(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Ancora Malaspina

Tratto (a volte liberamente tratto) da “I Malaspina di Val Staffora”, di Guido Guagnini, 1967

(prima parte)

In primis c’era la famiglia nobile dei cosiddetti “Obertenghi”, così chiamati dall’illustre capostipite Oberto. Da questa famiglia ne discenderanno altre altrettanto illustri, come quella dei Marchesi di Massa-Parodi, di Massa-Corsica, dei Pallavicino, dei Lupi, dei Cavalcabò, dei Marchesi d’Este e, ultimo ma non ultimo, dei Malaspina. Questi ultimi discendono da uno dei figli di Oberto, vale a dire Oberto Obizzo I. Lui e i suoi discendenti si localizzarono tra gli appennini tra Genova, Tortona e Piacenza, nelle valli del Trebbia e dello Staffora, per tornare più tardi in Lunigiana, estremo lembo della Liguria Orientale, per rivendicare i diritti dei loro avi. Probabilmente questi primi progenitori dei Malaspina fissarono il loro centro nella sicura rocca di Oramala, in alta valle Staffora. Pronipote di Oberto Obizzo fu Alberto, detto “Malaspina”.

Sull’origine di tale soprannome, poi diventato nome ufficiale della casata, sono stati scritti fiumi di inchiostro. C’è chi sostiene addirittura che non fu assegnato ad Alberto, ma che fosse già in uso ai suoi avi. Questi nomignoli non erano certo loro prerogativa, visti i soprannomi Pelavicino (primo nome dei Pallavicino), Ribaldo, Malapresa, Malnipote, Iniquità, dati ai signori di quei tempi, che spesso facevano della rapina il loro mezzo per ottenere denaro dai sudditi e dai viandanti.

Il figlio di Alberto fu Obizzo, grande figura si signore feudale. Fu difensore di Tortona nel 1155, per cui la città gli dedica oggi una piazza, e poi ottenne dall’imperatore Federico Barbarossa un diploma di investitura feudale e assegnazione di territori. Questo importante diploma è la prova che i Malaspina dominavano in Lunigiana (nelle odierne province di Massa Carrara e La Spezia), la valle Staffora da Godiasco a Brallo, al Penice, l’alta val Curone, la val Borbera e alcuni luoghi di pianura nell’Oltrepo Pavese.

Fu nel 1221 che la famiglia si divide in due rami. Corrado sceglie come sede Mulazzo e mantiene lo stemma di famiglia, consistente in uno spino secco. Obizzino sceglie come sede Filattiera e adotta come stemma uno spino fiorito. Sia una discendenza che l’altra ebbero destini molto confusi. A quei tempi non era più uso mantenere intatti i possedimenti che quindi spesso venivano divisi tra i discendenti. Questa è stato uno dei motivi che hanno diminuito la forza della famiglia Malaspina. Quando si tentò di porvi rimedio istituendo le primogeniture fu troppo tardi. E ragione di debolezza e dissolvimento furono anche gli antagonismi, le discordie e le fazioni che tennero spesso divise le famiglie fra di loro e talora anche i membri di una stessa famiglia.

(continua domani)

Don Mario Grandi

Ospito sul mio blog un articolo dedicato all’indimenticato don Mario Grandi scritto da Maria Teresa Rebolini, detta Rita, mia mamma.

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Nell’aria c’è odor di Natale: noi di una certa età ce lo raffiguriamo ancora col presepio, la tavola imbandita e un pensiero per quel piccolo Gesù, così povero, così sconosciuto, da far tenerezza.

Al Brallo c’è la chiesa nuova con vetrate e spazio per accogliere tante persone. Purtroppo, mancanza  di vocazioni, quest’anno la chiesa resta fredda, inerte, chiusa con sommo dispiacere di quelle donnette che per il Natale si inerpicavano sui pendii scoscesi e volti a mezzogiorno, per poter reperire il muschio e preparare un bel presepio in chiesa, orgoglio del paese.

Noi, gente di una certa età, andiamo volentieri a rivederci il passato: ai tempi del nostro compianto Don Mario. Lo incontravi a Pregola sulla via che porta al cimitero con breviario e il fido cagnolino. Si fermava volentieri a parlare con chi incontrava, aveva una parola buona per tutti e risolveva ogni problema dei suoi parrocchiani con l’aiuto che invocava da Dio. La sua fede traspirava da ogni suo gesto. A me che avevo espresso la mia preoccupazione ed anche un po’ di malumore per una faccenda di esproprio, disse: “Non disperi signora, le cose non vanno mai come vogliono gli uomini, bensì come vuole Dio”. Ve lo voglio proprio dire, ho constatato (dopo) che quella frase si era avverata.

La forza di Don Mario è stata la sua umiltà e la sua obbedienza ai superiori. Più volte fu chiamato a prestare la sua opera altrove, ma poi lui tornava ancora a Pregola e si presentava ai parrocchiani, quasi volesse scusarsi, loro che invece dimostravano il proprio entusiasmo per il suo ritorno.

Ed è tornato anche per l’ultima dimora, si è unito ai suoi cari genitori ed è li ancora una volta a disposizione di chi ha bisogno il suo aiuto.
Come dal bozzolo esce una bellissima farfalla e vola via, così l’anima di don Mario è volata in alto, tanto in alto per poter, ancora oggi, proteggere la sua gente. Si chiamava Grandi di cognome ed è stato grande di animo, di fede, di comprensione, di carità. Ancora oggi, noi di una certa età, gli vogliamo bene.

Rita

Barosto Bocco Collistano

Tratto da “Brallo di Pregola ESTATE INVERNO” di Alessandro Disperati e Mara Vago, 2003

Barostro
Barostro si trova a 1080 metri di altitudine e dista 7 chilometri dal capoluogo, il Brallo.
A Barostro si trova  la chiesa di San Fermo che presenta una prospettiva neoclassica con un’unica navata. È stata ristrutturata nel 1984 e al suo interno si trova un altare in pietra.


La fontana di Barostro. Foto tratta dal gruppo "Barostro" su Facebook

Bocco
Il Bocco è una piccola frazione che si incontra lunga la strada 88 che dal Passo del Brallo sale a Cima Colletta.
Gli abitanti di questa località raccontano che non lontano dal borgo si dovrebbe trovare una grotta che permette di entrare all’interno del monte su cui sorge l’abitato. Una grotta che sarebbe ricca di stalattiti e stalagmiti ma che anni or sono venne fatta murare in quanto pericolosa. Si tratta peraltro di una tradizione popolare che spesso e volentieri viene rievocata quassù tanto da essere oggi considerata una leggenda.

Collistano
Collistano dista 4,5 chilometri dal Brallo. In fondo al paese si trova un’antica chiesa che da anni è stata sconsacrata e praticamente abbandonata. Da quando, cioè, divenuta scomoda e degradata, venne realizzata la nuova chiesa a Colleri.
Quando la vecchia chiesa venne sconsacrata vennero tolte dal bel campanile le campane che nel 1971, anno di costruzione del campanile di Colleri, furono sistemate su questo nuovo manufatto.

Piccola storia di Brallo

Tratto da “Brallo di Pregola ESTATE INVERNO” di Alessandro Disperati e Mara Vago, 2003

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Un po’ di storia

La denominazione Brallo di Pregola è alquanto recente (prima il comune si chiamava "Comune di Pregola", poi avrebbero voluto fare "Comune di Brallo", infine hanno optato per "Comune di Brallo di Pregola", ndFabio), ma la storia di questo Comune è alquanto antica; tanto è vero che Pregola era già nota all’epoca longobarda, nel X secolo, quando faceva parte del Monastero di San Colombano di Bobbio. Fu Federico Barbarossa a cedere Pregola alla famiglia dei Malaspina: rimase in possesso dei marchesi sino alla fine del feudalesimo. L’abitato antico, con castello e Chiesa, sorgeva su uno sperone roccioso sovrastante l’attuale. Le notizie religiose di Pregola risalgono addirittura a prima dell’anno 1000. La Chiesa attuale è sorta nel 1600 sulle rovine del vecchio oratorio dedicato a San Rocco. Nel XIII secolo il feudo di Pregola passò per l’appunto in mano ai Malaspina che lo tennero sino al 1789 anno in cui fu incorporato nel marchesato di Santa Margherita. La strada che da Varzi sale al Passo del Brallo fu costruita a cavallo fra il 1909 e il 1914. In passato il Comune non si trovava a Brallo bensì a Pregola. Il municipio fu trasferito nella sede attuale il 31 marzo 1958. Lo stemma del comune, che è stato studiato dall’amministrazione comunale, ricorda nel castello, l’antico fortilizio posto sulle rocce del Brallo, nella corona marchionale il possesso che sulla Terra con tale titolo ebbero i Malaspina per oltre sei secoli.

I colori dell'autunno

L’autunno ha le sue magie. Anche se è una stagione che hai dei lati tristi, come quando guardi malinconicamente le tue magliette a maniche corte e le sposti dall’armadio sapendo che per un bel po’ non potrai più indossarle. Non sei triste solo per le magliette, ma anche e soprattutto per il freschino che non ti permette di usarle…
Quando esci al mattino e c’è freddo, e non sei ancora abituato. Sei costretto a mettere già il piumino e ti senti tutto intirizzito. Poi magari piove anche.

Però l’autunno ha le sue magie. Ha soprattutto i suoi colori. Qualche giorno fa stavo tornando da Cima Colletta verso Brallo, quando nella strada sopra Bocco una folata di vento ha fatto scendere una pioggia di foglie multicolori. Che forte, pareva di essere in un quadro. I colori dell’autunno sono i più belli, quelli che si adattano meglio ai quadri.

 

La chiesa del Brallo

tratto dal sito della Pro Loco Brallo.

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Il complesso (Chiesa, Salone, Canonica) è stato realizzato dal Sacerdote Luciano Faravelli, parroco di Pregola.
Fin dall’inizio chiamò attorno a sè un "Comitato Promotore" al fine di sensibilizzare la generosità degli Enti pubblici e privati cittadini, sia locali che villeggianti, onde far fronte al notevole peso finanziario.
I lavori della nuova Chiesa ebbero inizio il 17 aprile 1961 e a conclusione l’11 luglio 1965. Sua Eccellenza Mons. Francesco Rossi, insigne benefattore, solennemente benedisse.
L’opera è stata progettata e diretta dall’Architetto Enrico Decorato di Milano e costruita dall’impresa Edile F.lli Ravetta di Brallo su sedime donato dal Comune.

Il 27 Luglio 1969 Sua Eccellenza Mons. Francesco Rossi di Tortona consacrava l’Altare dedicandolo ai SS.Pietro e Paolo e benediceva l’artistico Crocefisso. Il complesso è opera dello studio di Architettura Cagnoni-Ciampa di Milano; in sasso di Serizzo, con le sculture in metallo duro bianco di stile volumistico. Lo scultore Aldo Calvi, attraverso un simbolismo personale, ha inteso affermare l’espressività  dei valori plastici, indipendentemente dalla configurazione naturalistica dei soggetti, senza travisare il messaggio del Cristo-Amore che attraverso il Sacrificio (la Croce), si dà  a tutti (Mensa-Altare con paliotto raffigurante l’ultima cena) per mezzo della Chiesa e nella Chiesa (per questa la figura di S. Pietro: dalla sua origine, pescatore, vele di barca alla sua elezione le chiavi)

Successivamente è stata inserita la vetrata artistica realizzata in vetro antico soffiato legato in piombo disegnata e realizzata nel 1980 dal frate francescano Padre Costantino Ruggeri nel laboratorio del Convento della Chiesa Canepanova di Pavia.
La vetrata che riporta diversi elementi del paesaggio montano, vuole essere un canto alle bellezze del creato.

La scultura posta sul cippo davanti alla Chiesa è opera di Silverio Riva, noto pittore e scultore Vogherese nato nel 1940, docente titolare di Anatomia artistica all’Accademia delle belle Arti di Brera. Si ispirava a Sutherland e credeva in Giacometti, poi la sua attenzione di uomo di terra e di fiumi si è concentrata sul frammento di vita; tra astratto e figurativo le sue opere vogliono avere il sapore della natura. Muore a Voghera nel 1998. Il monumento a ricordo dei caduti in guerra è stato eretto il 20 Novembre 1983.

Salire al Brallo

Tratto da “Brallo di Pregola ESTATE INVERNO” di Alessandro Disperati e Mara Vago, 2003

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Il Territorio

Di giorno  o di notte salire al Brallo è sempre un’emozione. Quando la luna fa capolino e illumina quasi a giorno boschi e pinete, come giocando, scompare e ricompare dietro il Lesima. All’alba ecco splendere in tutta la sua bellezza questa fetta di Appennino divisa fra la Val Trebbia e l’alta Valle Staffora, in Lombardia, al confine con la Liguria, all’interno della Comunità Montana dell’Oltrepo Pavese. Ecco il Brallo di Pregola, un susseguirsi ininterrotto di monti e di verdi pascoli. Qua e là piccole frazioni arroccate tra le montagne. Di sera poi si accendono le luci delle case: è il segnale che questi monti sono ancora popolati. Vivono. Il clima del Brallo risente sia della vicinanza del mare, sia del clima tipico montano, formando così situazioni davvero particolari e benefiche per la salute. Solitamente l’estate è caratterizzata da un clima mite, mentre in inverno le nevicate sono abbondanti. Caratteristiche fondamentali di questa zona sono l’atmosfera pura, la limpidezza del cielo e la scarsa umidità, oltre alla bellezza del paesaggio e la quiete. Tutti requisiti che sono ideali per un periodo di relax. Proprio nel territorio comunale di Brallo di Pregola si trovano due delle cime più imponenti e più importanti di tutto l’Appennino Pavese: il Monte Lesima (1724 metri) e Cima Colletta (1494 metri). Non solo: le limpide e pulite acque del Trebbia sono, in estate, un punto di riferimento per abitanti e turisti.

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Fontana di Rovaiolo Vecchio

Gestione della???

 

Oggi invece con

Oggi invece ce l’ho con la Banca Popolare Commercio e Industria, filiale di Brallo. Ma è mai possibile che durante l’anno sia aperta un solo giorno a settimana, il giovedì, e d’estate, quando c’è il mercato proprio al giovedì, sia aperto di lunedì?? Ma chi è il genio che avrà elaborato questa sapiente tecnica di marketing? Come per dire: non venite in banca che non ne abbiamo bisogno. Eh si perchè il giovedì mattina sarebbe utile a tutte quelle persone che già vengono in paese dalle frazioni circostanti trovare gli uffici aperti…ma questi invece che fanno? Chiudono. Complimentoni….


Pregola – veduta del castello e del monte

Casaforte di Pregola

Tratto da “Castelli, Rocche, Case-forti, Torri della provincia di Pavia”, volume n° 6 “Oltrepò seconda parte”, a cura di Mario Merlo, Edizioni Selecta 2009 (ma molto probabilmente è una ristampa di un libro parecchio datato, diciamo almeno una quarantina d’anni):

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Il territorio di Pregola è nominato in un diploma dell’imperatore Ottone I del 29 luglio 972. Nel documento vengono descritti – secondo valide testimonianze – per sommi capi i possedimenti locali del Monastero di Bobbio, con implicita conferma dei medesimi al predetto cenobio. Sembra che Pregola sia stato donato al Monastero da Re Agilulfo, ed è quindi probabile che il castello ivi esistito e l’intero abitato siano stati fondati da quei monaci in epoca imprecisabile, ma certo assai antica.

Per lungo tempo essi ne furono feudatari, finché, il 28 settembre 1164, Federico non lo devolse, unitamente ad altri luoghi della Valle Staffora, ai Malaspina. Quell’atto fu poi confermato da Federico II, nel 1220, Carlo IV, nel 1355, e Carlo V, nel 1541. Risulta che nel 1207 ci furono vertenze giudiziarie tra gli abati di Bobbio ed i feudatari imperiali, in ordine a contestazioni relative a benefici terrieri perduti.

Tralasciando altri passaggi, si arriva a Corrado, figlio di Morello Malaspina, che divise nel 1221, con il nipote Opizzo, i feudi della Liguria, riservandosi per sé quello di Pregola. Egli è considerato il capostipite dei Marchesi del luogo. Il feudo si estendeva verso mezzogiorno e comprendeva molti torri e castelli, che poi passarono in altre mani. Forse per divergenze familiari, Pregola fu assediato nel 1570 da un Giovanni Malaspina e figli, in lotta con altri componenti il casato; ma ebbero la peggio, ed uno di essi fu fatto prigioniero, deportato a Milano ed ivi decapitato. Il Marchesato di Pregola fu annesso alla comunità di S. Margherita Staffora.

L’antica rocca era posta alla sommità del cono roccioso che sovrasta l’attuale paese, già Comune ed ora frazione di Brallo di Pregola. Di essa e del primitivo abitato – testimoniato nel  1725, in forbito latino, da un parroco locale citato dal Goggi – non rimanevano all’inizio del sec. XVIII altro che vestigia plantari e ruderi più o meno consistenti. Non bisogna dimenticare che la pieve locale, dedicata a S. Agata (risarcita interamente in epoca recente), viene fatta risalire al tempo dei Longobardi e, precisamente, al secolo VII.

L’originario fortilizio fu distrutto quasi interamente, a quanto sembra, nel 1571. Con i materiali ricavati dalla macerie fu in seguito eretto un nuovo massiccio casamento, che da allora fu sempre denominato castello, ma la fama del paese andò progressivamente oscurandosi, fino a scomparire dalla scena politico-sociale della Valle Staffora. (Nota di Fabio: a mio parere Pregola era nella scena politico-sociale della Val Trebbia, pur essendo il paese nella Valle Staffora, tant’è che i marchesi di Pregola facevano parte del ramo dello Spino Secco, che dominava in Val Trebbia) Dell’antica rocca sono andate perdute anche le ultime vestigia murarie a ridosso del colle su cui sorgeva.


Casaforte di Pregola

Il castello attuale ha più aspetto di residenza patrizia di campagna che di casa-forte nel senso tradizionale del termine. Esso risalirebbe alla fine del Cinquecento o ai primi del Seicento ed è di proprietà Leveratto-Mangini. (Nota di Fabio: da quasi 40 anni è di proprietà Tordi, mi sa che questo libro è vecchiotto.) Vi si accede da nord per portoncino con arco a tutto sesto e serramento borchiato a teste di chiodi, oppure da sud, all’altezza della chiesa parrocchiale. La facciata principale è a capanna e presenta cinque finestrelle intermediate longitudinalmente da una incrinatura della parete.

Esternamente si nota nell’angolo di nord-est un corpo aggettante rinforzato da un barbacane appena accennato. Sul fianco sinistro si notano in corrispondenza ad un locale rustico una finestra strombata a guisa di profonda feritoia e, più innanzi, un’apertura difesa da una robusta inferriata cinquecentesca. Il locale interno era adibito a prigione. Le pareti sono in pietra locale a vista, su orditura comune.

Entrando dal portoncino si è subito in un vasto atrio contrassegnato da tre archivolti, uno dei quali gravemente lesionato. Due diverse scale conducono al piano superiore, suddiviso in locali di diversa capienza, tutti in precario stato di manutenzione. Nella sala maggiore, con soffitto su travature lignee, si vede un ricco camino sormontato da un grande stemma dei Marchesi Malaspina di Pregola, inquartato di rosso e d’azzurro. Nel I e nel IV campo si vedono aquile bicipiti in rosso nel II e nel III uno spino secco afferrato da un leone bianco rampante, coronato d’argento, entrambi in azzurro. Lo stemma gentilizio è sovrastato dalla corona marchionale a tre punte ed è avvolto da una ricca decorazione a stucco comprendente figure allegoriche ed ampie volute e caulicoli. L’opera è ascrivibile al sec. XVII. Il sottostante camino è in pietra color lavagna e presenta una leggera modanatura nell’architrave con radi dentelli, nonché due fascette laterali ed una specie di serraglia centrale.

 

In un’ampia cucina a pianterreno, sita nel corpo ad ovest come il salone precedente, esiste un secondo camino rustico a cappa, che ha la particolarità di possedere due fornelli laterali, oltre al focolare propriamente detto. L’ala dell’edificio volta a levante terminava con una torricciola la cui parte sommitale sarebbe rovinata alcuni decenni or sono. Il castello è felicemente ambientato e conferisce una certa nobiltà al piccolo ma pittoresco paese, che è ora dominato verso levante dal prestigioso complesso del Centro federale tennistico del CONI, con la sequela dei suoi rossi campi da gioco.

Pregola riveste una certa importanza come archetipo di antico paese signorile del Pavese montano. Anticamente il suo feudo si estendeva molto verso mezzogiorno e l’abitato ebbe funzioni di guardia e controllo con diritto di pedaggio, ciò che rappresentò una delle principali fonti patrimoniali per i suoi feudatari.

 


I Marchesi Malaspina

La rotonda di Brallo

Da poco tempo sono stati fatti dei lavori nella piazza di Brallo. Siccome io sono un criticone patentato, ecco le mie critiche. Inziamo con la rotonda. La viabilità della piazza era già gestita in un modo simile ad una rotonda: c’era un piccolo spartitraffico in mezzo e ci si doveva girare attorno. Ora la cosa è stata ufficializzata in una vera e propria rotonda moderna, dove tutti quelli che confluiscono devono dare la precedenza, come succede ormai dappertutto con le rotonde cosiddette alla francese. E fin qui tutto bene. La mia critica è nel fatto che l’abbiano fatta troppo "scentrata". Invece di realizzarla in mezzo alla piazza, dove sarebbe a mio avviso stata più comoda per tutti (intendo tutti quelli che provengono dalle diverse strade che arrivano in piazza), è stata fatta più verso nord. In questo modo per esempio chi arriva dalla mia via deve dare una prima volta precedenza per confluire nella piazza e poi una seconda volta per confluire nella rotonda. Anche chi arriva dalla Val Trebbia e deve girare in direzione del Piemonte deve fare un percorso un po’ complicato. Insomma è difficile da spiegare se non la si vede, ma vi assicuro che è fatta male. Se fosse, ripeto, in mezzo alla piazza sarebbe meglio per tutti: visto che confluiscono 5 vie nella piazza, non sarebbe stato più logico raggrupparle tutte nella rotonda e non solo 4 ??

Un motivo c’è, e qui arriva la seconda critica. E’ stato ingrandito il marciapiede davanti al Municipio, che ora arriva proprio in mezzo alla piazza. Perchè? Boh? Non vedo questa grande utilità. Per far star più comodi i viandanti? Può darsi, ma io non l’avrei fatto a discapito della viabilità. Vorrei vedere quando passano le corriere in quella rotondina risicata. Voi obietterete che ormai l’Afrea (l’azienda dei trasporti) manda solo piccoli pulmini, ma non dimentichiamo che potrebbero passare dei camion (non è vietato) che indubbiamente hanno delle difficoltà. Insomma non mi piace.

E arriviamo all’ultima critica, la più criticosa di tutte. La piazza aveva dei belissimi pini, piantati tanti tanti anni fa per abbellire la zona. Penso che li abbiano messi negli anni ’50 o ’60, non lo so di preciso, ma per me è come se ci fossero sempre stati. Facevano molto "paesino di montagna", e servivano anche a fare un po’ di ombra che non guasta mai.Ecco, durante la ristrutturazione della piazza sono stati tagliati. TUTTI. Ma dico io: se avessi una betulla in giardino e la taglio arriva la Forestale e mi arresta seduta stante, questi tagliano dei pini sulla piazza del paese come se niente fosse!! Mah…


Chi si ricorda come era la piazza può notare questo lato privo dei mitici pini, che ormai saranno finiti a pezzi in qualche caminetto…

Il profumo dei posti

Sai cosa manca, nel vivere in città? I profumi. Quando vivevo sui monti, come Heidi, nel mio imperituro gironzolare dovuto alla curiosità e al non voler mai star fermo, passavo tra boschi, prati, cascine, stalle, fossi, cantine, torrenti, rocce, ecc. E ognuno aveva un profumo diverso. Cose che in città non si sentono, la città è abbastanza asettica, vivi in posti chiusi e ti muovi su strade senza profumi.

Non si sente il profumo della pioggia che è appena finita, il profumo delle violette e delle primule, il profumo della terra. Eh si, non lo sapete? La terra ha un profumo tutto suo, e ogni terra ha il proprio. Le zappe ne sono intrise, così come i rastrelli sanno di fieno e le accette di legno. In città non si sente il profumo degli aghi di pino, quelli verdi. E non succede neanche di passare in bicicletta sopra cumuli di aghi di pino secchi, e di liberarne il profumo. La terra ripida vicino ai ruscelli, il trifoglio, persino le panchine o le fontanelle, ogni cosa aveva un profumo. Il profumo dlele pigne, che varia a seconda siano appena cadute o siano secche, nel qual caso diventa simile al profumo del legno. I rami secchi delle conifere hanno un profumo diverso dag.i altri. E ogni erba ha un prfumo tutto suo, per non parlare dei rovi delle more. Eh si, potrei elencarne veramente tanti.

Qui purtroppo non c’è niente di tutto questo, l’olfatto serve a poco, al limite per sentre gli odori, ma è quindi abbastanza sprecato.


 

Vetrata della chiesa di Brallo

 

Passo del Brallo

Tratto da un pieghevole degli anni ’80 / ’90

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PROFILO STORICO-RELIGIOSO
La denominazione di questo comune (Brallo di Pregola) è recente, ma la storia dei centri abitati che ne fanno parte è antichissima. Le prime notizie certe su Pregola risalgono ad un diploma dell’Imperatore Ottone I, datato anno 972, con cui il sovrano conferma al Monastero di San Colombano di Bobbio i suoi possedimenti.
Dopo varie vicende, nel XIII secolo, il feudo di Pregola passò ai Malaspina. La signoria feudale dei Malaspina durò incontrastata fino al 1789, anno in cui il feudo di Pregola fu incorporato nel Marchesato di S. Margherita. Il castello originario, posto sul cono roccioso che sovrasta il paese, fu distrutto e con i materiali ricavati dalle macerie fu eretto un nuovo edificio, una casa-forte ancora esistente. Le notizie religiose di Pregola risalgono a prima dell’anno 1000 e la chiesa odierna è del 1600, sorta sulle rovine del vecchio oratorio dedicato a San Rocco.
Altra parrocchia è quella di Colleri, ma sembra che anticamente la sede originaria fosse a Someglio, dove ancora oggi esiste una chiesetta con campanile romanico del XIII secolo, con all’interno una tela che rappresenta i S.S. Gervasio e Protasio.
La chiesa di Corbesassi è stata edificata nel 1690 circa; la decorazione interna è del Sebastiano toselli, allievo del Gambini, compiuta nel 1939. Di notevole una tela, purtroppo ora sciupata: San Francesco e due Angeli.

La chiesetta di Someglio
SITUAZIONE CLIMATICA
II Brallo, posto tra le due valli del Trebbia e dello Stafferà ed a breve distanza in linea d’aria dal mare, gode di un clima che si trova nella fortunata condizione di amalgamare alcune caratteristiche del clima marino con altre del clima montano, con una vasta gamma di influenze benefiche sulla salute.
Caratteristiche fondamentali di questa isola climatica sono l’atmosfera pura, la limpidezza del cielo, la scarsa umidità, l’alto rendimento delle radiazioni solari, la bellezza del paesaggio e la quiete.
Tali requisiti ambientali risultano ideali per un tranquillo periodo di riposo, favorendo un rapido recupero di energie.

GITE – ESCURSIONI
Alla felice posizione climatica si aggiunge la possibilità di magnifiche escursioni sui monti vicini.
Infatti le cime del Colletta (m. 1.490) e del Lesima (m. 1.724) sono facilmente raggiungibili attraverso strade ricche di boschi suggestivi, con ampie distese di prati e punti panoramici di rara bellezza.
Pur accessibile dal Brallo è il Monte Penice (Km. 12) sulla cui vetta sorge un santuario dedicato a N.S. della Guardia.

Casaforte e Chiesa di Pregola
Anche nelle numerose frazioni che circondano il Capoluogo non mancano elementi di particolare interesse: Valformosa, uno dei pochi paesi che ha conservato un impianto tipicamente medioevale; Someglio con la sua antica chiesa; Colleri, Corbesassi e Cencerate con gli antichi nuclei di case in sassi e calce e strade strette a selciato.
Attraverso una vasta e suggestiva pineta si snoda poi la strada che porta a Pregola ed ai numerosi campi da Tennis del Centro Sportivo della Federazione Italiana Tennis, dove durante l’estate si esercitano centinaia di ragazzi.
E’ possibile anche raggiungere il fiume Trebbia (11 km.), le cui acque, ancora limpide e incontaminate, offrono una attrattiva per pescatori e bagnanti.

 

I campi del Centro Tennis
SPORT – DIVERTIMENTI – FOLKLORE
Brallo offre al turista sportivo dei campi di calcio per tutte le età (Campo di Colleri, Campetto di Bralello) ove d’estate sono organizzati vari tornei. È possibile poi praticare il tennis ed il nuoto al fiume Trebbia.
Risultano soddisfatti anche gli appassionati di corse campestri (diverse marcie non competitive in Luglio-Agosto) e quelli di Moto-Cross (Gare a Maggio e Settembre) che trovano qui l’ambiente ideale per il loro divertimento.
Esistono poi campi da Bocce in vari paesi, e non bisogna dimenticare la possibilità di praticare caccia e pesca nei periodi adatti. Durante l’inverno il Brallo e le pendici del Colletta offrono vari campi da sci con impianti di risalita. Si ricorda anche che è in progetto, e dovrebbe essere presto pronto, un moderno centro sportivo.
Tutto l’anno si può ballare in moderne discoteche; nei mesi estivi sono in funzione anche attrezzate sale-giochi ed al Brallo una sala cinematografica.
Anche gli amanti del liscio non verranno delusi, in quanto sono numerose le sagre paesane con canti e balli in allegria. Possiamo qui ricordare la Festa Patronale di Colleri, la polentata di Corbesassi, la festa di Cima Colletta, la Sagra della Patata a Brallo (1a domenica di settembre).

GASTRONOMIA
In qualunque periodo dell’anno si possono gustare ottimi prodotti locali (Salame Tipo Varzi, Coppe nostrane, Formaggelle tipiche, torte di mandorle).
Nei ristoranti della zona la genuinità della cucina, basata su tradizionali ricette casalinghe offre una notevole attrattiva gastronomica a tutti i buongustai.
Fra i piatti tipici ricordiamo il profumato risotto coi funghi, i polli ruspanti con contorno di deliziose patate di produzione locale, gli ottimi piatti di cacciagione con Lepri, Fagiani, Pernici ecc. ecc.

Le limpide acque del fiume Trebbia

 

ALLOGGI – SISTEMAZIONI
Per chi decide di passare qualche vacanza al Brallo non ci sono problemi. Nel Capoluogo e nelle frazioni vicine si trovano infatti diversi alberghi e locande con buone capienze.
E’ possibile poi affittare appartamenti grossi e piccoli e stanze singole con tutti i servizi.
A soli 8 Km., precisamente a Sala, esiste anche un camping attrezzato.

Abbondanti nevicate

In questi giorni di neve ne è venuta già parecchia dappertutto, ma a Brallo siamo avanti: guardate quanta neve c’era già domenica scorsa, quando a valle c’era ancora il sole:


Meteo Brallo

Anche il Passo del Brallo ha il suo sito con la situazione metereologica: Meteo Brallo, realizzato da Fabio Tagliani.

Il sito presenta la situazione attuale registrata dalla stazione di Colleri, quella di Pregola, di Prodongo, di Rureio (sopra Colleri) e altre nella zona, istallate con l’aiuto del Centro Meteo Lombardo, che forniscono indicazioni in tempo reale su temperatura, vento, ecc.

Un’altra particolarità molto interessante è quella di poter vedere coi propri occhi la situazione grazie alla webcam che punta verso il Passo, a quella di Prodongo e a quelle di Cegni.

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