(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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La Domenica del Corriere

Da "La Domenica del Corriere" del 9 novembre 1930:

"Uno  dei più notevoli esempi di generoso patriottismo è quello offerto dai montanari di Corbesassi, presso il valico del Brallo, sull’Appennino Ligure. In soli cinque giorni, lavorando gratuitamente, essi hanno scavato e compiuto una lunga strada che congiunge il loro paese con la via Piacenza – Genova (Disegno di A. Beltrame)"

Gerry contro tutti

Torniamo a parlare di Gerardo Napoli, detto Gerry. Ne avevo parlato circa un’anno fa in questo articolo. Cosa è successo? Che continua la lotta tra chi vede le sue realizzazioni come orrori che deturpano il paesaggio e chi, come lui ovviamente, che ritiene che invece lo migliorino.

Ho sentito il comitato anti-Gerry che dice: "Ci stiamo mobilitando per riuscere a fermare questo scempio: non è possibile che lui si permetta di distruggere la montagna di Pregola con delle schifezze che osa anche chiamare sculture, come quello che dovrebbe essere un Cristo e invece pare un alieno. In ogni caso, anche se fossero opere d’arte (cosa che non sono assolutamente), non troviamo giusto che a farne le spese sia un paesaggio naturalistico. Ci stiamo attivando per interpellare le autorità competenti e far sì che blocchino questo personaggio. Cercheremo anche i proprietari del monte per avviarso di questa cosa"

Gerry invece risponde "Sono stato ultimamente a Pregola e ho visto mio malgrado che la scultura d’angolo sulla roccia nera qualche buon pensante ha pensato bene di rovinarla. Non riesco a capire l’ignoranza e l’invidia della gente non hanno capito che le mie sculture possono anche non piacere ma creano curiosità e portano comunque gente. Cosa ci vuoi fare bisogna avere pazienza perchè Gesto d’asino non sale in cielo"

Chi la spunterà? Chi avrà ragione? State sintonizzati !

Davanti il giorno

Anche quest’anno mi viene da fare un po’ il resoconto di questa estate, anche se non è ancora finita. Un’altra estate, sempre diversa come sempre. Luglio l’ho passato praticamente a Voghera, perchè l’invenzione di quest’anno è stata quella di tenere aperto il negozio nei weekend di luglio. Devo dire che ha funzionato. Agosto è stato un mese strano. Misto di nostalgie x le estati passate, risate per l’estate presente e confusione sulle estati future (molto dickensiana quest’immagine, non trovate?). E si, perchè sembra sempre di non aver fatto niente, ma poi pensi agli ultimi 23 giorni e ti accorgi che cmq un po’ di cose le ho fatte. Non le solite, perchè, come ho detto, le estati mutano. C’è stato l’anno delle grigliate, quello dei giri in bici, ecc. L’anno dei personaggi, l’anno dei giri a piedi, l’anno del mare, quello dei capelli azzurri, ecc.

Questa è stata l’estate del Capo dei Commessi, dell’Uomo senza fame (e senza paura), delle Scarpe, del giro-para in vetta al Penice, dell’albergo Costantino, del cuba col Pampero al Malaspina, di Tony Dallara… e poi di quando sono andato ad Alassio alla domenica sera, e quando, la settimana successiva, ho assistito ad un pauroso incidente all’andata e ho rischiato di rimanere a piedi al ritorno…

Questa è l’estate 2009, e non è ancora finita.

 inseguo il giorno
 fino a lasciarmi dietro la mia ombra
 ma poi sfinito
 sorpreso dalla notte
 mi accorgo
 di trovarmi dall’altra parte del mattino

(Christian, detto "GIM", che inseguiva il giorno guidando verso il tramonto)

Plesiosauro

Wikipedia dice che i psesiosauri sono un gruppo di rettili acquatici vissuti tra il Triassico superiore e il Cretaceo superiore. Essi hanno conteso il predominio dei mari del Mesozoico agli altri rettili marini, come gli Ittiosauri.

Qualche sera fa, resso il cinema comunale di Brallo, l’Associazione Commercianti, Artigiani e Piccoli Imprenditori (ACAPI) ha organizzato una serata dal titolo "PALEONTOLOGIA,GEOLOGIA E DINOSAURI", con la presenza di Simona Guioli, del Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera. Durante l’interessante serata ho addirittura scoperto che a Zavattarello, qui vicino, in un affioramento di Argille Varicolori, agli inizi degli anni ’90, è stato trovato un omero destro isolato di Plesiosauro. Un calco del resto è stato donato al Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera, dove è tuttora esposto.

 

Kursaal

E poi ci troveremo come le star a bere un cocktail al Kursaal, al Giardy, al Mille, al Vertigo, al Rolling… Praticamente sono tutti posti fantasma, non esistono più.

Oggi vi parlerò del Kursaal, di cosa è stato per me. Quando ero ragazzino si andava al Kursaal a giocare ai videogiochi. Era aperto (solo d’estate ovviamente) tutti i giorni, al pomeriggio e alla sera. Noi bambinetti frequentavamo il “parco” (la pineta con parco giochi dietro casa mia) e altri posti di Brallo. Ogni tanto ci spingevamo fino al Kursaal. Da ragazzino invece andavo sempre tutti i giorni. Per chi non c’è mai stato: il K è un locale mitico e storico di Brallo. E’ costruito sotto strada e quindi c’è una stradina che lo costeggia che arriva ai vari piani. In fondo c’era la salagiochi. A metà il bar e la discoteca e in alto il ristorante. Io il ristorante non l’ho mai visto aperto. Noi andavamo solo per la salagiochi. Ricordo una volta che c’era un giochino che, appena acceso, è andato in tilt e ha regalato crediti infiniti. Abbiamo giocato tutto il pomeriggio a Super Mario Bros, che resta il mio videogame preferito di tutti i tempi. Poi ricordo Dragon’s Lair, sembrava di poter toccare il futuro. Mio padre mi dava mille lire al giorno che bastavano per 5 partite, visto che il gettone ne costava 200. Però riuscivo a passare tutto il pomeriggio e tutta la sera. Verso i 16/17 anni ho iniziato a frequentare anche la discoteca. Ma per me il K è diventato mitico nel 1992 (dico sempre che prima o poi vi parlerò di quell’estate, ma non so se lo farò mai, è troppo intensa per poterla raccontare a parole, ma è una di quelle cose che ha segnato la mia vita). E le estati successive sono sempre state all’insegna del Kursaal. In quegli anni non apriva più di pomeriggio, ma solo di sera. E negli anni successivi solo le sere di discoteca, che erano martedi, giovedi e domenica. Si andava lì presto, verso le nove e mezza. Si faceva un giro in salagiochi, due parole, due partite, magari un calcetto, una carambola, per i più sportivi un pingpong. Niente bere, al limite qualche partita perché soldini ne giravano pochi. Poi tornavamo giù in paese, dove magari le consumazioni a bar costavano meno. Verso le 11, 11 e mezza si tornava su per la discoteca. La musica bella era a quell’ora. In quel periodo la dance del momento era la neonata Techno. Che figata. Ne mettevano una mezz’oretta, poi si passava al rock, al revival e altre quisquilie del genere. Ballavamo, giravamo, chiacchieravamo, conoscevamo tutti, andavamo a bere, a fare la coda in bagno, a prendere un panino, magari un giro ancora di sotto in salagiochi, ci si provava con le tipe, sempre rigorosamente senza successo, perché noi siamo e saremo come Jack Fruciante, quelli “fuori”. E poi c’era un posto eccezionale: la porta dii sicurezza che dava sui gradini dietro. Ci si ritrovava lì, era un “posto” di aggregazione, dove rifugiarsi per chiacchierare senza dover urlare, e dove vedevi il 90% di quello che c’era da vedere: risse, amori… quasi tutto avveniva lì. Al k c’era gente di tutta l’Alta Valle Staffora. Da Varzi in su erano tutti lì, e poi qualcuno anche più giù, fino a Voghera e talvolta molto oltre.

 

E poi la colla per comprare un panino in due. E gli sbirri col mitra. E poi accompagnare un amico a casa per poi poter ritornare. Ehi, erano altri tempi, il locale chiudeva alle 2 e mezza, ed era tardissimo. Io fino ai 18 anni dovevo tornare a mezzanotte!!! Le due le facevo solo “l’ultima sera del Kursaal”, avvenimento che non mi sarei perso per niente al mondo, un anno ci sono andato con la febbre. Poi per un anno, niente Kursaal, ma lo avresti aspettato. Quando finiva la scuola sapevi che dopo poco tempo avrebbe riaperto. Quando le giornate si allungavano e potevi uscire ancora dopocena col chiaro sapevi che da li a poco il K si sarebbe animato di tanta gente. Quante avventure, quante storie, quanti amici, quante piombe in quel posto. Quella discesa me la rivedo ancora davanti agli occhi. E la pista, i divanetti, le luci, la staccionata. Perfino le turche mi ricordo. Una parte di me è sicuramente ancora al K, che vaga tra le stanze ormai vuote. Le estati più belle della mia vita, dai 18 ai 24 anni le ho passate li. Grazie Kursaal, sei sicuramente un ricordo molto importante della mia vita.

Sotto il municipio

Che luna che c’è.
Luna piena.
Grande.
Luna da guardare.
Luna da sognare.
Luna da cantare.
Cantare con gli occhi.
Perchè nessuno senta.
Sotto il municipio.
Mentre il vento freddo.
Spazza via anche i pensieri.
Mentre le parole.
Rotolano via.
Le ombre scivolano.
Sono solo stanotte.
Senza nulla in mano.
Senza nulla in tasca.
Ma con la musica in testa.
Sotto il municipio.
Aspettando domani.

Gatti

Pare che a Brallo ci sia una moria di gatti ultimamente. Pare che vengano trovati belli stecchiti. Potrebbe essere una malattina felina, ma, pare, che potrebbe non essere così. Potrebbe essere che un qualche figlio di puttana lasci in giro bocconi avvelenati. Pare che il mio micio sia qualche giorno che sia sparito. Potrebbe essere che sia caduto vittima di una qualche malattia. Magari è andato a svernare al mare. Magari ha bevuto un caffè alla Sindona.

 

Malaspina

Avevo scritto anche qui che vi avrei raccontato un po’ la storia dei Malaspina. Quello che scriverò è essenzialmente tratto dallo splendido libro "I Malaspina" di Giorgio Fiori.

Dunque, per prima cosa: da dove vengono i Malaspina? Diciamo subito che provengono da una delle più grandi famiglie feudali del medioevo, gli Obertenghi.  Questi nel corso della storia si divisero dando vita a numerose dinastie, tra cui gli Estensi, i Pallavicino e, appunto i Malaspina. Il primo ad avere questo soprannome fu un tal Alberto, circa nel XII secolo. Il perchè (e anche il percome) lo avessero chiamato così resta un mistero… forsè perchè non era proprio di animo buono e gentile, ecco ! A quel tempo la sua stirpe aveva in mano due territori ben distinti: quello in Lunigiana e quello più al nord nelle valli Trebbia, Aveto, Staffora e Bormida. Un personaggio molto importante fu Obizzo, figlio di Alberto, che passò allegramente più volte da guelfo a ghibellino, aiutando sia il Barbarossa che la Lega Lombarda. I figli e nipoti di questo, Corrado e Obizzino, ebbero invece numerosi problemi con Piacenza, sia a causa di guerriglie che soprattutto di problemi finanziari (dovevano gestire un territorio troppo grande e sterile). Per far fronte a questa situazione divisero i possedimenti: a Corrado (capostipite della linea dello Spino Secco) andò la maggior parte della Lunigiana, la val d’Aveto, Trebbia e Borbera, mentre ad Obizzino (linea dello Spino Fiorito) la rimanente parte della Lunigiana , la Valle Staffora e Curone.

Qui incominciò l’ulteriore suddivisione dei possessi, che minarono la potenza politica ed economica della famiglia. Al figlio di Corrado, Alberto (che fantasia nei nomi eh?) andò il feudo di Pregola nel 1266.Questo feudo era composto dal territorio alla sinistra del Trebbia, da Torriglia fin quasi a Bobbio. Pregola ne era la capitale e il limite occidentale. Un personaggio degno di nota è il marchese Corradino, che nei primi anni del 1300 riuscì ad occupare Bobbio e fu alleato dei Visconti di Milano. I suoi eredi, per manifesta paura di attacchi da parte dei genovesi, dei piacentini o dei milanesi, si accordarono proprio coi Visconti, a cui donarono ufficialmente tutti i loro possessi, col patto di esserne nominati feudatari.
Malgrado tutte le divisioni i Malaspina conservarono una certa influenza nella politica italiana e si mantennero alleati degli Sforza, i nuovi duchi di Milano.

I Malaspina di Pregola si suddivisero in diversi rami, tra cui quello di gran lunga più importante e che è durato fin quasi ai giorni nostri è il ramo, appunto, di Pregola. Ebbe come capostipite Azzo figlio di Corradino, che a sua volta ebbe un figlio sempre di nome Azzo. Siamo circa nel sedicesimo secolo. Nel 1541 Oliviero Malaspina, figlio di Azzo, ricevette la conferma dell’investitura imperiale per il suo feudo,  e successivamente venne assassinato da altri Malaspina. Suo figlio Gian Maria (finalmente un nome diverso!!!) tentò nel 1570 di occupare con la forza il castello di Pregola, di cui era condomino, ma che allora era tenuto da altri suoi parenti. Il colpo non gli riuscì e, per vendicarsi, devastò e incendiò per rappresaglia Zerba e Belnome, bruciando persone e rubando il bestiame. L’anno successivo gli vennero confiscati i beni e Gian Maria nel 1575 pose nuovamente l’assedio al castello di Pregola ma, non essendogli riuscito di averlo a patti, lo incendiò distruggendolo completamente.

A Pregola fu costruito un palazzo, probabilmente alla fine del ‘500, che venne sempre denominato "castello", in quanto residenza dei marchesi, ma che più propriamente era una casaforte. Rimase residenza per lungo tempo e appartenne al ramo della famiglia fino alla sua estinzione.

L’ultimo feudatario di Pregola fu Baldassarre, dato che nel 1797 l’invasione francese pose fine ai feudi imperiali che furono annessi prima alla Repubblica Ligure, poi alla Francia e infine, in seguito alla caduta di Napoleone, al Regno di Sardegna. La fine del feudalesimo non provocò veri danni finanziari ai signori di Pregola, che già nel ‘700 avevano accumulato anche un vasto patrimonio fondiario, sia in Valle Staffora che in Val Trebbia. Antonio, figlio di Baldassarre, fu l’ultimo a risiderere stabilmente a Pregola. Suo figlio e i suoi nipoti abitarono prevalentemente a Varzi. Indovinate come si chiamò suo figlio? Esatto: Baldassarre! Il quale ebbe a sua volta due figli: Antonio (ma va?) e Rodolfo.

Questo Baldassarre morì giovane e i figli furono cresciuti dalla madre, donna energica ed avveduta. Nel 1868 essa acquistò per loro conto il palazzo posto sulla piazza principale di Varzi e che divenne sede principale della famiglia; il palazzo di Pregola era invece utilizzato come villeggiatura estiva. I due giovani orfani Malaspina si diedero a quel tipo di vita ozioso piuttosto diffuso nella società provinciale del tempo, poichè la loro posizione sociale, tanto più invidiabile se paragonata all’indigenza generale della popolazione della montagna, rendeva loro assai più facili i successi di un certo tipo.
Il marchese Antonio, a furia di fare lo sbruffoncello, quasi quasi ci lasciò le penne. Verso il 1873 frequanteva una signorina appartenente ad una delle migliori famiglie di Varzi, Maria Giacobone che, lusingata dalla prospettiva di un grande matrimonio, lasciò cadere altre occasioni. Nel 1879 il Malaspina troncò il rapporto e si trasferì a Roma, dove già abitava il fratello Rodolfo che, laureatosi in legge, si dedicava alla carriera giudiziaria. Per giustificare questa rottura Antonio raccontò in giro delle ragioni assai lesive all’onorabilità della ragazza che ne risentì anche in salute. Il fratello Ambrogio giurò di vendicarla, qualora il Malaspina si fosse azzardato a ricomparire in paese.

Il Malaspina, forse ignorando il seguito della vicenda e le chiacchiere di paese, ritornò in Varzi e, il 29 aprile 1880, davanti al caffè Callegari, posto sulla piazza principale e luogo di ritrovo dei notabili locali, si avvicinò senza darsi pensiero al crocchio ove era anche il Giacobone, che sentendosi con ciò provocato, estrasse una pistola e gli sparò, ma lo colpì solo superficialmente. Subito fermato e disarmato, il Giacobone si costituì spontaneamente; al giudizio che seguì in Voghera, l’opinione pubblica era tutta dalla sua parte; egli venne addirittura assolto e la vicenda finì in tal modo. Sua sorella trovò ugualmente marito, mentre il Malaspina continuò con le sue attività galanti, imitato dal fratello che a Roma mandava avanti una lunga relazione con la sua governante.
L’ormai maturo Antonio si prese a servizio una giovane di Pregola, certa Rhos, che a sua volta nutrì notevoli speranze di essere sposata, ma non ottenne nulla. Mise al mondo un figlio, che il marchese Antonio si guardò bene dal riconoscere anche perchè era mezzo scemo e fisicamente disgraziato; e men che meno ne sposò la madre. Non si sposò mai e morì nel 1923 nel suo palazzo di Varzi.

Suo fratello Rodolfo, rimasto unico erede del patrimonio, passò a sua volta la vita tra le facili avventure, ma infine i congiunti della sua convivente lo obbligarono a regolarizzare con il matrimonio la sua posizione. Naturalmente, per l’età più che matura dei coniugi, non vi era più speranza di prole, ed anche il marchese Rodolfo, che spesso veniva a soggiornare a Varzi, vi morì improvvisamente nel 1924. Il palazzo di Varzi divenne sede del municipio, quello di Pregola fu acquistato da una famiglia di amici e congiunti e vi continuò ad abitare la Rhos e una sua sorella fino alla morte.

(ps posso aggiungere che ne primi anni del 2000 una parte del palazzo, detto castello, è stato animato da centinaia di persone che frequentavano un pub nato nell’ala meno nobile del palazzo e chiamato, appunto "Castello Malaspina")

Pregola

L’amico Davide "Dadà" ha creato un sito dedicato a Pregola, ridente località che fu capoluogo di comune (di Pregola, appunto, ora denominato comune di Brallo di Pregola). Anzi qui apro una breve parentesi. Molti sono erroneamente convinti che il mio paese si chiami Brallo di Pregola (e molti pronunciano Prègola, mentre si dice Pregòla). In realtà le cose sono andate così:  nella zona ci sono dei paesini che da che mondo è mondo sono sempre stati dei capoluoghi naturali, nel senso che c’era qualcosa di importante, come ad esempio la residenza dei signorotti del posto. Come ad esempio Corte Brugnatella, Santa Margherita e, appunto, Pregola. Quando hanno istituito i comuni, il capoluogo era Pregola. Tant’è che il mio papà ha scritto sulla carta d’identità "Nato a Pregola". Nel frattempo Pregola aveva perso di importanza a favore del Passo del Brallo, dove hanno fatto passare la strada che arrivava dalla valle Staffora per proseguire in val Trebbia (prima non c’era). Brallo si è trovato quindi ad essere un centro sempre più importante e quindi sono nati bar, ristoranti, la stazione della posta, il municipio, ecc. E molte giovani coppie dei paesi circostanti si sono trasferite, dopo la seconda guerra mondiale, in questo fiorente paese (come i miei genitori). E così si è deciso di trasformare il nome del comune da Pregola a Brallo. Per non perdere l’antica denominazione si è giunti al compromesso di chiamare il comune "di Brallo di Pregola". Ma il paese quindi non si chiama affatto "Brallo di Pregola", si chiama "Passo del Brallo".

Torniamo a Pregola. Nel sito in questione potete trovare foto, articoli e quant’altro. Peccato che io sul mio computer non riesca a vederlo, visto che si può utilizzare solo con quella ciofeca di Internet Explorer. Altra dimostrazione che quel maledetto browser non utilizza standard e quindi un sito ottimizzato per Explorer è inaccessibile da alcuni. Cavoli siamo nel 2008 e non si sono ancora adeguati! Dadà fai qualcosa.… ma che programma usi? Non dirmi Frontpage per favore!!!

Nel sito troverete, ta le altre cose, i "Pensieri Pregolesi". I primi pensieri sono di Lisa che, da buona giornalista, ha inagurato la sezione.

Un ultimo appunto: potete trovare il gruppo "Pregola" anche su Facebook.

Trebbia

A volte le immagini valgono molto di più di mille parole. Nei giorni scorsi sono andato al Trebbia a fare il bagno, un caldo simile a fine agosto non me lo ricordo… e poi non c’era nessuno…. che bello….

Centro Tennis Brallo

Uno di questi giorni stavo riposando, alla sera, prima di uscire e andare al Malaspina. Sapete com’è, i pensieri si accavallano e si rincorrono. Pensavo che… come li definiscono adesso, ecco tra gli "istruttori" del centro tennis di Pregola non c’è più nessuno di quelli che venivano al bar quando lo gestivo io. L’ultima volta è stato nell’estate 2005. Chissà quei ragazzi che fanno ora, e se anche tra tanti anni si ricorderanno della loro avventura al centro "Il Brallo" e delle loro serate al

Castello Malaspina. E già, chi lo sa. E allora il pensiero è andato a mille anni fa, quando da ragazzino ci andavo io al centro tennis. Ricordo che i maestri li vedevo come uomini supermaturi, quasi vecchi, e invece probabilmente avevano circa trent’anni o poco meno. E gli "assistenti", come li chiamavano allora? Per noi erano dei veri miti. Erano degli adulti e quindi li rispettavamo, ma per noi erano come eroi: ci facevano giocare, divertire, ne inventavano sempre qualcuna. Mi ricordo di quattro persone in particolare: la prima è la miticissima Albina, la ragazza d’oro. Non era possibile non volerle bene, ogni bambino e ogni bambina del centro veniva rapito dai suoi modi gentili di fare, era un po’ la mammina di tutti noi. Pensate che si è sposata il super maestro Roberto Catalucci!!! Poi c’era Paola, di cui ricordo il nome e la sua dedizione. E poi c’era Tony. Capello riccio e appassionato di Hockey. E infine c’era il mito assoluto: Edo. Ricordo benissimo un episodio che la dice lunga su quanto per noi era un supereroe: un giorno pioveva e noi dei "secondo gruppo" ci siamo ritrovati in uno stanzone insieme a quelli del "primo gruppo". Spiego: i ragazzini erano divisi per età: i più piccoli erano il "terzo gruppo", i più grandicelli il secondo e poi il primo. Così mentre un gruppo giocava a tennis l’altro faceva un altro sport e l’altro ancora anadava a fare la passeggiata, la merenda, o quant’altro. Quel giorno, fra i vari giochi improvvisati, abbiamo scatenato una guerra di cori: vinceva chi faceva il coro più rumoroso. Quando noi abbiamo scatenato il coro "Edo Edo Edo…" non ce n’è stata per nessuno, abbiamo stravinto. Caspita ragazzi, se qualcuno di voi un giorno leggerà questo post mi scriva, chissà dove abitate, non lo so, non ricordo… Eravamo a metà degli anni ’80… penso 1985 / 86 / 87 o già di li. Miiiiii che botta di ricordi. Sarà che quando pensavo a tutto questo fuori pioveva….

Malaspina di Pregola

Domenica 10 agosto c’è stata una rievocazione storica dei Marchesi Malaspina di Pregola. In tuttta la giornata ci sono stati giochi, danze, musiche, spettacoli, canti medievali. Tra Pregola e il Passo del Brallo, lungo i circa due chilometri di strada nel bosco, erano presenti numerosi banchetti di venditori ambulanti. Al mattino c’è stata una meravigliosa sfilata in costume, dove erano rappresentati i principali personaggi malaspiniani. Neanche a dirlo che mia mamma era tra questi…

Ecco un breve excursus storico riguardante i Marchesi Malaspina, scritto da Carlo Grugni:
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Il nome del casato riporta il motto “SUM MALA SPINA BONIS SUM BONA SPINA MALIS” (sono una spina mite per i buoni e una spina dannosa per i cattivi). Nacque nel 540 d.c. quando il giovane nobile Accino Marzio vendicò la morte del padre sorprendendo il Re dei Franchi Teodoberto nel sonno trafiggendogli la gola con una spina. Il grido del Re: “Ah mala spina!” dette origine al nome della famiglia che nel 1340 con Spinetta Malaspina prese possesso del castello di Fosdinovo nella Lunigiana, da sempre terra di confine e di passaggio dove si trovano più di cento castelli.

I Malaspina sono una famiglia di Marchesi italiana fiorita tra il XI ed il XII secolo e signora di una vasta zona appenninica compresa tra il Passo dei Giovi ed i valichi della Gafagnana e del Modenese.
Nel XIII secolo, sopo una lunga lotta con Genova e Piacenza, ai Malaspina rimase la sola Lunigiana divisa nel 1221 tra i due fratelli Corradino, da cui derivò la linea detta dello "Spino Secco" ed Obizzino capostipite della linea dello "Spino Fiorito".
I domini dell’Alta Val Trebbia rimasero aggregati al Marchesato di Pregola, centro principale dello stato Malaspinino dell’Alta Valle Staffora. Ma con il passare del tempo divenne impossibile mantenere uniti i possessi; infatti il 12 maggio 1453 nel Castello di Pregola i Malaspina decisero la spartizione dell’asse familiare.
Malgrado questo frazionamento però i Signori di Pregola conservarono una certa influenza sulla politica italiana, mantenedo l’alleanza con gli Sforza, succeduti ai Visconti, nel Ducato di Milano. Successive spartizioni, destino comune a tutte le linee dei Malaspina, finirono per polverizzare il vasto feudo in minutissime quote.
L’unico ramo dei Malaspina che si mantenne in sufficienti condizioni economiche fu quello discendente da Azzo e Corradino.
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Io la storia la so leggermente diversa, quando avrò tempo / voglia scriverò la mia versione, per ora leggetevi quella scritta su Wikipedia.

Saldi di fine stagione

L’estate sta finendo, un anno se ne va… cantavano i Righeira. Ormai anche l’estate 2008 sta volgendo al termine. E’ stata un’estate diversa dalle altre, come del resto ogni anno è sempre diverso dagli altri. E’ stato il Luglio in cui sono stato più a Voghera in vita mia. Praticamente quasi almeno una volta al giorno. E un Agosto… diverso. Anche quest’anno, come nel 2007, ero a Brallo a vendere all’aperto (a “fare il banchetto” come dice mio papà). Luglio è stato disastroso come vendite, ero in crisi economico-finanziaria di bestia. Agosto invece è stato paragonabile a quello dello scorso anno. Visti i tempi: gran buono. Son stato poche volte al Trebbia, rarissimi giri in bici. Il classico giro al mare con gli amici è saltato, i lunedì di agosto li ho utilizzati per andare da Elisa ad Alassio. E poi, cmq, l’unico sempre presento ormai è Davide, il quale ha una dose di scazzo addosso che è quasi impossibile coinvolgerlo in iniziative.. che peraltro non ho, visto che siamo solo in due. Come previsto ho saltato quasi tutte le feste di paese. Volevo andare a quella di Cortevezzo ma non avevo la macchina, alla fine son stato a quella di Bocco.
Ricordo tante estati di tanti anni fa, nelle quali mi sembrava veramente inconcepibile trascorrere la stagione altrove. Oggi sto ripensando ad un periodo in particolare, circa una dozzina di anni fa. Qui fuori mio fratello aveva tantissima merce esposta, come sempre, e c’erano tanti ragazzi che gli davano una mano nelle vendite. Alla sera finivano di tirare dentro che erano anche le nove. E poi li ritrovavo magari al Kursaal. Ricordo il tizio col cappellone stile Jamoroquai, quello coi capelli lunghi che si truccava (!!!), la volta che siamo andati in 7 a mangiare da Rino (mamma mia che panciata) e poi siamo stati sul Colletta perché Ivo voleva provare il fuoristrada nuovo e Lorenzo, che era nel portabagagli, aveva buttato giù il vetro posteriore con una testata!! Giuro, l’intero vetro è finito sulla strada. Per fortuna (a parte il bernoccolo) non si è fatto male. Cavoli che bella che era l’estate a Brallo in quegli anni. Non avrei veramente mai desiderato essere da altre parti. Passeggiate nei boschi, partite con gli amici, grigliate, Trebbia, bicicletta, illusioni di amori, feste di paese, bottiglie di vino, giri in macchina. In discoteca 4 volte alla settimana. Due mesi che sembravano lunghi un anno, ma passavano in fretta come fossero stati due giorni.

Il fiore nero

All’inizio del mese, dal 7 al 13 agosto, c’è stata a Brallo, nelle scuole, una mostra di pittura di Nando Zavattoni. E’ un artista autodidatta della Val Trebbia, che ha esposto per la prima volta nel mio paese. Dipinge emozioni e paesaggi della sua valle e dei suoi viaggi per l’Europa. Viaggi reali e viaggi interiori, alla ricerca di sensazioni da riportare sulla tela.
Al di là del fatto che la pittura è sempre fonte di emozioni, non posso dire che il suo stile mi piaccia particolarmente. Visitando la mostra ho notato tuttavia un paio di opere che mi hanno favorevolmente impressionato. Soprattutto una, quella che rappresentava un mazzo di fiori ed era…. completamente nero! Mi spiego meglio: era dipinto con colore nero su sfondo nero. Grandiosa idea (ecco devo dire che spesso a me piacciono più le idee che le realizzazioni). Un mazzo di fiori, che dovrebbe essere raffigurato usando tutti i colori della tavolozza, era invece completamente privo di ogni colore. Veramente bello, magari un po’ inquietante o perlomeno malinconico, ma bello.

Nel depliant della mostra è riportata una frase di Picasso: "Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi."

Gerry Napoli

Nell’ultimo periodo quel "disgraziato" di Gerardo, per gli amici Gerry, ne ha combinata un’altra delle sue. Vicino a casa mia, a Brallo, ha realizzato (o meglio sta realizzando) un’altra scultura intagliando il tronco di un albero che è stato tagliato tempo fa.

Ma chi è Gerry? Per farvi un’idea potete visitare il suo sito: www.gerardonapoli.it

La scorsa estate aveva realizzato un viso di Cristo sulle rocce di Pregola, suscitando anche qualche malumore tra gli abitanti, che si dividevano tra quanti la ritenevano un’opera d’arte e quanti invece erano indignati dalla deturpazione della roccia.

Ma Gerry imperterrito continua la sua opera. Se sia un grande artista non lo so, non sono un competente, ma noto che col passare del tempo la sua tecnica si affina e diventano sempre più belle. E poi tutto sommato è piacevole e interesante vedere chi realizza una cosa fatta a mano, con passione. E lui la passione ce la mette sicuramente.

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