(raccolta molto sparsa di pensieri)

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Marketing in negozio: il Visual Merchandising

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Trentaquattresima puntata

“L’aspetto più concreto del marketing nel punto vendita, e il momento della verità di tutto il marketing, è il punto di transazione dove il cliente sceglie di attuare un acquisto, prende possesso di un prodotto o consuma un servizio, e paga in dollari sonanti ”
( R. Liljenwall, “The Power of Point-of-Purchase Advertising: Marketing at Retail”, Point-of-Purchase Advertising Intl, 2004. La traduzione in italiano è mia)

Le variabili descritte nella puntata precedente sono combinate e proposte per la soddisfazione dei bisogni dei consumatori. Per realizzare tutto questo si agisce principalmente su tre fattori: gli aspetti esteriori, il layout e il personale di vendita. Mentre quest’ultimo ha una parte attiva nella vendita, i primi due aspetti devono essere pianificati nel dettaglio per poter corrispondere al meglio alle caratteristiche che si vogliono dare al negozio e vanno sotto il nome di “visual merchandising”.

L’idea di partenza è quella che il consumo non risponde più solo a stimoli razionali, ma anche a quelli sensoriali: vedere, toccare, sentire il prodotto aumenta fortemente l’impatto sul cliente. I prodotti, che ormai si pubblicizzano da soli, raggiungono maggiore visibilità e appetibilità in relazione alla localizzazione e alle strategie espositive  (F. Colombo, “Atlante della comunicazione”, Hoepli, 2005). Il prodotto diventa un personaggio che entra in scena sul punto vendita con un’adeguata e personalizzata struttura espositiva che lo presenta legato all’azienza produttrice (R. Colborne, “Visual Merchandising”, Thomson Delmar Learning, 1996). Pertanto occorre implementare delle tecniche che vadano a colpire la “percezione” del cliente.
Il visual merchandising (chiamato anche “vendita visiva”) è l’esposizione della merce in un punto vendita come strumento attivo di comunicazione, promozione e vendita della merce. È uno strumento antico come il commercio stesso, ma ha la sua rinascita moderna con il Grande Magazzino, quando si sperimenta per la prima volta il libero servizio, che ha determinato l’importanza della pianificazione dello spazio espositivo.
Questa formula parte dal presupposto che per vendere non occorre solo tener conto delle richieste del consumatore e che non sono soltanto i prodotti ed i prezzi gli elementi di base delle scelte di acquisto.
Il visual merchandising non è solo una tecnica di stoccaggio espositivo delle merci, né solo una tecnica di promozione e vendita, ma uno strumento di comunicazione visiva. È stato un cambiamento rivoluzionario nell’azione di vendita in quanto ha permesso di superare i limiti fisici del venditore che può servire poche persone alla volta, illustrando l’offerta contemporaneamente a tutta la clientela, suggerendo alternative e acquisti aggiuntivi e persuadendo la clientela senza che essa si senta in alcun modo indotta all’acquisto.
È una tecnica che riguarda il progetto del punto vendita, l’arredamento, le vetrine e l’esposizione delle merci, e più in generale l’immagine e lo stile. Può sconfinare nel marketing multi sensoriale, dove vengono utilizzate tecniche che inducono il cliente all’acquisto sia catturandone l’attenzione per convogliarla sul prodotto, sia in modo del tutto inconscio, utilizzando metodi che coinvolgono altri sensi oltre a quello della vista: suoni, profumi, musiche, sensazioni, ecc.
Nel negozio di abbigliamento, il lavoro di visual merchandising si sviluppa in tre momenti strategici e operativi: classificazione e aggregazione dell’offerta merceologica, organizzazione razionale dello spazio di vendita (layout) ed esposizione interessante e attraente dei prodotti (display) (C.Ravazzi, "Un visual merchandising su misura per l’abbigliamento", Franco Angeli, 2003).

Una strada alternativa all’utilizzo massiccio di tecniche di visual merchandising è quella che non reputa necessario un allestimento iper esplicativo, attraverso il quale il cliente è pienamente informato dell’assortimento, dei prezzi e della qualità del prodotto, ma, al contrario, preferisce tenere il negozio “spoglio” per creare in questo modo delle suggestioni diverse. Questo procedimento è seguito solitamente dalle griffe più prestigiose e dalle boutiques che vogliono distinguersi. Consiste nel dosare con maestria i prodotti in mostra, inserendoli in un contesto molto curato dal lato estetico, calibrando luci, spazi e colori, quasi le esposizioni fossero opere d’arte. L’obiettivo non è quello di una comunicazione informativa, ma suggestiva. Il prodotto esposto in questi show room deve comunicare un’idea, una sensazione, uno stile e quindi deve essere presentato al meglio, senza fronzoli ma con tanta accortezza.
Successivamente, al cliente interessato, saranno presentati gli assortimenti su cataloghi, su carta o su computer, oppure facendo pervenire altri campioni dal magazzino.

Immagine

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Trentatreesima puntata

In virtù della rilevanza strategica che rivestono i punti vendita nel panorama attuale, cresce l’importanza e l’attenzione riposta nelle strategie di comunicazione in loco soprattutto nell’immagine del negozio stesso.
Martineau  (Pierre Martineau, “The personality of the retail store”, Harvard Business Review, 1958) definì l’immagine di un punto vendita come “il modo in cui esso è definito nella mente del consumatore, in parte per le sue qualità funzionali e in parte per un insieme di attributi psicologici”.
È la percezione del consumatore che si confronta con le “promesse” del punto vendita, le quali si manifestano sia nell’aspetto esteriore dell’esercizio commerciale, sia nei fattori intangibili che esplicheremo in questo paragrafo. Tutti questi fattori costituiscono gli elementi di comunicazione che definiscono il modo in cui il negozio si mette in relazione coi suoi clienti, consolidati o futuri, e vanno quindi calibrati in base alle aspettative e agli obiettivi prefissati, ricordandosi sempre che non c’è mai una soddisfazione assoluta del cliente, non esiste il punto vendita perfetto, ma esistono punti vendita che, in un certo momento, in determinate occasioni, per determinati prodotti, soddisfano i consumatori meglio di altri.

L’immagine è quindi formata da una serie di fattori, sia tangibili che intangibili, i quali assumono una diversa rilevanza in relazione a diverse circostanze. Possiamo riassumerli in questo elenco:

  • Merce. Innanzi tutto conta la qualità dei prodotti e l’assortimento che viene presentato. Anche lo stile degli articoli determina l’immagine del negozio, così come la garanzia che si dà ma soprattutto uno dei fattori spesso preponderanti: il prezzo
  • Servizio. In un piccolo negozio spesso ci si aspetta di essere serviti dal personale addetto alla vendita, che può aiutare a trovare i prodotti, può consigliare, può proporre. Oltre a questo sono importanti la facilità di restituzione dei prodotti, l’eventuale credito concesso, la possibilità di sconti, la consegna a domicilio, gli orari di apertura, ecc.
  • Clientela. La clientela acquisita dà l’idea del genere di negozio che stiamo valutando. Un altro motivo di attrazione potrebbe essere l’affinità dell’immagine personale a quella del negozio.
  • Strutture. Il layout e l’architettura del negozio sono importantissimi. La disposizione della merce, i percorsi, gli strumenti utilizzati per l’esposizione, le luci, le vetrine, sono elementi essenziali per l’immagine che si vuole dare al punto vendita.


L’interno della boutique "La Dea" di Torino, dove gli arredi e i poster pop creano un’atmosfera giovanile, allegra e intrigante

  • Comodità. Questa è una scelta che si deve fare in sede di progettazione e di localizzazione del negozio. Alla formazione dell’immagine contribuisce infatti la location e la comodità di parcheggio o la facile raggiungibilità.
  • Comunicazione. Spesso un biglietto da visita è la comunicazione usata dal negozio per presentarsi, farsi conoscere e promuovere le proprie iniziative. Le insegne, le promozioni sulle vendite, le affissioni danno il senso dello stile utilizzato. Anche i simboli e i colori utilizzati sono determinanti per creare immagine.
  • Fattori istituzionali. Questi fattori riguardano la reputazione del negozio o dei proprietari.
  • Atmosfera. Entrando nell’ambiente di vendita c’è un intangibile sensazione che contribuisce a formare l’immagine. È un mix di tutti i precedenti punti analizzati che, infatti, non sono slegati l’uno dall’altro, ma fanno tutti parte di un disegno complessivo.

Il marketing esperienziale

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Trentaduesima puntata

“Il cliente è l’elemento centrale del marketing: senza cliente non esisterebbero né azienda né marketing.”
Bernd Schmitt

La rinnovata attenzione per la sfera del sensibile sembra ora influenzare anche il marketing. Teorizzato da Joseph Pine e James Gilmore  (B.J. Pine, J.H. Gilmore, “The Experience Economy: Work is Theatre & Every Business a Stage”, Harvard Business School Press, 1999.) e sviluppato da Bernd Schmitt ( B. Schmitt, “Experiential Marketing”, Free Press, 1999 – B. Schmitt, “Customer Experience Management”, John Wiley and Sons, 2003), professore alla Columbia University, il “marketing esperienziale” è così chiamato in quanto si basa più sull’esperienza del consumo che sul prodotto in sé. Non ci si concentra più sui soli attributi fisici dei prodotti in vendita ma sull’esperienza che essi sono in grado di far vivere al consumatore. Per fare un esempio, non è ritenuto importante il prodotto “pantaloni”, ma l’esperienza “indossare i pantaloni ad una festa”. Obiettivo primario della strategia di marketing sarà allora quello di individuare che tipo di esperienza valorizzerà al meglio il prodotto. Secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di esperienza:

  • SENSE experiences ovvero esperienze che coinvolgono la percezione sensoriale.
  • FEEL experiences ovvero esperienze che coinvolgono i sentimenti e le emozioni.
  • THINK experiences ovvero esperienze creative e cognitive.
  • ACT experiences ovvero esperienze che coinvolgono la fisicità e i comportamenti.
  • RELATE experiences ovvero esperienze risultanti dal porsi in relazione con un gruppo.

Il venditore potrà costruire per i consumatori queste esperienze mediante l’insieme degli strumenti a sua disposizione, e progettandone e creandone di nuovi, se necessario. Naturalmente, questi cinque tipi di esperienza potranno essere combinati tra loro a formare “esperienze ibride” o “esperienze olistiche” (nel caso in cui vengano combinate tutte e cinque). Il marketing esperienziale si differenzia dal marketing tradizionale per il fatto di interagire con aspetti solitamente non tenuti in considerazione. 
 


Componenti del costo di un caffé degustato in Piazza San Marco a Venezia al Caffè Florian – Elaborazione da Pine, Gilmore, "The Experience Economy"

Una delle tendenze del marketing esperienziale riguarda lo spazio del punto vendita. È in atto una trasformazione di questi luoghi: il pubblico sembra aver riscoperto l’importanza del contatto umano e lo ricerca anche nel punto vendita, col quale vuole instaurare un rapporto partecipativo ed emozionale. Ecco allora che il punto vendita risponde dotandosi di strumenti comunicativi e di attrazione basati sulla stimolazione di tutti e cinque i sensi del cliente. Nei negozi che offrono il prodotto moda la vista, pur rimanendo il senso principalmente coinvolto, è oggi affiancata dall’udito, dal tatto, addirittura dall’olfatto. Fondamentale appare, dunque, il ruolo del design nella ridefinizione del punto vendita, come visto a proposito dei concept store. La giusta misura sta nel riuscire a progettare gli ambienti operando nel senso di una ricostruzione sensoriale, creando luoghi in cui i cinque sensi cooperino armoniosamente alla percezione, anziché venire narcotizzati (per mancanza di stimoli) o storditi (per eccesso di stimoli).

Gli strumenti per l’attuazione del marketing esperienziale sono molteplici e devono essere combinati in modo efficace e soprattutto arricchiti di nuove dimensioni. Si sviluppano principalmente due strade: il “polisensualismo” e la capacità di generare interazioni ( A. Pastore, M. Vernuccio, op. cit.). Il primo può essere definito come il tentativo si suscitare nel consumatore un coinvolgimento dei sensi nell’esperienza di acquisto / consumo. Ad esempio con l’utilizzo di particolari profumi che evocano sensazioni di benessere o richiamano percezioni positive. L’interazione col prodotto, altra fonte di esperienze per il cliente, ha un duplice beneficio. Per l’ospite è una possibilità di testare il prodotto, acquisire informazioni al riguardo e, in taluni casi, trascorrere momenti piacevoli o partecipare a situazioni inconsuete e accattivanti, per il venditore rappresenta un’insostituibile occasione per la raccolta e la trasmissione di informazioni.

Il negozio

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Trentunesima puntata

Se si spengono le luci dei negozi qualcosa scompare per sempre, finisce la vita urbana così come l’abbiamo conosciuta per secoli. La bottega è il luogo in cui un mondo minimo di adulti e di bambini, di anziani e di giovani, di più e meno agiati si incontrano, si conoscono, si scambiano non solo beni ma anche notizie e cultura e sono il luogo piccolo e solido in cui si forma la vita sociale delle città” .
(Da un articolo di Furio Colombo, giornalista, scrittore e politico  su “la Repubblica”, 1996)

Tra le tante categorie di distribuzione al dettaglio, prendiamo in considerazione quella del negozio, inteso sia come negozio tradizionale, sia come attività commerciale avviata con una delle formule innovative di cui sono già stati citati esempi.
Questo canale di vendita ha delle caratteristiche peculiari di lunga tradizione, specialmente in Italia, è caratterizzato da una propria immagine e utilizza opportuni strumenti di comunicazione per la vendita.
Alcuni degli aspetti considerati possono essere comuni anche ad altri canali distributivi, ma in questo capitolo vogliamo comunque focalizzare l’attenzione sul piccolo dettaglio.


Esterno del negozio Sportler di Brunico BZ

Sebbene negli ultimi anni la media e grande distribuzione abbia in parte offuscato il dettaglio tradizionale, quest’ultimo torna a essere percepito come elemento integrante e essenziale di un moderno sistema distributivo, in grado di soddisfare esigenze di specifiche nicchie di mercato. Inoltre il commercio di prossimità è un punto di riferimento per le fasce di popolazione più avanti nell’età, per le popolazioni dei comuni più isolati, ravviva il territorio, svolge dunque una funzione sociale e di socializzazione importante. Un po’ ovunque, inoltre, molti dettaglianti tradizionali hanno intrapreso un processo di rinnovamento e di riconversione, puntando su prodotti di elevata qualità o che si collocano in particolari settori del mercato, e su un elevato livello di professionalità e di servizio al cliente.
 

L’evoluzione del ruolo del punto vendita

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Trentesima puntata

L’evoluzione del ruolo del punto vendita.

“Bisogna principiar a mesurarse le ongie, a scambiar el nome a tutta la roba che se vende, a tor in credenza dai marcanti grossi, andar pagando a bonora per acquistar concetto, e po, co s’ha fatto el credito, ordenar della roba assae, e co s’ha avudo la roba, serrar bottega e falir” da “Il mercante fallito” di Carlo Goldoni, 1741

Il punto vendita è oggi unanimemente riconosciuto, sia dalle imprese industriali, sia dalle imprese commerciali, come un luogo privilegiato all’interno del quale dare concreta attuazione al sistema delle decisioni strategiche relative alla comunicazione di marketing. La crescente complessità delle dinamiche competitive e dei comportamenti del consumatore ha accresciuto l’importanza della comunicazione nel punto vendita.
In passato i punti vendita erano concepiti come luoghi logistici e di transazione dell’attività commerciale: la scelta del punto vendita e il comportamento d’acquisto sono comportamenti razionali che perseguono l’obiettivo di soddisfare bisogni funzionali. Ora invece l’attenzione si è spostata sul consumatore, che ricerca benefici che vanno al di là della funzione di uso del prodotto. Da “punto vendita” si è passati a “punto di acquisto”, fino a diventare “punto di permanenza”, all’interno del quale il consumatore non entra esclusivamente per acquistare, ma anche per visitare un luogo che lo attrae, lo incuriosisce e rende la propria esperienza il più gradevole e confortevole possibile  (A. Pastore, M. Vernuccio, “Impresa e comunicazione”, Apogeo, 2006).

 

Il caso Yoox

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Ventinovesima puntata

Yoox.com è un outlet on line che si è affermato rapidamente nel mercato. Yoox è uno “stocchista” virtuale di griffe e accessori d’alta moda con oltre 100 marchi top, italiani ed internazionali; nato a Bologna alla fine del 2000 da un’idea di Federico Marchetti, nel 2006 ha fatturato 70 milioni di euro. Yoox.com consente l’acquisto tramite Internet di capi d’abbigliamento della passata stagione con sconti del 50%. Nel primo trimestre dopo lo start up (settembre-dicembre 2000) un milione di utenti ha visitato il sito, 15 milioni di pagine viste, oltre 6 mila ordini per 3,5 miliardi di fatturato. Il modello di business a metà strada tra l’on e l’off line ha raggiunto il punto di pareggio dopo due anni. I risultati ottenuti da Yoox sono ancor più interessanti in considerazione del fatto che lo start up è avvenuto in un momento non favorevole per le attività di e-commerce B2C. Yoox è riuscito dove altri hanno fallito, dimostrando che è possibile vendere abiti e scarpe griffate, rispettando business plan e previsioni di crescita e, fatto più importante, generando fatturato. Il sito offre vantaggi a monte e a valle: consente ai fornitori di smaltire gli stock invenduti, riducendo i rischi di penalizzazione dell’immagine di marca rispetto alle altre soluzioni, la promozione non è centrata sul prezzo ma su forme di comunicazione che non alterano il posizionamento dei prodotti venduti on line.


Il sito Yoox

L’idea è semplice: Yoox compra da show-room, negozi e distributori di merce invenduta e la ripropone, fotografata e catalogata, sul proprio sito per un mercato ben più grande ed eterogeneo, cioè di tutti coloro nel mondo che hanno un accesso al web. Le camicie rimaste totalmente invendute in una boutique di Parigi potrebbero essere acquistate da un americano, un austriaco o un inglese e consegnate in tempi brevi. Yoox ha offerto per i consumatori il vantaggio di trovare capi di grande qualità e prestigio, a prezzi inferiori, comodamente da casa, con le garanzie sui tempi di consegna (2/3 giorni al massimo) e sulla sicurezza dei pagamenti, con la possibilità inoltre di restituire il prodotto, senza dover fornire spiegazioni .

Anche altri attori hanno tratto dei vantaggi: i negozi, i magazzini delle aziende, degli show room, delle aziende licenziatarie (Yoox ha oltre 100 fornitori, soprattutto italiani e francesi) possono smaltire il non venduto o vendere nuove produzioni create ad hoc per Yoox, così da sfruttare la capacità produttiva in eccedenza, creando un mercato che prima non esisteva. Yoox consente agli operatori di allungare il ciclo di vita dei prodotti al di là delle stagionalità tipiche del settore, senza svalutare il marchio, e di testare nuovi segmenti di consumatori, senza conflittualità con la rete distributiva tradizionale vendendo prodotti diversi, in quanto della passata stagione, a consumatori diversi, quelli che acquistano on line.
Le aziende hanno sempre dovuto scegliere tra aprire il proprio outlet (che, oltre a sminuire l’immagine del brand, può generare il pericolo di cannibalizzazione delle vendite presso i negozi già esistenti), o vendere il loro invenduto a grandi stockisti, perdendo il controllo sul come e dove i loro prodotti saranno venduti . Yoox offre alle case di moda un’alternativa assai migliore: vendere l’invenduto dell’anno precedente senza ripercussioni negative sull’immagine del brand tramite una formula di comunicazione e di servizio che rispetta il posizionamento delle case di moda; evitando di creare rivalità con i negozi tradizionali, rivolgendosi ad un target tendenzialmente diverso con un prodotto diverso.
Yoox non definisce mai il proprio business come quello di un outlet on line, affermando che il progetto di comunicazione non è basato sul prezzo: parte dal prodotto, accuratamente selezionato, mai in grandi quantità, talvolta raro ed esclusivo, direttamente presso i fornitori (non utilizza intermediari come molti altri siti web), per poi passare al servizio, curato nei minimi dettagli, e solo alla fine considera il prezzo. Yoox nasce dunque da un’idea semplice ma di elaboratissima attuazione: il sistema di ordine, magazzino, imballaggio, spedizione e pagamento è complesso, soprattutto in funzione di una distribuzione a livello globale, con la differenziazione dei mercati (alcune marche non possono essere vendute in certi paesi). Secondo l’amministratore delegato Marchetti la ricetta del proprio successo è composta da quattro ingredienti: l’apertura verso mercati esteri (che contribuisce per il 65% del fatturato), la convenienza dei prezzi (sconti medi del 50% su quelli di listino), la possibilità di reso gratuito (11% degli acquisti, a conferma della qualità dei prodotti) e, infine, investimenti pubblicitari limitati (8% del fatturato), dato che la metà dei clienti arriva ancora grazie al passaparola.
Il progetto Yoox è stato sviluppato affinché racchiudesse in sé rigore ed innovazione artistica, tecnologia all’avanguardia ed emozione, secondo un concetto di sperimentazione e ricerca estetica, che porta a definire Yoox un concept store virtuale.
Yoox ha una presenza operativa in Europa, Stati Uniti e Canada, Giappone e sta inoltre pianificando una presenza localizzata anche in Russia, Cina, Taiwan e Sud Corea.


Fonte: Yoox gennaio 2006

Gli strumenti di marketing utilizzati da Yoox differiscono, spesso in modo netto, da quelli utilizzati da imprese che operano nel mondo “reale” e non in quello “virtuale” della rete. Il Web ha potenziato le possibilità di conoscenza della propria clientela, con la conseguente opportunità di aumentane la soddisfazione delle esigenze. Per la gestione delle relazioni con la clientela risulta molto importante il ruolo dell’Information Technology. Yoox raccoglie e ascolta la voce del cliente al fine di migliorare la relazione con esso tramite il servizio clienti via call center, posta elettronica, e un’apposita area del sito, ma anche spingendo il cliente a compilare un questionario on-line. Inoltre, dopo ogni ordine, il cliente è invitato ad esprimere un proprio parere. L’utente può essere interessato a rilasciare i suoi dati nella speranza che vengano utilizzati dall’azienda per migliorare il servizio e offrire delle forme di personalizzazione, come ad esempio l’invio di informazioni mirate, l’offerta di prodotti o servizi personalizzati.
Si scopre che da un punto di vista socio-demografico, il cliente di Yoox è un giovane tra i 20 e i 30 anni, per due terzi donne, appartenente ad una fascia di reddito medio/alta (dato il valore medio dell’ordine: 150 euro), abitante prevalentemente in aree extra urbane, dove infatti vi è una minore concentrazione di punti vendita rispetto alla grande città dove c’è un’ ampia scelta.
Nel 50% dei casi giunge al sito direttamente digitando l’URL, segno di un’elevata familiarità con il sito. Il 60% dei clienti sono clienti ripetuti, a dimostrazione di un elevato grado di fedeltà del consumatore. Molto del traffico proviene anche dai siti partner, principalmente siti dedicati alla moda e al life style, ad indicare che il target di Yoox è simile al target di questi siti, ovvero un target molto coinvolto ed interessato alla moda. Si tratta ovviamente di un target molto rilevante, dato che il tipico consumatore on line è giovane, ha un reddito medio/alto o alto ed è propenso a provare nuove esperienze. Si tratta anche di un target in continua crescita.

Per quanto riguarda la promozione, la strategia di comunicazione di Yoox è cambiata nel tempo. Durante il primo anno di vita hanno investito molto al di fuori della Rete, impiegando la quasi totalità del budget per la promozione su quotidiani e magazine di moda, con una maggiore intensità sui mercati italiano e anglosassone. Una volta che il brand si è affermato, la comunicazione si è spostata online, con maggiori investimenti sui portali orizzontali (Yahoo, Msn), motori di ricerca e partnership.
L’aspetto di stile e design di tutto il mondo Yoox è molto curato, dalla grafica del sito, all’architettura interna delle sedi di Milano e Bologna, fino alle scatole di imballaggio che arrivano al cliente tramite il corriere. Uno degli obiettivi della comunicazione è conferire a Yoox un’immagine “cool”, “glamour”, “trendy”, esclusiva, così come lo sono molti dei brand e delle iniziative promossi dal sito. Trasmettere un’immagine del genere è molto importante per un sito che si presenta come un partner delle grandi griffe della moda e non come un semplice rivenditore.

Tra gli strumenti utilizzati da Yoox per la promozione ondine c’è il keyword advertising. È uno strumento che sfrutta la possibilità, a pagamento, di promuovere link sponsorizzati quando un utente cerca determinate parole chiave in un motore di ricerca. In questo modo si hanno buone probabilità che l’utente sia interessato al link proposto. Un ulteriore strumento di marketing utilizzato è l’affiliazione. Vi sono delle piattaforme di affiliazione, che non sono altro che delle società specializzate che gestiscono tutto il network di affiliazione, mettendo in contatto il cliente che lo richiede con migliaia di altri siti, classificati secondo il settore di appartenenza, i quali possono decidere se “ospitarlo” o meno all’interno del proprio sito, attraverso ad esempio un link o un banner. Il vantaggio dell’affiliazione è che in questo caso Yoox tiene i rapporti con un solo soggetto, il network di affiliazione, il quale a sua volta tiene i contatti con numerosi siti. L’affiliante mette a disposizione banner, link di testo ed elementi grafici che il sito affiliato potrà a propria discrezione inserire nel proprio sito, ottenendo come remunerazione solitamente una percentuale sulle vendite che vengono generate dall’affiliato, meno frequentemente una quota sulla base del numero di nuovi iscritti procurati. Yoox ha sviluppato un’attività di supporto nei confronti dei propri affiliati attraverso newsletter mensili e rispondendo tempestivamente alle domande poste dagli affiliati, sia tramite e-mail sia tramite un’area FAQ del sito dedicata all’affiliazione. Grazie al network di affiliazione Tradedoubler, Yoox ha aumentato le proprie vendite oltre il 100% in un anno tra il 2002 e il 2003.
Un’altra opportunità per Yoox è la presenza all’interno dei siti comparatori di prezzo e all’interno di cataloghi elettronici, facendo sì che l’offerta del sito sia presente tra i risultati di ricerca. Anche in questo caso la remunerazione per il gestore del sito di comparazione è solitamente una percentuale sulle vendite da questo procurate al retailer.

In definitiva, i punti di forza che hanno determinato il successo di Yoox sono:

  • Management altamente preparato con molti professionisti del web ed esperti nel settore della moda.
  • Dotazione tecnologica all’avanguardia.
  • È un’azienda in continua evoluzione e rinnovamento, sia da un punto di vista tecnologico che di marketing.
  • Il prodotto di Yoox risponde alle esigenze del mercato, caratterizzato da qualità e prestigio, non presente nei negozi tradizionali, che valorizza la produzione Made in Italy.
  • Rapporto qualità / prezzo.
  • Operatività su scala globale.
  • Approccio al marketing che punta alla soddisfazione e alla fidelizzazione del cliente, facendo leva da un lato su un servizio impeccabile, dall’altro su un approccio strategico creativo che punta alla creazione di un legame emozionale con il cliente.

Sulla base di tali punti di forza Yoox ha conseguito i seguenti vantaggi competitivi:

  • Un sito efficiente, gradevole e interattivo che consente una navigazione veloce e semplice, che risponde inoltre a tutte le esigenze informative dell’utente.
  • La qualità totale: i clienti utilizzano qualsiasi aspetto dell’offerta per giudicarne la qualità, dal servizio offerto, al sito, alla transazione, al post-vendita, alla consegna.
  • Immagine aziendale: Yoox è cresciuto nel tempo in credibilità, raggiungendo una buona reputazione, rendendo la decisione di acquisto della propria clientela più veloce e sicura.
  • Gamma di prodotti: Yoox presenta una gamma di prodotti molto ampia e diversificata, così da soddisfare le diverse esigenze della clientela.

Vendita on line

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Ventottesima puntata

Internet offre nuove opportunità agendo su diverse dimensioni: sia come strumento di marketing relazionale nella filiera del tessile-abbigliamento (business to business), sia come nuovo canale on-line (business to consumer). In questa sede considereremo solo la vendita on line al consumatore.

Nella maggior parte delle imprese, Internet è stato all’inizio utilizzato essenzialmente come nuovo mezzo di comunicazione, questa concezione ha portato alla creazione di un sito “vetrina” e solamente in seguito si è cominciato a pensare alle potenzialità della rete in termini di revisione dei processi aziendali di relazione e vendita.
In Italia la maggior parte delle imprese del settore dell’abbigliamento ha creato un sito vetrina, cui sono state però dedicate risorse inadeguate; le aziende del sistema moda italiano stanno cogliendo con ritardo le opportunità offerte dalle nuove tecnologie digitali, nonostante vi siano casi di successo.
Alcuni sostengono che le caratteristiche dei beni d’abbigliamento non si prestano al commercio on line ed evidenziano che le quote di mercato dell’e-commerce nel settore dell’abbigliamento sono molto risicate, sia negli USA che in Europa. Gli ostacoli alla diffusione di questi canali nel sistema moda sono riconducibili all’alta varietà, variabilità e difficoltà di descrizione e standardizzazione del prodotto e all’elevata specificità relazionale tra imprese nella filiera del sistema moda.


Uno dei tanti siti di vendita on line

Attualmente, i produttori di marca sfruttano prevalentemente la dimensione comunicativa della rete. Ai fattori generali di impedimento alla diffusione del commercio elettronico in Italia, si aggiungono fattori specifici, quale il nuovo ruolo del punto vendita nel processo di creazione di valore per il cliente. Sempre più spesso l’ubicazione del punto vendita, le dimensioni, i servizi erogati, il design, l’atmosfera, sono utilizzati dai consumatori come segno del valore del marchio.
Internet, quindi, a tutt’oggi, almeno per quei segmenti di mercato in cui il contatto col prodotto ha un’importanza fondamentale, è utilizzato solo come strumento di comunicazione. Attualmente, infatti, solo una minima percentuale dei siti web operanti nei beni di fascia alta vende in Rete, mentre la maggior parte si occupa della comunicazione del brand . Molti beni di lusso vengono venduti attraverso siti che non appartengono alla società, in indirizzi specifici per settore o in siti generici. Ciò comporta il rischio di vendere il prodotto in un sito sovrappopolato, senza il sostegno del marchio e del carattere dell’esclusività. Discorso diverso va fatto per i prodotti degli altri segmenti, per i quali l’utilizzo della Rete come e-commerce è più sviluppato (in particolare per i beni di massa e quelli dell’usato.
Eppure le vendite in rete presentano numerose adiacenze con le vendite per corrispondenza, tanto in voga prima dell’avvento di internet, ne acquisiscono i pregi e ne aggiungono altri (L. Windham, K. Orton, “Clienti e consumatori”, Apogeo, 2002) :

  • Sono acquisti di comodità, soprattutto per chi vive in luoghi nei quali non vi sono punti vendita.
  • Spesso si tratta di canali più convenienti dal punto di vista economico rispetto al punto di vendita tradizionale.
  • Evitano al consumatore lo spostamento fisico coi relativi costi addizionali.
  • Consentono un certo risparmio di tempo.
  • Offrono un’informazione trasparente sui prezzi e sugli assortimenti.

Occorre quindi cercare di sfruttare questi punti di forza, superando nel contempo le criticità. Più in generale, nel business to consumer uno dei problemi critici è rappresentato dalla capacità di attrarre il maggior numero possibile di clienti finali allo scopo di generare traffico. I primi casi di vendita on line di prodotti di abbigliamento non hanno avuto successo.
Boo.com è un caso d’insuccesso nato nel 1999, nella fase di massima espansione della new economy, fallito dopo solo sei mesi di attività nel maggio del 2000. Nell’arco di un anno vengono commessi una serie di errori di fondo, in particolare, il lancio pubblicitario off line viene fatto con troppo anticipo rispetto alla realizzazione del sito, che viene completato con quasi quattro mesi di ritardo rispetto al previsto. Il sito web è eccessivamente complesso, nonostante le immagini tridimensionali e la possibilità di ingrandire le immagini dei prodotti per valorizzare i dettagli dei singoli capi d’abbigliamento, non era sufficientemente ergonomico: l’eccessiva sofisticazione rendeva di fatto la sua fruizione estremamente lenta, quasi impossibile. Inoltre, Boo.com doveva riuscire ad operare contemporaneamente in 18 Paesi, con legislazioni, sistemi fiscali, costi logistici, intermediari e finanziari notevolmente diversi. Un ultimo rilevante errore è stata la scelta dell’internalizzazione della logistica, costruendo due magazzini, uno in Europa e uno negli Stati Uniti, le carenze di competenze specifiche nella logistica (che invece potevano essere ricercate in un partner esterno) hanno creato numerosi disservizi ai clienti.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Prodotti di marca.
Mercato planetario
Problemi di logistica.
Mancanza di contatto diretto col cliente.
Esterni Sempre più gente acquista on line Il prodotto moda è difficile da vendere con questo canale

Vendita per corrispondenza

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Ventisettesima puntata

Duty free
Sono punti vendita ubicati principalmente negli aeroporti, ma non solo. Dovendo rispondere a richieste di consumatori di passaggio, offrono una specifica serie di articoli che possono essere acquistati con rapidità come maglieria, abbigliamento casual e sportivo, cravatte, calze, foulard, biancheria, borse, ecc.

Superette e Hard Discount
Il superette (minimercato) e l’hard discount sono due formule distributive che sono caratterizzate da dimensioni medio-piccole e prezzi contenuti. Raramente trattano articoli del settore moda, la cui presenza non è compatibile con le modeste dimensioni fisiche del punto vendita, già destinate alla vendita di prodotti alimentari.

Vendita per corrispondenza
Il prodotto moda trova un canale di sbocco anche nelle vendite per corrispondenza, l’offerta viene infatti proposta attraverso un catalogo omnicomprensivo dei prodotti dell’abbigliamento spesso recapitato direttamente al domicilio del potenziale acquirente (in Italia ci sono stati i cataloghi di Vestro e Postalmarket). A parte le aziende specializzate nella vendita tradizionale per corrispondenza, bisogna annoverare la complementarietà alla vendita tradizionale fatta da grandi magazzini, soprattutto all’estero, anche attraverso un’offerta supportata da cataloghi esplicativi e con relativi ordini per posta.
 


Il catalogo Postalmarket ha segnato un’epoca nella vendita per corrispondenza in Italia

La vendita per corrispondenza di prodotti moda ha una crescita alquanto lenta per quei prodotti che richiedono personalizzazione, la motivazione principale è dovuta al fatto che difficilmente si compera un capo di abbigliamento elaborato senza provarlo, al contrario l’acquisto non trova alcuna difficoltà per i prodotti standardizzati (intimo, calzetteria, maglieria, abbigliamento sportivo, ecc.).
Le vendite per corrispondenza sono in generale in netto declino, ma grazie alla continua tecnologia apportata nel campo della telematica e dell’informatica, riusciranno certamente a migliorare il servizio offerto e ad avere nuove opportunità di business.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Ampio assortimento.
Buona esposizione dei prodotti
Le collezioni devono essere programmate con molto anticipo.
Metodo di vendita in declino
Esterni Possibilità di utilizzare il proprio know how per le vendite on line Maggiore mobilità e maturità dei clienti.
Concorrenza delle vendite via internet

 

Stock House

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventiseiesima puntata

Questo è un modello distributivo che si è sviluppato negli ultimi anni. È un’evoluzione degli spacci aziendali.

Le Stock House sono punti di vendita caratterizzati dall’avere prodotti fortemente scontati rispetto al prezzo abituale di vendita. La merce proviene da stock, vale a dire acquisti in grandi quantità di articoli che presentano qualche anomalia rispetto a quelli distribuiti attraverso i canali abituali: merce con difetti, delle passati stagioni, di importazione parallela, ecc.
Sono generalmente spazi medio piccoli, ubicati a margini dei centri storici o nelle periferie e si rivolgono ad una clientela che insegue la moda, invece che seguirla.

Spesso sono negozi informali, molto simili ai discount alimentari, dove gli articoli sono esposti senza puntare sullo stile, ma con richiami visivi molto marcati (cartelloni, manifesti colorati, striscioni).
fondamentale nel fronteggiare il caro vita.



Gli stock house sono caratterizzati da molta informalità

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Prezzi competitivi sulle marche note Scarsità di assortimento, articoli delle collezioni precedenti
Esterni Attenzione al prezzo anche per chi cerca le griffes Concorrenza di spacci aziendali e outlets

 

 

Commercio ambulante

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Venticinquesima puntata

Il commercio ambulante rappresenta una delle forme più antiche di scambio, esso spesso sfugge alle analisi economiche sebbene esprima una realtà con migliaia di unità e di addetti, in maggioranza indipendenti.
Si possono ricollegare ai negozi indipendenti pur con una loro particolare caratterizzazione: l’offerta riguarda prodotti di massa che provengono da aziende orientate a segmenti medi, medio-bassi anche se in più di una occasione si possono trovare prodotti griffati e di moda a prezzi decisamente interessanti, si tratta per lo più di prodotti che hanno già iniziato la fase di declino ma che sono in grado di soddisfare ancora la fascia di consumatori ritardatari all’appuntamento con la moda soprattutto a causa delle ridotte possibilità finanziarie.
 


Commerciante ambulante

La calzetteria e l’intimo sono i settori più presidiati dal commercio ambulante; infatti soprattutto in queste categorie merceologiche negli ultimi anni si sono registrate crescite importanti nel numero degli esercizi e questo tipo di commercio sta ricoprendo un ruolo fondamentale nel fronteggiare il caro vita.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Rapporto fiduciario con la clientela, tradizioni consolidate di acquisto. Assenza di prodotti di marca
Esterni Rivalutazione di prodotti artigianali e/o di qualità. Concorrenza da venditori di merce asiatica a basso prezzo

 

Cane a sei zampe

Avete mai visto un cane a sei zampe? No? Siete sicuri? Ma si dai, è il simbolo dell’Agip, e anche quello dell’Eni, la società controllante. E’ molto originale, non trovate? Ha qualche significato particolare? La versione ufficiale dice che le zampe simboleggiano le quattro ruote dell’automobile più le due gambe del guidatore. A me pare ‘na strunzata.

Alcuni dicono che sarebbe Tarantasio, mitologico drago del Lodigiano. Fatto sta che il presidentissimo dell’Eni, Enrico Mattei, volle un marchio per l’Agip. Erano gli anni 50 ed era la prima volta che una benzina aveva un marchio. Indì un concorso che fu vinto da tal Giuseppe Guzzi. Solo molti anni dopo, negli anni 80, si scoprì che l’ideatore originale fu invece lo scultore Luigi Broggini.

Pare che originariamente il cane sputasse il fuoco in avanti, ma sembrava troppo aggressivo. Quindi si optò per far girare la testa all’indietro. Devo dire che così è anche più artistico, a me piace.

Se volte approfondire, sul sito dell’ENI c’è la storia del marchio.

Negozio tradizionale

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventiquattresima puntata

I negozi indipendenti multimarca sono attività individuali con dimensioni variabili, conservano una quota di mercato importante nell’abbigliamento uomo e nelle calzature, mentre nell’abbigliamento donna, nello sportwear e nell’abbigliamento per bambino, i punti vendita indipendenti hanno perso quota rispetto alle catene monomarca.


Negozio tradizionale di abbigliamento da bambino

Sono caratterizzati da dimensioni contenute dei punti vendita, una gestione talvolta familiare e un assortimento di articoli poco ampio (numero contenuto di categorie merceologiche) e poco profondo (per ogni categoria la varietà è modesta).
Il dettaglio tradizionale acquista sostanzialmente in “programmato” ed è costretto ad effettuare consistenti ribassi per saldare le rimanenze.
La presenza dominante della distribuzione specializzata tradizionale può essere spiegata anche col maggior valore assegnato alla componente moda dagli italiani. La grande distribuzione non alimentare ha infatti assunto un posizionamento di convenienza ed ha progressivamente sostituito il Made in Italy con prodotti fabbricati nei paesi asiatici per contenere i costi, accettando di conseguenza di mettere in secondo piano la qualità e l’attualità del prodotto rispetto al ciclo della moda. Nell’Unione Europea, la perdita di quota dei punti vendita indipendenti è stata molto rapida.
In Italia il dettaglio tradizionale indipendente nella moda ha uno spazio di mercato consistente, ma in contrazione.
 


I negozi sono la linfa vitale di molti centri abitati

La riduzione di questo formato di punto vendita è stata contenuta e, soprattutto, è avvenuta con estrema lentezza. In particolare, la sopravvivenza e la performance del dettaglio tradizionale non sono legate allo sviluppo di forme associative (gruppi di acquisto e unioni volontarie), ma alle capacità imprenditoriali del titolare del punto vendita. Le ragioni dello scarso potenziale dell’associazionismo sono numerose e tutte legate alle specificità di un settore le cui dinamiche sono determinate dal fattore moda. Inoltre il consumatore italiano non ha ancora del tutto accettato la grande distribuzione come alternativa per gli acquisti nel settore moda.
Il successo nella competizione tra dettaglianti tradizionali non deriva tanto dal vantaggio nel costo di acquisto, ma dalla capacità di selezionare i prodotti che saranno maggiormente richiesti, nelle quantità e nelle taglie necessarie a soddisfare la domanda e in anticipo rispetto ai rivali.
Il produttore che ha successo in una data stagione perché interpreta meglio e più rapidamente dei concorrenti l’evoluzione dei gusti dei consumatori, può al contrario sperimentare un fallimento la stagione successiva. La permanente innovazione dei prodotti d’abbigliamento rende dunque instabili i rapporti di fornitura nel senso che i fornitori possono cambiare da una stagione all’altra.
Il dettagliante minimizza il rischio di magazzino riducendo la quantità acquistata su campionario.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Rapporto privilegiato col cliente.
Personalizzazione della vendita.
Ubicazione nei punti di passaggio.
Dimensioni ridotte, mancanza di economie di scopo e di scala
Esterni Valore aggiunto dato al servizio del negoziante esperto Aggressività delle concorrenza della grande distribuzione da una parte e direttamente delle ditte produttrici con gli outlet

In Italia il negozio tradizionale rimane un punto cardine nel panorama della distribuzione al dettaglio, seguendo una tradizione consolidata che non si arrende all’avvento delle nuove formule distributive. I motivi sono da attribuire principalmente al rapporto che il cliente ha con il punto vendita tradizionale. È un rapporto composto da molti ingredienti: la fiducia che si assegna al venditore, la comodità per raggiungere il negozio, la competenza attribuita a chi fa quel mestiere da tempo, l’amicizia che si instaura, la simpatia del locale, eccetera. Tutto questo verrà meglio esposto nel prossimo capitolo, appositamente dedicato a questo formato distributivo.

Factory Outlet

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventitreesima puntata

Nella struttura distributiva dei prodotti di abbigliamento, un posto di rilievo è occupato in diversi Paesi dai factory outlet: grandi strutture di vendita discount che fanno capo ad un numero molto ridotto di operatori immobiliari che, una volta realizzato il centro, affittano i singoli negozi ai produttori di marca/griffe che pongono in vendita le rimanenze o talvolta anche collezioni specificamente costruite per questo formato distributivo. Rappresentano l’evoluzione del tradizionale spaccio aziendale, quei punti vendita di proprietà del produttore, situati principalmente in prossimità della fabbrica, nei quali si vendono collezioni passate e articoli di seconda scelta a un prezzo ribassato. Gli outlet sono invece inseriti in un centro in cui sono presenti anche altri marchi, appartenenti e non alla stessa categoria merceologica. Questi complessi si caratterizzano infatti per il tentativo di emulare la planimetria di un’area urbana con strade, piazze, e traverse in cui i singoli esercizi sono affiancati da una serie di servizi complementari relativi al ristoro, alla custodia dei bambini, all’intrattenimento. L’illusione che si vuole ottenere è quella di creare l’ambientazione di una “città ideale” in cui il consumatore entra anche per trascorrere momenti di svago e di ricreazione lontano da confusione, traffico e smog.

Il factory outlet center è una tipologia relativamente nuova di centro commerciale; rappresenta all’incirca il 9% dei centri commerciali esistenti in Europa. Diversamente dalle altre tipologie di centri commerciali, il factory outlet si caratterizza per la focalizzazione sui prodotti d’abbigliamento e per la vendita discount di griffe.
Alle 15 strutture già funzionanti nel nostro Paese, si aggiungono altre 15 realizzazioni per ulteriori 350.000 mq; uno sviluppo che molti ritengono saturerà il mercato. La diffusione di questa formula di vendita è stata agevolata da un vuoto normativo che, di fatto, ha permesso di vendere in saldo 365 giorni l’anno, senza vincoli di orario, merce che non è necessariamente fallata, delle passate collezioni o di campionario. Il grande potenziale del factory outlet è riconducibile al fatto di offrire un assortimento di griffe a prezzi discount in un unico luogo, peraltro caratterizzato da architetture che riproducono il look dei vecchi centri storici.


Figura 17 – Il primo factory outlet aperto in Italia è stato quello di Serravalle Scrivia

I punti vendita ubicati nei factory outlet center sono negozi diretti di proprietà dei produttori di marca; l’assortimento del centro è composto da articoli di abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, prodotti di design e articoli per la casa a prezzi dal 30 al 50% inferiori al livello praticato nei normali canali di vendita. Essi puntano sulla contemporanea presenza di più marche: di norma non esiste infatti una “locomotiva”, come l’Ipermercato nei Centri Commerciali pianificati, ma soltanto negozi outlet monomarca, affiancati da punti di ristorazione e da una serie di attrazioni per invogliare il consumatore a fermarsi. Nella scelta localizzativa si considera la presenza e la forza della rete commerciale tradizionale: la distanza tra l’area urbana e il factory deve essere sufficiente per ridurre cannibalismo e conflittualità con la clientela dei produttori.
In Italia i factory outlet hanno buone prospettive di sviluppo, per l’elevata sensibilità alla marca di ampi segmenti di consumatori, per l’alta densità demografica ed abitativa e per il sistema di autorizzazioni del center stesso che è molto semplificato rispetto quello previsto per l’apertura di un Centro Commerciale.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Location in posizioni ottimali.
Ambiente confortevole e rilassante.
Orari di apertura prolungati.
Raggiungibile solo uscendo dalle città.
Esterni Formula innovativa che piace ai clienti.  Spersonalizzazione del servizio offerto

 

Grande distribuzione organizzata

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventiduesima puntata

In Europa, ipermercati, supermercati e superstore stanno registrando un aumento delle quote di mercato dei prodotti tessili e d’abbigliamento. Il peso del fatturato è pari al 10% circa e aumenta all’aumentare della superficie complessiva. L’ipermercato vende prodotti non alimentari banalizzati, con contenuta componente moda ed a prezzi competitivi. Sono in aumento inoltre i marchi commerciali.

Nel caso dell’Italia, l’ipermercato realizza una quota di mercato di prodotti d’abbigliamento relativamente modesta. In Francia, Paese in cui la formula dell’ipermercato è stata ideata e ha raggiunto il massimo sviluppo, la quota di prodotti di moda canalizzata da questo formato di punto vendita è decisamente superiore.


In tutti i centri della GDO ci sono reparti moda

La grande distribuzione organizzata è caratterizzata dalla vendita a libero servizio, che non è opportuna per alcune categorie merceologiche, per le quali è necessario un servizio di vendita assistita. Per esempio, le quote di mercato del capo spalla e dei capi formali sono irrisorie negli ipermercati, perché i consumatori desiderano un elevato livello di servizio personalizzato. Al contrario, le quote di mercato canalizzate dalle grandi superfici despecializzate di calze, intimo basic, capi informali basic, tutti prodotti di marca banalizzati, sono in continua crescita nei grandi punti vendita a libero servizio.


MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni La formula del libero servizio fa diminuire i costi. Orari di apertura prolungati Personale di vendita non qualificato.
Assenza di marche prestigiose.
Esterni Nuove aperture per questo canale di distribuzione  Saturazione dei mercati

Grandi superfici specializzate

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Ventunesima puntata

Lo spazio di mercato per la distribuzione di abbigliamento su punti vendita di grande dimensione è oggi sempre più occupato non tanto dal grande magazzino, quanto dalla Grande Superficie Specializzata (GSS). Si tratta di un formato di punto vendita localizzato in aree periferiche, con una dimensione che supera i 400 mq, un assortimento ampio e profondo di una singola categoria merceologica, un servizio di assistenza personale qualificato e prezzi aggressivi.

Le GSS rompono una regola consolidata nel commercio al dettaglio che vedeva i piccoli punti vendita orientarsi alla specializzazione e al contrario le grandi superfici a libero servizio puntare sulla despecializzazione e sulla riduzione dei servizi offerti. Le Grandi Superfici Specializzate nell’abbigliamento, ampliando in parallelo la superficie, la gamma e i servizi, stanno registrando una crescita notevole in tutti i Paesi. L’offerta delle Grandi Superfici Specializzate nell’abbigliamento è caratterizzata sia da un vantaggioso rapporto prezzo/qualità sia da un elevato livello di servizio pre e post-vendita. La maggior parte di esse infatti adotta una strategia di sviluppo internazionale, che consente di ottenere economie di scala negli acquisti, nel marketing, nella finanza, ecc. Si adottano inoltre tecnologie che consentono di ridurre il costo dei servizi offerti. L’impiego di nuove tecnologie permette di industrializzare alcuni servizi e di ridurre i costi di erogazione degli stessi. L’aggressività di prezzo è massima nella formula definita Category Killer.


La catena francese Decathlon ricerca personale che abbia attitudini sportive

La GSS è un format che rende compatibile la specializzazione con l’alta rotazione dell’assortimento e la problematicità di acquisto dei prodotti con la tecnica del libero servizio. Si conferma dunque anche in questo caso che l’innovazione è spesso frutto della capacità di conciliare l’offerta di benefici opposti e alternativi nell’esperienza di acquisto tradizionale. Nel mercato dell’abbigliamento, la GSS costruisce il suo fatturato sottraendolo a tutti gli altri formati di punto vendita, in particolare ai negozi più tradizionali e meno specializzati e al Grande Magazzino in quanto si rivolge allo stesso target di acquirenti.

MATRICE SWOT
Utili Pericolosi
Interni Personale di vendita qualificato.
Assortimento molto vasto.
Grande potere di acquisto.
Orari di apertura prolungati
Tanto capitale impegnato in prodotti che possono avere flussi di vendita lenti.
Esterni Apertura di punti vendita nei centri commerciali  Concorrenza dei piccoli negozi specializzati

È prevedibile un’ulteriore crescita delle GSS in Italia, in quanto nel nostro Paese le GSS rappresentano un fenomeno relativamente recente, nonostante i tassi di crescita siano già molto elevati. Esse consentono al consumatore di visionare un’ampia e selezionata gamma dell’intera offerta industriale in un’unica spedizione di acquisto e di poterne confrontare immediatamente i prezzi e le prestazioni.

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