Possono esserci le Dolomiti, la Sardegna, le Antille Olandesi ecc, ma una gita così sui miei monti, non ha prezzo! Passo del Brallo – Bocco – Cima Colletta – Monte Lesima – Pró d’Cavanna – Prodongo – Corbesassi – Passo del Brallo
"E da qui…e da qui…
…qui non arrivano gli angeli
con le lucciole e le cicale.."
Jimi
Della chiesa del Passo del Brallo ne avevo parlato già tempo fa (cliccate qui)
Adesso che stanno rifacendo il tetto metto un po’ di foto. Non sarà opera di Gaudì, però ha il suo bel perchè. Da quando sono piccolo sento dire: "L’è moderna, l’è un po’ brutta", ma anche la Torre Eiffel pareva brutta, adesso è il simbolo di Parigi.
Il lettore del blog Matteo mia ha mandato tempo fa questa foto. Ha trovato in una soffitta questo ritratto di un uomo con l’iscrizione: "morto a Pregola – Stato di Sardegna – 22 Marzo 1851", ma purtroppo nessun nome.
Stanno rifacendo gli impianti sciistici del Monte Chiappo, vale a dire la seggiovia che parte da Pian del Poggio. E’ una cosa sicuramente bella, perché dalle nostre parti è la pista più lunga. Però io credo che il solo fatto di rimodernare gli impianti non sia, da solo, sufficiente. Negli anni 70 e 80 dello scorso secolo erano GLI impianti. Chiunque volesse cimentarsi con l’attività sciistica e abitava in Valle Staffora o zone limitrofe, poteva contare sugli impianti al Penice, Casamatti, Brallo, Cima Colletta, Caldirola e, appunto, Pian del Poggio. Erano altri tempi. Si partiva, che so, da Voghera e in circa un’ora si era sulle piste da sci: papà, mamme, figli, nipoti e nonni al seguito per un’allegra scampagnata. La neve cadeva abbondante, gli atleti erano poco esigenti e tutti si divertivano. Oggi ci sono le autostrade che con qualche minuto in più ti portano sulle piste della Val d’Aosta che, con tutto il rispetto, sono un altro pianeta rispetto a quelle dell’appennino pavese. Nel 2015 invece chi se la sentirà di partire da Voghera, affrontare un strada che, se fino a Varzi è inadeguata, dopo diventa addirittura terribile? Io spero tanti, me lo auguro. Spero altresì che scenda tanta neve e che le piste siano tenute bene e battute come si deve. Sono in ogni caso convinto, che per i nostri paesi ci siano almeno un paio di grossi handicap che se rimangono incolmati non permetteranno non solo ai turisti di venirci a trovare, ma renderanno sempre più difficile agli abitanti di rimanere e di lavorare. Il primo l’ho già citato: la strada. Se la ex Statale del Penice era talmente importante da essere considerata, appunto, una statale e andava bene per le auto e i mezzi di trasporto di trenta o più anni fa, ormai è inadatta ai mezzi odierni. E questo va a scapito del turismo, dell’industria, del commercio e del traffico stesso. La strada è sempre più intasata e gli abitanti e sindaci dei paesi che attraversa sono ormai stufi, mentre gli automobilisti sono esasperati. A mio avviso, quando c’erano i soldi (e c’erano ancora tanti abitanti, e qualche industria, e molto turismo, cioè i già citati anni 70 e 80) avrebbero dovuto ipotizzare una strada più bella, più larga e che magari evitasse qualche paese. Perlomeno fino alla "capitale" dell’Alta Valle Staffora: Varzi. Da lì in avanti è "normale" che le strade abbiano più curve, siano un po’ più strette. Beh, magari non messe male come quella che va al Pian del Poggio, ecco.
La seconda cosa è un altro tipo di strada: quella informatica. Se una volta era essenziale che il territorio fosse coperto dalle linee elettriche, dall’acquedotto e dalla fognatura, poi è diventato "normale" avere a disposizione le linee telefoniche. Nel duemilaquattordici è ASSOLUTAMENTE ESSENZIALE avere la copertura internet, quella che qualche anno fa era chiamata "banda larga", che ormai è il minimo indispensabile. Senza, siamo tagliati fuori dal mondo. Perché internet non serve per i giochini, ma per il turismo, e quindi per il commercio, per il lavoro, ecc. Così come una volta gli analfabeti erano quelli che non sapevano scrivere e adesso sono quelli che non sanno usare un computer, così adesso internet è un servizio indispensabile come la corrente elettrica.
La vedo dura. Speriamo bene….
E in caso di dipartita? Già… uno non ci pensa mai, per scaramanzia, perché non ha voglia di pensarci, per esorcizzare la cosa, perché sta male parlarne, insomma per una serie di futili motivi.
Ma…se dovesse succedere? Beh pensandoci, in effetti non è che me ne freghi molto, tanto in quel caso non ci sarei e quindi fate un po’ come meglio credete. Però qualcosina ci sarebbe, vediamo.
Innanzi tutto spero bene di schiattare in qualche posto carino, non certo in un ospedale. Sarebbe bello in qualche posto all’aperto, ma mi rendo conto dello sbattimento che creerei a chi mi deve riportare a casa. Allora facciamo direttamente a casa e non parliamone più. Per favore mettetemi un bell’abito, non cose pacchiane, diciamo un blu scuro e con il nodo della cravatta fatto bene. Niente cazzate nella bara, tanto non mi servono (per la carità, se la cosa vi fa piacere fatelo, a me comunque non servono, ribadisco). Per quanto riguarda la bara, non strafate per favore, una roba semplice che costi poco, tanto anche quella non serve a molto, capisco che nella vita si muore una volta sola, ma non è come l’abito da sposa, anche se è dozzinale non mi offendo. Preferirei sposarmi che morire, potendo scegliere. Se proprio non sono spappolato causa qualche incidente (o non ho pustole da peste bubbonica sul mio bel visino) non mettetemi roba in faccia (tipo veli o fazzoletti) che soffro il solletico, tanto non mordo mica, né. Pianti e racconti sono graditi, fate voi, diciamo l’essenziale, senza esagerare. Immagino che siano inevitabili anche i classicissimi "L’avevo visto proprio l’altro giorno", oppure "guardalo come sta bene, è sereno". Col cazzo che sono sereno, sono morto !!!!
Passiamo al piatto forte, il funerale. A Brallo, naturalmente. Chi non ha sbatti di venire è graziato, non c’è problema, tanto io vedo e capisco. Ai funerali in fondo ci si va per far contenti i vivi. Per la funzione ho una sola richiesta, e qualche mio amico la sa, ma meglio ricordarla qui pubblicamente: mettetemi su l’Adagio di Albinoni. Non importa quale versione e suonato da chi, cercatene comunque una valida. Dai, è l’unica cosa a cui veramente tengo. Per la sepoltura, chiaramente la mia parrocchia e quindi il mio cimitero è Pregola. Anche a me, come mia mamma, piacerebbe andare nella terra, ma anche io mi dovrò accontentare di un forno, loculo, o come diavolo lo chiamate (pardon, nominare il diavolo in questi casi non è appropriato, o perlomeno non è di buon augurio per me stesso).
Per riassumere: fate come volete per l’abito, i fiori, le firme, i cartelli (che squallido passare tutta una vita per poi trasformarsi in un cartello e avere i famosi "15 minuti di celebrità"), la bara, la tomba. L’unica cosa importante è l’Adagio di Albinoni.
E il titolo del post cosa c’entra quindi? Beh fate una piccola ricerchina su Google, no?
Che estate è stata questa estate duemilaquattordici? Beh sicuramente l’estate più "strana" di questi ultimi anni.
E’ stata l’estate di Cervinia, mai fatto camminate io prima d’ora. E’ stata l’estate dove ho battuto il record di apertura del negozio a Voghera (Il giorno 5 agosto ero aperto, un record assoluto!). Contemporaneamente è stata l’estate dove sono stato più a Brallo in assoluto, ho tenuto aperto tutti i giorni di agosto (a parte il 5 mattina), compresi i lunedì (non c’è nessuno che ha piacere di aspettarmi il lunedì). E’ stata l’estate di Milano Marittima (che pazzi che siamo, passano gli anni ma non cambiamo mai mai mai). E’ stata l’estate del cane Youssef (pardon, si chiama Yadis in realtà) e del gatto Briciola (lei si chiama proprio Briciola).
E’ l’estate del 10 e Lotto (rigorosamente estrazione istantanea), l’estate di Albera, è l’estate in cui non sono andato neanche una misera volta in Trebbia, neanche una! Non sono mai stato neanche un giorno a Rapallo e non ho neanche fatto un bagno in mare (beh si mezzo bagno a MiMa, ma non si conta, mentre a Lerici neppure quel mezzo, niente di niente). E’ l’estate della festa della birra di Pregola! L’estate del DiodelColletta che prima mi ha concesso la grazia ma poi me l’ha fatta scontare.
E’ stata l’estate senza un giorno di sole o meglio senza un giorno senza pioggia. E’ stata l’estate in cui gli affari sono andati bene, qualche festa di paese ma neppure troppe, qualche giro ma neppure troppi, l’estate dell’avviso di rottura motore e del corriere DHL. L’estate i cui non ho neanche chiuso le vetrine del negozio di Voghera e l’estate che è finita dentro alle mura di un ospedale, dopo aver vissuto a cento all’ora per tutta l’estate. E’ stato il mio di motore che si è rotto, non quello dell’auto. Febbre (e io me ne sono fregato, ancora febbre e non ci ho badato, ancora febbre e ho indagato, per finire al pronto soccorso e poi ricoverato. Eh va be’, posso dire che è stata la prima volta che da un pronto soccorso mi ricoverano, è stata la prima volta che ho fatto una flebo (e ho recuperato perchè ne ho fatte per così), e ho fatto tanti di quei prelievi che penso siano il doppio di quelli che avevo fatto nei 40 anni precedenti (quando in pratica non ne avevo quasi mai fatti)
E’ stata l’estate dei mille progetti, delle serate piene di sonno e stanchezza, della mancata salita al Breithorn, dell’amica di Milli e della gara di peso (ho vinto! Adesso peso 67kg, sono un figurino !) L’ho già detto della festa della birra di Pregola? Mi sa di si. E allora cito anche la disco a Lama e poi alla Fragolina. E mi sono dimenticato di citare Ponte di Legno e l‘Aprica, dormire col piumone quando anche a Brallo dormivo col lenzuolo, e infatti viva il softshell (è stata l’estate anche dei softshell). L’estate della Toscana (li non ci sono andato, ma ci sarei dovuto andare), della "mia" e della "tua", l’estate della para, di whatsapp e soprattutto l’estate che si può riassumere in una sola, breve, nuova, unica, potente, moderna, attuale, magica parola.
E’ stata l’estate del SELFIE !
Noi si che eravamo esclusivi.
Ricordo i ragazzi al bar. Tutti conoscono tutti e sono assiepati nei tavoli. I più timidi o le ragazze con davanti una Coca Cola, i più spregiudicati con in mano una Ceres. Si ride, si scherza, si chiacchiera.
Ricordo in discoteca le varie compagnie. Ognuna aveva il suo "posto" sui vari divanetti. Anche lì ci si conosceva tutti, o quasi, ma ogni gruppo aveva la propria identità: questi qui, quelli là, ecc.
Ricordo giù al Trebbia, quando c’era caldo ci si andava tutti insieme appassionatamente. Salviettoni, bibite in fresco, palla, tuffi e scherzi alle ragazze.
Ma ricordo anche che noi magari al bar ci andavamo meno, perché forse stavamo facendo un giro in macchina, probabilmente fino alla Fragolina (che ovviamente non andava così di moda)
E poi in discoteca, neanche a dirlo, noi non avevamo nessun posto, o forse tutti i posti ci andavano bene.
Insomma, eravamo talmente esclusivi che ci autoescludevamo. O forse no, soltanto su un diverso piano di movimento nelle fantasmagoriche strade della gioventù.
Roy Lichtenstein – Girl with rubber hair – 1965
Quarantaquattresima puntata (le altre le trovate guardadando qui)
Dopo numerose esperienze nel commercio, sia ambulante che in sede fissa, mio padre, Siro Tordi, aprì nel 1965 il negozio che tuttora gestisce al Passo del Brallo, capoluogo del comune più a sud della Lombardia, sugli Appennini Pavesi. All’epoca la differenziazione dei prodotti era impensabile per una piccola rivendita, specialmente avendo un bacino d’utenza delimitato, in una zona dove i trasporti erano spesso difficoltosi. Il negozio offriva quindi una varietà notevole di prodotti del settore tessile – abbigliamento, ma non solo.
Per l’avvenire si sarebbe prospettato un normale ritmo commerciale, con clientela circoscritta agli abitanti della zona, senza possibilità di migliorare un sistema di vendita già consolidato e all’apparenza immutabile e senza la possibilità (o la convenienza) di attuare politiche di marketing innovative a causa della distanza dai grandi centri abitati – anche a causa di infrastrutture stradali inadeguate – e dalla ristrettezza del possibile target di acquirenti.
Al contrario, grazie ad una particolare situazione socio-economica e ad una geniale intuizione, il futuro non fu così.
In quegli anni, grazie all’onda lunga del boom economico, ci fu un fiorente sviluppo del turismo, della pratica degli sport invernali e un incremento delle spesa media per l’abbigliamento. Non erano ancora di moda le località esotiche, sia per i costi, sia per la praticità, e il Passo del Brallo costituiva una delle mete preferite per chi voleva trascorrere giornate di relax con gite o passeggiate nei boschi o cimentarsi in sport invernali nei vicini impianti sciistici. I turisti arrivavano da ogni direzione, vista la posizione favorevole, al confine di quattro regioni contigue: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria.
L’intuizione fu quella di aggirare la consueta filiera di distribuzione (agenti, grossisti, ecc.) e rivolgersi direttamente alle ditte produttrici per strappare prezzi molto più vantaggiosi, acquistando stock di rimanenze, fine serie, campionari, e così via. Nacque così “Il Negozio del Risparmio”, la prima stock house ante litteram della zona. La profittabilità dell’impresa era legata alla quantità delle vendite, ma grazie anche al passaparola, ai prezzi molto contenuti e al savoir faire riguardante le relazione con la clientela, i clienti affluivano copiosi. Un particolare settore trainante fu quello delle attrezzature da sci, mercato ancora in fase nascente ma con ottime prospettive di sviluppo, con poca e costosa concorrenza e privo di category killer . Col tempo il punto vendita si è arricchito di altri prodotti di vari settori merceologici: pelletteria, calzature, abbigliamento griffato, pellicceria, abiti da uomo, pantaloni, e via dicendo, mantenendo sempre la politica dei prezzi ridotti, modificando e rinnovando continuamente gli articoli disponibili, ma conservando lo stile popolare, anticonvenzionale e un po’ folcloristico di un tempo.
Tratto da
"Monografia di Bobbio ovvero Cenni Storici statistici, topografici ed economici"
di Daniele Bertacchi. Pinerolo, 1859
Egli era un medico veterinario militare, nato a Bobbio, che scrisse questa monografia quando aveva all’incirca 40 anni (8 lustri, dice lui) dopo che si era allontanato dal paese natio da più di 15 anni e dopo esser diventato bibliotecario presso la Scuola Militare di Cavalleria.
Bobbio era allora la provincia all’estremo confine orientale dello Stato di Sardegna. Confinava con Piacenza (Ducato di Parma), con la provincia di Voghera (a Bagnaria, chiamata "Bagnara"), con la provincia di Chiavari, con quella di Genova, quella di Novi Ligure e quella di Tortona.
E’ un lavoro molto interessante, quello del Bertacchi, che oltre a una sequenza di numeri e statistiche, inserisce anche annotazioni interessanti. Come la critica che fa alla strada che collega il capoluogo a Varzi, fatta passare a suo parere sulla parte sbagliata del monte Penice, spendendo inutilmente denaro e rendendola così piena di curve e con molte salite che affaticano i cavalli. In questo modo dice che Varzi ha molte più relazioni con Voghera che con Bobbio e "passeranno forse dei secoli prima di poterla soppiantare". In realtà l’alta Valle Staffora non ha mai avuto forti legami col bobbiese (per non dire scarsissimi), tant’è che successivamente ha seguito le sorti di Voghera finendo nella provincia dell‘ex-austriaca città di Pavia.
Altro particolare curioso, citato dall’autore, è che proprio nel 1859, mentre si doveva stampare quel libro, gli austriaci occuparono Bobbio, ma furono prontamente scacciati. Pochi mesi dopo la provincia di Bobbio venne sciolta e fatta confluire per l’appunto nella provincia di Pavia. In seguito, nel 1923, i cuoi comuni furono ripartiti tra le province di Pavia, Piacenza e Genova.
Ecco quali erano i comuni della provincia, con indicato tra parentesi la provincia attuale: Bobbio (PV), Pregola (attualmente il comune è denominato Brallo di Pregola, PV), Romagnese (PV), Corte Brugnatella (PC), Ottone (PC), Cerignale (PC), Zerba (PC), Gorreto (GE), Rovegno (GE), Fontanigorda (GE), Rondanina (GE), Fascia (GE), Varzi (PV), Bagnara (Bagnaria, PV), Sagliano (attualmente frazione di Varzi, PV), Pietra Gavina (Pietragavina, PV), Val di Nizza (PV), Cella di Bobbio (attualmente Cella frazione di Varzi, PV), Santa Margherita di Bobbio (Santa Margherita Staffora, PV), Menconico (PV), Zavattarello (PV), Valverde (PV), Trebecco (frazione di Nibbiano, PC), Ruino (PV), Caminata (PC), Fortunago (PV), Sant’Albano (frazione di Val di Nizza, PV),.
Eccone la descrizione del Comune di Pregola:
————
PREGOLA (Pregula)
Giace in una vallata tra i monti Penice, Lesima ed Ebro, nelle valli della Staffora e della Trebbia, all’ovest sud-ovest di Bobbio, da cui dista chil 10,80.
Gli sono annessi l’intiera parrocchia dedicata a S. Innocenzo, una sua succursale dedicata a S. Lorenzo, la parrocchia di Cencerrato sotto l’invocazione di S. Gioanni Battista, una cappellania consacrata a M. V. Assunta, ed un’altra del villaggio di Pratolungo, frazione della parrocchia della Pieve; e finalmente quella di Montarzolo dedita a S. Giacomo apostolo.
In tutte queste chiese nulla havvi di particolare ad osservarsi, e tutta la popolazione del Comune è distribuita nelle tre seguenti parrocchie: S. Agata in Pregola, S. Gioanni Battista in Cencerrato, e S. Innocenzo in Colleri. La chiesa di Pregola è di moderna costruzione e di bel disegno – Diocesi di Bobbio.
Il suolo, quantunque in generale poco fecondo, tuttavia produce frumento, segala, grano turco e legumi. Il monte Lesima è di qualche fertilità pei suoi pascoli.
Le vie comunali sono quelle che mettono a Bobbio, Ottone e Varzi, e si trovano tutte in mediocre stato. Quella che guida alla Cima della Colletta presso il Barostro è chiamata strada di Annibale.
Oltre il fiume Trebbia, che bagna il confine sud-est di questo Comune, scorrono quivi i torrenti Avignone, Montagnola e Staffora. L’Avignone ha origine da una sorgente detta la Fontana dei Tovi sul monte Lago, e, ingrossato da molti rivi di destra e di sinistra, sbocca nella Trebbia vicino a Ponte Organasco, in direzione di maestro a scirocco.
Il Montagnola nasce dalle falde occidentali dell’ora detto monte e della Colletta, e dirigendosi nella Staffora di rimpetto a Cegno.
I pesci di queste acque sono di qualità inferiore, tranne quelli della Trebbia, di cui si è già altrove parlato.
I pregolesi sono di robusta costituzione e di buona indole. Essi fanno commercio dello scarso prodotto del loro bestiame col borgo di Varzi.
Pregola appartenne un tempo come feudo ai Malaspina, e vi esiste tuttora un’antica casa fortilizia tenuta da una superstite famiglia diramata da quei feudatarii.
Pregola e Corte Brugnatella rimasero gli ultimi Comuni di tutta la Provincia a provvedersi di scuola pubblica elementare.
Dipendono da questo Comune le frazioni Barostro, Bocco, Bralello, Brallo, Casone, Cencerrato, Colleri, Corbesasso, Cortevezzo, Feligara, Lama, La Tomba, Lisera, Lomeglii, Pietra natale, Ponti, Pratolungo, Rosaiolo, Selve, Sotto il groppo, Valle di sotto, e Valformosa, le quali frazioni sono sparse tra le valli della Trebbia e della Staffora.
La popolazione è di 1756 anime divise in 367 famiglie e 413 case.
Volevo segnalare questo sito:
realizzato per segnalare percorsi da effettuare in MTB, ma pieno anche di suggestive immagini e filmati dei paesi delle 4 province (PV PC AL GE) che questo appassionato ha visitato. Sono dei documenti interessantissimi, che avevo citato già in questo blog diverso tempo fa.
Per esempio cliccando qui troverete un sacco di filmati sui paesi della Valle Staffora, come per esempio questo su Collistano
Come promesso, ecco altre foto di Brallo di una volta:
incominciamo con una veduta della piazza principale. qui si vede l’Albergo Ristorante Cavanna. Dalle auto parcheggiate mi arrischierei a supporre che sia degli anni ’70 dello scorso secolo. Quasi non ricordavo più il mitico pino praticamente in mezzo alla strada che scende da Pregola (nella foto quello tutto a destra)
La seconda foto è probabilmente più antica, e ci mostra il centro tennis di Pregola. Notate che la grossa costruzione che attualmente ospita le stanze da letto e la mensa non c’è ancora. (e non è una costruzione recente, visto che quando sono stato io al centro (metà anni ’80), c’era già.
Questa invece è una veduta del paesello dalla strada che porta a Bralello (rima!). La prima cosa che si nota è che tutte le prime 4 o 5 case che attuamente si incontrano arrivando da quella parte… non ci sono ancora.
L’ultima foto rappresenta sempre l’attuale piazza del municipio. Qui l’albergo Cavanna non c’è ancora, al suo posto vediamo una graziosa villetta adagiata su una collina.
Non esiste paese al mondo che non abbia il suoi personaggio di rilievo, cioè colui che di sé porta un’impronta, una traccia inconfondibile . Persone che si sono particolarmente distinte e continuano con determinazione e genuinità. E per questo vorrei tracciare brevemente il profilo di una di queste figure caratteristiche.
Infatti, fra i personaggi più rappresentativi di Brallo di Pregola nell’Alta Valle Staffora, quella di Siro Tordi è sicuramente una delle più significative.
Nato a Ponti – frazione di Brallo di Pregola – sin da giovinetto ha sempre mostrato interesso per il commercio. Sposato il 5.07.1952 con l’Insegnante Elementare Rebolini Maria Teresa, ma comunemente chiamata Rita, fedele compagna, la quale ha contribuito anche con il suo apporto lavorativo a dare impulso e sostegno nell’attività intrapresa, dalla quale ha avuto tre figli , che anch’essi svolgono , per proprio conto, la stessa attività. Ma sicuramente, con l’apertura del grande negozio al Passo del Brallo – avvenuta nel lontano 1965 – gli ha permesso di realizzare il suo sogno , ed indirettamente ha contribuito anche allo sviluppo turistico di questa zona, soprattutto quando le abbondanti nevicate – pur con i modesti impianti sciistici di. Cima Colletta – richiamava molti appassionati che a pochi chilometri di distanza potevano trascorrere qualche giornata sulla neve. Durante quegli anni di boom economico, il suo negozio era preso letteralmente d’assalto da tutti coloro che volevano trascorrere una giornata sulla neve. Nei suo negozio vi si trovava tutte le novità per quanto riguardava: abbigliamento sportivo, scarponi da ski, attacchi e quant’altro necessitava per praticare questo sport. Si trattava di. pazientare ed aspettare il proprio turno, per farsi montare gli attacchi su misura. Ricordo anche quando Ivo – il primogenito – impartiva le prime nozioni di ski sulle piste del "Colletta" a quanti si apprestavano ad iniziare. La clientela di Siro è sempre stata vasta e diversificata e nel suo negozio, in qualsiasi periodo dell’anno, convergono dal genovese, piacentino, pavese, milanese, bergamasco ecc. In pratica la professionalità e l’esperienza – unitamente ad un buon approccio con il cliente ed una saggia politica dei prezzi. – Siro è conosciuto un po’ dovunque.
Passano gli anni e viene a mancare il padre – figura simpatica e molto cordiale – che, nell’ambito del negozio , seguiva le vendite di una parte del settore abbigliamento. Si verifica però che , nonostante la buona posizione geografica, sull’Appennino Pavese nevica sempre meno e di conseguenza cambiano anche le abitudini del flusso turistico, per cui anche Siro si adegua alle nuove esigenze di una società in continua trasformazione. A fronte di questo, diversifica anche i suoi investimenti , tra gli altri acquista anche il Castello di Pregola che fu dei Malaspina, con l’intento di programmare un futuro più tranquillo, ma le sue origini e la passione per la vendita al dettaglio, che gli permette il contatto diretto con il cliente, lo portano ancora una volta a rimanere sempre più sul "ponte di comando" del suo avviato negozio, dove tanti collaborano nella scelta degli acquisti, ma il cliente viene sempre accontentato da lui in modo che esca soddisfatto, perché questo è sempre stato il suo obbiettivo . A completamento di questa lunga attività in data 27.12.1990 è stato nominato Cavaliere del Lavoro dall’allora Presidente della Repubblica on.le Francesco Cossiga controfirmato dall’on.le Giulio Andreotti. Concludiamo con il sottolineare le sue notevoli doti che, se da un lato gli hanno permesso di raggiungere i suoi obbiettivi, ha anche contribuito a fare conoscere il nostro Appennino ed in particolare l’Alta Valle Staffora,(così cara ai Malaspina) ricca di vegetazione e di memorie storiche, dando impulso anche al turismo di tutta la zona , e di questo ci sembra giusto riconoscergli il merito.
CARLO GRUGNI
Powered by WordPress & Theme by Anders Norén