(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Month: October 2014

La grande rapina al treno

E’ un fatto realmente accaduto: nel 1855 sul treno che da Londra andava a Parigi c’è stata una rapina che aveva dell’incredibile. Casseforti pesantissime, resistentissime, sorvegliatissime, con le chiavi in mano a pochissime persone, eppure qualcuno rubò  l’oro che contenevano è stato rubato. Dopo qualche mese si sono scoperti i colpevoli e si è svolto il processo. In questo libro Michael Crichton racconta quella storia, ovviamente romanzandola. Credo che si sia letto gli atti del processo e da li abbia tratto spunto per la narrazione, che più o meno dovrebbe essere andata così. Leggendola scoprirete una Londra (e un mondo) d’altri tempi, molto diverrsa da come la conosciamo oggi. Tempi in cui era la capitale del mondo e nello stesso tempo una città piena di pericoli (era la Londra di Jack The Ripper). Il libro è avvincente, ancor più pensando che le vicende si sono svolte realmente.

 

Mi sono sbagliato

Mi sono sbagliato a pensare che solo la Nokia avrebbe fatto telefoni belli, mi sono sbagliato a pensare che ad Ingegneria ci fossero tante ragazze (ma neanche "alcune", solo "poche"), mi sono sbagliato a non andare prima a Londra. Mi sono sbagliato quella volta a non passare a salutare. Mi sono sbagliato a prestare dei soldi, mi son sbagliato a dare fiducia, mi son sbagliato a pensare che potessi non sbagliarmi, mi son sbagliato a non provarci fino in fondo ad imparare uno strumento, mi son sbagliato nel lamento. Mi son sbagliato quando ho preso i soldi falsi, mi son sbagliato, ma mai ho avuto dei rimorsi, ma solo dei ricordi, solo dei piccoli morsi, in un discorso tra sordi. Mi son sbagliato a sbagliare, ma tant’è, è naturale, mi son sbagliato e sbagliando s’impara, o perlomeno si spera. Mi son sbagliato a non chiudere a chiave la bici, mi sono sbagliato a giudicare le persone cattive, solo perché sono schive. Mi son sbagliato a studiare poco, mi son sbagliato a dimenticare. Mi sono sbagliato quando mi sono arreso, mi sono sbagliato a farmi visitare da quel dottore quella volta, nella vita mi sono sbagliato più di una volta, si può dire che colpa ne ho molta, o forse nessuna, forse è colpa soltanto della luna. Mi sono sbagliato ad arrabbiarmi e urlare, mi sono sbagliato a perdonare, mi sono sbagliato a non mettere acqua nel radiatore, ma mi è andata bene, in autogrill alle due del mattino. Comunque può anche darsi che io mi sia sbagliato, che abbia fatto degli errori, e chi non ne ha fatti, ma rifarei tutto lo stesso. Gli sbagli danno consapevolezza, li rifarei solo molto più velocemente. E forse farei tutto come prima, solo che lo farei prima. Le poche tante troppe piccole cose che ho fatto, sia belle che brutte, le rifarei tutte. Chi dice che ho sbagliato nella scelta delle scuole, chi dice che ho sbagliato a non andare a lavorare "per quello che hai studiato", chi dice che ho sbagliato quando non ho continuato, quando ho fatto o non ho fatto una certa cosa, quando sono stato oppure non c’ero, quando ho scherzato e quando era tutto vero, chi dice che ho sbagliato a non fermarmi, ho sbagliato a non concentrarmi, ho sbagliato ad innamorarmi, ho sbagliato a svalutarmi, ho sbagliato a non fare il militare, ho sbagliato a non parlare, ho sbagliato anche quando sono andato al mare. Oppure quando non ci sono andato, quel che certo è che ho sbagliato. E a quelli che pensano ch’io abbia sbagliato, dico che non vedo l’ora domattina di sbagliare più di prima.

Il tordo solitario

D’in su la vetta della torre antica,
Tordo solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio, 
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia vóto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirornmi, e spesso,
Ma sconsolato, vol
gerommi indietro.

La Torre degli Aquila

Sono stato a cena in questo ristorantino di Pavia. E’ proprio in centro, in Strada Nuova

E’ piccolino, perlomeno se non ha altre stanze oltre a quella dove abbiamo cenato, ma non credo. Sulle pareti ha appeso vecchi attrezzi, mi ha ricordato un po’ l’altro ristorante qui vicino, il Cupolone.

Come antipasti, dalle nostre parti non puoi sbagliarti: salumi su salumi, niente da dire! Sembrava quasi però di stare all’estero, parlavano tutti inglese. Probabilmente c’era in giro un qualche simposio di professoroni. Infatti, nel tavolo a fianco (e il posto è talmente piccolo che TUTTI I TAVOLI sono "a fianco") ho riconosciuto due miei professori ai tempi di Ingegneria. Non mitici, miticissimi. Non dico i nome per la privacy, dico solo che sono marito e moglie e chi c’era a quei tempi capirà.

Come primo (e unico) piatto ho assaporato gli gnocchi di patate e pancetta con ragù di manzo e vitello tagliato al coltello. Very Good. Saltato il secondo, per dolce ho scelto la mousse di castagne con salsa al bracchetto e biscotto canestrello. Più facile a mangiarsi che a scriversi, delicata e deliziosa.

Vino? Sicuramente era un Bonarda fermo dell’Oltrepo. Purtroppo non ricordo la cantina, non vorrei dire una stronzata, ma mi pare Casarini

Il posto è carino, è facilissimamente raggiungibile. Vista la carenza dei posti bisogna prenotare. Uno di quei posti che bisogna almeno provare una volta, visto che ci si passa sempre davanti!

 

Parapendio

Secondo lancio col parapendio. Un po’ più scarsotto del primo, ma tant’è…

Prodotti e canali di approvvigionamento

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Quarantacinquesima puntata (le altre le trovate guardando qui)

Le tipologie di articoli in vendita da Piazza Affari sono principalmente di due tipi:

  • Articoli di marca. Sono prodotti griffati, di marche conosciute a livello internazionale o nazionale. Sia nel settore sportivo / outdoor come Nike, Adidas, Reebok, New Balance, Puma, Kappa, Lotto, Diadora, Mizuno, Fila, Kronos, Sergio Tacchini, sia nel settore abbigliamento e attrezzatura sci come Colmar, West Scout, Dolomite, Aesse, Nordica, Tecnica, Salomon, Rossignol, Volkl, Atomic, Dubin, Head, Trezeta, Asolo, sia nel settore moda come Baci & Abbracci, Fred Perry, Armani Jeans, Monella Vagabonda, Levi’s, Belfe, Diesel, Henri Lloyd, GianMarco Venturi.
  • Articoli non di marca. Sono prodotti con marche non note al grande pubblico, acquistate sempre privilegiando la qualità.

Canali di approvvigionamento

Per un’attività non convenzionale e così basata sulla differenziazione di prezzo e quindi sulla convenienza, la scelta dei canali di approvvigionamento è una fase critica per il successo o il fallimento dell’attività.

Un motto molto saggio del commercio recita: “Vende bene chi compra bene”.

Le fonti degli acquisti sono diverse a seconda della tipologia del bene acquistato: per i prodotti di marca si utilizzano:

  • Grossisti. Sono intermediari che acquistano in grandi quantità dalle ditte produttrici o da altri grossisti, sia in Italia che all’estero, spuntando prezzi molto favorevoli.
  • Grossisti – dettaglianti. Sono titolari di negozi molto ampi o catene di negozi, che riescono a spuntare prezzi competitivi dalle imprese industriali e quindi fungono anche da grossisti.
  • Altri negozi. Sono negozi tradizionali che si vogliono liberare da eccedenze, rimanenze, fondi di magazzino. Spesso sono punti vendita che hanno un bacino di clientela delimitato e quindi per motivi di immagine non possono mantenere in vendita i prodotti per troppo tempo, per non apparire obsoleti o disassortiti, ma non possono neanche proporli a prezzi troppo scontati (sempre per motivi di immagine e per rispetto verso i propri clienti che li hanno acquistati a prezzo pieno). Per questi motivi, a cui si aggiunge il problema dei costi di immagazzinamento e talvolta quello della rapida svalutazione dei prezzi (soprattutto nel settore dell’attrezzo sportivo, dove i clienti sono più esigenti ed attenti ai nuovi modelli proposti dalle ditte produttrici), tali negozi sono propensi ad accettare perdite, pur di liberarsi di quei prodotti che hanno terminato il loro ciclo di vendita in quell’esercizio.
  • Chiusure, fallimenti. Sono negozi o grossisti che chiudono per cessata attività, trasferimento, fallimento e hanno quindi l’esigenza di liquidare la merce in magazzino.
  • Campionari. I rappresentanti delle imprese industriali sono forniti molto spesso di una collezione di campioni da mostrare ai propri clienti. Da parecchi anni si è consolidata una tradizione, da parte delle ditte produttrici, di scaricare completamente il costo di questi campionari vendendoli all’agente stesso il quale, una volta terminata la stagione delle ordinazioni, cerca di piazzarli a prezzi ovviamente molto bassi rispetto al listino ufficiale.

Per i prodotti non di marca i canali utilizzati sono:

  • Grossisti. Sono intermediari che rivendono solo articoli non griffati, oppure un mix tra prodotti di marca e non marcati.
  • Altri negozi. Sono negozi che intendono cedere, spesso a prezzi di realizzo o addirittura in perdita, prodotti non di marca per esigenze di liquidità, mancanza di spazio, fine assortimento, inizio dell’obsolescenza dell’articolo.
  • Ditte produttrici. Sono le imprese che producono direttamente, o tramite terzisti, articoli con marchi poco o per niente pubblicizzati e pressoché sconosciuti al grande pubblico. Queste ditte hanno generalmente parecchi articoli in magazzino per far fronte a richieste di riassortimento da parte dei dettaglianti durante la stagione in corso. A fine stagione preferiscono liberarsene vendendoli a prezzi molto scontati per i seguenti motivi: ricevere liquidità da reinvestire nelle nuove produzioni, alleggerire i magazzini e diminuire quindi tutti i costi che comportano, evitare l’invecchiamento dei prodotti. Talvolta anche le ditte produttrici hanno dei campionari da alienare.

Il pregio principale di tutti questi canali di approvvigionamento è il basso costo dei prodotti rispetto ai prezzi ufficiali praticati dalle ditte produttrici. I difetti sono:

  • Distanza. Nella quali totalità dei casi (talvolta fa eccezione l’acquisto dei campionari dei rappresentanti) occorre recarsi presso il negozio o magazzino del fornitore che possono essere anche parecchio distanti dalla sede di Piazza Affari. Per questo motivo al costo della merce vanno sommati i costi imputabili al trasporto (carburante, pedaggi, eventuale noleggio di mezzi) e al tempo necessario per portare a compimento la compravendita. Per ragioni di praticità gli acquisti sono effettuati quasi sempre nelle regioni del Nord Italia, con poche eccezioni, soprattutto per quanto riguarda i capi in pelle che talvolta sono acquistati in Toscana, visto l’alto numero di produttori del settore pelle-cuoio che vi operano.
  • Discontinuità. Per ovvie ragioni questi canali non garantiscono una certezza dell’approvvigionamento e una continuità nel riassorbimento, ma, al contrario, sono fonti che offrono possibilità di acquisti di stock di merce a prezzi scontati solo saltuariamente. Questo comporta difficoltà nella gestione delle scorte, che non potrà fare affidamento sulla possibilità di assortire nuovamente i prodotti in esaurimento con sicurezza. Per questa ragione ogni tipologia di prodotto (tute da ginnastica, maglioni, gilet in piumino, giacche in pelle, ecc.) viene acquistata contattando più fornitori e con una gestione delle giacenze che faccia in modo di avere in magazzino una quantità di articoli maggiore del necessario, per sopperire ad un’eventuale carenza di rifornimenti.
  • Non assortimento. Non è raro, o meglio è all’incirca la prassi che, a causa dell’utilizzo di questi canali di fornitura, gli stock acquistati siano composti da merce disassortita per taglie, colori e modelli. Questo comporta una notevole varietà nella gamma degli articoli proposti al pubblico che da un lato è ben accettata e vista come fattore positivo di distinzione, o come peculiarità del modello di vendita, ma dall’altro può comportare difficoltà nella soddisfazione delle richieste della clientela.
  • Oscillazioni dei prezzi. Non praticando prezzi di listino (frequentemente gli importi finali sono frutto di trattative personali) queste fonti di approvvigionamento possono applicare variazioni nei prezzi anche sostanziose tra una compravendita e un’altra.

Il mastino dei Baskerville

Non avevo mai letto prima un libro con Sherlok Holmes come protagonista. La sua particolarità, diventata leggendaria, è quella di scoprire le cose partendo da alcuni indizi che nessuno nota o che nessuno reputerebbe tali. Solo osservando di sfuggita una persona il famoso investigatore creato da Sir Arthur Conan Doyle è capace di dedurre l’età, la professione e il rango sociale della persona stessa. Fantastico. Il libro è piacevole, si legge facilmente. Mi ha deluso un po’ il finale, me lo sarei aspettato più "complicato" in modo che Holmes potesse concludere con un crescendo di astuzie, invece è stato (quasi) scontato. Se lo trovate in qualche libreria, magari in super offerta, compratelo e leggetelo.

 

Citomegalovirus

Qualche tempo fa ho trascorso 8 giorni in ospedale. Niente di che, per fortuna. Però, chi mi conosce lo sa, io non sopporto gli ospedali, anche solo entrarci e sentire "l’odore di ospedale" mi da noia e mi sento male, insomma somatizzo. Già mi da fastidio anche solo andare a trovare qualcuno ricoverato, figuriamoci essere io il ricoverato. Nella mi vita per fortuna non mi era mai capitato, se escludiamo  quella volta che ho subito una piccola operazione che doveva essere in day hospital e poi mi hanno tenuto lì una notte per sicurezza. Quindi il racconto che segue è sicuramente esagerato, condito, pomposo, ma io sono fatto così ed è ciò che "sentivo".

Succede che non stavo bene, le cure della guardia medica non davano effetto, ero peggiorato e così sono stato al pronto soccorso di Voghera. Li si sono subito spaventati e hanno iniziato a parlare di malattie terribili. Io sono un tipo positivo, di quelli che pensano sempre "a me non può capitare", però come dico odio gli ospedali e tutto ciò che li circonda (o meglio, ne ho paura, non che li odio, anzi per fortuna che ci sono!) e quindi durante le visite a momenti svengo. Mi spiego, mi hanno fatto subito un sacco di esami, ma non sono quelli che mi spaventano (per esempio quando mi fanno i prelievi del sangue a me piace vedere dove mi pungono e vedere il sangue che entra nelle provette, mi fa tanto film horror), è proprio l’aria dell’ospedale. Gli infermieri pensavano che fosse perché non stessi bene, ma non era quello. Fatto sta che scongiurano un paio di malattie gravi (altrimenti mi avrebbero spedito direttamente a Pavia) e decidono di ricoverarmi. Ricoverarmi???? Io??? A me??? Ma serio?? In vita mia sono andato gamma volte al pronto soccorso (con gamma = numero a piacere superiore a 20), ma non mi hanno mai ricoverato! Ansia. (vedi? mica ero ansioso per le malattie, ero ansioso perché dovevo stare in ospedale)

Aneddoti vari di 8 giorni di ospedale.

Giorno 8. Passa un’infermiera che ha appena iniziato il turno, mi vede e mi fa (sottovoce): "ma sei ancora qui? vattene da qui, è un posto di matti"

Giorno 4. Il mio compagno di stanza (di oltre 70 anni) mi dice: "ci ho fatto caso, a parte te e me qui sono tutti vecchi"

Giorno 9 (ma non avevo detto che erano 8? beh mi sono sbagliato!). Il primario viene a farmi visita e alzando il braccio destro a mo’ di "vai a lavorare" mi dice: "Ma vaaaaada a casaaaaaa"

Giorno 6. In bagno c’è di tutto. E non sto qui a dirvi cosa, usate l’immaginazione: di tutto.  Per fortuna che ci sono due bagni.

Giorno 7. Al mattino il mio "collega" mi racconta che nella notte un altro paziente ha dato fuori da matto e ha lanciato le sedie nel corridoio, mente il suo compagno di stanza urlava dalla paura. Io ovviamente dormivo e non mi sono reso conto di niente.

Giorno 2. Ennesimi prelievi del sangue. Chiedo all’infermiera scherzando se ho ancora del sangue, lei mi risponde che fino a 2 litri il corpo umano non ne risente.

Giorno 5. Finalmente riesco a mangiare qualcosa di solido. Non ditelo a nessuno, ma era pastina.

Giorno 8. Per il quarto giorno di fila prendo la pastina. L’infermiera si stupisce, ma la verità è che è il meno peggio del menu.

Giorno 6. Oggi mi staccano la flebo, e lei per vendicarsi non finisce mai.

Giorno 6. Insegno al mio amico come sentire la radio sul cellulare, cioè attaccando le cuffie. Lui non le ha, gliele regalo io.

Giorno 2. Passa il tizio che vende i giornali, gli chiedo il Corriere della Sera, ma l’ha finito. La stessa scena si ripeterà tutti i giorni.

Giorno 9. Passa il tizio che vende i giornali e gli mostro orgoglioso il Corriere che ho appena ricevuto in dono (insieme a una brioche), che soddisfazione!

Giorno 5: Un nostro "coinquilino" passa per l’ennesima volta nel corridoi sbraitando le solite cose tipo "io adesso ammazzo il dottore, giuro che li ammazzo tutti". E guardandolo ci sarebbe da credergli.

Giorno 6. Da ieri in bagno c’è un paio di pantaloni. Non credo siano pulitissimi. Ho il sospetto che siano del nuovo inquilino. Ma tutti qui li mandano?

Giorno 9. Il mio compagno di camera oggi viene dimesso. Io in teoria no. Poi accade il miracolo.

Giorno 4. Anche oggi viene un sacco di gente a trovarmi. Bello. Si dice che gli amici si vedono nel momento del bisogno. Io ho bisogno di poco, però ho tanti amici.

Giorno 2. Molti mi chiedono via messenger/sms/whatsapp come sto e se è vero che sono in ospedale. Io dico che non posso parlare. E loro che fanno? Tempo zero mi telefonano. Si, Sabry, sto parlando (anche) di te.

Giorno 7. Oggi altra ecografia. La dottoressa dice che secondo lei non ho niente.

Giorno 7. Le infermiere si stupiscono sempre della mia presenza in reparto e per pietà mi offrono anche un caffè.

Giorno 4. Arrivano i primi risultati delle analisi e degli esami. Negativi. Stessa cosa in tutti i giorni successivi. Neanche il citomegalovirus mi ha attaccato.

Giorno 1: Dormo col cell in mano, perché ho già capito in che bel reparto sono finito. Stessa scena nei giorni successivi. Ho sviluppato una certa abilità a non dormirci sopra per non rovinarlo.

Giorno 1: Daniele mi chiede cosa mi serve. Beh, facile: "una maglietta, un pantaloncino e soprattutto il caricatore del N5"

Giorno 3: Michele mi "presta" SkyGo per vedere la gara MotoGP. Risultato: per un’oretta di televisione mi brucio via TUTTA la banda internet a disposizione del mese. Panico.

Giorno 1: Il dottore che mi fa l’ecocardiogramma mi dice che in casi normali dovrei attendere 3 mesi per quell’esame. Oh caspita, ma allora sono un tizio fortunato!

Poi ci sarebbero tanti altri piccoli e grandi aneddoti che si posso riassumere in:

  • I primi giorni sono stati brutti perché ero collegato alla flebo 24h su 24. Una bella rottura. E perché i dottori mi spaventavano un attimino cercando le peggiori malattie all’interno della mia amabile persona (che però non hanno mai riscontrato, tiè)
  • Gli ultimi giorni abbastanza noiosi perché ormai stavo meglio e quindi mi fracassavo altamente i marones a stare lì a vegetare come un’ameba.
  • Fortuna che, come dico, sono passati tanti amici a trovarmi. Dovrei non citarli perché sicuramente (vista la mia pessima memoria) ne dimenticherò qualcuno, ma ci provo lo stesso. Mio papà, Cinzia, Daniele, Ivo, Gloria, Luca, Alan, Michele, Silvia, Paola, Umberto, Tina, Alina, Tako, Sabrina, Fabio, Zia Mina, Salvatore, Enrica, Pluto, Varni, Christian, Paola….oddio chi avrò dimenticato?

 

Chagall a Milano

Sono stato a vedere questa mostra a Milano, Palazzo Reale.

Mi piace Chagall, anche se non lo inserisco nei piani alti della lista dei miei preferiti. La fila era spropositata, per i miei gusti (un’ora abbondante, ma ormai ero lì, cosa facevo? In effetti un mio amico era stato lì il giorno prima e aveva desistito, andando a vedere Segantini)

La mostra mi ha impressionato, e vi spiego il motivo. Non sono un appassionato di mostre, ne vedrò in media una all’anno (visto lo sbattimento che mi si richiede in termini di code deve essere una cosa a cui tengo), però molte volte trovo tanto fumo e poco arrosto. Le pubblicità sbandierano "Mostra di Tal dei Tali" e poi quando sei dentro vedi che ci sono un paio di opere importanti e tutto il resto sono bozzetti, schizzi preparatori e riproduzioni. Ricordo ancora con rabbia la mostra su Dalì a Londra (che mi è pure costata cara) che è stata una delusione terribile. Qui no. La mostra è strapiena di dipinti del pittore russo-ebreo-francese. Sono talmente tanti che alla fine ti stufi persino di osservarli tutti. Complimenti alla curatrice e a chi ha permesso di realizzare una mostra così completa.

Su Chagall che dire…non amo cercare le solite dietrologie tanto care ai critici dell’arte, come quando dicono "In questo dipinto l’artista voleva dirci ecc. ecc.".  Le opere d’arte non parlano con le parole (a parte le poesie e i libri, naturalmente), quindi un quadro non va "spiegato": ti colpisce al cuore oppure no. Su certi dipinti ci ho passato 10 minuti, su altri dieci secondi. A mio personalissimo gusto, ovviamente. In base alle corde del cuore che mi venivano o meno toccate. E poi raga, c’è sempre la grande emozione di vedere le cose "dal vivo". Cioè non so se mi spiego… come quando vai a un concerto e vedi il cantante proprio lì. Quando vai in un museo o una mostra l’emozione è quella: il quadro che hai davanti non è una stampa, una foto, una riproduzione…le pennellate che vedi sono quelle date dall’artista, che alcune volte paiono uscire dal dipinto e comunicarti qualcosa. Emozione allo stato puro

Quelle che mi sono più piaciute? Alcune, molto oniriche. E altre, molto sognatori. Perché Chagall era un grande e dolce sognatore.

 
Marc Chagall – La Passeggiata – 1917

Stagioni

Poi le cose presero un’altra piega
Rigoni comprò a credito del materiale rubato
Non pagò
e non credo avesse intenzione di farlo
Piombarono di notte a casa i creditori
ubriachi fradici
Sfondarono la porta d’ingresso a calci
e lo massacrarono di botte
Perse del sangue
l’uso della mandibola per qualche giorno
e per un paio di settimane
la voglia di vivere
Ma quell’estate era stata formidabile
Eravamo al massimo della forma
Io e Leo avevamo portato a casa una cassa di champagne
trovata in qualche angolo durante lo sgombero di una cantina
Bottiglie già scadute
che andavano alla testa appena dopo due sorsi
Passavamo i pomeriggi in cucina
Il sudore ci colava addosso
Rigoni teneva banco
le guance infuocate
Eravamo la cornice di un romanzo medievale
Noi
gli eletti
riuniti in una casa che cadeva a pezzi
immersi nel silenzio dei pomeriggi d’agosto
e fuori
fuori la peste

Sciare in Alta Valle Staffora

Stanno rifacendo gli impianti sciistici del Monte Chiappo, vale a dire la seggiovia che parte da Pian del Poggio. E’ una cosa sicuramente bella, perché dalle nostre parti è la pista più lunga. Però io credo che il solo fatto di rimodernare gli impianti non sia, da solo, sufficiente. Negli anni 70 e 80 dello scorso secolo erano GLI impianti. Chiunque volesse cimentarsi con l’attività sciistica e abitava in Valle Staffora o zone limitrofe, poteva contare sugli impianti al Penice, Casamatti, Brallo, Cima Colletta, Caldirola e, appunto, Pian del Poggio. Erano altri tempi. Si partiva, che so, da Voghera e in circa un’ora si era sulle piste da sci: papà, mamme, figli, nipoti e nonni al seguito per un’allegra scampagnata. La neve cadeva abbondante, gli atleti erano poco esigenti e tutti si divertivano. Oggi ci sono le autostrade che con qualche minuto in più ti portano sulle piste della Val d’Aosta che, con tutto il rispetto, sono un altro pianeta rispetto a quelle dell’appennino pavese. Nel 2015 invece chi se la sentirà di partire da Voghera, affrontare un strada che, se fino a Varzi è inadeguata, dopo diventa addirittura terribile? Io spero tanti, me lo auguro. Spero altresì che scenda tanta neve e che le piste siano tenute bene e battute come si deve. Sono in ogni caso convinto, che per i nostri paesi ci siano almeno un paio di grossi handicap che se rimangono incolmati non permetteranno non solo ai turisti di venirci a trovare, ma renderanno sempre più difficile agli abitanti di rimanere e di lavorare. Il primo l’ho già citato: la strada. Se la ex Statale del Penice era talmente importante da essere considerata, appunto, una statale e andava bene per le auto e i mezzi di trasporto di trenta o più anni fa, ormai è inadatta ai mezzi odierni. E questo va a scapito del turismo, dell’industria, del commercio e del traffico stesso. La strada è sempre più intasata e gli abitanti e sindaci dei paesi che attraversa sono ormai stufi, mentre gli automobilisti sono esasperati. A mio avviso, quando c’erano i soldi (e c’erano ancora tanti abitanti, e qualche industria, e molto turismo, cioè i già citati anni 70 e 80) avrebbero dovuto ipotizzare una strada più bella, più larga e che magari evitasse qualche paese. Perlomeno fino alla "capitale" dell’Alta Valle Staffora: Varzi. Da lì in avanti è "normale" che le strade abbiano più curve, siano un po’ più strette. Beh, magari non messe male come quella che va al Pian del Poggio, ecco.

La seconda cosa è un altro tipo di strada: quella informatica. Se una volta era essenziale che il territorio fosse coperto dalle linee elettriche, dall’acquedotto e dalla fognatura, poi è diventato "normale" avere a disposizione le linee telefoniche. Nel duemilaquattordici è ASSOLUTAMENTE ESSENZIALE avere la copertura internet, quella che qualche anno fa era chiamata "banda larga", che ormai è il minimo indispensabile. Senza, siamo tagliati fuori dal mondo. Perché internet non serve per i giochini, ma per il turismo, e quindi per il commercio, per il lavoro, ecc. Così come una volta gli analfabeti erano quelli che non sapevano scrivere e adesso sono quelli che non sanno usare un computer, così adesso internet è un servizio indispensabile come la corrente elettrica. 

La vedo dura. Speriamo bene….

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