(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Category: voghera

Ancora santini

Ecco la seconda parte delle critiche sui santini elettorali a Voghera:

Chiaro, preciso, sincero. Né troppo né troppo poco. Però un poco triste.
Carino, col rosso che richiama l’appartenenza politica. Ma ci son scritte fin troppe cose. E poi lo slogan lo metterei fuori dalle virgolette.
Il design non è male, la foto è bella sorridente, ma "spara" un po’ troppo.
Mamma mia, Franco ha usato la foto della patente, avrà almeno 20 anni ‘sta foto!
Quante cose che bisogna fare….troppe? Il sorriso è tirato.
L’idea del castello come sfondo è originale, ma la figura rimane troppo piccola. Ma poi perchè hanno tutti questo vizio di scrivere "uscente" ? Non basterebbe scrivere la tua carica attuale senza aggiungere "uscente" ??
Anche lui ha usato una foto un po’ (tanto) datata.
La foto è molto bella. Per il resto anche qui non mi piace "uscente" e lo slogan tra virgolette (e per giunta coi puntini di sospensione, uno slogan deve essere deciso!). Un’altra cosa che non mi piace è "professione avvocato". Io avrei scritto semplicemente "avvocato".
Vedi sopra
 Niente di criticabile, ma neanche niente di che. Anonimo.

Domani altra puntata…

Santini

Anche a Voghera, il prossimo 28 e 29 marzo ci saranno le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e regionale. Ho raccolto alcuni "santini" e li vorrei commentare, come sempre facendomi i fatti degli altri senza guardare i fatti miei ;-)

Clicca sulle anteprime per ingrandire la foto.

Il santino di Carbone mi piace, c’è addirittura il tricolore che fuoriesce dal logo. Lo slogan è un po’ evangelico, mi ricorda "per Cristo, con Cristo….."
Anche quello di Foresta è un onesto santino. La foto però è un po’ scura e il sorrisetto è forzato.
Oddio la foto non mi piace. La maglietta della salute dà un tocco casereccio (anche io la metto sempre), ma lo sfondo bianco è un po’ spettrale.
Pernetti vuole invece "uscire" dal santino: troppo in primo piano.
Quella di Giugliano non è male, a parte i ciuffi ribelli nella foto. Lo so ragazzi che vi piace mettere gli slogan, ma… ne vale la pena… di che cosa??? E poi la parola "cocoordinatore" è orribile.
Quello di Pino invece mi piace proprio, ma non perchè è un amico (lui sa che sarei comunque perfido e cattivissimo). La foto lo ringiovanisce, c’è un indicazione importante che molti dimenticano (la parola "scrivi" e non la parola "vota")
Il layout del santino della Azzaretti è un po’ diverso dai soliti, anche per il tipo di carattere usato. Se proprio devo fare una ciritca non mi piace l’ovale che racchiude la foto, e il foularino.
Anche Domenico mi è scaduto sullo sfondino abbagliante. Sembra la fototessera del Circolo della Briscola.
Il santino di Tura è molto "giovane": slogan, breve curriculum, riferimenti internet, foto elegante e sorridente. Unico neo: gli sono venute spalle troppo larghe…
 Miiiiii che titolone. Ma cosa vuol dire? Ma quindi sulla porta dell’ufficio ha scritto A.a.S.E.P.T.e.T.V.P.T.L ? Lo slogan è pessimo: prima mette le virgole e poi non mette neanche il punto. Per il resto tutto ok.

 Pero oggi ho criticato abbastanza… a domani…

1986

Nella primavera del 1986, due anni dopo quel millenovecentoottantaquattro nel quale Orwell ci prospettava l’avvento del Grande Fratello, c’era già stato un evento che aveva colpito la mia mente di ragazzino: a gennaio era esploso il Challenger. Quando ero piccolino era insieme abitudinaria e speciale l’eventualità di un lancio di un "missile" nello spazio. La luna era già stata conquistata da decenni e mi sembrava quasi preistoria, ma il lancio di navicelle spaziali era ancora un evvento carico di suggestioni a cui i media davano molta importanza. Il countdown era qualcosa di sensazionale. Quel giorno di gennaio qualcosa andò storto e lo Space Shuttle Challnger esplose. Mi pareva incredibile, non mi sembrava vero. Avevo 12 anni e certe cose non le comprendevo, andavano al di là della mia immaginazione. Il mondo era per me fatto di cose consequenziali e quindi non mi sembrava vero che potesse succede una cosa così spaventosamente straordinaria. La cosa che mi ha colpito di più, e a cui ho ripensato tante volte, era la presenza di una maestra tra l’equipaggio. Ne avevano parlato molto: un’insegnante nello spazio. Che, insieme ai suoi compagni di viaggio, è diventata di colpo polvere e fiamme.

Mi ricordo un’altra cosa del 1986: è passata la Cometa di Halley. Anche di questo ne parlarono molto. A me pareva una cosa incredibile: una cometa, come quella di cui parlano i Vangeli, quella del Natale!!!!
E poi ricordo che avevo letto su un qualche giornale che nel 1986 avrebbe visto la luce un’invenzione che mi pareva fantascientifica: il videotelefono. Ho dovuto aspettare molti anni per vederlo davvero, e mi è parso ‘na strunzata.

Ma fu appunto nella primavera del 1986 che successe qualcosa di ancora più straordinario: il disastro di Cernobyl. All’inizio la notizia passò tra le tante: in Russia (in realtà Cernobyl è in Ucraina e quindi era in Unione Sovietica) è scoppiata una centrale nucleare. L’immaginazione veniva colpita perlopiù per un motivo: in Italia avevamo qualche centrale nucleare e il terrore era quello di un qualche disastro che potesse provocare morte e disperazione. La paura più grande era quella che la Guerra Fredda si trasformasse in guerra reale, e uno degli obiettivi dei "cattivi" potesse essere proprio la distruzione di una di queste centrali. Mia mamma mi diceva sempre che se fosse successo qualcosa alla centrale di Caorso, noi saremmo stati relativamente vicini e quindi in grave pericolo. I film che giravano in quel periodo (ricordate "The Day After"?) non facevano che acuire quelle preoccupazioni.

Col passare dei giorni la notizia prese una piega ancora più inquetante: gli espertoni non avevano mai calcolato (o meglio, avevano sempre taciuto) un pericolo molto grave: che le radiazioni nucleari potessero essere trasportate dal vento. E quindi l’intera Europa era in pericolo. Non si mangiavano più frutta e verdura. Non si poteva giocare nei prati. Mettetevi nei miei panni, io abitavo in montagna!!!
Il brutto era che dovevi aver paura di qualcosa di ignoto: non si vedeva, non si sentiva. Il mondo che ci circondava sembrava uguale a prima, ma i telegiornali non smettevano di metterci in guardia. Da incubi…

Altre cose che mi ricordo di quel 1986 sono il mondiale di calcio messicano vinto da Maradona e la sua Argentina (io tifavo Germania Ovest) e la misteriosa morte di Sindona nel supercarcere di Voghera. Costui era uno strano figuro, un personaggio coinvolto in un malaffare torbido in cui erano (forse) coinvolti banchieri, mafiosi e vaticano. Roba da film. E divenne così tristemente famoso il "Caffè alla Vogherese". Un poco indigesto direi…

Chi l'ha vista?

Questa foto è stata scattata a Voghera. Chi sa dirmi dove si trova?

Parco Palustre di Lungavilla

Finalmente anche io sono stato al famoso o famigerato Parco Palustre di Lungavilla. Dopo averne sentito tanto parlare, ci sono finito quasi per caso. E’ un parco che tra tra Lungavilla, Porana e Pizzale. Ci sono numerosi laghetti e dei sentierini che li collegano. Da Lungavilla si va verso la stazione e si seguono i cartelli. Al contrario, se si arriva da Porana, dopo la stazione si trovano i cartelli.

E’ pieno di pescatori che cercano, come sempre con alterne fortune, di acchiappare qualche pesciolonzo, e ci sono anche tanti turisti, come noi, che sono li per fare un giretto. E’ piacevole sapere che a poca distanza ci sia un posticino così carino. Bravi, bravi.

Lo stemma di Voghera

Tratto da "Voghera nel Cuore", a cura del Comune di Voghera, Assessorato al Turismo, 2004


II Comune di Voghera, secondo la ricostruzione del conte Antonio Cavagna Sangiuliani posteriore al 1871, al tempo della Dieta di Roncaglia (15.12.1154), mostrando fedeltà all’imperatore Federico Barbarossa, assunse a proprio stemma l’aquila imperiale in campo dorato con sbarre bianche e nere e, secondo altre fonti, anche rosse, con l’iscrizione che termina con le parole Signo Sacrati Imperii Durabit Viqueria tempore longo si sciet vivere cauta.
Lo stemma, a forma di scudo, recava nella parte superiore, in campo oro, un’aquila imperiale unicipite poggiante su un attraversamento fasciale costituito da tre bande nere e tre bianche fra loro alternate, occupante la parte centrale, mentre la parte inferiore è costituita da campo rosso.
Al di sopra dello stemma campeggiava una corona turrita a cinque torri uguali, significante la presenza di fortificazioni. Nel linguaggio araldico le bande nere rappresentano la fazione ghibellina, quelle bianche, la fazione guelfa; l’aquila imperiale poggia sulla pace delle fazioni della comunità (il campo rosso).
Con decreto dato in Milano il 19 gennaio 1608 da Filippo III di Spagna, la Contea di Voghera venne elevata a Marchesato e infeudata a Don Petrus Enriquez Azevedo, conte di Fuentes, come risulta dal diploma originale conservato nell’archivio di Stato di Milano.
Il marchese di Fuentes aggiornò lo stemma di Voghera dandogli forma ovale, inquadrandolo in una cornice barocca, sormontata da una corona marchionale a tre gigli intercalati da due punte argentate, mentre nei due fori inferiori erano incastonati alternativamente rubini, perle e smeraldi.
Negli anni ’30 del XX secolo lo stemma fu riconosciuto dalla Consulta araldica in forma di scudo, mantenendo l’aquila imperiale in capo oro, sormontata dal fascio littorio poggiante su fasce convesse alternate nere ed argentee con sottostante campo inferiore rosso e la corona marchionale, sovrastante. Sotto lo scudo figurava un nastro azzurro con l’iscrizione Signo Sacrati Imperii durabit Viqueria e un ramo di alloro intrecciato con uno di quercia, legati, al centro, con nastro rosso.
Con l’avvento della Repubblica Italiana, viene tolto il fascio littorio.

Le poste… che pacco!

Stamattina. Alle dodici circa decido di passare un attimo in posta. Ufficio Postale centrale di Voghera, via XX Settembre.

Dovevo spedire due raccomandate e ritirare un vaglia postale.
Viste le mie precedenti esperienze (VEDI QUI) appena entro prendo due numeri, uno per le raccomandate e uno per ritirare i soldi del vaglia.

La fila delle raccomandate è in "ritardo" (nel senso che il display indica il mio numero, 31, ma stanno ancora servendo il 29), ma tutto si risolve in pochi minuti.

Inizio l’attesa per il vaglia. Ci sono solo due sportelli aperti e una trentina di persone in attesa. Per giunta una alterna il servire gli utenti a sbrigare altre faccende. Inoltre ci sono altri due sportelli non operativi, con il display acceso, ma con impiegate intente a fare altro. Dopo pochi minuti è il turno di due ragazze straniere, che devono fare un vaglia on-line e perdono un sacco di tempo. Siamo al numero C95. Appena prima era stato chiamato il numero A42. Io ho il numero A62 e il mio vicino di sedia il numero C135. Auguri (a entrambi).

Alle 12 e mezza la situazione non si è per niente sbloccata. Siamo al numero C98 e A47. Non aprono sportelli ulteriori, gli unici due aperti fanno quello che possono, ma per ogni cliente servito ne entrano nell’ufficio altri due o tre. La situazione sta diventando insostenibile. Gli animi si scaldano.

C’è chi mugugna, chi brontola, chi si lamenta ad alta voce, chi da in escandescenze, come un signore che non ha ancora capito che la cassa con indicato il numero C95 non è operativa e la signora sta facendo altre operazioni. Lui inizia a sbraitare e vuol parlare col direttore. All’una meno 10 minuti apre finalmente una terza cassa e mi accorgo di un fatto singolare: da qualche tempo stanno servendo i numeri della serie H: H26, H27, H28, H29… hey ma il signore con il biglietto H29 è entrato poco fa: ho un terribile sospetto. Vado al distributore automatico di biglietti e premo il tasto per i correntisti: zak esce il numero H30. Dopo un minuti la cassa chiama: "ACCAAATRENTAAAAA". Ovviamente non mi presento (non sono una carogna) e spiego agli altri quello che è successo: finimondo! Tutti iniziano ad urlare e la cassiera spegne il display, dicendo che avrebbe seguito la numerazione a mano.
E’ quasi l’una.
Esco e vado a pranzare.

Aprire qualche sportello in più nelle ore di punta no eh? Ma il direttore dorme??

Nomadi

Non mi riferisco al famoso gruppo musicale che suonerà presto al Pian del Poggio (vedi qui)

Sto parlando del campo nomadi costruito recentemente a Voghera. l’Associazione Opera Nomadi nei giorni scorsi ha ribadito le proprie perplessità su questa nuova struttura: alcune condivisibili, altre meno, a mio giudizio.

Per prima cosa fanno notare che i vogheresi si erano espressi con un referendum contro la realizzazione di questo impianto. Questo è vero, ma siccome questi personaggi già godevano di cittadinanza vogherese e quindi non si poteva fare altro (anche considerando il fatto che loro, essendo nomadi, di vivere tra quattro mura non ne parlavano neanche). Per fortuna che l’amministrazione ha individuato, non senza mille discussioni, un’area abbastanza lontana dal centro abitato.

E invece no! I responsabili di questa Associazione dichiarano una "fondata preoccupazione per i pericoli di una sostanziale esclusione della comunità dei Sinti dal tessuto sociale della città"

MA FOSSE VERO !!!! Ma che lavoro fanno questi signori di Opera Nomadi? Di sicuro non hanno a che fare quotidianamente con queste persone (come me, e vi assicuro che non è facile conviverci avendo un’attività). Loro poverini si preoccupano per "l’esclusione dal tessuto sociale". Ma per piacere! Magari non li vedessimo più in giro x Voghera (ma ne dubito).

Poi aprono un’altra discussione (più fondata) sul fatto che questo campo nomadi non abbia una rete fogniaria adeguata e sia solo provvisto di pozzi neri. Ok, se è vero, non è una bella cosa, ma loro son preoccupati che quei poveri indigenti debbano dover provvedere alla loro pulizia. Indigenti? Ma lo sapete quanto guadagnano quelli? Sicuramente più del signore di Opera Nomadi, che probabilmente ha le fette di salame sugli occhi…

Piste ciclabili

Ma è mai possibile che si fa un gran parlare di piste ciclabili, di città che soffocano il povero ciclista costretto a zigzagare tra macchine parcheggiate e viabilità assassina, e poi quando ci sono le piste ciclabili nessuno le usa?

Mi sto riferendo a Voghera, ovviamente. In via Repubblica, in via XX Settembre, in Corso Rosselli, vedo sempre, al contrario, gente in bicicletta che ondeggia pericolosamente di qua e di là, cercando di evitare auto in doppia fila, magari con due sporte della spesa, pericolosissime per l’equilibrio e per il fatto che aumentano l’ingombro.

E allora cosa è servita la realizzazione delle piste ciclabili, con la conseguente riduzione di parcheggi, se poi chi utilizza la bicicletta lo fa in mezzo alla strada, creando pericolo per sè e per gli automobilisti?

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