Voglio sottoporvi un altro editoriale di Virgilio Degiovanni, come questo che avevo pubblicato un anno fa.
Quando le cose si fanno pesanti, io ho una mia filosofia di vita: attaccare e mai difendersi. O, peggio ancora, ripegare. E’ quella che ha contraddistinto tutte le mie attività, e non sono mai venuto a meno a ciò. Anche oggi, a 20 anni dai miei esordi nel mondo dell’impresa, la penso allo stesso modo. Non mi interessa nulla dei titoloni dei giornali che, da oltre due anni, strillano questa crisi destinata a continuare. Non mi perdo dietro lamentele, piagnistei, o cose che vorrei ma non ho nè posso avere. Vado avanti. Non mi spavento per le previsioni dei ben informati. D nuovo, vado avanti. Perché, alla fine, se ci pensiamo bene, l’unico vero rimedio è proprio questo: non fermarsi, proseguire, insistere fino all’ultima goccia di sudore. Oggi come oggi, abbiamo un Paese malconcio. Ma ci sono altri che stanno ben peggio di noi. Cosa dovrebbero dire in Grecia, in Portogallo o in quella Spagna che tanta enfasi dava al suo inarrestabile sviluppo? Nulla da ridere, per carità. Ma un po’ di ottimismo sì. Infatti, ne sono più che mai convinto, è in tempo di crisi che possono nascere la grandi aziende. Quelle davvero grandi, quelle inarrestabili, inarrivabili. Un’azienda come la Walt Disney è nata in un periodo terribile, quello ai margini della Grande Depressione statunitense, ricordiamocelo tutti. E anche colossi come la Hewlett Packard hanno fatto altrettanto. Perché? Perché hanno sosato un credo profondo: quello che porta in primo piano le persone e non i dati, in qualunque mercato. E se le persone ci sono, il futuro c’è. Ed è roseo, al di là di qualsiasi dato e numero. […]
Insignificanti pedine
o assoluti protagonisti
di quel fantastico videogioco.
Mirabolanti rockstar
o scadenti controfigure
su quel palco illuminato.
Decadenti poeti
o illusi menestrelli
illuminati dalla luna.
Eravamo pura energia
elettricità libera
fiamme ardenti.
Viaggiatori nell’iperspazio
in quel caleidoscopico mondo.
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Eravamo io e Christian, persi nello spaziotempo.
E non ce ne fregava niente.
Non c’importava se non ci capivano, noi ci capivamo.
Non c’importava degli insulti, delle risate, ci scivolavano addosso.
Se non credevano in noi… noi credevamo in noi.
Non ce ne fregava niente se noi eravamo gli ultimi,
i reietti, gli sfigati, i balordi, quelli che non seguivano la massa.
E’ un grave peccato non esser convenzionali?
Probabilmente è un peccato per l’uomo qualunque.
Ma noi non eravamo qualunque.
E di quelli qualunque non ce n’è mai fregato nulla.
E siamo sempre andati avanti, con chi era con noi,
oppure soli, senza problemi.
Anche oggi sono polemico (strano eh?). Oggi con chi ce l’ho? Ma con quelli che mangiano l’aglio. Anche lunedi scorso mi è capitata in negozio una signora che aveva un alito da stendere un elefante. Mamma mia, insopportabile, non le si poteva star vicino.
Cari agliofili, lo so che la scienza e le tradizioni popolari attribuiscono a questo bulbo fantastiche proprietà terapeutiche, ma se state bene voi fate star male gli altri. Forse non ve ne rendete conto, ma si sente a distanza di metri appena aprite bocca. Quindi perdonatemi se in negozio magari sto un po’ distante…
R.Magritte, Tentativo Impossibile, 1928
Prenditi quello che sei e non rimpiangerti mai se non ti piaci, vedrai… non cambierai…non cambierai… mai!
Prenditi quello che vuoi e non nasconderti mai guarda le spalle che hai forse ce la farai
Guarda che cielo che hai guarda che sole che hai guardati e guarda cos’hai e…….. guarda dove vai!
Lunedì sera, la discoteca
Martedì sera, la discoteca
Mercoledì che mal di testa, ma sono andata alla discoteca
Giovedì sera, la discoteca
Venerdì sera non volevo andarci ma Fabio è venuto a cercarmi e allora sono
andata, alla discoteca
Sabato sera, la discoteca
Domenica alla discoteca
Annuncio importante: cercasi lavoro, rigorosamente in nero, quindi senza contributi, inps, inpdap, inail, irap, iciap, irfep, irpeg, iva e quant’altro.
Zona di lavoro:Milano o sud hinterland.
Soggetto disposto a questo tipo di lavoro: trentunenne educato e gentile, automunito, militare assolto, quindicinale esperienza come operaio specializzato, attualmente cassintegrato e abbastanza sco*****ato. Esperienza saltuaria come cassiere / barman presso pub e esperienza, sempre chiaramente in nero, come commesso in stagione estiva.
Il soggetto non intende sottoporsi a turni di lavoro troppo duri, nè a spostarsi troppo distante dalla propria abitazione (zona Milano Sud, per la precisione vicino a Via Giovanni da Cermenate).
Il suddetto lavoro gli servirebbe per arrotondare la già cospicua paga rubata allo stato attraverso la cassa intergazione straordinaria, per salvarsi dall’inedia, per salvare i propri contatti di facebook da continui aforismi negativi, cinici, malinconici e autodistruttivi, per non buttare tutti i soldi in macchinette e magari anche per conoscere gente nuova.
Si prega di astenersi datori di lavoro troppo pretenziosi. Cercate di capire la situazione, qui si tratta di salvare una vita, non di farlo faticare.
Ovviamente mi impegno a non divulgare notizie inerenti tali offerte fuorilegge alle forze dell’ordine.
Sostieni il governo, aiutaci a trovare un nuovo posto di lavoro: commesso, garzone, magazziniere, tornitore, spazzacamino, maschera del cinema, aiuto-portantino, ascensorista, tronista, comparsa, partecipante ai reality… insomma tutto fa brodo.
I miei affezionati lettori aspettano questo momento: l’ultimo post dell’anno con la classifica dei migliori sms che ho ricevuto. Purtroppo quest’anno ho una brutta notizia: per un mio errore gran parte degli sms ricevuti nel 2009 è andata persa, ma fortunatamente sono riuscito a salvare qualche chicca che vi propongo in ordine sparso:
"Info…. Il castello riapre il 15 giugno 2009 non mancare, sei un ospite speciale!"
Peccato che il Castello non l’aveva in gestione lui… e poi scusa ma invitava me? Mah…
"Che cazzo mi scrivi Xxxxx culo, stava usando il mio pc uno dei capi"
Grande lui lascia Skype acceso sul pc del lavoro, il migliore!
"Maestro Xxxxxxxxx mi ha chiamato per dirmi se voglio fare da testimone per avere la carta del prete che non è mai stato sposato …. ha chiamato anche te ???"
Il maestro era preoccupato
"Ciao ho cambiato numero di telefono questo è quello nuovo. L’altro lo puoi cancellare xche non lo uso più. a presto ciao ciao"
Questo è indubbiamente il migliore del 2009. Si ok hai cambiato numero…. ma chi sei? Hehehehe.
"Me ne pento amaramente! … mi ubriacherò da solo ascoltando l’avvelenata in loop"
L’amico si era dimenticato del concerto!
"Azzoo!Dovrò ammazzare un gatto (il tuo) e cucirmene un paio"
Avevo finito i doposci pelosi
Ne avevo altri veramente belli, ma purtroppo sono perduti per sempre come lacrime nella pioggia.
Ogni tanto me lo chiedo: ma perchè alle medie, in tutt’Italia, fanno suonare il flauto? Capisco che un’infarinatura di musica e storia della musica è sicuramente una cosa buona e giusta, ma… perchè proprio quei dannati flauti di plastica? Io da piccolino mi divertivo a soffiare a caso dentro a quello di mia sorella, che era marroncino. Poi alle medie ci è stato regalato, non mi ricordo da chi e perchè… forse da Don Mario. Fatto sta che ne avevo uno mio, rosso. Troppo esaltante, passavo i pomeriggi a suonare la nona di Beethoven: la la si do do si la sol…
Mamma mia, non oso pensare a casa mia che testa che avevano, mi avranno odiato di sicuro. E’ una cosa troppo urticante per le orecchie, fosse almeno uno strumento con un bel suono. Ma perchè non fanno suonare delle pianole o altri strumenti?? Mah…
L’altro giorno sono finito per caso in un negozio dove ho visto una specie di cubo di Rubik che ancora non avevo visto. E così dopo il cubo classico, il cilindro, la sfera e il nuovissimo cubo a specchi… sono ora felice proprietario di un cubo sudoku!
Dopo aver imparato a risolvere il mitico Cubo di Rubik, gli altri li ho troviti solo una variante del genere. Il cilindro e la sfera sono addiruttura più facili perchè i pezzi sono meno complicati (gli spigoli non hanno tre colori ma due o uno). Il Rubik’s Mirros Block può essere risolto con lo stesso sistema visto che i pezzi sono comunque uno diverso dall’altro.
Questo invece, e dovrei dire finalmente, lo trovo molto complicato. I pezzi sono tutti uguali, dannazione. E non come nel cubo classico che paiono tutti uguali, ma in realtà sono di 6 colori diversi… qui sono proprio tutti tutti uguali! Tutti neri. E la difficoltà sta nel comporre un sudoku per ogni faccia. Riuscirò nell’ardua impresa? Bah… speriamo. Finara, sinceramente, non ho avuto moltissimo tempo da dedicarci. Però mi intrippa l’idea.
Ecco cosa dicono a Tele Radio Sciacca di Gerardo Napoli, il mitico Gerry. In Sicilia la sua opera è molto apprezzata, come dimostra anche questa pagina del sito Sicilia nel Mondo: clicca qui. In fondo potete vedere una foto della "Scogliera di Gerry".
Vi ricordate le cabine telefoniche? Voi le usavate? Io ho iniziato da ragazzino, a Brallo. Ce n’era una in piazza, davanti al Municipio e una di lato, davanti al negozio di Enzo. Era la più ambita da quelli che volevano telefonare immersi nella privacy. Per esempio mia sorella usava sempre quella quando doveva chiamare il moroso. Oppure andava la bar Normanno, dove avevano una cabina ancora più isolata e insonorizzata. Funzionavano solo a gettoni. Quando ero proprio piccolo costavano 100 lire, poi sono saliti a 200 lire. Più avanti, invece di aumentarne il costo, diminuivano il tempo dello scatto. Non avevano corso legale, ma erano abitualmente usati come moneta, al posto delle 200 lire dorate. Poi sono arrivate le cabine coi telefoni "moderni" che andavano anche a monetine. Hanno messo un telefono pubblico di fianco alla posta, due cabine in piazza e una sempre a lato. Erano usate molto spesso, i cellulari ovviamente non esistevano e soprattutto d’estate, alla sera, c’era la fila per poterle usare.
Da ragazzino lo usavamo per passare il tempo in modo stupido: chiamavamo i numeri gratuiti, quelli delle informazioni, per chiedere le cose più assurde. Avevamo però una regola morale: non chiamavamo mai i numeri di emergenza, come il 113, per non intasare le linee che avrebbero potuto essere utilizzate altreimenti. Un giorno avevamo scoperto una cosa singolare: staccando e riattaccando la cornetta più volte il telefono andava in tilt e permetteva di fare le chiamate urbane gratis. Non era un gran vantaggio, visto che all’epoca le urbane costavano un solo scatto, ma a 12 anni anche 200 lire facevano comodo, e in più c’era il gusto del proibito.
Poi c’erano le storie strane, come quella dei cinque gettoni saldati assieme per non farli mai scendere del tutto, o il gettone legato col filo, o quelli che inserivano due fili metallici nella cornetta e chiamavano gratis… Al limite della leggenda metropolitana.
Da adolescenti, quando c’era il boom estivo delle telefonate, facevamo sempre il giro delle cabine per cercare qualche moneta, dimenticata nel telefono o caduta a terra, e ne trovavamo regolamente qualcuna. Ho molti ricordi di telefonate fatte dalle cabine. Per chiamare i compagni di scuola, per prenotare l’albergo di Rimini, ecc.
Anche a Voghera utilizzavo le cabine, soprattutto quella in fondo alla via, visto che non avevo il telefono in casa. Quante chiamate a Christian, e poi a Fabio o a Lorenzo… ricordo ancora a memoria i loro numeri di casa. Ora a memoria so solo il mio di numero di casa e quello del mio cellulare.
All’inizio, appunto, per chiamare dalle cabine dovevi procurarti i gettoni. Nei bar ti cambiavano i soldi, e non era raro che il barista ti dicesse di aver finito i gettoni, quindi la telefonata doveva durare meno. Con l’avvento delle monete la situazione è migliorata. Ricordo a Rapallo, o a Pavia, i centri della SIP dove c’erano tanti telefoni e la macchinetta che ti cambiava i soldi. Mettevi una milletta, premevi il puslante e… zak, giù 5 gettoni.
Poi sono arrivate le schede telefoniche. Le mettevi dall’alto e avevano la banda magnetica nel lato stretto. Costavano 3000 o 6000 lire. Più avanti sono arrivate quelle attuali, con la banda nell’altro verso, e i tagli da 2000, 5000, 10000 e addirittura 15000 lire. Siccome facevo la collezione, le compravo anche quando avevo messo il telefono a casa e quindi chiamavo dalla cabina per poterle utilizzare. Poi mi sono stufato, sinceramente.
Da supertimido quale sono ho sempre odiato le chiamate ai numeri fissi, perchè non sai mai chi ti risponde, ho sempre paura di fare delle figure. Infatti, da quando esistono i cellulari, chiamo praticamente tutti solo ed esclusivamente sui celulari. Se non risponde, o se è spento, pazienza…
se ha maturato una trasmigrazione morale e politica verso la sinistra non ha che da lasciare il Partito delle Libertà ed iscriversi, che so, al Partito Democratico, a un qualche Dipietropartito o cose simili. Ci ha quasi stufato con le sue continue riluttanze, i suoi distinguo, i suoi artefatti metodi per mettersi in luce per far vedere che lei è il politico di centro destra (che addirittura una volta era di destra, ricorda?) più illiminato (di rosso) ch c’è. Mi ripugna un pochino questo politically correct, non l’ho mai sopportato. Io ho le mie idee e son ben contento di essere, as usual, political uncorrect.
Un mio amico è cassintegrato. Peccato. E’ un tipo così pieno di vita, di iniziative. La sua passione è andare a pescare al mattino presto al Ticino. A volte va in qualche cava. Comunque è un tipo sportivo, uno che fa sport con impegno. Ha mille passioni, mille interessi. La cosa fondamentale nella sua vita sono i viaggi: è andato dappertutto, anche a Bergamo Alta. Il suo lavoro gli piaceva, ormai era un esperto, stava li da 15 anni. Si sbatteva di brutto, parlava sempre con soddisfazione del suo lavoro, anche se aveva la sensazione di essere un mobbizzato. Ma poi è arrivata la Cassa Integrazione. E’ una brutta malattia, un po’ come la depressione: subdola e molto velenosa. Il mio amico, che ha l’animo del poeta, dell’artista, ne ha approfittato per i suoi viaggi. Viaggi di piacere e viaggi all’interno di sè stesso, per riscoprirsi. Giovane adulto nella metropoli spersonalizzata. Come un regista ha trovato il tempo di fare tante cose diverse e focalizzarle secondo una logica artistica. Ha fatto della propria vita un film. Poi, lentamente, è subentrati il malessere. Un personaggio come lui abituato al movimento fisico, si è perso nel movimento del pensiero. Anche dopo innumerevoli tentativi non è riuscito a trovare un altro lavoro. E lui si è come chiuso in una gabbia cibernetica. Passa ore davanti alla tastiera, ad elaborare poesie, piccoli racconti, aneddoti con morale. Un poeta, un illusionista della parola. O forse un illuso poeta. I suoni della metropoli lo circondano, i simboli digitali lo pervadono: musica immagini parole pensieri. E’ diventato il Jack Kerouac multimediale: sempre sulla strada informatica. Ma come un novello Charles Bukowski sta perdendosi dentro finto mondo tecnologico, senza riuscire a capirlo nè a farsi capire. Continuando a provare a far sentire la propria voce, inutilmente persa e vacua.
« Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà? »