22mo concorso fotografico Ponti Arte.
La foto vincitrice: "Pisaré sulla strada di Ceregate". La premiazione. La motivazione.
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Siete mai stati al Teatro alla Scala? E al museo adiacente?
Se vi va, fateci un giro.
Ci sono busti, ritratti, spartiti, strumenti musicali, porcellane, tantissimi cimeli.
Si respira aria…anzi si respira arte !
Toscanini, Donizetti, Maria Callas, Puccini, Bellini, Leoncavallo, Verdi, Renata Tebaldi.
Caruso, Nureyev, Luchino Visconti, Strehler, Eleonora Duse, Liszt.
E poi… è possibile affacciarsi da alcuni palchi e vedere il teatro, e immaginarsi lì, in mezzo ad un'opera, cogli abiti visti nei dipinti, a ricevere il fragoroso applauso del pubblico a cui fare il doveroso inchino…
"La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare"
(Edvard Munch, L'ansia, 1894, Munchmuseet, Oslo)
I walk on water
But I ain't no Jesus
I walk on water
But only when it freezes
Oggi Siro ha incontrato il suo amico Gerardo, detto Gerry,
Le stelle stanno in cielo e i sogni….non lo so. So solo che son pochi…. quelli che s’avverano (Vasco Rossi)
BANSKY – SHOW ME THE MONET – 2005
La scorsa estate sono stato a vedere questa opera d’arte. Come tutta l’arte moderna e come tutta l’arte in generale, il "bello" è sempre soggettivo, e vivaddio che è così. Ci sono state tantissime recensioni positive e tante critiche. Io sono dell’idea che, al di là del ritenerlo o meno "bello", questo signore ha fatto A SPESE SUE (ovviamente finanziato da sponsor) un evento che ha attirato migliaia di visitatori (figuratevi che ancora adesso ad Iseo fanno la fila per vedere la mostra fotografica) i quali hanno sicuramente lasciato in qualche modo qualche soldino in zona e hanno potuto scoprire luoghi da poi ritornare a visitare con calma. Ce ne fossero di Christo disposti ad investire così in Oltrepo. Invece noi siamo qui a dire che la nostra è una terra bellissima, che non ha niente da invidiare alla Toscana e tutte quelle cose lì, che io sono il primo a dire e a sostenere, ma che da sole ahimè non bastano.
Ma torniamo all’opera "THE FLOATING PIERS" di CHRISTO. Beh, a me essere parte di un’opera d’arte mi ha molto emozionato. Come dicono Fedez e J Ax oggi "Ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo". Invece io mi emoziono a vivere i momenti. Sono capace di fare chilometri, di fare mille sbattimenti, di mettere in secondo piano cose "importanti" per essere, per esserci. Per il matrimonio di un amico, per trovare qualcuno al mare, per andare a un concerto, per svegliarsi nel mio letto invece di essere altrove, per andare nel centro del (mio) mondo (Piccadilly Circus) e così via. E così ho fatto quel giorno. La domenica era l’ultimo giorno, immaginavo ci fosse un disastro di gente e allora decido di andare in settimana. Magari mercoledi, magari giovedì, infine venerdì. Si decidce per sabato. Sveglia sveglio alle 3 e si parto. Per evitare ogni tipo di cosa passo da Bergamo, poi Trescore, Lovere e poi scendo. A Sale Marasino parcheggio in collina, per poi raggiungere a piedi la destinazione. Poco dopo da un fornaio esce il profumo del pane ha appena sfornato. Ma che bello è uscire con in mano un croissant ancora bollente. Che figata che sono queste cose. Sono da poco passate le 6. Alle 6 e 50 inizia la fila e alle 7 e 20: voilà sulla passerella. Mezz’ora di coda. E poi…. emozione.
Emozione di essere parte di qualcosa di magico. Voi criticatela, disprezzatela oppure guardatela con banalità. Non mi importa. Quello che mi importa è che in quel momento ero emozionato e quell’emozione mi è rimasta nel cuore.
Quando siamo usciti verso le 10 e mezza. C’erano circa 5 ore di coda. Pazzesco. Però io ce l’avevo fatta. Soddisfatto, felice e, ripeto, emozionato.
Finalmente è stato ritrovato questo bellissimo dipinto, opera del sommo Renardo da Faller
Io sono il semaforo verde per l’autista, sono quel semaforo rosso per un tassista, il miglior dentista per il tuo molare cariato, sono quell’idea geniale che ti ha rallegrato. Sono dieci carte trovate per strada, l’ultimo pezzo di carta igienica dopo una cagata, sono la tipa che te la da facile, la tua parte agile, sono una bella immagine, sono il tuo peggior nemico morto, l’ultima birra nel tuo frigo quando fa caldo. Sono casa libera per fare festini, sono due revolver carichi in mano a due bambini, sono il tuo vicino scassacazzo in vacanza, sono il tuo capo malato in convalescenza. Quel trasferimento che tanto aspettavi, quel motivetto bello che canterai e cantavi. Sono proprio io, la parte più profonda del tuo io, quel complimento ricevuto da Dio, sono proprio io a tutti i livelli, ti sto prendendo per i fondelli. Io sono per un fanatico zero modestia, soldi spicci per un punk-a-bestia, mille impicci per lo spacciatore, per un frikkettone pace&amore, la prima sigaretta mattutina per un fumatore. Sono un accendino per un piromane, dieci maschi in astinenza per una ninfomane, per un megalomane io non sono niente, io sono per un mercante il suo miglior cliente. Io sono tua nonna che esce dall’ospedale, l’ultima cambiale, il congedo militare, io sono il postino che ti porta a casa il vaglia. Io sono la tua coscienza, che ti dice sveglia, la maglia super figa comprata con i saldi, sono il 777 per i sordi, sono lo sbirro che ti ritrova l’auto rubata, il ladro che ti vende l’autoradio ultima moda. Io sono ferie prolungate e contributi pagati, quel fighetto di tuo figlio che si laurea a pieni voti. Io sono mille film senza intervalli, per un Polacco sono tutte le auto senza tergicristalli, sono la tua squadra che perde, ma rimonta, sono il tuo partito in maggioranza nella giunta. Sono tua figlia che a sedici anni resta incinta, tranquillo Giangi, era una finta. Io sono tuo zio ricco che ti sceglie come erede, il mondo che qualsiasi cosa dici lui ti crede, abbi fede, se sai chi sono sai che è finzione, sono per te la migliore sensazione. Io sono tuo marito che perde il posto di lavoro, tua moglie che ha l’amante ma ti chiama tesoro, sono tua figlia che resta incinta a sedici anni mezzo, Giangi mi dispiace, ma stavolta non scherzo. Sono un portafoglio vuoto trovato per strada, la carta igienica finita dopo una cagata, sono quella gran figa che non te la darà mai, quel beota di tuo figlio che combina solo guai. Io sono il pacchetto vuoto per un tabagista, vai dal distributore e il denaro s’incastra, una svista, casca il bancomat nel tombino, sono quello che nota la scena e ride: un marocchino. Sono quel tredici in schedina, peccato che non l’hai giocata è rimasta lì in cucina. Sono quei grandi debiti che erediti, una grossa genialata ma a te non danno i meriti, sono il primo giorno di militare, tua nonna in ospedale, la multa da pagare, sono la tua squadra retrocessa in serie B. Ma basta sono Turi di mestiere Mc.
Sono stato a vedere questa mostra a Milano, Palazzo Reale.
Mi piace Chagall, anche se non lo inserisco nei piani alti della lista dei miei preferiti. La fila era spropositata, per i miei gusti (un’ora abbondante, ma ormai ero lì, cosa facevo? In effetti un mio amico era stato lì il giorno prima e aveva desistito, andando a vedere Segantini)
La mostra mi ha impressionato, e vi spiego il motivo. Non sono un appassionato di mostre, ne vedrò in media una all’anno (visto lo sbattimento che mi si richiede in termini di code deve essere una cosa a cui tengo), però molte volte trovo tanto fumo e poco arrosto. Le pubblicità sbandierano "Mostra di Tal dei Tali" e poi quando sei dentro vedi che ci sono un paio di opere importanti e tutto il resto sono bozzetti, schizzi preparatori e riproduzioni. Ricordo ancora con rabbia la mostra su Dalì a Londra (che mi è pure costata cara) che è stata una delusione terribile. Qui no. La mostra è strapiena di dipinti del pittore russo-ebreo-francese. Sono talmente tanti che alla fine ti stufi persino di osservarli tutti. Complimenti alla curatrice e a chi ha permesso di realizzare una mostra così completa.
Su Chagall che dire…non amo cercare le solite dietrologie tanto care ai critici dell’arte, come quando dicono "In questo dipinto l’artista voleva dirci ecc. ecc.". Le opere d’arte non parlano con le parole (a parte le poesie e i libri, naturalmente), quindi un quadro non va "spiegato": ti colpisce al cuore oppure no. Su certi dipinti ci ho passato 10 minuti, su altri dieci secondi. A mio personalissimo gusto, ovviamente. In base alle corde del cuore che mi venivano o meno toccate. E poi raga, c’è sempre la grande emozione di vedere le cose "dal vivo". Cioè non so se mi spiego… come quando vai a un concerto e vedi il cantante proprio lì. Quando vai in un museo o una mostra l’emozione è quella: il quadro che hai davanti non è una stampa, una foto, una riproduzione…le pennellate che vedi sono quelle date dall’artista, che alcune volte paiono uscire dal dipinto e comunicarti qualcosa. Emozione allo stato puro.
Quelle che mi sono più piaciute? Alcune, molto oniriche. E altre, molto sognatori. Perché Chagall era un grande e dolce sognatore.
Marc Chagall – La Passeggiata – 1917
Che dire?
Niente di nuovo sotto il sole.
Niente di nuovo, come sempre.
Quante volte l’ho già detto?
Quante volte l’ho già scritto?
Quante volte ho già scritto “Quante volte”?
Dovremmo darci una mossa?
Lo so, lo so, quante volte?
Cambierò, lo so, lo so.
Sono già cambiato, quante volte?
Spero di farcela, realmente.
Lo spero per me…
…di rivederla… quanto tempo?
(da "Randagio" – nessuno – 2004/2008 – per la cronaca "Chiara" è una persona che non esiste)
René Magritte – Les vacances de Hegel – 1958
Non tutti sanno che… Andy Warhol fu un grande utilizzatore dell’Amiga. Se mi chiedete chi fu Warhol non andate neanche avanti a legerre che è meglio. Se invece mi chiedete cosa sia l’Amiga… vuol dire che siete giovani (oppure molto vecchi). Brevissimo ritratto del contesto: siamo negli anni’80 dello scorso secolo, si diffondono i cosiddetti Personal Computer, Bill vendeva il suo sistema operativo per gli IBM e compatibili, mentre Steve era in procinto di lanciare il Macintosh. In quegli anni la Commodore, dopo il planetario successo di computer come il Vic 20 e soprattutto il mitologico Commodore 64, lanciava un computer che era avantissimo, l’Amiga appunto.
Warhol era stato coinvolto anche nello studio del design e ne fu subito un accanito utilizzatore.
"Non aveva paura delle nuove tecnologie, anzi le ha subito abbracciate, voleva padroneggiarle, usarle come nuovo mezzo espressivo" dice il direttore del museo a lui dedicato a Pittsburgh. Tra le varie cose esposte c’erano il suo Amiga 1000 e vari floppy disk. Peccato che nessuno si è preso la briga di andare a vedere cosa contenessero quei dischetti. Qualche anno fa ci hanno ripensato e, con le dovute cautele (si rischiava di perdere il contenuto dei floppy), hanno scoperto delle opere dell’artista realizzate col computer di casa Commodore.
Povera Voghera. Una volta c’era il "pendolino" che si fermava in un nodo ferroviario importante. Una volta c’era il tribunale. Tra un po’ saremo senza sede della Camera di Commercio, Stazione dei Carabinieri, Agenzia delle Entrate. Ed è già buona che c’è ancora qualche ufficio aperto, i vigili del fuoco, il giudice di pace, l’ospedale. Per fortuna che c’è ancora qualche negozio che tiene duro e non chiude.
E per fortuna che a Voghera c’è la più antica fiera della Lombardia, la fiera dell’Ascensione, la Sensia. Però…. però cosa?
Però quando ero piccolo alla Fiera dell’Ascensione gli espositori erano artigiani e commercianti di Voghera. Adesso…. al di là del fatto che il mercato degli ultimi giorni è un mercato con poca qualità dove vengono vendute cose che trovi in qualunque mercato d’Italia (ma questo ormai è -purtroppo- un dato comune di molti mercati e mercatini), il problema (grosso) è che gli espositori nel cortile interno NON sono di Voghera. E questo è un male.
Negli ultimi due anni la fiera si è un po’ risollevata grazie agli espositori/venditori di alimentari. Ma, con tutto il rispetto per i nostri prodotti enogatronomici che sono di qualità altissima, non possiamo trasformare la Sensia nella "Sagra dell’Agnolotto". E per fortuna che Savignoni è di Voghera, non è stato chiamato un espositore "forestiero". Ribadisco: nella nostra zona abbiamo dei prodotti (vino, salumi e formaggi) che sono di una qualità eccelsa e non sono adeguatamente valorizzati. Per esempio tutti in Italia conoscono il Salame Milano e pochi il Varzi, le mele della Val di Non (e quelle di Bagnaria?), e quando parli di vino Lombardo ti dicono solo Franciacorta (e l’Oltrepo?). Detto questo, la fiera non può limitarsi ai soli prodotti enogastronomici, deve essere una vetrina per l’intero settore industrial-commerciale!
Perchè gli espositori vogheresi disertano la fiera? Per la burocrazia (vedi l’episodio quando l’Ispettorato del Lavoro ha multato amici e parenti che stavano aiutando a smontare gli stands) e soprattutto per i costi (che non vengono ripagati dal ritorno economico, specialmente in questi anni di crisi). E quindi voi direte: bene allora è giusto che gli organizzatori chiamino altri disposti a spendere. Io non lo trovo giusto, invece: lo scopo di un’amministrazione NON è quello di fare cassetto a tutti i costi.
Quindi faccio nel mio piccolino un modestissimo appello agli amministratori locali: Sindaco, Giunta, Consiglio Comunale. Date la possibilità alle attività di Voghera, così come dell’Oltrepo e della Valle Staffora, di poter esser presenti alla Sensia. Non dovete vedere queata festa come un’occasione di mero guadagno, ma come un’opportunità per aiutare le attività della zona. Meglio mettere un vogherese ad un certo canone che un milanese/bolognese/vietnamita al doppio o al triplo. Con tutto rispetto per i milanesi, i bolognesi e i vietnamiti questa dovrebbe essere la Fiera di Voghera, dove sono esposte le attività della zona. Pensate che opportunità anche in vista di Expo 2015. Se l’anno prossimo un turista venisse a Voghera per l’Ascensione e si accorgesse che ci sono poche attività della zona cosa penserebbe? E quindi, se le attività locali non ci sono, cari signori, è compito vostro invitarle, sostenerle e farle partecipare, e non, come è capitato in passato, mettergli addidittura i bastoni tra le ruote.
Perchè se un arbitro fa una partita con 10 espulsi non sono i giocatori ad essere tutti delinquenti, ma l’arbitro che non ha saputo gestire. E se in una classe sono quasi tutti bocciati sono gli alunni che sono tutti somari o è il professore che è incapace?
Chi ha orecchie per intendere…intenda.
El Greco (Dominikos Theotokopoulos) – Crocifissione (1595-90)
Questa volta lasciate che sia felice, Camminando, dormendo o scrivendo, Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia, (Pablo Neruda) |
Quando fu molto in alto, sopra Prodongo, c’era un tratto del sentiero che era tutto all’ombra ed era ancora pieno di neve. Ad un certo punto il mulo, testardo come vuole la tradizione popolare, si arrestò nel suo incedere e non volle in alcun modo proseguire. Il ragazzo ci si mise d’impegno, prima con le parole, poi con le minacce urlate, poi ancora con le carezze e infine spingendolo malamente. Lo spronava e lo spintonava, mentre la neve gli entrava nelle scarpe. Anche se era giorno di festa non aveva potuto mettersi le scarpe nuove che suo padre gli aveva comprato recentemente perché, sapendo che tipo di strada avrebbe dovuto percorrere, gli avevano proibito di indossarle, calzando viceversa quelle vecchie. Queste erano ormai rotte e sfilacciate, oltre al fatto che gli andavano strette, procurandogli notevoli spelature quando le indossava per lunghi viaggi. Suo padre gliele aveva comprate al mercato di Varzi, usando come sempre il metodo del “bacchetto”: una piccola asta di legno che aveva pressappoco la lunghezza del piede. Potete ben immaginare che con quella pratica approssimativa le calzature acquistate erano quasi sempre di misura sbagliata. Nel caso fossero state troppo grandi bastava legarle un po’ più strette, ma quando erano troppo piccole erano causa sicura di sofferenze.
Dai e dai, spingi e spingi, alla fine il mulo si decise a ripartire.
“Che faticaccia, ed io ho solo un mulo: chissà come aveva fatto Annibale a passare da queste parti con un esercito di elefanti” pensò il ragazzo, riferendosi al grande condottiero cartaginese. Egli transitò proprio da quelle parti, prima di combattere la battaglia della Trebbia, e si dice che il nome del monte Lesima derivi proprio dal latino “Lesa manus”, per indicare una ferita alla mano subita dallo stratega africano. Il giovane di Ponti non aveva mai visto un elefante, neppure disegnato, ma gli era stato detto che si trattava di animali mastodontici.
“Sarebbe bello averne uno” pensò scherzosamente “oppure possedere un’automobile, come i signori di città, e girare in lungo e in largo, adesso che ci sono le strade!”
Il sole era già alto e il nostro commerciante voleva essere a Zerba molto prima dell’ora di pranzo, in modo da avere a disposizione l’intera giornata per piazzare la sua mercanzia.
“Speriamo di vendere, in modo da non sentirmi anche stavolta i rimproveri quando torno a casa, e che perlomeno ci sia da divertirsi”.
I suoi genitori, come spesso accadeva in quegli anni, erano molto severi, e suo padre non transigeva dal lavorare sodo e pensare il meno possibile ai divertimenti, ma lui aveva quasi vent’anni: pur dando il giusto peso al suo lavoro – che in ogni modo gli piaceva più di ogni altra cosa – era pur sempre un ragazzo e come tale aveva piacere nella compagnia e nel divertimento. L’estate precedente aveva escogitato un piccolo trucco: in un paio di occasioni era partito il sabato, con la scusa di vendere anche la sera prima della festa, quando sulla piazza dei paesi si cantava, si ballava, e si ascoltavano le storie dei vecchi che, anche se erano sempre le stesse, erano comunque interessanti, perché ogni volta uscivano dei particolari inediti. Si era recato a Barostro e a Bralello col suo fagotto e il suo fido quadrupede infecondo, per poi darsi invece al buon vino e ai canti in compagnia.
Finalmente, disceso dall’altro versante del Lesima, arrivò in vista di Zerba. Il paese era grande, se si teneva conto dei tre gruppi di case da cui era composto: Soprana, Lisamara e Stana; ma cionondimeno non era certo un paese ricco. Al ragazzo piacevano più i paesi della valle Staffora e della val Trebbia: erano più facilmente raggiungibili e c’era più movimento, il commercio “girava” meglio. I paesini della val Boreca, come quello che era la sua meta, non avevano molto passaggio, e gli abitanti erano perlopiù gente modesta. In ogni caso lui non disdegnava certo di fare affari con chicchessia, specialmente in giornate di festa come queste. Arrivò alla chiesa che la messa era già incominciata da un bel pezzo, si sentiva riecheggiare il latino del sacerdote. Legò il mulo e si infilò dentro il portone, più per vedere se c’era tanta gente e come erano ben vestiti che per un sincero pio sentimento. Una volta terminata la funzione religiosa iniziò, come abitudine, a salutare un po’ tutti, presentando la sua merce, chiedendo i bisogni della gente. Ormai era esperto, e sapeva che su queste cose comandavano quasi sempre le donne, quindi era a loro che prestava maggiormente la sua attenzione. Continuando a proporre i suoi prodotti, seguì il flusso della folla che si dirigeva verso la piazza, dove di lì a poco sarebbero iniziati canti, balli e pappatorie. Per la carità, non immaginatevi pranzi luculliani e viziose libagioni: in confronto ad oggi erano situazioni modeste, ma permeate da uno spirito di appartenenza, di gioiosità e di allegria indescrivibili, che facevano per un giorno dimenticare quanto dura potesse essere la vita.