(raccolta molto sparsa di pensieri)

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Lubiana

Lubiana è una di quelle città di cui non si sente mai parlare. E’ la capitale della Slovenia, dall’indipendenza del 1991. La Slovenia è diventata indipendente senza guerre, senza farsi notare, è entata nell’Unione Europea e ha adottato l’Euro come moneta. Tutto questo senza che quasi nessuno se ne sia accorto. E Lubiana è così: nessuno ne parla, ma ciò nonostante vale la pena visitarla.

Il centro storico è sviluppato a ridosso del fiume Ljubljanica, che ha due vie pedonali ai fianchi e tanti ponti che portano di qua e di la. Molto romantica, molto carina. Pulita, bei negozi, bar e ristoranti. A poca distanza c’è un castello medioevale, dal quale si gode una meravigliosa vista della città. Noi non l’abbiamo visitato, un po’ per mancanza di tempo (la visita di Lubiana non era prevista), un po’ per il caldo, la fame, la stanchezza e lo sbatti.

E’ nel centro geografico della Slovenia, e da Trieste in 50 minuti la si raggiunge in autostrada, passando dalle parti di Postumia.

 

Trieste

Che dire di Trieste…la sua storia la potete trovare sui siti di turismo, io posso dirvi che mi è piaciuta molto. Ci ero già stato, oltre 20 anni fa, ma non la ricordavo molto. E’ una città di mare, coi monti alle spalle (e sono monti molto ripidi), anche se il centro è tutto in piano. E’ stata ed è un porto molto importante, lo sfogo del Centro Europa sul Mediterraneo,  l’ingresso verso il vecchio continente delle merci in arrivo dal sud. E’ una città piena di storia, con radici romane e bizantine (e quindi sempre romane), per poi essere stata bloccata nella sua crescita da quella ingombrante vicina di casa, Venezia. Il periodo d’oro sotto Maria Teresa d’Austria che ne ha intuito la posizione strategica e l’ha trasformata, da paese in disarmo di quattromila anime alla fine del ‘600, a terza città dell’Impero Asburgico con oltre duecentomila. E’ una città del caffè, di cui rappresenta uno dei principali importatori, di cui i triestini sono i maggiori consumatori nazionali (e quindi, presumo, del mondo). Qui ci sono importanti venditori della nera bevanda e molte caffetterie storiche frequentate da artisti. E’ una città d’arte, che ha accolto scrittori, poeti e pittori.
Per scoprirla, dovete visitarla. Potete inerpicarvi fino al colle di San Giusto per vedere i resti del foro romano e la cattedrale omonima, girare nelle viette, vedere i negozi storici, passeggiare sul lungomare. Sicuramente andrete in Piazza Unità d’Italia. Se ci arrivate di sera, quando è tutta illuminata,vi consiglio di passare dal mare, per vedere i palazzi illuminati. Se ci arrivate di giorno invece passate dall’entroterra: quando davanti a voi vi si aprirà la piazza sul mare sarà un colpo d’occhio incredibile.


 

Capodistria

Siamo stati a Capodistria per una brevissima visita. E’ una città, neanche a dire, di matrice veneziana, che, altrettanto ovviamente è in Istria, anzi ne è il porto e la città principale.  Molti (me compreso) se la ricorderanno per il famoso canale televisivo “Koper Capodistria” in lingua italiana che si riceveva anche dalle nostre parti fino ai primi anni ’90, quando le sue frequenze sono state acquistate da Fininvest per mettere in piedi Telepiù.
Koper è il nome sloveno di Capodistria. Anche qui vige il bilinguismo. Dopo un piccolo giretto sul  lungomare (zona di balneazione molto affollata e porto dove c’era una nave container – non so se si chiamano così – veramente grande!) abbiamo visto la piazza principale, Piazza Tito, dove c’è il Palazzo Pretorio, la cattedrale di San Nazario e il campanile.

 

Pirano

Pirano è un paesino molto caratteristico della costa Slovena. Non ci si arriva in auto perché è tutta ZTL, ma c’è un grosso parcheggio appena prima di entrare in paese. E’ un paesotto in stile veneziano. C’è una bella e spaziosa piazza lastricata, da cui si può raggiungere con una salitella, la chiesa e il campanile, che è la riproduzione (in piccolo) di quello di San Marco a Venezia. Pirano è stata infatti una città veneziana per 5 secoli (dopo essere stata romana, bizantina, austriaca), per poi tornare austriaca e poi italiana. Dopo la seconda guerra mondiale ha seguito il destino di tutta l’Istria finendo in Jugoslavia.
Come i paesi circostanti anche qui vige il bilinguismo sloveno e italiano. Il paese è sviluppato su un promontorio, in modo che è quasi interamente circondato dal mare. Al centro c’è il porto, mentre avvicinandosi alla punta del promontorio ci sono tutti i ristorantini romantici.
Diciamo che non è un posto per le famigliole in cerca di mare, e neanche per i ragazzi che cercano i locali. Per tutto questo è meglio Portorose, ma per una cenetta e una passeggiata andate a Pirano.

Portorose

Portorose è una località di mare della costa della Slovenia (una delle poche, visto che la costa slovena non è grandissima , saranno una quarantina di chilometri).
La costa è come quella a cui siamo abituati in Liguria, vale a dire con le colline / montagne a ridosso del mare. Dal nostro appartamento c’era una splendida vista del mare e del paese.
La particolarità interessante, per noi italiani italofoni che abbiamo sempre difficoltà ad esprimerci in altri idiomi è che qui vige perfettamente il bilinguismo e l’italiano è correntemente parlato da tutti. Ovviamente, essendo la Slovenia nell’area Euro, non c’è neanche il problema del denaro.
Per viaggiare in Slovenia ci vuole il bollino autostradale, la cosiddetta vignetta, che va usata anche sulle superstrade e quindi è pressoché obbligatoria. La settimanale costa 15 euro.
Portorose (in sloveno Portorož, ma come dico qui anche i cartelli sono sia in italiano che in sloveno) non ha spiagge nel senso comune del termine. Quindi niente sabbia, ma neanche niente sassi o scogli: solo terrazzoni di cemento sul mare. Ci sono quelli “liberi” dove mettere i salviettoni, ci sono quelli “a prato” con l’erba e quelli attrezzati (sono quelli degli alberghi, ma accessibili a chiunque) a pagamento con lettini ed ombrelloni. Il costo, per chi è abituati ai prezzissimi della Liguria, è irrilevante (due lettini e ombrellone costano un terzo che a Rapallo).
Il mare non è cristallino, nel senso che non è certo un posto dove vedere le barriere coralline, anzi. Però  nelle spiagge private perlomeno è pulito, visto che ci sono le barriere anti-rudo. Portorose è un posto molto mondano, pieno di locali giusti per la sera.

Redipuglia

Fogliano Redipuglia è un comune della provincia di Gorizia, vicino all’aeroporto friulano di Ronchi dei Legionari. Ospita il più grande monumento ai caduti italiano (e uno dei più grandi d’Europa), fatto costruire in epoca fascista, per ricordare i caduti della Grande Guerra.

E’ un’enorme scalinata che occupa un’intera collina. Ogni “scalone” (alto più di una persona) contiene le spoglie di una parte dei soldati morti durante il conflitto, ricordandoli con una lapide. In totale pare siano circa 100.000 (si avete letto bene, centomila ragazzi morti), anche se il monumento ricorda idealmente tutti i caduti della guerra, che furono più di seicentomila. E’ stato inaugurato da Mussolini e ogni anno, il 4 novembre, presenzia il presidente del Senato in vece del Presidente della Repubblica che è all’Altare della Patria a Roma. Alla base della scalinata c’è anche la tomba del Duca d’Aosta Emanuele Filiberto, che aveva combattuto in guerra e aveva chiesto di aver l’onore di essere seppellito, alla sua morte, insieme ai commilitoni.
Le scalinate contengono le salme di circa 40.000 caduti identificati, la maggior parte con nome, cognome e reggimento di appartenenza, alcuni con solo il nome o solo il cognome (es. “Soldato Pietro … “). Alla sommità la fossa comune di sessantamila militi ignoti. Sessantamila!!!! Numeri impressionanti.
Sopra a tutti i gradoni campeggiano le scritte “PRESENTE”.
Nei dintorni del sacrario ci sono altri musei dedicata alla memoria della guerra, e nel parco sono conservate mitragliatrici, cannoni, munizioni inesplose e quant’altro.

Sbrisolona sbrisulona sbrisolina sbrisulusa sbrisulada

Ragazzi, l’Italia è piena di bei posti, di città che hanno un passato che sprizza da ogni mattone, zampilla da ogni strada, sgorga da ogni angolo. E allora, con una altra abituale quarantina di minuti, dalla Trebisonda perchè non raggiungere anche Mantova?

Lo so che a molti non piace vedere una città in una giornata, sembra di perdersi il meglio, i dettagli, di non poterla conoscere come si deve. Hanno ragione, ma è altrettanto bello farlo, per avere un’infarinatura della sua storia, del suo ambiente, del suo stile, del suo essere. Per esempio: Mantova è come il suo dolce tipico, la sbrisolona. E’ una città arroccata, circondata dal Mincio, pare quasi un’isola. E in quei pochi chilometri quadrati sono racchiusa secoli di storia. E’ bello parcheggiare lungo i muraglioni e addentrarsi nel centro a piedi. Bello scoprire i suoi palazzi, i suoi scorci medieovali, le sue chiese, ma anche i suoi negozi, la sua gente. E’ bello respirarne i sospiri del tramonto, mentre i sole si abbassa sull’acqua creando una luce familiare, rassicurante. Non voglio spiegarvi Mantova come ho spiegato Verona, potete leggerlo su qualsiasi opuscolo o sito turistico. Voglio spiegarvi l’atmosfera. Voglio dirvi quanto è bello mangiare una pizza in Piazza delle Erbe (eh si, anche qui una piazza con lo stesso nome) mentre si fa sera. Oppure gironzolare senza meta nelle sue vie, ascoltando il vociare proveniente dai caffè e osservando la gente fare gli ultimi acquisti nei negozi prima della chiusura. Oppure sedersi su una panchina, mano nella mano col mio amore. Le ore del crepuscolo hanno qualcosa di magico, e la nostra amata ma bistrattata Italia ha sempre tanti bei luoghi che aspettano solo di essere visitati.


Due ombre in Piazza Sordello

Montecchi e Capuleti

Ripartendo dall’agriturismo Trebisonda, sempre in poco più di una trentina di minuti potete arrivare a Verona. Per chi non ci fosse mai stato ve la descrivo brevemente. E’ la più grande per numero di abitanti tra le città del Nord Italia "di provincia", ovvero quelle che non sono capoluogo di regione. E’ famosa in tutto il mondo e infatti è frequentatissima dai turisti, sia per le sue bellezze artistiche, sia per i suoi eventi, sia per il furbo marketing derivato dalla storia di Giulietta e Romeo. Il suo fiume è l’Adige e la sua storia passa dai Galli, ai Romani, i Goti, i Longobardi, Carlo Magno, Sacro Romano Impero. Fu addirittura sede papale nel dodicesimo secolo. Ma la sua grandezza arrivò con la signoria dei Della Scala, prima di finire sotto il dominio di Venezia (in piazza delle Erbe si può vedere il Leone di San Marco, simbolo della città lagunare, eretto per dimostrare sottomissione al doge veneziano). Seguì quindi il destino della Serenissima che dopo oltre un millennio di indipendenza, fu occupata durante la guerra franco-austriaca di fine 1700e finì nel regno Lombardo-Veneto fino all’annessione all’Italia nel 1866.

La prima cosa da vedere, appena arrivati, è sicuramente l’Arena, il celeberrimo anfiteatro romano. Se è tuttora in buono stato, nonostante tanti disastri naturali (alluvioni, terremoti) lo si deve anche a Teodorico: e poi parlano male dei barbari. Anche Dante passò di lì a vedere uno spettacolo e Palladio ne studiò l’architettura. Fu sempre usata per attività ludiche (e non): spettacoli, giostre, incontri, persino esecuzioni. Ci fu l’esposizione di un rinoceronte nel 1751, la caccia ai tori (una specie di corrida) e attualmente è teatro di rappresentazioni di opere liriche. Personalmente la ricordo come sede storica della finale del Festivalbar, perdonatemi la bassezza, ma per me lo spettacolo di Vittorio Salvetti era un’istituzione.

Le vie centrali di Verona traboccano di negozietti e boutiques di grandi firme. La centralissima via Mazzini vi porterà fino alla già citata Piazza delle Erbe, dove una volta vi era il foro romano e sede di storici e begli edifici. Da li potete iniziare la vostra visita seguendo uno degli innumerevoli itinerari che vi portano a scoprire le bellezze della città: i suoi angoli, le sue chiese, le sue case medioevali, i suoi scorci sull’Adige.

Oltre a questi classici luoghi riscontrabili più o meno in molte città italiane, ci sono i luoghi diventanti famosi tramite un’attenta politica di promozione turistica del culto di Giulietta e Romeo. I due innamorati, personaggi inventati, sono i protagonisti di una storia che Shakespeare ha raccolto, rinnovato e resa leggendaria. Circa un centinaio di anni fa i veronesi hanno incominciato a propagandare la "Casa di Giulietta" (pare fosse realmente la casa della famiglia dei Cappelletti, storpiata dal sommo drammaturgo in "Capulet" e re-italianizzata in Capuleti), la "Tomba di Giulietta" (non esistendo Giulietta non esiste neanche la sua tomba, ma la storia è talmente avvincente che vale la regola "non è vero ma ci credo") e la "Casa di Romeo" (casa dei Montecchi, famiglia veronese molto importante)


Acquasantiera della chiesa di Sanr’Anastasia

(continua domani)

Ho perso la trebisonda

Oggi vi parlerò bene dell’agriturismo Trebisonda, situato appena fuori del paese di Monzambano, in provincia di Mantova.
Il posto è veramente carino, questo è il sito: www.trebisonda.com E’ un posto tranquillissimo, immerso nella natura, silenzioso. Un vero agriturismo: gli utlimi metri da percorrere sono addirittura non asfaltati, niente TV in camera e un allevamento con circa 15 cavalli. Sono scelte, possono piacere o non piacere, ma chi arriva li deve sapere che sta fuggendo dalla frenesia cittadina. Gli appartamenti sono belli, perlomeno quello che ho avuto modo di vedere ("La casa della vigna vecchia"), ristrutturati bene e discretamente arredati. I gestori sono gentilissimi, molto disponibili e ti fanno sentire veramente a tuo agio. La posizione geografica è ottima: in mezz’ora o poco più puo raggiungere il Lago di Garda, oppure Verona, oppure Mantova. E nei dintorni ci sono splendide località da visitare.

Per esempio Borghetto sul Mincio, uno dei Borghi più belli d’Italia. E’ veramente caratteristico, un paesino di mulini proprio SUL fiume e non ACCANTO al fiume. Ci sono segli scorci da favola e graziosi posticini da visitare. Molto romantico. Appena accanto troverete anche Valeggio, dove potete vedere l’antico Castello Scaligero. Se siete in zona è obbligatorio andare a Borghetto!

Oppure Castellaro Lagusello, altro borgopiùbelloditalia. E’ una frazione di Monzambano, sede di un antico maniero, di cui la gran parte rimane tuttora intatta. Si possono vedere le torri e le cinta murarie. Quanti bei posti da vedere in Italia! E se volete fermarvi al Dorsè Bar potete assaggiare la loro specialità locale: il Fugasì, sorta di pane contadino non lievitato, una specie di piadina cicciuta, dove il condimento va sopra anzichè dentro come nei classici panini.

A circa mezz’ora o poco più (dipende dal traffico – molto facile che ci sia – e dal parcheggio – molto facile che non ci sia) potete anche raggiungere Sirmione, la perla del Lago di Garda. Il paese è situato sulla punta di un istmo, vale a dire una penisola stretta stretta che divide il sud del lago in due. Il problema del traffico è proprio nel fatto che c’è una strada sola e i turisti sono sempre tanti. Arrivati a Sirmione sarete "accolti" dal castello scaligero, che è fatto proprio "a castello": è il punto di accesso al paese, circondato dalle acque su tutti e quattro i lati, alte mura con merletti e torri. La visita prosegue nelle vie e piazze, dove potete trovare negozi molto belli e tanti bar. Sirmione è anche centro termale, quindi il turismo deriva anche dagli amanti del benessere. Una location da visitare inevitabilmente, indubbiamente, obbligatoriamente…e anche qualunquemente sono le Grotte di Catullo. Costui, per chi non lo ricordasse, era un poeta romano che visse proprio nella Città Eterna, ma ogni tanto non disdegnava di tornare nella sua bella villetta sul Lago di Garda (all’epoca chiamato Benaco). Le cosiddette grotte sono in realtà resti di una villa romana, attribuita al poeta, senza peraltro prove certe. La denominazione "grotte" è dovuta al fatto che nei secoli la villa è stata interamente ricoperta di terra e vegetazione e i primi a cui riapparve la scambiarono per una serie di caverne. Quindi non è un grotta e non è di Catullo, ma tant’è… Ha ragione Elisa: vedendo l’immensità, la grandiosità, la magnificenza, la straordinarietà di queste rovine ti rendi conto di come è stato possibile che i Romani abbiano conquistato il mondo: dopo di loro l’Europa è sprofondata in mille anni di barbarie da cui siamo faticosamente usciti dimostrando capacità e mietendo successi in tanti campi: dalla scienza all’arte, dall’esplorazione alla tecnica, dall’inventiva alla capacità di fare…ma non ancora nella maestosità dell’Impero Romano.

(prosegue domani)

L'ultima spiaggia

Oggi abbiamo deciso per il sud di Otranto. Partiamo in auto, andiamo, andiamo, andiamo e arriviamo.. a Otranto! Ok, allora prendiamo la litoranea per Orte. Ad un certo punto la strada finisce e andiamo giù a piedi.

Da qui si vedono i monti dell’Albania e siamo anche parecchio vicini alla Grecia, visto che l’altroieri la TIM mi ha mandato un SMS con scritto "Benvenuto in Grecia". Alla radio si prendono stazioni di entrambi gli stati.

Dopo tanto camminare ci accorgiamo di essere finiti in un pessimo posto tutto scogli, assolutamente non piatti, con quel paesaggio tipicamente lunare e purtroppo anche parecchio sporco. Mestamente ce ne ritorniamo all’auto sotto il solleone. E poi ci chiediamo come mai alla sera siamo sempre stanchi!

Riprendiamo la litoranea e raggiungiamo S. Cesarea, compriamo della frutta per pranzo e ci adagiamo sugli scogli, cercando qualche punto piatto. Un bel bagno ristoratore mi fa apprezzare ancor più le mi scarpette da mare, visto che per entrare e uscire dall’acqua bisogna passare su scogli appuntiti. Ci mettiamo all’ombra a pranzare e poi ci dividiamo in dormienti (Gallipoli e Tomasopoli) e leggenti (io e Santi Licheri). Il bagno del pomeriggio è a basa di tuffi, dove stupiamo tutti col nostro stile a… non so come definirlo… blocco di cemento è abbastanza verosimile…

Siccome il pomeriggio è ancora lungo, dopo esserci rinfrescarti decidiamo di fare tutta la costa fino a Leuca, fermandoci ogni tanto per vedere il panorama. E’ confermato: spiagge zero o al massimo zero virgola uno. Anche il panorama interno non è bellissimo: campagne abbastanza brulle, al limite qualche uliveto, e casettine tutte uguali piuttosto bruttine a nostro gusto.

Lungo la strada abbiamo anche visitato la Grotta Zinzulusa, chiamata così perché sembra piena di cenci a brandelli, stracci, chiamati zinzuli nel dialetto locale. E’ visitabile nel primo tratto, con le classiche stalattiti e stalagmiti. Ci vivono ancora i pipistrelli, che escono solo di notte…

Arrivati al santuario di Santa Maria (di Leuca) ci siamo soffermati per una visita. Pensate che Santa Maria di Leuca non fa neanche comune. E così abbiamo raggiunto la punta più a sud del Salento. Ora non ci rimane che tornare su.

Alla sera ci facciamo l’ultima pizza e progettiamo il dafarsi per domani, giorno di rientro. Raggiungiamo a piedi uno dei pochi posti dove non siamo ancora stati, il porto di Otranto. Giusto per macinare ancora qualche chilometro e schiantarci nel letto belli cotti. A domani.

Acquario di Genova

Siamo stati all’acquario di Genova. C’ero stato molti anni fa, ma è sempre una piacevole visita. Per fortuna è sempre aperto 365 giorni all’anno. Per questo motivo alcune vasche sono in manutenzione e quindi non è sempre possibile vedere tutti gli animali. Per esempio stavolta non c’erano le foche. Anche i delfini non si sono fatti vivi, ma questo perchè hanno tre vasche a disposizione e una sola di queste è visibile al pubblico. Si vede che volevano un po’ di privacy. Peccato.

Abbiamo comunque potuto vedere tante belle cose: dai piccoli coccodrilli (piccoli ma coi denti affilati, e ce n’era uno che non era neanche in gabbia… avevamo quasi paura che potesse saltare la protezione e venire a sgranocchiarci il fondoschiena…) alle stelle marine, le meduse, i pesci degli abissi (che brutte le murene!), fino ad arrivare a tutti quei pesci tropicali coloratissimi (c’erano tutti i personaggi di Nemo). E poi le mante che si facevano accarezzare e col "musino" (si fa per dire) uscivano dall’acqua. Gli squali, le rane, le tartarughe, i camaleonti, le orate!!!

Vale certamente la pena di farci un giro, magari anche per visitare il porto antico di Genova, se non ci siete mai stati.

Ferrara

Tempo fa siamo stati a Ferrara per un bel weekend. E’ stato proprio una bella gita.
Ferrara è facilmente raggiungibile in meno di due ore e mezza. E’ al confine con il Veneto, quindi è a nord dell’Emilia-Romagna, appena sotto il Po. Anticamente il Po ci passava proprio attraverso. Anzi, la città fu costruita proprio perchè un vescovo volle spostare la propria cattedra da Voghiera fino al punto in cui il Po si biforcava. Lì nacque Ferrara, il cui nome ha un’etimologia sconosciuta.
Nel medioevo fu per lungo tempo sede di una delle più famose e importanti casate nobili italiane: quella degli Este (o Estensi). E’ strano pensare come quella che era una delle capitali italiane ora è una tranquilla cittadina di provincia.

Ferrara è carina, tranquilla, girabile, godibile, pulita, interessante… Insomma il posto ideale per farci un weekend. Avevamo l’abergo in centro che più centro non si può. Anche perchè le cose più importanti della città sono praticamente tutte attaccate. A circa cento metri c’era la Piazza del Municipio da cui si raggiunge facilmente (ma va?) il Palazzo Municipale. E’ stata la prima dimora degli Este, e ha un aspetto molto medioevale. Se ti giri ti accorgi che alle spalle hai il duomo, cioè la Cattedrale di San Giorgio. Sia dentro che fuori è molto bella. A fianco si trova piazza Trentro Trieste, coi suoi caratteristici negozietti che sono praticamente nella stessa costruzione della cattedrale. Da li parte la carina via Mazzini, dove un tempo c’era il ghetto ebreo. Abbiamo trovato un barino, di cui purtroppo non ricordo il nome, che faceva dei panpizza buonissimi.

Parlando di specialità tipiche, alla sera abbiamo provato i tipicissimi cappellacci di zucca col ragù. Sono delle specie di ravioli, che abbinano il gusto dolce della zucca al salato del ragù. Certo, non da mangiare tutti i giorni, ma sono da provare.

Ritornando indietro nel tempo: al pomeriggio abbiamo visitato il Castello Estense. Molto grande, chissà per riscaldarlo! O meglio, chissà che freddo a quei tempi. Se non ho capito male non se lo sono goduti per molto tempo, perchè pare che sia stato costruito quasi alla fine della dinastia. Fateci assolutamente un giro se siete a Ferrara. Si visitano anche le prigioni, mamma mia….

Altre cose che abbiamo visto: il palazzo Schifanoia che sinceramente non merita la fama di cui gode, o meglio: non merita il prezzo del biglietto. Chiamatemi braccino corto, ma fondamentalmente c’è una sola sala (che strana allitterazione) che vale la pena di essere vista. Il palazzo dei diamanti, ma solo da fuori. E’ chiamato così per via del rivestimento di marmo a forma di diamanti. La casa di Ludovico Ariosto (è una semplice casa). In ogni caso, andateci a Ferrara, ve la consiglio !

Siena, Piazza del Campo

Fine luglio 2007, ero a Siena, disteso in Piazza del Campo a riposare, in attesa di trovare una sistemazione per la notte. Una leggera brezzolina mi faceva dimenticare il caldo afoso che avevo lasciato a casa, le prove del concerto del giorno dopo mi accoglievano in quella cornice da favola. Ancora adesso, quando penso a quei pochi minuti, mi rilasso… e vorrei essere là…

Adiós

Oggi è il giorno del rientro. Quindi ci vuole subito una buona colazione. Andiamo nel bar di ieri, è bellino, roba buona, è lungo la strada e c’è la connessione wi-fi per chi è dotato di iPhone. Lasciamo le valigie nella reception della ditta che gestisce il nostro appartamento e scegliamo la meta di stamattina: il bioparc.

È un enorme e modernissimo zoo. Scordatevi gli animali in gabbie di due metri per due. Qui sono liberi di muoversi in territori adeguatamente ampi. Il visitatore compie un percorso che lo fa attraversare virtualmente l’Africa, passando a fianco a questi territori popolati dagli animali. Gli animali più innocui si possono tranquillamente vedere ad occhio nudo, quelli più pericolosi sono separati da uno spesso vetro (anche se c’è sempre un metodo per vederli, da lontano, senza vetro). Gli ambienti ricordano la loro terra naturale e al posto dei recinti ci sono alte rocce, che in realtà sono fatte di cemento colorato. Ci sono giraffe, leoni, leopardi, gorilla, coccodrilli, pesci, lemuri, zebre, rinoceronti, ippopotami, iene.. a volte sembra di stare dentro al cartone Madagascar, mancano solo i pinguini !



Guardate che bel micione questo leopardo

Certo che qui a Valencia ne hanno avute di idee, e hanno saputo realizzarle: e il fiume, e la Coppa America, e la Formula 1, e l’acquario, e la città della scienza, e il bioparco. Da noi sarebbe dura realizzare un posto così. Perlomeno al nord, intendo, visto che il clima non permetterebbe una vita agevole a tutti questi animali. Si potrebbe farlo in una qualche città del sud, sempre che.. va beh non fatemi parlare di politica. Io da piccolino ero stato allo zoo di Milano, chissà se esiste ancora? Non credo.

Mangiamo un panino al barino, dove il simpatico barista ci regala anche olive e patatine. Meditiamo sul dafarsi per il pomeriggio, c’è chi propone una visitina all’Oceanografico, ma sinceramente non ho più voglia di vedere animali per oggi, probabilmente ci andrò la prossima volta. Perché chiaramente ho intenzione di tornarci a Valencia, prima o poi. Sono quei posti che hanno un fascino particolare. Nella vita tornerò sicuramente a Parigi, la città romantica per eccellenza, a Londra con le sue frenesie e le sue meraviglie nascoste in ogni piega (per chi le sa trovare), magari a Budapest e sicuramente a Valencia.

I soci mi danno retta e ci incamminiamo verso il Museo delle Scienze. Un grandissimo str..ano autista di autobus ci lascia a piedi e quindi attendiamo quello dopo. Col bus ci vediamo per l’ultima volta la città. Ho notato che qui se ne fregano bellamente della vittoria della Spagna ai mondiali di Calcio. Mi sa che non sono contentissimi da queste parti. Non c’è in giro una bandiera che sia una. Ci sono invece, tantissime, le bandiere della Comunità Valenciana.

Al museo almeno c’è fresco, ma l’esposizione è un po’ una cazzata. Niente di particolarmente interessante. Allora prendiamo la gita come parco giochi per adulti e passiamo il tempo a fare foto strane. È un posto dove portarci i bambini. Infatti ci sono i personaggi Marvel, le astronavi di Star Trek e cose simili. E poi ci sono tanti esperimenti da fare per scoprire le leggi della fisica. Niente di scientificamente rilevante, un grosso passatempo, a nostro non qualificato parere.

Decidiamo di tornare verso le valigie percorrendo il Parco del Turia, ma oggi fa veramente caldo e dopo qualche centinaio di metri stiamo per schiattare e optiamo ancora per il bus. Ultime foto, ultimo saluto alla città, ultima telefonata verso la costa ligure e poi sul Ryanair che ci porta, nuovamente in ritardo, in Italia. D’ora in avanti non abbiamo più diritto di lamentarci dei ritardi aerei,  che ci hanno permesso di fare questa gita, e così sopportiamo in silenzio.

E passiamo ai voti:
Valencia: 8 (I motivi li avete letti in queste quattro puntate)
Compagnia: 8 (Ben assortita, o mal assortita se preferite. Ognuno con la sua personalità, come fossimo personaggi di un film ben riuscito)
Maestro Miguel Cornelio Orionès: voto 8 per il numero di sms/telefonate (di cui almeno la metà alla nonna, secondo lui), voto 4 per il numero di sms ricevuti durante la notte con la suoneria accesa, voto 2 per il senso di orientamento in una città dove peraltro c’era già stato. Voto 1 per non averci mai portato a vedere la città della scienza di notte nonostante le nostre continue richieste.
Maestro Miguel Galinero Arrostido: voto 7 per il cambiamento di colore al sole, voto 8 per aver tenuto la cassa comune in quanto militare con più alto grado.
Maestro Lorenzo de Toma detto El Tomate: voto 6 per la borsa gialla da spiaggia, voto 9 per la maglietta ma voto 2 per non aversi voluto far crescere i baffetti, voto 7 per la perseveranza a fare foto, voto 2 per non aver voluto assaggiare la bistecca di toro cruda.
Maestro Brunos Fabi: voto 7 per l’abilità a risolvere i sudoku, voto 9 per essere diventato ufficialmente Maestro proprio in quest’occasione.
Maestro Martin Tordero Palermo: voto 8 per aver portato una borsa di 10kg piena di cazzate, ma di aver dimenticato il cavo di rete e l’adattatore elettrico, voto 5 per l’ordine in stanza (d’altronde, senza comodino…), voto 4 per aver sempre qualcosa da ridire sul cibo.
Lola: 9 (non solo per il cibo)
Movida valenciana: 5 (molto al di sotto delle aspettative)
Trasporti: 5 (aerei in ritardo, autisti di autobus che sono veramente delle cacche)
Premio speciale della giuria a Maestro Tomato e milioni di punti maestro a Orion el Matador de noantri (promozione TIM: ogni sms spedito 1 punto maestro, ogni sms ricevuto 100 punti maestro, ogni telefonata dall’estero 1000 punti maestri, nefer 2010 è praticamente tua!)
 

La Lola

A Valencia si parla ovviamente il castigliano, vale a dire lo spagnolo, ma anche il valenciano, che altro non è che una forma di catalano, come a Barcellona. Sono molto campanilisti da queste parti, in tutta la cosiddetta Comunità Valenciana vige una specie di bilinguismo e alcune scritte sono in entrambe le lingue. In Italia succede che se lo fanno in Alto Adige o in Val d’Aosta è chiamato bilinguismo ed è una cosa bella, se invece lo fanno a Bergamo lo chiamano razzismo, ignoranza e viene criticato da tutti. Ma così va il mondo.

Un’altra particolarità di Valencia sono i balconi. Hanno una struttura di ferro, ma il “fondo” è costituito da piastrelle. Generalmente non ci si fa caso, ma alcuni hanno delle notevoli piastrelle disegnate che si fanno notare (beh per forza, se sono "notevoli"…) (mi prendo in giro da solo).

Oggi visitiamo il mercato coperto. Mi piace proprio come idea: ci sono tanti banchi di generi alimentari, dal pesce alla frutta, e alcuni di generi non alimentari. Dà una sensazione di pulizia, essendo al chiuso. Inoltre hanno la possibilità di tenere aperto con qualsiasi condizione climatica. Facciamo un giro, qualche foto di rito, prendiamo qualche ricordino e poi ci dirigiamo ancora verso la spiaggia. Stavolta prendiamo i lettini per crogiolarci comodamente al sole, a parte El Tomason che preferisce l’ombra, anzi la sombra. Oggi ci arrostiamo ben bene, il sole picchia parecchio e ogni tanto ci tuffiamo in cerca di refrigerio, anche se l’acqua pare brodo. Io non ho niente da leggere e mi annoio, allora vado in cerca di un’edicola. Mi rendo ancora più conto che qui non hanno molto il senso degli affari per quanto riguarda le attività della spiaggia. Oltre al fatto che i barini sono proprio pochi e non tanto forniti, non ci sono negozietti vicino al litorale. Ieri LLLorenzo ha dovuto scarpinare parecchio per trovare una crema protettiva (che poi è una delle poche cose che hanno i barini sulla spiaggia), oggi tocca me alla ricerca insensata di un Corriere della Sera. Dopo aver scoperto che si dice “diario”, mi hanno indirizzato sempre più verso l’interno, per poi trovare una specie di cartoleria che aveva solo quotidiani spagnoli e cruciverba. Per la sola soddisfazione di non aver fatto tanta strada per niente acquisto un sudoku (identico a quello di Don Fabio Bruneiro). Per pranzo scegliamo una vicina cervezeria in stile messicano, dove prendo una bella insalatona.


Il mercato

A metà pomeriggio smettiamo di drogarci di raggi UVA e raggiungiamo la Plaza de Toros per assistere alla corrida. È una di quelle cose, se sei in Spagna, e specialmente in una città come Valencia, a cui vale la pena assistere. Lo spettacolo in sé è una gran pirlata, nel senso che è uno sport (o similare) veramente assurdo: alcuni uomini torturano un povero e stupido animale, finché arriva il matador e lo finisce. Lo spettacolo sta tutto nella teatralità. Per la carità, si potrebbe obiettare che gli stessi spagnoli hanno appena vinto la coppa del mondo in uno sport dove 22 uomini in mutande corrono dietro a una palla, ma almeno lì c’è poco di cruento e non si sa mai come va a finire, qui il risultato è scontato. Gli altri spettatori, turisti a parte, erano di ben altro avviso e si emozionavano parecchio; probabilmente siamo noi inesperti che non capivamo appieno i gesti. Resta il fatto che io un bambino non ce lo porterei di certo, può fare una brutta impressione vedere quei molossi punzecchiati sulla nuca che perdono litri di sangue… Funziona essenzialmente così: entra il toro, una mezza dozzina di matador di basso livello lo sfiancano facendolo correre qua e la, poi altri matador più alti in grado iniziano a piantagli in corpo delle picche infine arriva il fenomeno e lo finisce. Non subito, ci mette un buon venti minuti di saltelli. Gente che ha fegato, indubbiamente, ma il confronto è chiaramente impari. E poi, onestamente, a veder seccare un animale non mi importa così tanto. Però è folkloristico.

Il primo matador era a cavallo ed era parecchio bravo, soprattutto erano bravi i cavalli che usava. Il terzo era un tizio giovane, con cappa e spada, con molto fegato e molto benvoluto dal pubblico. La teatralità non mancava, c’era pure la banda che suonava le musichette. Come ho detto, se non siete di stomaco debole ne vale la pena, anche se lo reputo uno spettacolo insulso e abbastanza inutile. Lorenzito invece era totalmente contrario a questa violenza gratuita e ha abbandonato l’arena lamentandosi parecchio, seguito dopo un po’ da Miguelon che si era un po’ stufato, mentre io, Miguelin e il Legale siamo rimasti fin dopo le 9 di sera. Al ritorno ne ho approfittato per scegliere un bel regalino por la mi novia.

Dopo una rinfrescante doccia decidiamo il luogo della cena. La scelta va su un ristorante molto fashion: La Lola, sempre dalle parti della cattedrale, che ci era stato consigliato da amici di amici di amici di amici che abitano da queste parti. L’ambiente è particolare, strano ma non stravagante, elegante ma non snob. Abbiamo paura che le porzioni siano da nouvelle cuisine, ma siamo smentiti: il cibo è buono e abbondante. Il conto non è basso, ma ne vale la pena. Consigliato. Ci chiediamo chi sia la Lola che da il nome al locale, e abbiamo dei sospetti: non necessariamente deve essere una donna

Dopo cena ci buttiamo ancora per il calli del centro a fare un po’ di foto sceme. All’una tentiamo di andare a bere qualcosa sedendoci ai tavolini di un bar, ma stava chiudendo. Tenete presente che qui l’una è appena dopo cena. Non possono farci finire di cenare a mezzanotte e poi chiudere i locali all’una! Ci dicono che possiamo stare all’interno, ma poi non fanno entrare Micorio perché non è elegante..pensate che io avevo su le infradito !! L’Avvocato e il Geometra ci abbandonano, noi tre cerchiamo un altro locale e riusciamo almeno a bere qualcosa. Poi abbandono anch’io. Dopo mezz’ora arriva il Tomatino e infine Miguel de Valencia. È l’ultima notte. Buonanotte.

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