Non si può avere paura del domani. In fondo è oggi il giorno che ti faceva paura ieri.
Month: July 2020
Faccio un passo, guardo in basso, mi rilasso e dico: “casso, si sta bene qui al Passo”
Oggi ho fatto questo simpatico anello. Sono partito dal Passo del Brallo in direzione “Bralello“, ma appena fuori dal centro abitato ho preso quel sentiero che, passando nei pressi della vasca dell’acquedotto, ritorna sulla strada asfaltata appena prima del paese di Bocco.
Prendo la strada che porta all’interno del paese, poi svolto verso l’alto e arrivo in cima a Bocco, dove c’è una fontana e dove parte il sentiero 101. Sale velocemente, nei primi tratti regalando magnifiche vedute sulle piane sottostanti e su tutta la valle dell’Avagnone. Ad un certo punto il sentiero entra nel bosco e diventa ancora più ripido, sono totalmente fuori allenamento, non faccio una passeggiata da febbraio (monte Ebro) e soffro davvero tanto con queste pendenze.
Il sentiero ha diversi bivi, ma avendolo fatto diverse volte, anche in discesa, non mi sbaglio mai. Il primo è segnalato (andando a sinistra si raggiunge il passo della Colla – un sentiero che non mi piace molto -, ma io vado a sinistra), gli altri bisogna “indovinarli” (solitamente se c’è una diramazione in piano e una in salita, quella giusta è la seconda). Tutta questa fatica viene ripagata una volta raggiunta Cima Colletta. Sa lassù si vede tutto: la valle dell’Avagnone, della Trebbia e tutti i monti in lontananza, dal Maggiorasca fino al vicino Lesima (e dietro l’Alfeo), il Chiappo qui di fronte e l’Ebro appena più in là. Più sotto si svela la valle Staffora e la pianura padana. Se non ci fosse questa rada foschia in lontananza si vedrebbero le Alpi. Si vede però l’amico monte Penice con le sue antennone.
Inizio la discesa verso il rifugio “Nassano” del CAI. Sono le 10, ma l’erba è ancora bagnata di rugiada. Nonostante le mie scarpe in goretex, l’erba è alta e mi bagna le calze. E’ una sensazione strana, sembra il respiro, l’alito della terra, sembra di attraversare un grosso essere vivente. Una sensazione che chi vive sempre chiuso in città raramente può vivere.
Superato il rifugio oltrepasso quello che una volta era il campo scuola di sci per principianti e cerco il sentiero per Valformosa. Ne trovo uno che inizia discendere per la faggeta, molto largo, molto bello, viaggio che è un piacere. Fosse tutto così finirei il io giro in un lampo. Invece poco dopo mi rendo conto che rimane un po’ troppo in direzione Barostro, quindi taglio per il bosco fino a raggiungere il sentiero corretto, che è molto sporco, pieno di alberi caduti, rami, foglie. Per fortuna che lo sto percorrendo in discesa.
Raggiungo Valformosa dalla parte opposta a quella abituale e sento subito una voce nota: è il cugino Rob a cui chiedo indicazioni per scendere a Fego. Mi parla del sentiero abituale, ma mi racconta che, per fare i nuovi lavori per i pali dell’elettricità, è stato creato un percorso diretto proprio nella direzione che volevo. A questo punto seguo i pali, anche se la strada non è molto caratteristica: hanno sbancato il bosco per costruire questa linea e sotto le mie scarpe c’è solo terra e sassi. Ad un certo punto incrocio il vero sentiero, che inizio a seguire e raggiungo Fego.
Non mi perdo in chiacchiere: sono già le 11 e 30 e voglio essere a casa per pranzo. Attraverso il paese, che ogni volta mi stupisce per quanto è caratteristico e raggiungo l’imbocco per il “Sentiero dei Briganti”, vicino al bar Montagnola. Il sentiero corre appunto per un lungo tratto nelle vicinanze del rio Montagnola, un po’ di qua e un po’ di là. Devo stare attento a non sbagliarmi e non finire in direzione Bralello, ma non c’è problema, sono stanco e se vedessi un sentiero in salita di sicuro lo evito.
Raggiungo il percorso che avevo in mente, quello che passa sotto Costa Mora, Sotto il Groppo e Pregola. Arrivato nelle vicinanze del Brallo, così come fa la strada asfaltata anche il sentiero picchia deciso in salita, ma, mentre la strada ha tutti quei famosi (o famigerati) tornanti, il mio sentiero è inesorabilmente dritto. Quando scorgo lassù il distributore di benzina, sono arrivato.
In questi mesi, circa dall’inizio dell’anno, ho iniziato a scrivere a mio figlio (che sta per nascere). Ne è venuto fuori un libro che sarà presto in stampa.
Ecco due articoli che già ne parlano:
E, la vita la vita… e la vita l’è bela, l’è bela, basta avere l’ombrela, l’ombrela. Ti ripara la testa, sembra un giorno di festa. E, la vita la vita…e la vita l’è strana, l’è strana, basta una persona, persona che si monta la testa… è finita la festa!
Il sole mi è entrato nelle vene e ha trasformato tutto in oro.
(Elizabeth von Arnim)
D’in su la vetta della torre antica,
Gatto solitario, alla campagna
Miagolando vai finchè non more il giorno;
Ricordi dell’ultimo giorno di quarantena:
“e torno a casa tardi, dopo le dieci di sera, dal negozio, perché volevo finire, o quasi, per la fatidica riapertura di lunedì.
e trovo te, che mi aspetti, che sei contenta e che mi hai preso una focaccia.
e penso che lo dirò a Puntino, che quando lui stava per arrivare c’è stato un brutto periodo, ma non abbiamo mollato mai.
e non c’è coronavirus che tenga, da lunedì si va in trincea, sapendo che il motivo ce l’ho a casa che mi aspetta.
Non molliamo mai “