite, mentre in inverno le nevicate sono abbondanti. Caratteristiche fondamentali di questa zona sono l’atmosfera pura, la limpidezza del cielo e la scarsa umidità, oltre alla bellezza del paesaggio e la quiete. Tutti requisiti che sono ideali per un periodo di relax. Proprio nel territorio comunale di Brallo di Pregola si trovano due delle cime più imponenti e più importanti di tutto l’Appennino Pavese: il Monte Lesima (1724 metri) e Cima Colletta (1494 metri). Non solo: le limpide e pulite acque del Trebbia sono, in estate, un punto di riferimento per abitanti e turisti.

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Fontana di Rovaiolo Vecchio

Gestione della???

 

Oggi invece con

Oggi invece ce l’ho con la Banca Popolare Commercio e Industria, filiale di Brallo. Ma è mai possibile che durante l’anno sia aperta un solo giorno a settimana, il giovedì, e d’estate, quando c’è il mercato proprio al giovedì, sia aperto di lunedì?? Ma chi è il genio che avrà elaborato questa sapiente tecnica di marketing? Come per dire: non venite in banca che non ne abbiamo bisogno. Eh si perchè il giovedì mattina sarebbe utile a tutte quelle persone che già vengono in paese dalle frazioni circostanti trovare gli uffici aperti…ma questi invece che fanno? Chiudono. Complimentoni….


Pregola – veduta del castello e del monte

Casaforte di Pregola

Tratto da “Castelli, Rocche, Case-forti, Torri della provincia di Pavia”, volume n° 6 “Oltrepò seconda parte”, a cura di Mario Merlo, Edizioni Selecta 2009 (ma molto probabilmente è una ristampa di un libro parecchio datato, diciamo almeno una quarantina d’anni):

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Il territorio di Pregola è nominato in un diploma dell’imperatore Ottone I del 29 luglio 972. Nel documento vengono descritti – secondo valide testimonianze – per sommi capi i possedimenti locali del Monastero di Bobbio, con implicita conferma dei medesimi al predetto cenobio. Sembra che Pregola sia stato donato al Monastero da Re Agilulfo, ed è quindi probabile che il castello ivi esistito e l’intero abitato siano stati fondati da quei monaci in epoca imprecisabile, ma certo assai antica.

Per lungo tempo essi ne furono feudatari, finché, il 28 settembre 1164, Federico non lo devolse, unitamente ad altri luoghi della Valle Staffora, ai Malaspina. Quell’atto fu poi confermato da Federico II, nel 1220, Carlo IV, nel 1355, e Carlo V, nel 1541. Risulta che nel 1207 ci furono vertenze giudiziarie tra gli abati di Bobbio ed i feudatari imperiali, in ordine a contestazioni relative a benefici terrieri perduti.

Tralasciando altri passaggi, si arriva a Corrado, figlio di Morello Malaspina, che divise nel 1221, con il nipote Opizzo, i feudi della Liguria, riservandosi per sé quello di Pregola. Egli è considerato il capostipite dei Marchesi del luogo. Il feudo si estendeva verso mezzogiorno e comprendeva molti torri e castelli, che poi passarono in altre mani. Forse per divergenze familiari, Pregola fu assediato nel 1570 da un Giovanni Malaspina e figli, in lotta con altri componenti il casato; ma ebbero la peggio, ed uno di essi fu fatto prigioniero, deportato a Milano ed ivi decapitato. Il Marchesato di Pregola fu annesso alla comunità di S. Margherita Staffora.

L’antica rocca era posta alla sommità del cono roccioso che sovrasta l’attuale paese, già Comune ed ora frazione di Brallo di Pregola. Di essa e del primitivo abitato – testimoniato nel  1725, in forbito latino, da un parroco locale citato dal Goggi – non rimanevano all’inizio del sec. XVIII altro che vestigia plantari e ruderi più o meno consistenti. Non bisogna dimenticare che la pieve locale, dedicata a S. Agata (risarcita interamente in epoca recente), viene fatta risalire al tempo dei Longobardi e, precisamente, al secolo VII.

L’originario fortilizio fu distrutto quasi interamente, a quanto sembra, nel 1571. Con i materiali ricavati dalla macerie fu in seguito eretto un nuovo massiccio casamento, che da allora fu sempre denominato castello, ma la fama del paese andò progressivamente oscurandosi, fino a scomparire dalla scena politico-sociale della Valle Staffora. (Nota di Fabio: a mio parere Pregola era nella scena politico-sociale della Val Trebbia, pur essendo il paese nella Valle Staffora, tant’è che i marchesi di Pregola facevano parte del ramo dello Spino Secco, che dominava in Val Trebbia) Dell’antica rocca sono andate perdute anche le ultime vestigia murarie a ridosso del colle su cui sorgeva.


Casaforte di Pregola

Il castello attuale ha più aspetto di residenza patrizia di campagna che di casa-forte nel senso tradizionale del termine. Esso risalirebbe alla fine del Cinquecento o ai primi del Seicento ed è di proprietà Leveratto-Mangini. (Nota di Fabio: da quasi 40 anni è di proprietà Tordi, mi sa che questo libro è vecchiotto.) Vi si accede da nord per portoncino con arco a tutto sesto e serramento borchiato a teste di chiodi, oppure da sud, all’altezza della chiesa parrocchiale. La facciata principale è a capanna e presenta cinque finestrelle intermediate longitudinalmente da una incrinatura della parete.

Esternamente si nota nell’angolo di nord-est un corpo aggettante rinforzato da un barbacane appena accennato. Sul fianco sinistro si notano in corrispondenza ad un locale rustico una finestra strombata a guisa di profonda feritoia e, più innanzi, un’apertura difesa da una robusta inferriata cinquecentesca. Il locale interno era adibito a prigione. Le pareti sono in pietra locale a vista, su orditura comune.

Entrando dal portoncino si è subito in un vasto atrio contrassegnato da tre archivolti, uno dei quali gravemente lesionato. Due diverse scale conducono al piano superiore, suddiviso in locali di diversa capienza, tutti in precario stato di manutenzione. Nella sala maggiore, con soffitto su travature lignee, si vede un ricco camino sormontato da un grande stemma dei Marchesi Malaspina di Pregola, inquartato di rosso e d’azzurro. Nel I e nel IV campo si vedono aquile bicipiti in rosso nel II e nel III uno spino secco afferrato da un leone bianco rampante, coronato d’argento, entrambi in azzurro. Lo stemma gentilizio è sovrastato dalla corona marchionale a tre punte ed è avvolto da una ricca decorazione a stucco comprendente figure allegoriche ed ampie volute e caulicoli. L’opera è ascrivibile al sec. XVII. Il sottostante camino è in pietra color lavagna e presenta una leggera modanatura nell’architrave con radi dentelli, nonché due fascette laterali ed una specie di serraglia centrale.

 

In un’ampia cucina a pianterreno, sita nel corpo ad ovest come il salone precedente, esiste un secondo camino rustico a cappa, che ha la particolarità di possedere due fornelli laterali, oltre al focolare propriamente detto. L’ala dell’edificio volta a levante terminava con una torricciola la cui parte sommitale sarebbe rovinata alcuni decenni or sono. Il castello è felicemente ambientato e conferisce una certa nobiltà al piccolo ma pittoresco paese, che è ora dominato verso levante dal prestigioso complesso del Centro federale tennistico del CONI, con la sequela dei suoi rossi campi da gioco.

Pregola riveste una certa importanza come archetipo di antico paese signorile del Pavese montano. Anticamente il suo feudo si estendeva molto verso mezzogiorno e l’abitato ebbe funzioni di guardia e controllo con diritto di pedaggio, ciò che rappresentò una delle principali fonti patrimoniali per i suoi feudatari.

 


I Marchesi Malaspina

La rotonda di Brallo

Da poco tempo sono stati fatti dei lavori nella piazza di Brallo. Siccome io sono un criticone patentato, ecco le mie critiche. Inziamo con la rotonda. La viabilità della piazza era già gestita in un modo simile ad una rotonda: c’era un piccolo spartitraffico in mezzo e ci si doveva girare attorno. Ora la cosa è stata ufficializzata in una vera e propria rotonda moderna, dove tutti quelli che confluiscono devono dare la precedenza, come succede ormai dappertutto con le rotonde cosiddette alla francese. E fin qui tutto bene. La mia critica è nel fatto che l’abbiano fatta troppo "scentrata". Invece di realizzarla in mezzo alla piazza, dove sarebbe a mio avviso stata più comoda per tutti (intendo tutti quelli che provengono dalle diverse strade che arrivano in piazza), è stata fatta più verso nord. In questo modo per esempio chi arriva dalla mia via deve dare una prima volta precedenza per confluire nella piazza e poi una seconda volta per confluire nella rotonda. Anche chi arriva dalla Val Trebbia e deve girare in direzione del Piemonte deve fare un percorso un po’ complicato. Insomma è difficile da spiegare se non la si vede, ma vi assicuro che è fatta male. Se fosse, ripeto, in mezzo alla piazza sarebbe meglio per tutti: visto che confluiscono 5 vie nella piazza, non sarebbe stato più logico raggrupparle tutte nella rotonda e non solo 4 ??

Un motivo c’è, e qui arriva la seconda critica. E’ stato ingrandito il marciapiede davanti al Municipio, che ora arriva proprio in mezzo alla piazza. Perchè? Boh? Non vedo questa grande utilità. Per far star più comodi i viandanti? Può darsi, ma io non l’avrei fatto a discapito della viabilità. Vorrei vedere quando passano le corriere in quella rotondina risicata. Voi obietterete che ormai l’Afrea (l’azienda dei trasporti) manda solo piccoli pulmini, ma non dimentichiamo che potrebbero passare dei camion (non è vietato) che indubbiamente hanno delle difficoltà. Insomma non mi piace.

E arriviamo all’ultima critica, la più criticosa di tutte. La piazza aveva dei belissimi pini, piantati tanti tanti anni fa per abbellire la zona. Penso che li abbiano messi negli anni ’50 o ’60, non lo so di preciso, ma per me è come se ci fossero sempre stati. Facevano molto "paesino di montagna", e servivano anche a fare un po’ di ombra che non guasta mai.Ecco, durante la ristrutturazione della piazza sono stati tagliati. TUTTI. Ma dico io: se avessi una betulla in giardino e la taglio arriva la Forestale e mi arresta seduta stante, questi tagliano dei pini sulla piazza del paese come se niente fosse!! Mah…


Chi si ricorda come era la piazza può notare questo lato privo dei mitici pini, che ormai saranno finiti a pezzi in qualche caminetto…

Coscritti

Dite che sto invecchiando? Mi sa che avete ragione, visto che in questo periodo continuo a scrivere post nostalgici che mi riportano a tanti tanti anni fa. Una di queste sere ascoltavo una canzone di Max Pezzali e ricordavo quando, nel mitico 1992, ascoltavo Hanno ucciso l’Uomo Ragno. Quindi sono 18 anni che Max (all’epoca 883) è diventato "famoso". Visto che quest’anno festeggio per la seconda volta i coscritti, vi racconto come ho festeggiato la prima volta.

In realtà non ho festeggiato, a Brallo non c’è mai stata (perlomeno per la mia generazione) l’usanza di festeggiare i 18 anni. Mi sarebbe piaciuto, perchè tutti i miei compagni di classe lo facevano, e mi raccontavano i loro festeggiamenti. Mi ricordo un giorno di fine luglio, ero al Kursaal, ma volevo tornare presto perchè il giorno dopo avevo l’esame pratico di scuola guida a Voghera. Per "presto" intendo l’una, erano altri tempi… Stavo per percorrere le poche centinaia di metri verso casa mia quando incontro dei ragazzi che erano in giro a festeggiare i coscritti di Menconico (per la precisione loro erano di Canova). "Ma dove te ne vai, Fabio?" "A dormire, ho l’esame di guida domattina" "Ma va dai torna giù che festeggiamo" "Ma no non posso" "Smettila, 18 anni li si ha una volta sola".

E sono tornato al Kursaal fino alle due e mezza. Penso che sia stata l’unica volta che mio papà si è addirittura alzato da letto per farmi la ramanzina quando sono tornato a casa. Per la cronaca l’esame l’ho passato in modo egregio. Ma chi se ne frega dell’esame, chi se ne frega della ramanzina, era il 1992 e tutto era possibile quell’anno.

Quel fantasma per amico

Decisi di non parlare con nessuno di quello che avevo visto, anche per non sembrare preda di allucinazioni estive.

La sera successiva, dopo l’orario di chiusura, preparai lo stesso appostamento, dopo aver lautamente cenato e dopo diversi caffè per combattere il sonno.

Verso le tre del mattino, quando ero convinto che non sarebbe accaduto nulla, ricominciarono i rumori provenienti dalla sala. Stavolta uscii subito allo scoperto brandendo il bastone. Il visitatore notturno era lo stesso della notte precedente. Quando mi vide arrivare lasciò cadere la bottiglia di vino che aveva tra le mani e si diresse urlando verso l’uscita sbarrata, che attraversò senza aprire. Rimasi talmente scosso che non potei muovermi, mi ci vollero diversi minuti per riacquistare il sangue freddo. Controllai bene la porta d’entrata che era chiusa a doppia mandata. Non vi erano più dubbi, quell’essere non era reale, vale a dire che non era fatto di materia, insomma non era umano. Mentre ero perso in questi pensieri udii rumori di passi, mi voltai di scatto e lo rividi: era lui, era lì, lui in persona, o in non-persona, e qualunque cosa fosse, era a non più di quattro o cinque metri da me.
«Perché non fuggi?».
Lo guardai impietrito. La sua voce era profonda.
«Ho troppa paura», risposi.
Una sonora e fragorosa risata riempì la sala del pub «Castello» in quella notte d’estate del 1999. L’essere altri non era che il fantasma di Giovanni Malaspina. Mi spiegò la sua storia e mi fece molte domande. Minuto dopo minuto la mia paura svanì e l’interrogatorio si trasformò in una chiacchierata, che durò fino all’alba. Mi raccontò di quando, nel 1570, entrò in conflitto con i marchesi di Pregola per divergenze familiari e assaltò il vecchio castello, gli diede fuoco e lo distrusse, uccidendo barbaramente alcuni degli occupanti. Purtroppo per lui nella fortezza vi era ospite un vecchio negromante del Nord Europa che gli scagliò una terribile maledizione: dopo la morte il suo fantasma sarebbe rimasto intrappolato tra le mura del castello fino alla fine del millennio. Dopo decenni di solitudine, non gli sembrava vero che il maniero fosse ancora abitato. Avrebbe voluto bere qualche sorso di alcol ma, essendo incorporeo, non poteva, perciò furente fracassava i calici a terra.
Nelle settimane che seguirono queste chiacchierate si svolsero con regolarità quasi giornaliera. Giovanni mi chiedeva del mondo attuale, io mi facevo raccontare le abitudini, le imprese, le guerre e la vita di corte di quei secoli lontani.
Quando in autunno chiusi il pub, decisi di andare a trovare il simpatico spiritello almeno una sera la settimana. Così per i mesi seguenti continuarono i nostri incontri davanti al caminetto a chiacchierare. Passarono i mesi ed arrivò l’inverno. Il 31 dicembre mi recai al castello, dove trovai Giovanni in quello che una volta era il salone principale. Ci salutammo calorosamente. Ero triste per la perdita di quella figura ormai familiare, ma ero felice per lui, che avrebbe finalmente trovato la pace. Attraversò per l’ennesima volta il muro che divide il salone della cucina e scomparve.

Circa un mese dopo ero nel bar per fare un po’ di pulizie quando, ad un tratto, mi ritrovai davanti quel personaggio buffamente abbigliato che ormai conoscevo bene.
«Giovanni! Ma… come…» esclamai.
«Ricordi la maledizione? Ebbene, il millennio finisce il 31 dicembre del duemila, quindi, amico mio, dovrai sopportarmi un altr’anno ancora».

Questo è quanto accadde a partire da quell’estate del 1999.

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Come ho già scritto e detto più volte, ma lo ripeto perché molti ancora me lo chiedono: è solo un racconto, non ho avuto le allucinazioni. E per di più Giovanni Malaspina non è mai esistito, il castello fu distrutto da Gian Maria malaspina e nel 1575.

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ps dell’utimo minuto: secondo un’altra fonte fu distrutto da tal Giovanni Malaspina nel 1571… quindi un fondo di verità in quello che ho scritto c’è !!!!

Racconto d'estate

Nel 1999 il quotidiano La Provincia Pavese istituì un piccolo concorso letterario dal titolo "Il racconto d’estate". Chiunque avesse voluto inviare un piccolo racconto che si svolgesse nella nostra provincia evrebbe visto il suo lavoro pubblicato sul giornale e avrebbe partecipato alla vittoria finale. Io, per curiosità, per la voglia di cimentarmi in qualcosa di nuovo e per fare un po’ di sana e onesta pubblicità ad un’iniziativa che stavo per intraprendere, mandai il seguente raccontino:

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Nell’estate del 1999 decisi di aprire una birreria a Pregola, frazione del comune di Brallo. A dir la verità una frazione dal passato glorioso, tant’è che fino a non molti decenni prima era il capoluogo comunale, sede da secoli di un marchesato. Il luogo che avevo intenzione di trasformare in un piccolo bar stagionale aveva anch’esso una brillante storia: era parte della casaforte (chiamata castello dagli abitanti del paese), residenza dei marchesi Malaspina, feudatari di Pregola dal 1164 e ivi residenti fino all’inizio del XX secolo. Inaugurai il pub «Castello Malaspina», situato nell’ala ristrutturata della struttura medievale, verso metà luglio. Nei giorni successivi iniziarono ad arrivare avventori da tutto l’Oltrepò pavese: gente del luogo e turisti attratti dalla frescura e dal fascino del maniero. Non avevo mai fatto quel lavoro prima di allora e l’inatteso successo mi aveva disorientato un po’. Non sapevo ancora che ben più emozionanti eventi mi avrebbero coinvolto. Tutto ebbe inizio quando alcuni abitanti del paese vennero a lamentarsi per il rumore proveniente dal bar che li aveva disturbati durante la notte. Io mi scusai sfoderando tutti i sorrisi di cui ero capace, ma in seguito mi venne in mente che il giorno precedente era lunedì e quindi il pub era chiuso.  Con un misto d’ansia e preoccupazione mi recai di corsa al castello, dove trovai molte bottiglie spostate, alcune rovesciate, e numerosi cocci di bicchieri in terra. Con un rapido sopralluogo notai che non c’erano altri danni, e nessun furto: un intruso beone dunque. Non risultavano assolutamente segni di scasso: da dove poteva essere entrato?

La settimana successiva, di martedì, mi si presentò sotto gli occhi la stessa scena: bottiglie e bicchieri sui tavolini e per terra, porte e finestre integre. Feci sostituire al più presto la serratura dell’ingresso, pensando che qualcuno fosse riuscito a procurarsi un doppione delle chiavi. Non riuscivo a spiegarmi comunque un particolare: perché gli ignoti visitatori non si limitavano a portare via le bottiglie o a berle in silenzio, bensì le frantumavano rischiando di farsi scoprire per il frastuono? Il lunedì seguente all’ora di cena ero nel castello, appostato nella toilette nell’attesa dei vandali della notte, armato di un grosso bastone. Rimasi tutta sera nello stanzino di pochi metri quadrati, fermo immobile,finestre chiuse, nessun rumore, il caldo che cominciava ad essere insopportabile, con grosse gocce di sudore che mi scendevano sulla fronte. Dopo qualche ora la situazione era peggiorata perché stupidamente non avevo cenato e i morsi della fame iniziavano a farsi sentire, accompagnati  dal mal di schiena dovuto alla scomoda posizione. Infine la sonnolenza ebbe il sopravvento e mi addormentai.
Fui  svegliato da rumori che provenivano dalla sala, mi affacciai e….cosa vidi: un uomo che stava versandosi del rum. Appoggiò il bicchiere su di un tavolino, lo riempì e bevve. Continuò per altre due o tre volte. Io ero preso dall’osservazione dei suoi abiti: di stranissima foggia, pareva un costume teatrale. Nel frattempo l’insolito ospite continuava a servirsi finché, in uno scatto d’ira, scagliò con forza il bicchiere per terra. Non potei più trattenermi e uscii allo scoperto ma, quando mi vide, corse verso il muro laterale e… lo oltrepassò vicino al camino!
Potete immaginarvi lo sgomento misto a paura che provai in quegli attimi. Dopo essenni un po’ tranquillizzato, diedi un’occhiata intorno: ancora una volta lo scenario era composto da cocci di vetro e bottiglie aperte.Un particolare mi sembrò subito molto strano: la bottiglia di rum era quasi piena, e io avevo visto’quel personaggio bere più di quattro bicchieri.
Preso da un autentico terrore aprii la porta — che era rimasta chiusa a chiave — e me ne andai.
Quella notte non dormii.
Avevo sognato ad occhi aperti per colpa del pasto saltato, del sonno e del caldo?

(continua domani)

Il profumo dei posti

Sai cosa manca, nel vivere in città? I profumi. Quando vivevo sui monti, come Heidi, nel mio imperituro gironzolare dovuto alla curiosità e al non voler mai star fermo, passavo tra boschi, prati, cascine, stalle, fossi, cantine, torrenti, rocce, ecc. E ognuno aveva un profumo diverso. Cose che in città non si sentono, la città è abbastanza asettica, vivi in posti chiusi e ti muovi su strade senza profumi.

Non si sente il profumo della pioggia che è appena finita, il profumo delle violette e delle primule, il profumo della terra. Eh si, non lo sapete? La terra ha un profumo tutto suo, e ogni terra ha il proprio. Le zappe ne sono intrise, così come i rastrelli sanno di fieno e le accette di legno. In città non si sente il profumo degli aghi di pino, quelli verdi. E non succede neanche di passare in bicicletta sopra cumuli di aghi di pino secchi, e di liberarne il profumo. La terra ripida vicino ai ruscelli, il trifoglio, persino le panchine o le fontanelle, ogni cosa aveva un profumo. Il profumo dlele pigne, che varia a seconda siano appena cadute o siano secche, nel qual caso diventa simile al profumo del legno. I rami secchi delle conifere hanno un profumo diverso dag.i altri. E ogni erba ha un prfumo tutto suo, per non parlare dei rovi delle more. Eh si, potrei elencarne veramente tanti.

Qui purtroppo non c’è niente di tutto questo, l’olfatto serve a poco, al limite per sentre gli odori, ma è quindi abbastanza sprecato.


 

Vetrata della chiesa di Brallo

 

Cognomi

Per prima cosa una premessa: questo post non ha nessuna pretesa di veridicità, ho recuperato i dati da fonti assolutamente non ufficiali e pertanto potrebbero esserci errori. Detto questo, ecco le classifiche dei cognomi più diffusi…

…nel comune di Brallo di Pregola:

1. Tagliani 6. Rettani
2. Rossi 7. Maruffi
3. Alpegiani 8. Buscone
4. Zanardi 9. Benedini
5. Gualdana 10. Scabini

Di questi ne conosco almeno uno per ogni cognome.

…nel comune di Voghera:

1. Barbieri 6. Poggi
2. Ferrari 7. Marchese
3. Rossi 8. Marchesi
4. Montagna 9. Giorgi
5. Gatti 10. Bernini

Conosco dei Ferrari, Rossi, Gatti, Poggi.

…in provincia di Pavia:

1. Ferrari 9. Montagna
2. Rossi 10. Vercesi
3. Barbieri 11. Giorgi
4. Sacchi 12. Poggi
5. Gatti 13. Marchesi
6. Maggi 14. Milanesi
7. Negri 15. Magnani
8. Bianchi  

Oltre ai già citati conosco dei Barbieri (che non sono di Voghera), Sacchi, Negri, Bianchi, Milanesi. In provincia il podio si mischia: Ferrari e Rossi salgono, Barbieri scende, ma a sorpresa arriva Sacchi.

…in Lombardia:

1. Colombo 6. Villa
2. Ferrari 7. Cattaneo
3. Rossi 8. Brambilla
4. Bianchi 9. Riva
5. Sala 10. Fumagalli

Qui invece spunta Colombo, ma Ferrari e Rossi resistono. Nella top ten i classici milanesi Brambilla e Fumagalli

…e in Italia:

1. Rossi 6. Romano
2. Russo 7. Colombo
3. Ferrari 8. Ricci
4. Esposito 9. Marino
5. Bianchi 10. Greco

 

Passo del Brallo

Tratto da un pieghevole degli anni ’80 / ’90

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PROFILO STORICO-RELIGIOSO
La denominazione di questo comune (Brallo di Pregola) è recente, ma la storia dei centri abitati che ne fanno parte è antichissima. Le prime notizie certe su Pregola risalgono ad un diploma dell’Imperatore Ottone I, datato anno 972, con cui il sovrano conferma al Monastero di San Colombano di Bobbio i suoi possedimenti.
Dopo varie vicende, nel XIII secolo, il feudo di Pregola passò ai Malaspina. La signoria feudale dei Malaspina durò incontrastata fino al 1789, anno in cui il feudo di Pregola fu incorporato nel Marchesato di S. Margherita. Il castello originario, posto sul cono roccioso che sovrasta il paese, fu distrutto e con i materiali ricavati dalle macerie fu eretto un nuovo edificio, una casa-forte ancora esistente. Le notizie religiose di Pregola risalgono a prima dell’anno 1000 e la chiesa odierna è del 1600, sorta sulle rovine del vecchio oratorio dedicato a San Rocco.
Altra parrocchia è quella di Colleri, ma sembra che anticamente la sede originaria fosse a Someglio, dove ancora oggi esiste una chiesetta con campanile romanico del XIII secolo, con all’interno una tela che rappresenta i S.S. Gervasio e Protasio.
La chiesa di Corbesassi è stata edificata nel 1690 circa; la decorazione interna è del Sebastiano toselli, allievo del Gambini, compiuta nel 1939. Di notevole una tela, purtroppo ora sciupata: San Francesco e due Angeli.

La chiesetta di Someglio
SITUAZIONE CLIMATICA
II Brallo, posto tra le due valli del Trebbia e dello Stafferà ed a breve distanza in linea d’aria dal mare, gode di un clima che si trova nella fortunata condizione di amalgamare alcune caratteristiche del clima marino con altre del clima montano, con una vasta gamma di influenze benefiche sulla salute.
Caratteristiche fondamentali di questa isola climatica sono l’atmosfera pura, la limpidezza del cielo, la scarsa umidità, l’alto rendimento delle radiazioni solari, la bellezza del paesaggio e la quiete.
Tali requisiti ambientali risultano ideali per un tranquillo periodo di riposo, favorendo un rapido recupero di energie.

GITE – ESCURSIONI
Alla felice posizione climatica si aggiunge la possibilità di magnifiche escursioni sui monti vicini.
Infatti le cime del Colletta (m. 1.490) e del Lesima (m. 1.724) sono facilmente raggiungibili attraverso strade ricche di boschi suggestivi, con ampie distese di prati e punti panoramici di rara bellezza.
Pur accessibile dal Brallo è il Monte Penice (Km. 12) sulla cui vetta sorge un santuario dedicato a N.S. della Guardia.

Casaforte e Chiesa di Pregola
Anche nelle numerose frazioni che circondano il Capoluogo non mancano elementi di particolare interesse: Valformosa, uno dei pochi paesi che ha conservato un impianto tipicamente medioevale; Someglio con la sua antica chiesa; Colleri, Corbesassi e Cencerate con gli antichi nuclei di case in sassi e calce e strade strette a selciato.
Attraverso una vasta e suggestiva pineta si snoda poi la strada che porta a Pregola ed ai numerosi campi da Tennis del Centro Sportivo della Federazione Italiana Tennis, dove durante l’estate si esercitano centinaia di ragazzi.
E’ possibile anche raggiungere il fiume Trebbia (11 km.), le cui acque, ancora limpide e incontaminate, offrono una attrattiva per pescatori e bagnanti.

 

I campi del Centro Tennis
SPORT – DIVERTIMENTI – FOLKLORE
Brallo offre al turista sportivo dei campi di calcio per tutte le età (Campo di Colleri, Campetto di Bralello) ove d’estate sono organizzati vari tornei. È possibile poi praticare il tennis ed il nuoto al fiume Trebbia.
Risultano soddisfatti anche gli appassionati di corse campestri (diverse marcie non competitive in Luglio-Agosto) e quelli di Moto-Cross (Gare a Maggio e Settembre) che trovano qui l’ambiente ideale per il loro divertimento.
Esistono poi campi da Bocce in vari paesi, e non bisogna dimenticare la possibilità di praticare caccia e pesca nei periodi adatti. Durante l’inverno il Brallo e le pendici del Colletta offrono vari campi da sci con impianti di risalita. Si ricorda anche che è in progetto, e dovrebbe essere presto pronto, un moderno centro sportivo.
Tutto l’anno si può ballare in moderne discoteche; nei mesi estivi sono in funzione anche attrezzate sale-giochi ed al Brallo una sala cinematografica.
Anche gli amanti del liscio non verranno delusi, in quanto sono numerose le sagre paesane con canti e balli in allegria. Possiamo qui ricordare la Festa Patronale di Colleri, la polentata di Corbesassi, la festa di Cima Colletta, la Sagra della Patata a Brallo (1a domenica di settembre).

GASTRONOMIA
In qualunque periodo dell’anno si possono gustare ottimi prodotti locali (Salame Tipo Varzi, Coppe nostrane, Formaggelle tipiche, torte di mandorle).
Nei ristoranti della zona la genuinità della cucina, basata su tradizionali ricette casalinghe offre una notevole attrattiva gastronomica a tutti i buongustai.
Fra i piatti tipici ricordiamo il profumato risotto coi funghi, i polli ruspanti con contorno di deliziose patate di produzione locale, gli ottimi piatti di cacciagione con Lepri, Fagiani, Pernici ecc. ecc.

Le limpide acque del fiume Trebbia

 

ALLOGGI – SISTEMAZIONI
Per chi decide di passare qualche vacanza al Brallo non ci sono problemi. Nel Capoluogo e nelle frazioni vicine si trovano infatti diversi alberghi e locande con buone capienze.
E’ possibile poi affittare appartamenti grossi e piccoli e stanze singole con tutti i servizi.
A soli 8 Km., precisamente a Sala, esiste anche un camping attrezzato.

Abbondanti nevicate

In questi giorni di neve ne è venuta già parecchia dappertutto, ma a Brallo siamo avanti: guardate quanta neve c’era già domenica scorsa, quando a valle c’era ancora il sole:


Meteo Brallo

Anche il Passo del Brallo ha il suo sito con la situazione metereologica: Meteo Brallo, realizzato da Fabio Tagliani.

Il sito presenta la situazione attuale registrata dalla stazione di Colleri, quella di Pregola, di Prodongo, di Rureio (sopra Colleri) e altre nella zona, istallate con l’aiuto del Centro Meteo Lombardo, che forniscono indicazioni in tempo reale su temperatura, vento, ecc.

Un’altra particolarità molto interessante è quella di poter vedere coi propri occhi la situazione grazie alla webcam che punta verso il Passo, a quella di Prodongo e a quelle di Cegni.

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