L’ospedale è il luogo dove ci si sente più soli al mondo. Non conta quanta gente possa venire a farti compagnia e a darti il suo sostegno: la distanza che passa tra sani e malati è uno spazio infinito che neanche l’amore può colmare. La malattia mette chi ne viene colpito al di fuori del consorzio umano e per quanto amici e parenti possano volerti bene, nella parte più atavica del loro cervello ci sarà sempre un uomo delle caverne ansioso di allontanarsi dall’animale infetto che sei diventato. Del resto, agli occhi di chi sta male, quelli in salute saranno sempre manchevoli, perché incapaci di comprendere il loro bisogno, perché ignari della loro sofferenza e perché colpevoli di potersene andare sulle proprie gambe. Il malato è un vampiro assetato di vita e poco importa quante lacrime vengono versate per lui: non saranno mai abbastanza da placare la sua sete. La malattia non celebra alcuna comunione. I letti di una stanza d’ospedale sono come le camere di scoppio di un revolver, con i pazienti a fare da proiettili e la guarigione come unico obiettivo. Nessuno è triste nell’abbandonare un ospedale e quel lieve senso di rammarico per i compagni di sventura lasciati indietro si scioglierà come neve al sole appena tornati in libertà. Qualcuno ha detto che nessun uomo è un’isola, ma sono ragionevolmente certo che a dirlo è stata una persona in buona salute.
Dylan Dog, Mater Morbi