Un bel giro autunnale dalle parti di Ca’ del Monte e le grotte di San Ponzo
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HOLLYWOOD E SANTA MONICA
Ci siamo svegliati (presto, ancora a causa del jet lag) e abbiamo fatto colazione in camera con le cose comprate ieri sera. Alle 9 e un quarto eravamo già nel parcheggio del California Science Center, il museo che volevamo visitare, che però apriva alle 10. Nell’attesa abbiamo scoperto che in quella stessa piazza hanno fatto le olimpiadi del 1984 (io le ricordo, erano quelle del boicottaggio dell’URSS). Appena entrati ci siamo scontrati con due caratteristiche statunitensi: l’aria condizionata portava la temperatura a meno venti gradi, mentre il caffè (lunghissimo, ça va sans dire) era circa un grado meno del punto di ebollizione.

Museo carino, non imperdibile. L’unica figata sarebbe stata vedere lo Space Shuttle Endeavour, ma l’ala era in ristrutturazione.
Partiamo e ci dirigiamo verso le colline (come al solito, qui a L.A., per muoverti prendi l’autostrada) e raggiungiamo un punto, che avevo memorizzato, dove si vede bene la scritta HOLLYWOOD. Botta di c…fortuna: troviamo subito un parcheggio. Scendiamo dall’auto e rischiamo di scioglierci dal caldo. In effetti il mio cellulare è subito KO e non riesco a fare foto, le facciamo con quello di Valentina, prima di ritornare prontamente in macchina. Non troppo prontamente, in quanto i ghisa sono già riusciti ad appiopparmi una multa: 95 dollari per aver parcheggiato “colà dove (non) si puote”. Dopo i 20 dannati dollari per parcheggiare al museo, diciamo che alla municipale stiamo già dando un bell’obolo.

Scendiamo verso Hollywood e raggiungiamo un centro commerciale che è proprio sulla Hollywood Boulevard, la famosa “Hall of fame”. Mangiamo in un classico localino americano, con gli sgabelloni al bancone e i tavoli nei separé come fossero le carrozze FS degli anni della mia gioventù. Unica pecca la solita temperatura polare.

Abbiamo provato a passeggiare sulla boulevard, ma pareva di essere dentro una friggitrice ad aria, o meglio uno di quei fornetti per brioche che andavano di moda negli anni ‘80. Dopo qualche foto alle stelle incastonate nel marciapiede, abbiamo riparato in auto e con un altro viaggio in autostrada raggiugiamo Santa Monica, dove abbiamo visitato il famoso Pier (il molo). Devo dire la verità? Ma si, qualche negozietto carino, un piccolo luna park niente-di-che, ma nulla di imperdibile anche qui.

Allora andiamo in spiaggia nella speranza di incrociare Pamela Anderson e David Hasselhoff. La spiaggia di Santa Monica è tipo Rimini (ma senza cabine e ombrelloni), solo che l’oceano è più freschino. Però un bel bagnetto ci voleva. Al momento di andare via una scena che ci ha angosciato. Un papà ha smarrito la bambina e la cercava affannosamente. Quando la mamma ha capito, è andata nel panico anche lei. Eravamo tutti scossi, il papà che ha sbarellato e zampettava in acqua chiamando la bimbetta, la mamma che urlava. Per fortuna dopo pochi interminabili minuti una ragazza ha accompagnato la piccola, che si era evidentemente allontanata, dai genitori. Che sollievo, ho ancora i brividi quando ci ripenso.

Al ritorno Valentina ha sperimentato il “Walmart senza cibo” (vedi puntata precedente), girando per oltre un’ora alla disperata ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti, mentre Leo dormiva e io stavo contattando Fox Mulder per capire se per caso fosse stata vittima di un rapimento alieno. Adesso ci scherzo, ma erano i primissimi giorni in USA e stare per tanto tempo in un parcheggio, al buio, in periferia, con un bambino, ti faceva fare anche strani pensieri, sai com’è, magari come nei film saltava fuori uno col ferro e mi diceva “hey amico, molla i verdoni e le chiavi dell’auto”.
Siamo arrivati in stanza stravolti e siamo andati a dormire sapendo che il giorno dopo avremmo affrontato un viaggio molto lungo per andare in un posto “difficile”.
Prossima puntata: LA VALLE DELLA MORTE
Atreyu: Perché Fantasia muore?
Gmork: Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga.
Atreyu: Che cos’è questo NULLA?
Gmork: È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo, e io ho fatto in modo di aiutarlo.
Atreyu: Ma perché!?
Gmork: Perché è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere.

Ho da poco terminato la lettura di “L’ultima riga delle favole” di Massimo Gramellini, un autore che di solito apprezzo molto.
Nonostante la mia stima per lo scrittore, devo ammettere che questa volta il libro non mi ha convinto del tutto.
Sembra una sceneggiatura di Dylan Dog (e questo è un bene). L’ambientazione onirica e il lungo percorso introspettivo del protagonista, se da un lato possono essere affascinanti, dall’altro mi sono sembrati eccessivi, quasi stucchevoli.

Ho trovato la narrazione un po’ troppo prolungata e, nonostante le numerose recensioni positive che sottolineano la profondità dell’opera, non sono riuscito a coglierne appieno il valore.
Forse è solo una questione di gusti personali o di momento storico. Magari rileggendolo in un altro periodo della mia vita ne apprezzerei di più le sfumature.
E voi cosa ne pensate? Avete letto questo libro? Condividete le vostre impressioni nei commenti!
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Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.
L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.
Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.
E la pioggia piangeva
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.

SUPERMERCATI E RISTORANTI
Iniziamo col dire che l’aria condizionata è sempre accesa e impostata ad una temperatura molto più bassa dell’esterno. Entri in maglietta e ti sembra di essere al polo.

Quando passi da 35/40 gradi a 18 lo sbalzo è notevole, ti dà proprio fastidio anziché sollievo. Poi succede, come negli ultimi giorni a San Diego, che fuori alla sera fa freschino ed entri nel fast food dove c’è proprio FREDDO e quindi non vedi l’ora di uscire.

Per quanto riguarda i supermercati, posso dirvi che è il modo migliore di procurarsi il cibo e tutto quanto sia necessario. Per esempio: la compagnia di noleggio mi aveva fatto pagare $70 per il seggiolino auto (che in realtà non c’era, ma mi è stato rimborsato correttamente), e al Walmart l’abbiamo comprato per $20 (l’ho portato a casa, tanto in aereo il trasporto è gratis). Sin dal primo giorno, Walmart è stato il nostro migliore amico: quando ne avevamo l’opportunità ci fermavamo per comprare le nostre insalate (Valentina la “Caesar’s” e io la “Santa Fè”), la frutta per Junior, i biscotti, l’imprescindibile acqua e qualche altro improbabile acquisto.

Il problema è che esistono due tipi di Walmart. Piccola divagazione per chi non lo sapesse: Walmart è la più grande catena di supermercati degli USA (e del mondo). Se vi capita di guardare la classifica dei più ricchi del mondo i componenti della famiglia Walton ci sono sempre. Dicevo: ci sono i Walmart che hanno TUTTO e quelli che hanno QUASI TUTTO, e in quello in cui scarseggiano c’è proprio il cibo. Potevi girare anche mezz’ora e trovavi poco o niente. Una delusione che non vi dico.

Nei piccoli centri (come i paesotti nella nazione Navajo) abbiamo sperimentato, con molta fatica, i supermercati locali, dove difficilmente trovavamo qualcosa di facilmente commestibile in base ai nostri gusti.

Al mattino abbiamo fatto spesso colazione nei motel: alcuni discreti, altri così così. Oppure andavamo da Starbucks dove con la modica cifra di $25 dollari ci davano un cappuccino per me, un frappuccino per Valentina e 3 brioches. Economico direi.

Per pranzo prendevamo qualcosa in giro, mentre per cena dipendeva da alcuni fattori: quanto eravamo stanchi, dove eravamo (se nel nulla più assoluto o in città) e quanta voglia avevamo. Spesso abbiamo provato i fast food, stile Mc Donald’s o Taco Bell o Jack in The Box o Pizza Hut. C’è una cosa da dire: spesso, anche se sono catene, vengono gestiti in modo autonomo e ci è capitato più volte che la pulizia non fosse il massimo. Intendo proprio la pulizia base, cioè pulire con la spugna il tavolo! Esperienze peggiori: da Pizza Hut a Page e da Taco Bell a Palm Springs. Tutti i Mc Donald’s invece erano sempre puliti.

Siamo stati a cena a Williams, dove il nostro fluente inglese non ci ha fatto capire una mazza. Alla fine valentina è riuscita a mangiarsi una bella bistecca. Io avevo ordinato una cosa tipo “Steak & Chips” che invece si è rivelata un piatto di patatine fritte con sopra 5 o 6 piccoli pezzi di tagliata (peraltro buona) sopra, una delusione. A Flagstaff invece alla pizzeria Fat Olives abbiamo sorprendentemente mangiato un’ottima pizza. Valentina era titubante (nonostante il posto l’avesse scelto lei), ma si è dovuta ricredere.

I prezzi? Non così cari come ci aspettavamo. Come sempre succede in tutto il mondo: se scegli un ristorante in centro o sul lungomare è naturale che spendi di più. In molti posti le pietanze sembravano care, ma poi scoprivamo che le bevande erano sempre comprese: passava il cameriere a riempirti nuovamente il bicchiere. Altre volte invece ci facevamo ingannare dai prezzi a cui però bisognava aggiungere le tasse (forse un 10%) e la mancia (a volte già indicata, molto spesso a tua scelta, si aggira dal 15% al 20% circa).

prossima puntata: “HOLLYWOOD E SANTA MONICA”
puntata precedente: “DISNEYLAND“
“Invictus” di Simone Sarasso è stata una piacevole sorpresa. Mi aspettavo un romanzo storico tradizionale, magari un po’ scontato, incentrato su qualche eroe romano di fantasia. Invece, l’autore ha scelto di raccontare la straordinaria e complessa vita di Costantino il Grande, un personaggio storico che di per sé sembra uscito da un romanzo.
Sarasso dimostra una profonda conoscenza della storia romana e riesce a trasmettere al lettore la sensazione di immergersi in un’epoca lontana e affascinante. Lo stile narrativo è crudo e diretto, quasi cinematografico, che permette di vivere in prima persona le vicende di Costantino, dalle sue prime esperienze alla corte di Diocleziano fino alla sua ascesa al potere.
Le oltre 450 pagine scorrono via rapidamente, grazie a una trama avvincente e a personaggi ben delineati. Seguire le avventure di questo giovane illirico, destinato a diventare uno degli imperatori più importanti della storia, è un’esperienza coinvolgente.
Apprezzo molto come l’autore sia riuscito a rendere palpabili le atmosfere dell’epoca, le rivalità politiche, le battaglie epiche e le intricate dinamiche di corte. “Invictus” non è solo un romanzo storico, ma anche un ritratto psicologico di un uomo che ha lasciato un’impronta indelebile sulla storia dell’Occidente.
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