Si prega d’romp i ball el men pusibil
Category: Altro Page 29 of 74
Tutto quello che non rientra nelle altre categorie
Raggiungo Caldirola, frazione di Fabbrica Curone, posta a circa 1000 metri di altitudine. Imbocco una stradina che non avevo mai notato e che porta ancora più in alto, vicino alla Colonia Provinciale. La strada asfaltata termina e parcheggio. Da qui si parte per l’anello, imboccando il sentiero 106.
Il primo tratto è molto agevole, nel bosco. Sono fresco, la salita non mi disturba, scatto qualche foto. Mi rilassa camminare tra gli alberi. La salita, mischiata a brevi tratti in leggera discesa, si fa più impegnativa. Supero dei tratti di prato e raggiungo il Rifugio Orsi, posto a circa 1400 metri. E’ davvero ristrutturato bene, anche se in questo periodo è chiuso. Mi rilasso un paio di minuti, giusto per bere un po di tè caldo che mi sono portato e poi riprendo il cammino. Qui è davvero ripido, nel primo tratto non c’è neppure un vero e proprio sentiero, si sale nel bosco cercando con la vista i segni sugli alberi. Si sale, si sale, si sale finché raggiungo i pascoli. Qui ad un certo punto mi giro indietro e… meraviglia: si vede tutta la vallata. Non riesco a non esprimere la mia gioia a voce, anche se sono da solo ! Non vedo l’ora di essere lassù in alto per vedere ancora meglio.
Questa parte la trovo impegnativa, non fosse per il fatto che adesso ho la smania di arrivare e sapere di essere quasi in cima mi mette ancora più fretta. Raggiungo il crinale e seguendo il sentiero sulla costa arrivo fino alla sommità del monte Ebro a 1701 metri. Che bello, che bella vista. Il cielo è limpido, anche se in lontananza deve esserci una leggera foschia, visto che non si vedono le Alpi. Sotto di me vedo Cosola, in val Borbera, e appena lì che sembra quasi di toccarlo c’è il monte Chiappo e dietro si scorge benissimo un posto a me molto familiare, il Lesima. Se non avessi l’auto parcheggiata qui in basso, l’istinto sarebbe di correre in quella direzione.
Mi perdo per un quarto d’ora nell’osservazione di tutti i monti, le valli, i paesi, nonostante ci sia un vento gelido che mi taglia le mani. C’è un bel sole, ma siamo ancora in inverno! Riprendo il mio cammino e torno seguendo tutta la costa. Vai e vai, cammina cammina, dopo un po’ di saliscendi (monte Cosfrone e Panà) il sentiero si svolge decisamente verso il basso e perde quota rapidamente. Incontro due ragazzi che stanno salendo: è mezzogiorno. Guardo indietro e vedo che sta arrivando il brutto tempo, se vogliono arrivare fin sulla vetta è meglio che si sbrighino perché ne hanno almeno per un’ora.
Arrivo fino al capolinea della seggiovia di Caldirola sul monte Gropà, da dove si vede “a pochi passi” il monte Giarolo. Mi verrebbe voglia di andarci, ma anche in questo caso mi trattengo, sarà per la prossima volta, adesso devo completare l’anello e tornare. Non capisco bene dove dovrei passare, passo un po’ nella pista da sci e per qualche tratto anche per la pista da downhill. So che è pericoloso e ci sono i cartelli che vietano il passaggio, ma siamo in una giornata invernale infrasettimanale, con la seggiovia chiusa, quindi sono quasi sicuro di non aver brutte sorprese, anche se tengo le orecchie e gli occhi ben aperti per non finire investito. Controllando la mappa sul cellulare riesco a scendere in modo di arrivare dove ho lasciato l’auto.
Percorso finito, tempo totale 2 ore e mezza (3 ore e mezza con le pause: partito alle 9,30 e arrivato alle 13), distanza 11 km e dislivello complessivo 622m. Ecco il video:
Ma quale sarebbe il motivo per il quale continuano ad inventare metodi per aumentare la burocrazia e complicare la vita degli esercenti? Boh… Dopo fattura elettronica e registratore telematico, cosa si inventeranno?
Ma quindi sono passati 15 anni da quando ero il Conte di Campiglio? Ohibò! Corbezzoli! Poffarbacco!
«Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perché egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te»
Al pian del Lago: Darietto bambino e Stefano dell’Appennino, Hermes e Mirko di Figaro, Fabio di Siro, Marchino di Bralello, Brissio (nascosto) e Fabiein del Panettiere.
L’anello di Frate Ave Maria non è un gioiello, ma un percorso.
Anche stavolta ho seguito i consigli del libro “A un passo dalla Vetta“. Ho lasciato l’auto nei pressi del celeberrimo castello malaspiniano di Oramala. Pare che qui soggiornò anche il sommo poeta Dante Alighieri. Io invece, zaino in spalla, verso le 9 del mattino imbocco la discesa lungo la strada asfaltata che porta a Sant’Alberto, ma dopo poche centinaia di metri prendo una sterrata molto larga sulla sinistra.
La prima parte di questo percorso concede delle bellissime vedute su castello e sui monti della valle Staffora. Il sentiero è bello, largo, facile: da scampagnata. Ad un certo punto si svalica nell’altro versante e si inizia la discesa nel bosco, fino a raggiungere il rio Crenna. Anche se siamo in febbraio il clima prima era davvero piacevole, finché stavo al sole, qui invece sembra quasi di stare in una grotta, c’è freschino. Prova ne è che il terreno è ghiacciato, ma non mi preoccupo perché so che tra poco inizierà la salita e quindi mi scalderò.
Potete dire quello che volete, comunque non è normale che in questa stagione sia già fioriti gli anemoni. O si? Io proseguo la mia salita e finalmente ritorno sulla strada asfaltata, che proseguo per qualche centinaio di metri fino all’Eremo.
Questo eremo fu costruito, pare, proprio da Sant’Alberto con il contributo dei Malaspina e divenne ben presto molto importante. Non ho mai capito perché questi posti avessero tutta questa importanza, forse per l’aurea di misticismo e il fatto di essere così isolati dal resto del mondo. Sicuramente la spiritualità è accentuata. Ci passarono Edoardo II re d’Inghilterra, forse Federico Barbarossa e forse anche qui l’Alighieri. Col tempo perse d’importanza e cadde in disgrazia, finché passò sotto le cure di Don Orione che lo ripopolò con alcuni frati, tra cui il famoso, appunto, Frate Ave Maria.
Dopo una breve visita e una doverosa preghiera, riprendo il mio cammino. Stavolta si passa in val di Nizza: il sentiero inizia vicino al piccolo rifugio nei pressi dell’eremo, procede vicino alla strada asfaltata per poi inoltrarsi nel bosco in forte discesa. Si arriva nel paese di Monte, dove trovo un uomo intento a tagliare la legna. E’ quasi mezzogiorno, c’è un bel sole, ma dopo la discesa, si sa, c’è sempre una salita. E’ quella che porta a Poggio Ferrato. E una volta lì la salita continua, arrivando sull’asfalto, e poi continua ancora fino a località Beloria. Passeggiare sull’asfalto non è così divertente e difatti non vedo l’ora di arrivare all’auto, anche perché al mio arrivo è l’una passata, e ho fame.
Chissà dove si è nascosto il cagnone
Non ci è permesso scegliere la cornice del nostro destino. Ma ciò che vi mettiamo dentro è nostro
Sei la donna che passa
come una foglia.
E lasci agli alberi un fuoco d’autunno.
La felicità è un percorso, non una destinazione.
(Madre Teresa di Calcutta)