L’anno scorso ho subito un paio di volte la rottura dei vetri del mio negozio. Più di mille euro spesi per ripristinarli, oltre all’angoscia che, volente o nolente, aleggiava in me e nella mia famiglia (con un bimbo piccolo è oltretutto inevitabile).
Le telecamere del circuito di sorveglianza potrebbero aver ripreso il colpevole, ma anche di fronte all’evidenza… cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete, un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate…
«Scusa il ritardo» disse Gianni, «vado un attimo in bagno e sono pronto. Intanto, tieni questa». Appoggiò quella cosa sul pavimento e sparì nella toilette.
Era di metallo e plastica. Un sostegno di ferro, o alluminio, che reggeva un ripiano orizzontale di bachelite. Poteva servire come appoggio, ma la particolarità era un altro ripiano, più piccolo, obliquo, dello stesso materiale.
Un altro di quegli oggetti bizzarri creati da Gianni nei suoi pomeriggi di design applicato a cui io, che ero la parte un po’ meno creativa e più descrittiva del duo, avrei dovuto dare un nome.
Mentre lo aspettavo cercavo di capirne il possibile utilizzo. Assolutamente incomprensibile, ma l’idea del nome ce l’avevo già chiara: CADREGA!
Ta robe à fleur Sous la pluie de novembre Mes mains qui courent Je n’en peux plus de t’attendre Les années passent Qu’il est loin l’âge tendre Nul ne peut nous entendre
E se comprarti una rosa a Lambrate bastasse / Io farei pace con te / E se portarti a ballare a Lambrate bastasse / Farei l’amore con te (M¥SS KETA / Noemi)
“Il gran parte, gli individui che agiscono in modo malvagio si considerano brave persone che combattono le forze del male’
E talvolta, aggiungo io, trovano anche persone che gli danno ragione e questo acuisce il problema (che non è un problema loro, ma di tutto il resto del mondo). Ma io confido che prima o poi i nodi vengano sempre al pettine, checcé ne dicano le urla degli straccivendoli.
Ho letto questo libro di Alessandro Reali: “Il giallo della valigia di piazzale Lodi”
Siamo nel 1965. Il commissario Caronte indaga sulla scomparsa di una ragazza.
Cosa mi è piaciuto: la storia regge abbastanza bene ed è ambientata in una città che mi piace in un periodo storico di grandefermento. Reali dipinge alcuni scorci di una Milano che ormai non c’è più. Una Milano più vera, più milanese (tante frasi in dialetto meneghino messe in bocca ai personaggi), che si gira più facilmente così come facilmente si raggiunge la periferia e la campagna. Dove al bar ci si conosce tutti, dove ci sono ancora le latterie e i negozi di merce usata.
Cosa non mi è piaciuto: in alcuni punti, proprio verso il finale, un’accelerazione improvvisa nel racconto. Un po’ spiazzante, avrei preferito qualche pagina in più di svolgimento della storia.
Nota: perché anche la donna del commissario, pur nell’intimità di una cena tête-à-tête, lo chiama Caronte e mai per nome? (Un po’ come il tenente Colombo, di cui nessuno conosce il nome di battesimo)
Quando ero ragazzino, talvolta mio papà mi portava con sé quando andava a fare acquisti per il negozio perché diceva che “si impara più che andare all’università” (ed è assolutamente vero).
Da Castelnuovo Scrivia a Milano, da Sannazzaro a Piacenza, fino a Reggio, Carpi, Modena, Bergamo, Genova. Da San Martino in Strada (LO) a Marostica (VI), da Firenze a Bormio, da Busto Garolfo a Montebelluna, anzi no.
In realtà a Montebelluna insieme a lui non ci sono mai stato, ma un racconto su due delle sue gesta meravigliose era ambientato là, in quel paese del trevigiano dove la realtà si mischiava alla leggenda. Siro diceva sempre che la sua fortuna nel commercio era iniziata proprio nella mitologica zona di Montebelluna, patria di numerosi calzaturifici dove lui comprava scarpe sportive, da escursione e da sci.
Da quelle parti producevano: Dolomite, Tecnica, Munari, San Marco, Asolo, Scarpa, San Giorgio, Nordica, Aku, Trezeta, Garmont, Diadora, Lotto e chi più ne ha più ne metta. Lui partiva al mattino presto e tornava la sera tardi, dopo abili contrattazioni che gli permettevano (insieme al pagamento immediato e tanta serietà) ad ottenere prezzi incredibili.
Vederlo all’opera era una lectio magistralis in economia. Sapeva quali erano i prodotti giusti, il prezzo giusto, il modo giusto di trattare, e non sbagliava (quasi) mai.
Erano tempi in cui, io sono riuscito appena a vederli, entravi nella fabbrica, vedevi gli operai intenti a costruire qualcosa di unico e importante, e parlavi direttamente col proprietario. Poi siamo passati ai magazzini, con i macchinari accantonati, e parlavi col manager. Adesso comunichi via email e vedi tutto sul web, ma su disegni e non su foto, perché i prodotti ancora devono fabbricarli, in Cina.
Ho letto questo libro, “Come diventare un malato di mente” di José Luís Pio Abreu.
Il titolo sembra ironico, e in effetti in parte lo è, anche se lo scrittore è molto serio. Fa un’accurata descrizione di vari tipi di malattie mentali, da quelle lievi a quelle molto gravi, dalla depressione alla schizofrenia, dall’ipocondria, dalla bulimia alla paranoia.
Il tutto però da un punto di vista molto particolare, vale a dire è scritto come se fosse un manuale per chi, volontariamente, volesse soffrire di una di queste patologie. Prende così in giro i medici che continuano a somministrare solo ed esclusivamente pastiglie e medicine a chi è affetto da questo disturbi, senza approfondire, e così talvolta acuendo o cronicizzando la malattia.
Insomma: un libro davvero particolare, che una volta iniziato non mi sarei aspettato di finire invece devo dire che mi è anche piaciuto. Dovrò preoccuparmi?
Ho letto questo libro, “L’armonia delle imperfezioni” di Giorgio Rebolini, che poi è mio cugino (il “primo”, mentre io sono l”ultimo”)
È il suo libro d’esordio e, onestamente, si vede. Sono due racconti: la storia c’è, la trama a volte è fin troppo densa, probabilmente sarebbe dovuta essere sviluppata maggiormente. Alcune parti lente e altre con dei salti temporali grandissimi. Insomma: perfezionabile.
Però onore al merito: per essere un medico scrive fin troppo bene. A parte la battuta, Giorgio ha scritto altri racconti che ho letto ed erano, sempre a mio modesto e insignificante parere, migliori.
So cosa vuol dire, so cosa significa avere una famiglia e andar per la città con la paura. Per mia moglie, per mio figlio. E vi assicuro che è una situazione per niente piacevole: ti trovi a non aver più voglia di girare a piedi, diventi quasi paranoico quando senti dei passi dietro, quando incroci una persona stringi forte lo spray che tieni in tasca con la mano sinistra e serri il pugno destro, esci dal negozio e osservi a sinistra e a destra, idem quando esci di casa. Ero arrivato a pensare di tenere un bel bastone sotto al passeggino, ma non credo che fosse stata una bella idea, magari con l’ipotesi di difendere mio figlio l’avrei usato. Ho ancora l’amaro in bocca ripensando a quei brutti mesi fatti di silenzi, di bocconi amari da inghiottire senza dire niente, di vessazioni gratuite. Ho ancora quel sasso, lo tengo per ricordo, a monito di dove sarebbe potuto finire. Ho ancora negli occhi e nelle orecchie la solidarietà degli amici e di tanta tanta gente, ma la sensazione di fastidio rimane, come fosse la sabbia che ti rimane appiccicata in spiaggia, e anche se ti scuoti, da qualche parte rimane lo stesso
VOGHERA 23/03/2023: Auto in contromano in via Cavour. Contro i pericoli alla circolazione spuntano i cartelli ‘fai da te’
VOGHERA – Girare a sinistra per uscire più velocemente dal centro città è troppo allettante. E’ così che più di qualche automobilista ogni giorno imbocca la strada in contromano, incurate dei pericoli che genera.
Succede in via Cavour, dove il ‘percheggino’ che s’affaccia anche sui giardini del Castello, spinge alcuni guidatori a svoltare a sinistra (anzichè è destra in direzione piazza Duomo): azzardando così un contromano di una 40tina di metri. E fa niente se dall’altra parte arrivano auto, moto e bici e se dalla via Cernaia sbucano auto e mezzi che non li vedono neanche arrivare.
Essendo il problema noto da tempo e non trovando soluzioni, qualcuno ha pensato di intervenire. Come? Provando a rendere palese la violazione.
“Dal mio negozio almeno 2-3 auto al giorno le vedo passate contromano”, spiega Fabio Tordi, commerciante che ha il negozio a pochi metri dal parcheggio e che ha pensato di esporre cartelli ‘fai da te’ in cui si avverte che, andando in direzione di viale Repubblica, si sta procedendo in contromano.
“Quelle auto sono pericolosissime – aggiunge il commerciante -: anche perché la maggior parte, con l’idea di togliersi dalla strada il prima possibile, percorre il tratto molto velocemente. Ma in questo modo si rendono ancora più pericolosi.”
Sulla base di alcune testimonianze c’è anche chi fa di peggio: come ad esempio partire al fondo della via, zona Gulliver, e fare tutta via Cavour in contromano.
“Sono pochi – conferma Tordi, ma ci sono – specialmente nei momenti di poco traffico.”
Come accade in altre zone della città (in tutta la città per la verità) il fenomeno del contromano non riguarda solo le auto.
Molte sono infatti anche le bici. Fra queste le più pericolose sono quelle elettriche adibite alle consegne (“vanno velocissime”, conferma il commerciante).
Il cartello ‘fai da te’, chissà, potrebbe servire anche per loro.
Una soluzione simile era stata adottata l’anno scorso in via Garibaldi da altri commercianti
Si parte tra Cignolo di Santa Margherita Staffora e Castellaro di Varzi, si sale fino a raggiungere il percorso della Via del Sale, poi fino al rifugio del Pian della Mora, per poi scendere verso la zona del Bocco, dove si sono verificate le apparizioni della Madonna negli anni ’40 del secolo scorso.