…domani sarà tardi per rimpiangere la realtà…
è meglio viverla !!!!
Brallo visto da Pregola
Brallo visto da Pregola
Oggi invece ce l’ho con la Banca Popolare Commercio e Industria, filiale di Brallo. Ma è mai possibile che durante l’anno sia aperta un solo giorno a settimana, il giovedì, e d’estate, quando c’è il mercato proprio al giovedì, sia aperto di lunedì?? Ma chi è il genio che avrà elaborato questa sapiente tecnica di marketing? Come per dire: non venite in banca che non ne abbiamo bisogno. Eh si perchè il giovedì mattina sarebbe utile a tutte quelle persone che già vengono in paese dalle frazioni circostanti trovare gli uffici aperti…ma questi invece che fanno? Chiudono. Complimentoni….
Pregola – veduta del castello e del monte
Oggi ce l’ho con la Conferenza Episcopale Italiana, soprattutto con Mons. Perego che ha dichiarato che l’Italia non può decidere di espellere in modo indiscriminato i rom né altri cittadini comunitari, riferendosi alla vicenda della Francia che ha rimandato a casa i rom.
Ma scusa, questo tizio viene a farci la predica? Allora facciamo una bella cosa, mandiamoli tutti in Vaticano, visto che è uno stato e visto che li difende a spada tratta… Eh già, perchè non se li prendono loro? Tante parole e pochi fatti.
"Te ne vai?"
"Si"- rispose ‘Ntoni.
"E dove vai?"- chiese Alessi.
"Non lo so. Venni per vedervi. Ma dacché son qui la minestra mi e’ andata tutta in veleno. Per altro qui non posso starci, che’ tutti mi conoscono, e percio’ son venuto di sera. Andrò lontano, dove troverò da buscarmi il pane, e nessuno saprà chi sono."
Gli altri non osavano fiatare, perché ci avevano il cuore stretto in una morsa, e capivano che egli faceva bene a dir così.
Ecco la famosa Legge di Murphy e le altre leggi, tratte da Wikiquote:
Tratto da “Castelli, Rocche, Case-forti, Torri della provincia di Pavia”, volume n° 6 “Oltrepò seconda parte”, a cura di Mario Merlo, Edizioni Selecta 2009 (ma molto probabilmente è una ristampa di un libro parecchio datato, diciamo almeno una quarantina d’anni):
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Il territorio di Pregola è nominato in un diploma dell’imperatore Ottone I del 29 luglio 972. Nel documento vengono descritti – secondo valide testimonianze – per sommi capi i possedimenti locali del Monastero di Bobbio, con implicita conferma dei medesimi al predetto cenobio. Sembra che Pregola sia stato donato al Monastero da Re Agilulfo, ed è quindi probabile che il castello ivi esistito e l’intero abitato siano stati fondati da quei monaci in epoca imprecisabile, ma certo assai antica.
Per lungo tempo essi ne furono feudatari, finché, il 28 settembre 1164, Federico non lo devolse, unitamente ad altri luoghi della Valle Staffora, ai Malaspina. Quell’atto fu poi confermato da Federico II, nel 1220, Carlo IV, nel 1355, e Carlo V, nel 1541. Risulta che nel 1207 ci furono vertenze giudiziarie tra gli abati di Bobbio ed i feudatari imperiali, in ordine a contestazioni relative a benefici terrieri perduti.
Tralasciando altri passaggi, si arriva a Corrado, figlio di Morello Malaspina, che divise nel 1221, con il nipote Opizzo, i feudi della Liguria, riservandosi per sé quello di Pregola. Egli è considerato il capostipite dei Marchesi del luogo. Il feudo si estendeva verso mezzogiorno e comprendeva molti torri e castelli, che poi passarono in altre mani. Forse per divergenze familiari, Pregola fu assediato nel 1570 da un Giovanni Malaspina e figli, in lotta con altri componenti il casato; ma ebbero la peggio, ed uno di essi fu fatto prigioniero, deportato a Milano ed ivi decapitato. Il Marchesato di Pregola fu annesso alla comunità di S. Margherita Staffora.
L’antica rocca era posta alla sommità del cono roccioso che sovrasta l’attuale paese, già Comune ed ora frazione di Brallo di Pregola. Di essa e del primitivo abitato – testimoniato nel 1725, in forbito latino, da un parroco locale citato dal Goggi – non rimanevano all’inizio del sec. XVIII altro che vestigia plantari e ruderi più o meno consistenti. Non bisogna dimenticare che la pieve locale, dedicata a S. Agata (risarcita interamente in epoca recente), viene fatta risalire al tempo dei Longobardi e, precisamente, al secolo VII.
L’originario fortilizio fu distrutto quasi interamente, a quanto sembra, nel 1571. Con i materiali ricavati dalla macerie fu in seguito eretto un nuovo massiccio casamento, che da allora fu sempre denominato castello, ma la fama del paese andò progressivamente oscurandosi, fino a scomparire dalla scena politico-sociale della Valle Staffora. (Nota di Fabio: a mio parere Pregola era nella scena politico-sociale della Val Trebbia, pur essendo il paese nella Valle Staffora, tant’è che i marchesi di Pregola facevano parte del ramo dello Spino Secco, che dominava in Val Trebbia) Dell’antica rocca sono andate perdute anche le ultime vestigia murarie a ridosso del colle su cui sorgeva.
Casaforte di Pregola
Il castello attuale ha più aspetto di residenza patrizia di campagna che di casa-forte nel senso tradizionale del termine. Esso risalirebbe alla fine del Cinquecento o ai primi del Seicento ed è di proprietà Leveratto-Mangini. (Nota di Fabio: da quasi 40 anni è di proprietà Tordi, mi sa che questo libro è vecchiotto.) Vi si accede da nord per portoncino con arco a tutto sesto e serramento borchiato a teste di chiodi, oppure da sud, all’altezza della chiesa parrocchiale. La facciata principale è a capanna e presenta cinque finestrelle intermediate longitudinalmente da una incrinatura della parete.
Esternamente si nota nell’angolo di nord-est un corpo aggettante rinforzato da un barbacane appena accennato. Sul fianco sinistro si notano in corrispondenza ad un locale rustico una finestra strombata a guisa di profonda feritoia e, più innanzi, un’apertura difesa da una robusta inferriata cinquecentesca. Il locale interno era adibito a prigione. Le pareti sono in pietra locale a vista, su orditura comune.
Entrando dal portoncino si è subito in un vasto atrio contrassegnato da tre archivolti, uno dei quali gravemente lesionato. Due diverse scale conducono al piano superiore, suddiviso in locali di diversa capienza, tutti in precario stato di manutenzione. Nella sala maggiore, con soffitto su travature lignee, si vede un ricco camino sormontato da un grande stemma dei Marchesi Malaspina di Pregola, inquartato di rosso e d’azzurro. Nel I e nel IV campo si vedono aquile bicipiti in rosso nel II e nel III uno spino secco afferrato da un leone bianco rampante, coronato d’argento, entrambi in azzurro. Lo stemma gentilizio è sovrastato dalla corona marchionale a tre punte ed è avvolto da una ricca decorazione a stucco comprendente figure allegoriche ed ampie volute e caulicoli. L’opera è ascrivibile al sec. XVII. Il sottostante camino è in pietra color lavagna e presenta una leggera modanatura nell’architrave con radi dentelli, nonché due fascette laterali ed una specie di serraglia centrale.
In un’ampia cucina a pianterreno, sita nel corpo ad ovest come il salone precedente, esiste un secondo camino rustico a cappa, che ha la particolarità di possedere due fornelli laterali, oltre al focolare propriamente detto. L’ala dell’edificio volta a levante terminava con una torricciola la cui parte sommitale sarebbe rovinata alcuni decenni or sono. Il castello è felicemente ambientato e conferisce una certa nobiltà al piccolo ma pittoresco paese, che è ora dominato verso levante dal prestigioso complesso del Centro federale tennistico del CONI, con la sequela dei suoi rossi campi da gioco.
Pregola riveste una certa importanza come archetipo di antico paese signorile del Pavese montano. Anticamente il suo feudo si estendeva molto verso mezzogiorno e l’abitato ebbe funzioni di guardia e controllo con diritto di pedaggio, ciò che rappresentò una delle principali fonti patrimoniali per i suoi feudatari.
I Marchesi Malaspina
Questo è un libro che mi è stato regalato al compleanno dello scorso anno. Come sapete sono sempre in ritardo coi libri da leggere, ma prima o poi ci arrivo.
È scritto da un indiano, Vikas Swarup. È molto interessante. Per prima cosa è scritto in modo avvincente. La storia è particolare: un giovane indiano, poverissimo, riesce a vincere un miliardo di rupie (che non so di preciso quanto valgano, ma immagino tanto!) ad un quiz televisivo, rispondendo esattamente a dodici domande difficilissime. Insospettiti dal fatto che un povero disgraziato come lui, che non ha mai studiato e sempre fatto umili lavori, non avrebbe potuto conoscere le risposte a simili domande, i produttori del gioco (che oltretutto non avrebbero intenzione di pagare una simile cifra alla prima puntata del gioco) riescono a far incriminare il ragazzo per truffa. Primo colpo di scena: interviene un’avvocato (non è un errore di ortografia, è una donna..) che lo fa momentaneamente rilasciare in attesa del processo. Per poterlo difendere ha bisogno di conoscere la sua storia e i fatti che lo hanno portato a conoscere queste risposte. Da qui partono una serie di racconti, senza una sequenza cronologica, ma ognuno relativo a ciascuna delle dodici domande e relative risposte. Durante questi racconti si riesce sommariamente a ricostruire la vita disagiata, ma quanto mai, appunto, da romanzo, di questo poveraccio. Una vita da film. Infatti da questo libro è stato tratto anche un film. Colpi di scena in ogni racconto, fino a quello finale.
Un libro da gustare, di facile lettura, che apre scorci insoliti su una vita, quella dell’India, a noi spesso sconosciuta, ma in modo leggero e facilmente scorrevole. Mi è piaciuto. Grazie ancora quindi a chi me lo ha regalato.
Fine luglio 2007, ero a Siena, disteso in Piazza del Campo a riposare, in attesa di trovare una sistemazione per la notte. Una leggera brezzolina mi faceva dimenticare il caldo afoso che avevo lasciato a casa, le prove del concerto del giorno dopo mi accoglievano in quella cornice da favola. Ancora adesso, quando penso a quei pochi minuti, mi rilasso… e vorrei essere là…
Da poco tempo sono stati fatti dei lavori nella piazza di Brallo. Siccome io sono un criticone patentato, ecco le mie critiche. Inziamo con la rotonda. La viabilità della piazza era già gestita in un modo simile ad una rotonda: c’era un piccolo spartitraffico in mezzo e ci si doveva girare attorno. Ora la cosa è stata ufficializzata in una vera e propria rotonda moderna, dove tutti quelli che confluiscono devono dare la precedenza, come succede ormai dappertutto con le rotonde cosiddette alla francese. E fin qui tutto bene. La mia critica è nel fatto che l’abbiano fatta troppo "scentrata". Invece di realizzarla in mezzo alla piazza, dove sarebbe a mio avviso stata più comoda per tutti (intendo tutti quelli che provengono dalle diverse strade che arrivano in piazza), è stata fatta più verso nord. In questo modo per esempio chi arriva dalla mia via deve dare una prima volta precedenza per confluire nella piazza e poi una seconda volta per confluire nella rotonda. Anche chi arriva dalla Val Trebbia e deve girare in direzione del Piemonte deve fare un percorso un po’ complicato. Insomma è difficile da spiegare se non la si vede, ma vi assicuro che è fatta male. Se fosse, ripeto, in mezzo alla piazza sarebbe meglio per tutti: visto che confluiscono 5 vie nella piazza, non sarebbe stato più logico raggrupparle tutte nella rotonda e non solo 4 ??
Un motivo c’è, e qui arriva la seconda critica. E’ stato ingrandito il marciapiede davanti al Municipio, che ora arriva proprio in mezzo alla piazza. Perchè? Boh? Non vedo questa grande utilità. Per far star più comodi i viandanti? Può darsi, ma io non l’avrei fatto a discapito della viabilità. Vorrei vedere quando passano le corriere in quella rotondina risicata. Voi obietterete che ormai l’Afrea (l’azienda dei trasporti) manda solo piccoli pulmini, ma non dimentichiamo che potrebbero passare dei camion (non è vietato) che indubbiamente hanno delle difficoltà. Insomma non mi piace.
E arriviamo all’ultima critica, la più criticosa di tutte. La piazza aveva dei belissimi pini, piantati tanti tanti anni fa per abbellire la zona. Penso che li abbiano messi negli anni ’50 o ’60, non lo so di preciso, ma per me è come se ci fossero sempre stati. Facevano molto "paesino di montagna", e servivano anche a fare un po’ di ombra che non guasta mai.Ecco, durante la ristrutturazione della piazza sono stati tagliati. TUTTI. Ma dico io: se avessi una betulla in giardino e la taglio arriva la Forestale e mi arresta seduta stante, questi tagliano dei pini sulla piazza del paese come se niente fosse!! Mah…
Chi si ricorda come era la piazza può notare questo lato privo dei mitici pini, che ormai saranno finiti a pezzi in qualche caminetto…
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