(raccolta molto sparsa di pensieri)

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Negozio tradizionale

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventiquattresima puntata

I negozi indipendenti multimarca sono attività individuali con dimensioni variabili, conservano una quota di mercato importante nell’abbigliamento uomo e nelle calzature, mentre nell’abbigliamento donna, nello sportwear e nell’abbigliamento per bambino, i punti vendita indipendenti hanno perso quota rispetto alle catene monomarca.


Negozio tradizionale di abbigliamento da bambino

Sono caratterizzati da dimensioni contenute dei punti vendita, una gestione talvolta familiare e un assortimento di articoli poco ampio (numero contenuto di categorie merceologiche) e poco profondo (per ogni categoria la varietà è modesta).
Il dettaglio tradizionale acquista sostanzialmente in “programmato” ed è costretto ad effettuare consistenti ribassi per saldare le rimanenze.
La presenza dominante della distribuzione specializzata tradizionale può essere spiegata anche col maggior valore assegnato alla componente moda dagli italiani. La grande distribuzione non alimentare ha infatti assunto un posizionamento di convenienza ed ha progressivamente sostituito il Made in Italy con prodotti fabbricati nei paesi asiatici per contenere i costi, accettando di conseguenza di mettere in secondo piano la qualità e l’attualità del prodotto rispetto al ciclo della moda. Nell’Unione Europea, la perdita di quota dei punti vendita indipendenti è stata molto rapida.
In Italia il dettaglio tradizionale indipendente nella moda ha uno spazio di mercato consistente, ma in contrazione.
 


I negozi sono la linfa vitale di molti centri abitati

La riduzione di questo formato di punto vendita è stata contenuta e, soprattutto, è avvenuta con estrema lentezza. In particolare, la sopravvivenza e la performance del dettaglio tradizionale non sono legate allo sviluppo di forme associative (gruppi di acquisto e unioni volontarie), ma alle capacità imprenditoriali del titolare del punto vendita. Le ragioni dello scarso potenziale dell’associazionismo sono numerose e tutte legate alle specificità di un settore le cui dinamiche sono determinate dal fattore moda. Inoltre il consumatore italiano non ha ancora del tutto accettato la grande distribuzione come alternativa per gli acquisti nel settore moda.
Il successo nella competizione tra dettaglianti tradizionali non deriva tanto dal vantaggio nel costo di acquisto, ma dalla capacità di selezionare i prodotti che saranno maggiormente richiesti, nelle quantità e nelle taglie necessarie a soddisfare la domanda e in anticipo rispetto ai rivali.
Il produttore che ha successo in una data stagione perché interpreta meglio e più rapidamente dei concorrenti l’evoluzione dei gusti dei consumatori, può al contrario sperimentare un fallimento la stagione successiva. La permanente innovazione dei prodotti d’abbigliamento rende dunque instabili i rapporti di fornitura nel senso che i fornitori possono cambiare da una stagione all’altra.
Il dettagliante minimizza il rischio di magazzino riducendo la quantità acquistata su campionario.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Rapporto privilegiato col cliente.
Personalizzazione della vendita.
Ubicazione nei punti di passaggio.
Dimensioni ridotte, mancanza di economie di scopo e di scala
Esterni Valore aggiunto dato al servizio del negoziante esperto Aggressività delle concorrenza della grande distribuzione da una parte e direttamente delle ditte produttrici con gli outlet

In Italia il negozio tradizionale rimane un punto cardine nel panorama della distribuzione al dettaglio, seguendo una tradizione consolidata che non si arrende all’avvento delle nuove formule distributive. I motivi sono da attribuire principalmente al rapporto che il cliente ha con il punto vendita tradizionale. È un rapporto composto da molti ingredienti: la fiducia che si assegna al venditore, la comodità per raggiungere il negozio, la competenza attribuita a chi fa quel mestiere da tempo, l’amicizia che si instaura, la simpatia del locale, eccetera. Tutto questo verrà meglio esposto nel prossimo capitolo, appositamente dedicato a questo formato distributivo.

Aneddoti 14

A volte mi capita che i clienti mi costringono a dire quello che non vorrei dire (per il fatto che non è vero!)

Esempio:

entra una signora con una borsa e mi dice:
"Vorrei una giacca per mio marito"
"Venga signora, sono di qui"
"No, ma me le faccia vedere lei"
"Si, ma se viene nel reparto giacche da uomo facciamo prima. Come la vuole? Lunga? Corta? Pesante? Leggera?"
"Eh non so, mi faccia vedere lei"

"Si ma venga nel reparto, la prego, non posso portargliele a vedere una alla volta all’ingresso. Va bene questa?"
"No, troppo liscia, a mio marito non piace liscia, la vuole trapuntata"
"Ah, ok. Venga che così le vede"
"No, no, me le faccia vedere lei"
(Santa pazienza, ma cosa le costa fare due metri in più!!!)
"Va bene questa?E’ trapuntata"
"No, ha un collo che a mio marito non piace, lo vorrei di velluto"
"Va bene questa trapuntata col collo di velluto?"
"No, è troppo lunga"
"Va bene questa col collo in velluto, corta e trapuntata?"
"No, a mio marito non piace questo colore, la vorrebbe scura, sa ha 80 anni"
"Va bene questa? Scura, collo in velluto, trapuntata, corta"
"Non va bene la taglia"
"Va bene questa? Blu, di marca, trapuntata, taglia giusta, collo in velluto"
"Troppo corta"
"Idem come sopra ma nè troppo lung nè troppo corta?"
"Costa troppo"
"Ma signora, venga a vedere lei, ho un reparto di giacche da uomo, così la sceglie lei"
"No, no, c’am la daga lù" (traduz: me la dia lei)
"Ma non fa prima a dirmi come la vuole anzichè dirmi come non la vuole?"
"La vorrei come questa"
e quindi estrae dalla borsa un comunissimo modello "Husky", come quelli che andavano anni fa.
"Di quelli non ne ho. Però ce li ho così, così, così, così e anche così"
"No, quelli sono modelli un po’ passati"
Mentre mi ripeto "Fabio stai calmo" penso a quello che le risponderei, e cioè
"Signora si da il caso che quello che cerca lei è un modello sorpassato, anzi proprio vecchio!!! E poi scusi ha detto che suo marito non vuole modelli moderni perchè ha 80 anni, adesso cosa vuole che le dica??"
e invece rispondo:
"Signora, io glieli ho fatti vedere tutti, adesso dia un’occhiata lei"
"Ah ho capito, allora non ne ha di giacconi. Strano, io cercavo un semplice giaccone per mio marito, pensavo che i giacconi da uomo li aveste. Ma arrivano? Se mai ripasso. Quindi non ne ha vero? Eh? Non ne ha!!!"
e io mi arrendo:
"Si signora, ha ragione, non ne ho. Ha ragione lei. Non ho giacconi da uomo"
In realtà ne ho almeno 100 modelli diversi… semplicemente non ho quello che cerca lei. Ma il cliente ha sempre ragione… Perlomeno finchè è educato.

Aneddoti 13

Ecco una carrellata di storpiature delle marche che ogni tanto mi capita di sentire in negozio.

La più citata è indubbiamente la "Hashish", che chiaramente deriva dalla italogiapponese "Asics". E dire che, come spiego qui, l’acronimo è addirittura in latino.

Pittoresca è stata la storpiatura della marca di abbigliamento da neve Vuarnet in "Guarneri". Beh, l’hanno nazionalizzata, come ai tempi dell’autarchia linguistica.

Al contrario una volta una signora mi chiede una giacca della "Dolomait", intendendo l’italianissima marca Dolomite. Ma tu dimmi…

Un altro errore di pronuncia molto diffuso è quello di dire "rebuk" per indicare la marca Reebok (che si legge "ribok"). Come i tantissimi che chiamano la famosa catena FootLocker "futlucher" anche se di "o" ne ha una sola.

Uno degli ultimi refusi l’ho sentito pochi giorni fa quando un signore mi ha chiesto se la suola era in "fibra", inendendo chiedere se fosse della marca Vibram.

Aneddoti 12

Entra una signora, mentre il negozio è pieno di gente e io sono da solo e lei, chiaramante, vuole essere servita subito immediatamente.

– Vorrei vedere quella rossa in vetrina.

– Quella rossa… cosa? In che vetrina?

– La cuffia rossa, l’ho vista in una vetrina, non so quale, una vetrina….

Allora io guardo le vetrine e vedo una cuffia rossa, abbinata alla sciarpa.

– Questa?
Le dico indicando la cuffia rossa in vetrina.
E lei, senza muoversi di un centrimetro, e quindi senza poter vedere ciò che stavo indicando, replica un po’ stizzita.
– Ma si, quella rossa in vetrina.

Mi infilo in vetrina e recupero ‘sta cuffia. Ovviamente, come prevedibile, non era quella che voleva la signora, perchè ce n’era un’altra, sempre rossa. Se solo si fosse degnata di indicarmela prima…
Allora mi ributto in vetrina e prendo l’altra cuffia.

– Questa?

– Si, è proprio lei.

– Bene, eccola.

– C’è solo rossa?

-Beh…. si

-Ah no, a me interessava nera, grazie e arrivederci.

Giuro, non è una barzelletta come mi hanno già chiesto, sono tutte storie vere.

Motivi della crisi

Si fa tanto parlare di crisi… ma c’è ? C’è stata? E’ finita? Ci sarà? Io vi porto l’esperienza che vivo sulla mia pelle, con alcune riflessioni.

Da me in negozio la crisi si sente. Da un anno a questa parte le vendite sono calate parecchio e i guadagni ancora di più. Questo perché, per cercare di aumentare le vendite, ho diminuito i ricarichi. Il problema non è che le vendite sono diminuite, talvolta sono proprio crollate! Quali sono i motivi?

  1. La crisi. La crisi indubbiamente c’è e c’è stata. Molte imprese hanno ridotto le spese, tra cui quella del personale, che ha creato un’interruzione o una diminuzione di flusso di capitale circolante. Meno stipendi, meno euro che girano e quindi meno euro che possono finire nel mio cassetto. Se volete il mio parere è tutto vero, anche se di dimensioni minori rispetto a quello che ci vogliono far credere. Anche perché, siamo sinceri, in molti settori i prezzi sono addirittura diminuiti.
  2. I media. I giornali e le tv continuano a parlare di crisi. Così, anche chi il lavoro ce l’ha e non ha subito tagli allo stipendio, per timore di questa ventilata crisi sta più attento nelle spese. Questo succede in alcuni settori. In altri, come il lusso, i viaggi, l’elettronica di consumo, i capi griffati, non hanno assolutamente risentito di questo, anzi talvolta il giro d’affari è aumentato. Da me sono solo aumentati i rompiscatole che chiedono sconto.
  3. Il clima. Diciamoci la verità, non è un modo di dire quando diciamo che non ci sono più le mezze stagioni: ormai mettiamo i capi estivi e subito dopo passiamo a quelli invernali e viceversa. Questo ha eliminato una vasta fetta di prodotti che prima si vendevano parecchio, come ad esempio i capi in pelle, che sono il classico abbigliamento da mezza stagione. Inoltre nei mesi di cambio stagione, come settembre, i clienti non vogliono più capi della stagione precedente (estivi) ma non vogliono ancora quelli della stagione futura (inverno). Pertanto… non comprano nulla e aspettano.
  4. Il gioco. Sembra un’idea stupida, ma seguite il ragionamento: si parla di crisi, la gente ha paura e quindi cosa fa? Si lascia tentare dall’illusione della fortuna coi giochi e giochini. E infatti le varie lotterie, lotto, enalotto, macchinette, scommesse, poker e chi più ne ha più ne metta hanno avuto un netto aumento. Questi, signori, sono tutti soldi che erano nelle tasche della gente e che avrebbero potuto finire nelle tasche dei commercianti. Se uno ha 100 euro da spendere e le spende in superenalotto et similia, ovviamente non le avrà più da spendere per comprarsi un bel piumino.
  5. La concorrenza. La mia zona è stata dimenticata per anni e anni dalle grandi catene distributive. Quando ero ragazzino e ancora quando frequentavo l’università guardavo con invidia le zone a nord di Milano, che  pullulavano di grandi centri commerciali. Ora, da una decina d’anni, queste catene stanno colonizzando sempre più anche l’Oltrepo Pavese e le terre limitrofe. La gente è sempre quella, i soldi son sempre quelli, quindi se la gente li spende da una parte non può spenderli dall’altra. Oltretutto sta lentamente cambiando la mentalità degli acquirenti che preferiscono recarsi presso questi centri dove si ha maggiore scelta e magari comfort (parcheggi, climatizzazione, ristorazione, ecc). Per i negozi è sempre più dura.
  6. La politica del centro. Ormai in quasi tutte le città e cittadine si sta seguendo questo schema: abbellire la città con parchi, vialetti, piante, zone pedonali; spostare ed accorpare i servizi in luoghi più facilmente raggiungibili. In questo modo le città sono sicuramente più belle da vedersi, ma sono più vuote. Chi prima parcheggiava e girava per le città, magari entrava nei negozi a fare qualche acquisto. Ora i parcheggi sono quasi un sogno e i servizi sono decentrati. Che motivo avrebbero i potenziali clienti di vivere il centro città? Quasi nessuno.
  7. Io. Tra i vari motivi mi ci metto anche io: sono antipatico, rompiballe, antico, sciatto, fuori moda. Insomma è out venire da me in negozio. Oppure è troppo in, dipende dai punti di vista.

Qualche centrimetro in più

Questo post mi attierà delle antipatie, ma devo farlo:

sono stufo di tutte quelle donne che passano e dicono: "Pensate solo alle donne magre, avete tutte le taglie piccole, guardate che al mondo ci sono anche quelle come noi, con qualche centimetro in più, voi invece pensate solo che esistano quelle magre".

Ora vi rispondo una volta per tutte: care amiche, se veramente fossero tutte magre, finirei subito le taglire piccole, no? E invece come mai le prime a finire sono sempre le taglie grandi… come mai???

Gente da ipermercato

Tempo fa ho partecipato ad un’assemblea pubblica dell’Associazione Commercianti di Voghera. Durante la serata è venuta fuori un’idea interessante, che mi ha fatto pensare. Con tempo ci ho riflettuto e in realtà è vero: ci sono i "clienti da negozio" e i "clienti da supermercato".

Mi spiego meglio: ci sono quelli che preferiscono comprare nei negozi e quelli che preferiscono comprare nei centri commerciali. La distinzione non è netta né assoluta: chi preferisce i negozi magari frequenta anche i grandi magazzini e viceversa, ma c’è sempre un posto preferito. La generalizzazione non è assoluta, in quanto è probabile che per certi articoli si preferisca l’acquisto in un negozio e per altri in un centro commerciale.

Perché si preferisce un negozio? Ovviamente sono vari motivi: hanno articoli che il centro commerciale non ha, offrono assistenza (praticamente inesistente nei centri commerciali), danno più sicurezza psicologica, permettono di fare quattro chiacchiere, sono facilmente raggiungibili senza uscire dalla città, ecc.

Perché si preferisce un centro commerciale? E’ facilmente raggiungibile in auto (cosa che i centri delle città non riescono più ad offrire), si trova tutto concentrato in un solo posto, i prezzi sono più convenienti, ecc.

Quindi la realtà è questa. Si può fare di tutto e di più per cercare di vitalizzare i centri storici, favorendo la clientela dei negozi, ma c’è un limite fisiologico, i clienti da supermercato non ci verranno comunque. Così come ci saranno quelli che preferiscono sempre rivolgersi presso un negozio tradizionale piuttosto che un grande centro. Ma, come ho detto, la distinzione non è netta, ci sono anche quelli che fanno acquisti presso i negozietti dei centri commerciali.

Io personalmente faccio gli acquisti "mirati" (quelli di una certa entità e comunque NON d’impulso o di necessità) presso i negozi tradizionali. Se so già esattamente cosa voglio comprare (ad esempio un libro, un gadget tecnologico, ecc) mi rivolgo anche a canali online. Se devo fare la spesa, per riempire il frigo, vado nel primo posto che mi capita (negozi, piccoli supermercati, grandi supermercati, ipermercati). Se voglio "fare un giro" vado nei grandi centri commerciali. Perché? Perché non c’è nessuno che mi rompe le scatole, che mi parla, che mi assilla. Io giro e gironzolo, mi ci perdo, ritorno sui miei passi. Mi piace decidere da solo quello che voglio comprare senza addetti alla vendita. È per questo che non sopporto fare la fila presso i banchi (quello del pane, il salumiere, ecc). Allora tanto varrebbe starmene in città.

Aneddoti 11

In questi giorni di neve, dopo aver spalato davanti al negozio lascio fuori la pala. Entra una signora e mi chiede:

Scusi quanto costa la pala?
Guardi, non la vendo io, l’ho usata per togliere le neve qui davanti, se vuole le vende Maconi qui a fianco.
A grazie, mi scusi.

Sale in macchina e se ne va. Boh???

Entra una signora con figlia:

Vorrei solo un’informazione
Mi dica
Vorrei sapere se c’è il numero
Eh…
Si, insomma, se c’è il numero
Si ma di che cosa?
Dei doposci
Che numero?
38
No, mi spiace, il 38-40 non c’è più
In che senso?
Nel senso che i numeri dei doposci vanno a 3 a 3, c’ è il 35-37, il 38-40, il 41-43, ecc.
Bene, potrei avere un 38-40 allora?
Non ne, ho. Ho finito i 38-40
Ah
Se vuole posso farle provare un 35-37…
Si ma… quelli la in alto non sono doposci?
Si
Allora mi dia un 38-40
Signora: NON NE HO. FINITI! FI-NI-TI. Mi spiace, ma non ne ho.

Ho la faccia di uno che mente, o comunque non sono credibile

Aneddoti 10

Ai primi di novembre entra un signore con ai piedi un paio di scarpe che aveva preso in negozio. La conversazione si è svolta più o meno così:

“Sono venuto a reclamare, si è scollata la suola di queste scarpe. Me le dovete cambiare perché sono nuove, le ho appena prese”
“Oh cavolo, ma certo, mi faccia vedere… hey ma queste scarpe le ha prese già da un bel pezzo!”
“Saranno due settimane, e si sono già rotte”
“E no caro signore, queste scarpe le ho messe in svendita a 5 euro il giorno della riapertura autunnale… e abbiamo aperto i primi di settembre, quindi sono passati due mesi, non due settimane”
“E va beh cosa c’entra, io le ho appena messe”
“Cosa vuol dire? Se lei le metteva fra 5 anni e si rompevano veniva a reclamare? Per cinque euro poi…”
“Non è il fatto dei 5 euro, potevano essere 5 oppure 50, voi me le dovete cambiare. E poi siamo in Europa, e c’è la garanzia di 2 anni”

A quel punto voi cosa avreste fatto? L’avreste cacciato a pedate immagino. Invece no, proprio per il fatto dei 5 euro: chissenefrega, mi guadagno un posto in paradiso. Gliele ho cambiate, con un altro paio di scarpe da 5 euro. Ovviamente ho preteso le sue (che dopo ho buttato nel cestino).
Santa pazienza!!!!


Lo sfacelo della vetrina alla sera del giorno di riapertura autunnale a settembre..

Io speriamo che me la cavo

Mettendo a posto nei cassetti, ho ritrovato un curriculum che mi avevano presentato in negozio. L’avevo tenuto perchè era troppo forte. Non posso non metterlo sul blog, rispettando ovviamente la privacy della persona. Eccolo, in rosso i miei commenti.

Nome Xxxxxx Xxxxxxx

Indirizzo via tal dei tali (non lo metto per rispetto, ma è scritto in minuscolo e pure sbagliato!!!)

Telefono 3xxxxxxxxxx

Nazionalità Italiana

Data di nascita xx/xx/xx

Esperienza lavorativa: Nomedelnegozio (ho lavorato come stagista). Lavoro ogni sabato in piazza meardi (scritto minuscolo) a fare pulizie a 2 uffici (non si scrive mai il numero due in numero) e una scala (e un bel chi se ne frega?, ma che esperienza lavorativa è?)

Tipo di azienda o settore: Abbigliamento (ma non si trattava di pulire scale e uffici??)

Tipo di impiego Commessa

Principali mansioni e responsabilità: Di tutto con foglio allegato dietro (qui iniziamo a dare segno di problemi con l’italiano)

Istruzione e Formazione

Date (da a) Da settembre2003 (tutto attaccato) a giunio2007 (tutto attaccato e scritto sbagliato)

Nome e tipo di istituto di istruzione o formazione: Istituto professionale maragliano (sempre minuscolo, povero Maragliano) come indirizzo di grafico pubblicitario per tre anni e un anno al santa chiara (sic!) come operatore/trice (ma cavolo, lo saprai se sei un operatore o un’operatrice!) commerciale delle vendite e dei trasporti.

Principali materie / abilità professionali oggetto dello studio: Al maragliano le materie di studio erano:italiano ,storia, geografia ,diritto, matematica , (gli spazi prima o dopo le virgole… a caso) grafico (grafico? che materia è grafico??!!), tecnica (si ma tecnica cosa?), professionale (ma che materia è "professionale" ?), ginnastica, religione (ah certo, tra le principali materie, maddaiiiiiiii), inglese,geometria, scienze invece al santa chiare (ok i punti e le virgole non li conosciamo, ma almeno il nome della scuola!!!): diritto, matematica, tecnica delle vendite, informatica, tecnica professionale magazzino, tecnica professionale vendite, tecnica commerciale, comunicazione specialistica, italiano, storia, geografia, vetrinistica, capacita personale (anche gli accenti le sono sconosciuti), scienze, sicurezza, inglese.

Qualifica conseguita: Per ora medie ancora un anno di studio per avere il diploma (e si vede che hai solo la licenza media, come puoi scrivere una frase così messa male in un curriculum)

Capacità e competenze relazionali: MI SO RELAZIONARE MOLTO BENE CON ALTRE PERSONE PERCHE’ (e qui siamo passati al "tutto maiscuolo", chissà il perché) SONO UNA RAGAZZA SOCIEVOLE CON TUTTI PERCHE’ AVENDO FATTO LO STAGE COME COMMESSA AL UNIVERSO MODA DEVI RELAZIONARTI CO LA GENTE E DEVI SAPER COMUNICARE PER FARTI CAPIRE DALLA GENTE (infatti io non ho capito una mazza. Per prima cosa dovrebbero abolire per legge parole inutili come "relazionare". Poi volevo farti notare che non serve essere "socievoli" per fare la commessa, non sei un cagnolino. Un’altra cosa da abolire sarebbe l’abuso del tempo gerundio. Infine un consiglio, ma cavolo rileggilo prima di stamparlo, come fai a fare tutti questi errori di battitura, è un documento importante, cosa pensa di te uno che non ti conosce e legge ‘sta roba? Non stai scrivendo un blog. Noi blogger abbiamo licenza poetica, pertanto possiamo fare tutti gli errori che vogliamo)

Capacità e competenze organizzative: nessuna (e allora potevi risparmiarti di scriverlo, no?)

Capacità e competenze tecniche: So usare molto bene il computer (a si? e io so usare il microonde)

Capacità e competenze artistiche: So disegnare discretamente essendo che ho studiato come grafico. (per fortuna che non c’è la voce: capacità di utilizzo della lingua italiana…. brividi…..)

Patente o patenti: no

 

da notare anche che in fondo alle pagine c’è scritto: "Curriculum vitae di" e basta, senza il nome. Che idolo che sei. Mi ricordi un mio amico che alle superiori riusciva a scrivere il proprio nome sbagliato nei compiti in classe.

Aneddoti 9

Oggi voglio parlarvi di un cliente particolare. L’uomo dalle tasche quadrate.

Questo tizio è spuntato all’improvviso quest’inverno, è venuto una dozzina di volte, in un caso anche due volte nello stesso giorno… a chiedere sempre la stessa cosa.

Vale a dire: una giacca…. con le tasche quadrate. Entra dentro e dice, con una flebile voce quasi inudibile: "Salve vorrei una giacca impremeabile…. …. con…. …. …. le tasche quadrate". In pratica vuole i tasconi applicati all’esterno, non le tasche che rientrano nella giacca. Il motivo non si sa, ma a lui piace così. Il problema è che tutte le giacche che gli mostriamo non vanno mai bene: non ha il  cappuccio, ha il cappuccio ma non è staccabile, è grande, non mi piace il colore, non mi piace il tessuto, ecc. Una volte ne ho trovata una che aveva tutte le caratteristiche ma… aveva la cerniera nelle tasche (quadrate) e lui poverino poteva farsi male nel mettere le mani in tasca!!!

Ma io mi chiedo: ma se sei venuto al mattino, perchè torni al pomeriggio e mi fai tribulare mezz’ora per cercare una cosa che sai già che non c’è? perchè torni due giorni dopo? Non le fabbrico le giacche con le tasche quadrate ! E non c’è verso di dirgli di dare un’occhiata: vuole essere servito! E poi quasi si arrabbia: "ma possibile che non avete una giacca con le tasche quadrate, in giro vedo che ce l’hanno su tutti". Allucinante.

Tempo fa è entrato, ha visto i k-way e ha detto: vorrei un k-way… con le tasche quadrate.

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!

———————–
Aggiungo una strana richiesta. Entra un tizio e dice: "avete teli mare antiriflesso??". Nella mia beata ignoranza non so neanche cosa siano…

Aneddoti 8

Un giorno un tizio entra, lasciando fuori il povero cane, attaccando il guinzaglio ad un canale pluviale. (Da notare che nel mio negozio non c’è il divieto di ingresso per i cani, anche se metterei molto volentieri il divieto di ingresso per quelle teste di quiz che fanno orinale le propie bestiole proprio sull’ingresso, ma presto farò un’altro cartello come questo). Il problema è che il cane era legato molto vicino alla porta d’ingresso, cosicchè si è posizionato proprio sull’uscio a "fare la guardia". Siccome era un cagnone di grossa taglia, va da sè che scoraggiava i potenziali clienti anche solo ad avvicinarsi al negozio. A questo punto ho fatto notare la cosa al mio cliente, che ha obiettato "Ma no, non fa male a nessuno". Ok, non farà male, ma incute un certo timore. E così sono dovuto uscire io: "Ciao cane, dai spostati, non puoi stare sulla porta…" e come San Francesce con il lupo, l’ho convinto a spostarsi di un metro. Anche questa mi tocca fare, visto che il cliente ha sempre ragione…

Entra una signora:
Vorrei un paio di pantaloni da sci come quelli della vetrina.
Eccoli.
Una domanda: ma i pantaloni da sci vanno bene anche per andare sulla neve??
Certo signora (no figurati, io di solito vado a sciare al mare… ma che domande sono????)
Ma questi non sono pantaloni!
Come no?
E no, hanno le bretelle.
Beh… chiamiamoli "Pantaloni con le bretelle", ma sempre pantaloni sono.
Ma non mi piacciono con le bretelle.
Le bretelle si staccano semplicemente, sono attaccate con il velcro.
Non mi piaccionoooooo…
A quel punto stacco le bretelle (è facilissimo, basta tirare lo "strappo") e glieli rendo in mano
Ecco, adesso non hanno più le bretelle!
Oooh, bene, adesso si che mi piacciono.

Ma secondo voi è gente normale???

Strane patologie: entra una donna e dice "Voglio una tuta, ma con la giacca lunga perchè soffro di sedere freddo".

Altro due conversazioni surreali. La prima:
Hai la XL di questa maglietta?
Si ce l’ho, ma non bianca, bensì nera.
Posso vederla?
Eccola.
Ma che taglia è?
XL
Ma no, è grande, non hai la L ?
Ma se mi hai chiesto la XL.
Io te l’ho chiesta bianca, di quella nera
(era lo stesso identico modello giuro) voglio la L

Seconda:
Voglio una giacca nera come quella in vetrina.
Eccola.
E’ piccola.
Più grande non c’è. Però c’è di quest’altro modello, sempre nera.
Non c’è blu?
No. Ma scusi, non la voleva nera?
No di questo modello la voglio blu.

Ma voi cosa rispondereste a queste tipe? Io non so cosa dire e faccio finta di niente….

Primavera

Che dire di questa primavera inoltrata? Beh tutto abbastanza bene. Il clima sembra andare verso un piacevole caldo, con la speranza che non si trasformi in afa. Mi sono tolto il peso dell’università… anche se per ora non me ne rendo bene conto. Probabilmente me ne accorgerò quando avrò più tempo libero da dedicare a me stesso o ad altre attività. Il lavoro va abbastanza bene, dopo un 2007 in ribasso questo 2008 sembra iniziato meglio (incominciare peggio era quasi impossibile… e sarebbe stato molto preoccupante). In questi 10 anni di lavoro in negozio ho capito che le fasi sono cicliche. il 1999 era andato peggio del 1998 e il 2000 peggio del 1999. Nel 2001 c’è stata un’inversione di tendenza. E poi ho anche capito che i luoghi comuni non esistono. Una volta lavoravo tantissimo a dicembre e pochissimo a giugno. L’anno scorso invece giugno è stato uno dei mesi migliori. A volte si lavora tanto il sabato, a volte il martedì… Insomma non si possono fare previsioni, bisogna stare sempre "sul mercato", rimanere coi piedi per terra e avere in tasca sempre una buona dose di ottimismo. Eliminare i prodotti che non sono più richiesti e cercare di avere quelli che si vendono di più. A dirsi sembra facile, ma l’importante è stare in negozio e rendersi effettivamente conto di quello che la gente cerca (o che la gente compra, a volte non sono le stesse cose). La salute quest’anno va bene (facendo i dovuti scongiuri). L’amore non c’è, e questa è una mancanza per gente come me. A volte è sconfortante, a volte sono fatalista e non mi aspetto nulla dal domani. Ho sempre un mucchio di libri in arretrato da leggere, un mucchio di film da guardare. Per i telefilm ormai sono fuori dal giro, quando con gli amici si va sul discorso mi devo allontanare perchè non vedo un telefilm da almeno 7/8 anninon so di che parlano. Non ho ancora deciso cosa fare nel futuro prossimo, quando chiudere il negozio per la pausa estiva. Non ho ancora deciso cosa fare da grande. L’altra sera ero in compagnia di amici, parecchio più giovani, che discutevano sui possibili "business" da realizzare. Mi viene in mente quando io e Matteo abbiamo passato una sera di tanti anni fa al pub di via Cernaia per discutere su un progetto che avevamo in mente: realizzare un sito internet per la vednita di prodotti tipici dell’Oltrepo, sembrava un’idea fantastica. Io avevo appena creato Forteweb, lui il "Cassetto dei sogni". Ma sono convinto che quei sogni servono sempre nella vita, prima o poi li si tira fuori, gli si da una spolverata e li si utilizza, magari per un uso completamente diverso.

Spot Piazza Affari

Beccatevi questo:

Negozi di vicinato

Furio Colombo scriveva nel 1996 su "La Repubblica":

Se si spengono le luci dei negozi qualcosa scompare per sempre, finisce la vita urbana così come l’abbiamo conosciuta per secoli. la bottega è il luogo in cui un mondo minimo di adulti e di bambini, di anziani e di giovani, di più e meno agiati si incontrano, si conoscono, si scambiano non solo beni ma anche notizie e cultura e sono il luogo piccolo e solido in cui si forma la vita sociale delle città.

Perchè la gente va nei negozi nel 2008? Da più di cento anni è stata inventata la formula del libero servizio, vale a dire luoghi dove puoi servirti da solo, senza che nessun commesso o venditore ti assilli per proporti l’acquisto. Eppure i negozi resistono ancora, anche se tra mille difficoltà. Perchè?

Il negoziante conosce ciò che vende. Se devi acquistare un prodotto, sei conscio del fatto che un negoziante ha aperto il proprio punto vendita per passione, perchè interessato, e quindi è sicurmanete più competente di te o di un qualunque commesso provvisorio della Grande Distribuzione.

Esiste ancora un rapporto di fiducia tra cliente e l’esercente. Vai spesso in quel negozio, conosci il venditore, ti fidi di lui, dei suoi consigli, della sua merce.

Il negozio è ancora un posto dove poter fare quattro chiacchiere in questo mondo dove viviamo isolati in mezzo a milioni di persone. Ha una fortissima rilevanza sociale.

Il negoziante se può farti un favore te lo fa, magari interessatamente (per farti tornare), ma te lo fa. Può farti credito, può cambiarti la merce, può darti un consiglio utile, ecc.

Che triste sarebbe un luogo privo di negozi. Senza vitalità. Con poca sicurezza (non avreste un po’ più paura a passare in una via non illuminata dalle vetrine e non rallegrata dal vociare e dalla presenza dei negozi??)

Ecco cosa ha scritto la mia amica Mary Cavallone sul periodico Buone Nuove (già un titolo così è da premio, finalmente qualcuno che cerca di fare informazione positiva, senza riempire le pagine di disgrazie) dell’Officina Dei Sogni (vedi il blog):

"Mi succede spesso di andare in giro a portare il nostro giornale e fermarmi a parlare con qualche commerciante di niguarda. Chiacchiera e richiacchiera salta sempre fuori la fatica di avere un’attività: questi centri commerciali ci stanno soffocando, i clienti non sanno nulla di come vanno le cose, non so se arrivo a fine mese, e tante questioni comuni a moltissima gente. Qualche mese fa ho iniziato a promuove una campagna a favore dei piccoli commercianti, pubblicando una locandina con 10 buone ragioni per fare la spesa nei negozi del quartiere. L’iniziativa è piaciuta ma quando ho chiesto a qualcuno se mi pubblicavano degli articoli le risposte sono state tutte abbastanza evasive; non ho tempo, non sono capace di scrivere un’articolo, domani vediamo, etc… Bene. Ora io vi dico: il gruppo umanista di Niguarda vuole promuovere un progetto tutto per voi. Ma per fare questo bisogna avere il coraggio di dire "ci sono anch’io" e insieme creare qualcosa di mai fatto. Io non so ancora fin dove possiamo arrivare, ma sono sicura che tanti di voi hanno molto da dire. Prendiamo coraggio e insieme iniziamo a farlo"

Ecco le 10 buone ragioni per comprare nei negozi del quartiere:
1 – Perchè sono nostri vicini
2 – Perchè sono vicini a casa
3 – Perchè i politici rispondono agli interessi delle catene multinazionali (grandi supermercati, centri commerciali ecc.) e promuovono leggi che asfissiano il piccolo commerciante
4 – Perchè al momento di sistenere le attività di quartiere, sono loro i primi ad appoggiare (ad esempio tornei sportivi, giornali di quartiere, raccolta di fondi per associazioni, ecc…)
5 – Perchè sono sempre più pressati dalle tasse
6 – Perchè senza di loro i nostri quartieri sarebbero bruttissimi
7 – Perchè è nei negozi di quartiere che si mantiene la relazione tra i vicini
8 – Perchè vi troviamo un trattamento personalizzato e un servizio migliore
9 – Perchè senza di noi come clienti molti negozi dovrebbero chiudere ed aumenterebbero la disoccupazione e la crisi
10 – Perchè tutti vogliamo un quartiere più degno e più umano

Brava Mary. Approvo tutto in pieno.
(ora che ti ho lodato, un appunto: ma non eri tu quella che dicevi che il mio libretto, tratto dal blog, conteneva errori di ortografia? Da che pulpito viene la predica? Io sono cosciente del fatto che scrivo come parlo, mi va di farlo, spesso non rileggo e mi piace molto così. Spero che "niguarda" con la minuscola e "un’articolo" con l’apostrofo siano errori di battitura, ma coi tempi dei verbi e la punteggiatura non è che sei molto messa bene anche tu, eh? E poi, intanto che mi ricordo, mi devi ancora una pizza, ti ricordi la scommessa del chinotto ? Saluti e baci ci vediamo a Pasqua…. in pizzeria !!)

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