(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Cicalecicalecicale

Stamattina alle 8.30 a svegliarci ci ha pensato il mio cell. Era un tecnico della Telecom che, nel giro di poco tempo (si fa per dire) ha risolto un mio problema. Ma su questo farò un apposito post sul blog quando torno a casa.
La colazione è stata veramente ottima e abbondante e la padrona di casa ci ha dato qualche dritta sulle spiagge. Abbiamo scelto Baia dei Turchi.
E’ interessante notare che il quartiere nel quale alloggiamo non ha vie interne, è un blocco unico e per tornare al punto di partenza, visto che la nostra strada è a senso unico, occorre fare il giro dell’isolato intero.
Un’altra cosa che stiamo notando e che qui in periferia costruiscono dappertutto delle simpatiche casettine, che sono però tutte una identica all’altra e, a nostro gusto, abbastanza bruttine.

La baia è un posto proprio bello, il mare pulito, il fondale sabbioso e la giornata è splendida. Io sono abbastanza sofferente alla sabbia in spiaggia, odio sentirmela addosso. E’ così bello quando sei in acqua, ma poi esci e ti sporchi di sabbia: sulle mani, nelle scarpe, sugli occhiali da sole, in faccia. Poi se metti la crema è la fine. Va beh..

Abbiamo fatto un po’ di vita da spiaggia, poi un super mega bagno giocando a palla. Sono queste le cose che ti fregano: non lo senti, ma il sole ti sta arrostendo ben bene. Stasera vedremo. Una volta cotti a puntino abbiamo deciso di tornare verso la civiltà per nutrirci. Prima una bibita da un simpatico e rustico venditore semiabusivo e poi un barino lungo la strada, dove abbiamo scoperto che le "pucce" sono dei megapanini immensi.

Dopo pranzo abbiamo cercato e trovato la spiaggia di Alimini, ma eravamo cotti dal sole preso al mattino e appesantiti dal cibo, così ci siamo messi all’ombra. Lo so, sono un maledetto rompiballe, ma decisamente non era il mio posto preferito: sabbia, aghi di pino, formiche addosso e per finire un rumore infernale prodotto da non so quante cicale, di cui il boschetto (e tutti quelli della zona) sono strapieni. I miei amici hanno sonnecchiato un po’, io mi sono dato alla lettura, a brevi esplorazioni e all’ascolto della radio. Ritornati in stanza abbiamo considerato il colorito preso: pensavamo peggio sinceramente, non siamo proprio fosforescenti…

Stavolta abbiamo raggiunto il centro a piedi, visto che sono solo 10 minuti di passeggiata. C’è veramente un sacco di gente in giro. Scegliamo un altro ristorante. Gli altri menu a base di pesce. Io, ovviamente, carne. Dopodiché decidiamo di andare a vedere il Castello Aragonese. Veramente imponente. L’Italia è proprio un posto pieno di storia. Raggiungiamo pian pianino la nostra dimora. A domani.

Vieni a ballare in Puglia

Quest’anno ce la siamo presa comoda. Dopo che l’anno scorso abbiamo rischiato di perdere l’aereo, stamattina partenza alle 8. Arriviamo a Cardano al Campo, parcheggiamo e ci facciamo portare a Malpensa dove facciamo una cara ma buona colazione. L’aereo parte in orario (1140) e arriva in anticipo, dopo un viaggio tranquillo. La nostra Bravo noleggiata da Maggiore ci porta sulla superstrada in direzione Otranto. Siccome la fame si faceva sentire, nel primo pomeriggio decidiamo di approfittare della prima uscita per trovare un posticino. Da veri maestri arriviamo a Cala Fetente. Il nome è tutto il programma ma rimediamo quattro rosette con cotto formaggio e pomodoro. Ripartiamo nel gran caldo (grande invenzione l’aria condizionata) e arriviamo a destinazione. Al Bed & Breakfast “Le Dune” ci accoglie la signora che ci mostra la camera. Beh decisamente meno spaziosa di quella di Valencia, ma quella era da sciuri, qui ci dobbiamo accontentare di un letto matrimoniale e una specie di letto a castello. Dopo una sistemata decidiamo di finire il pomeriggio nella spiaggia vicina. In realtà qui di spiagge vere e proprie ce ne sono poche e quelle poche con sabbia riportata. Per il resto sono strani scogli di apparenza lunare o vulcanica, appuntiti e scomodi. Però l’acqua è veramente spettacolare, caldissima e piacevole. Ringrazio me stesso di aver portato le scarpe da mare, che mi permettono di mettere giù i piedi in acqua  e gli occhialini, così posso vedere dove vado… C’è da dire che qui, come avevo già notato in Sicilia, non sono molto attenti a tenere puliti i luoghi, se ne fregano abbastanza. Un peccato, perché i luoghi sono belli, basterebbe un po’ di attenzione e un po’ di senso civico in più. Al nord non sono certo educatissimi, siamo pur sempre italiani, ma qui è peggio.

Alla sera usciamo per una perlustra della città. Dopo poche centinaia di metri in auto scopriamo di essere già praticamente in centro e quindi parcheggiamo. La vista della baia di Otranto dall’alto è meravigliosa. È incastonata in una piccola insenatura. Non so il perché, ma questo posto mi ricorda due località siciliane. Per il golfo mi sovviene, appunto, Castellammare del Golfo, mentre per la conformità delle viuzze mi ricorda Cefalù. Lo so che magari non c’entra niente, ma le sensazioni di dejà vu sono fatte così. Resta il fatto che il panorama è incantevole. Scendiamo e passeggiamo alla ricerca di una pizzeria. C’è un sacco di gente in giro, ci sono tutti i negozi aperti. Prima si passa sul lungomare, poi si sale sulla terrazza, da dove si torna a vedere tutte le luci del golfo. All’interno invece le viuzze e le stradine pullulano di negozietti di ricordini e di gente. Di pizzerie purtroppo no, quindi ritorniamo alla prima che avevamo visto. I miei soci si buttano sull’impepata di cozze che io evito accuratamente (non perché non fosse buona, non lo metto in dubbio, ma perché non sono un tipo da pesciolame vario). La mia pizza “Estate” è veramente buona. Dopocena un giretto a comprar ricordini, ma siamo cotti per la giornata faticosa e ce ritorniamo at home. Buonanotte.

Acquario di Genova

Siamo stati all’acquario di Genova. C’ero stato molti anni fa, ma è sempre una piacevole visita. Per fortuna è sempre aperto 365 giorni all’anno. Per questo motivo alcune vasche sono in manutenzione e quindi non è sempre possibile vedere tutti gli animali. Per esempio stavolta non c’erano le foche. Anche i delfini non si sono fatti vivi, ma questo perchè hanno tre vasche a disposizione e una sola di queste è visibile al pubblico. Si vede che volevano un po’ di privacy. Peccato.

Abbiamo comunque potuto vedere tante belle cose: dai piccoli coccodrilli (piccoli ma coi denti affilati, e ce n’era uno che non era neanche in gabbia… avevamo quasi paura che potesse saltare la protezione e venire a sgranocchiarci il fondoschiena…) alle stelle marine, le meduse, i pesci degli abissi (che brutte le murene!), fino ad arrivare a tutti quei pesci tropicali coloratissimi (c’erano tutti i personaggi di Nemo). E poi le mante che si facevano accarezzare e col "musino" (si fa per dire) uscivano dall’acqua. Gli squali, le rane, le tartarughe, i camaleonti, le orate!!!

Vale certamente la pena di farci un giro, magari anche per visitare il porto antico di Genova, se non ci siete mai stati.

Ferrara

Tempo fa siamo stati a Ferrara per un bel weekend. E’ stato proprio una bella gita.
Ferrara è facilmente raggiungibile in meno di due ore e mezza. E’ al confine con il Veneto, quindi è a nord dell’Emilia-Romagna, appena sotto il Po. Anticamente il Po ci passava proprio attraverso. Anzi, la città fu costruita proprio perchè un vescovo volle spostare la propria cattedra da Voghiera fino al punto in cui il Po si biforcava. Lì nacque Ferrara, il cui nome ha un’etimologia sconosciuta.
Nel medioevo fu per lungo tempo sede di una delle più famose e importanti casate nobili italiane: quella degli Este (o Estensi). E’ strano pensare come quella che era una delle capitali italiane ora è una tranquilla cittadina di provincia.

Ferrara è carina, tranquilla, girabile, godibile, pulita, interessante… Insomma il posto ideale per farci un weekend. Avevamo l’abergo in centro che più centro non si può. Anche perchè le cose più importanti della città sono praticamente tutte attaccate. A circa cento metri c’era la Piazza del Municipio da cui si raggiunge facilmente (ma va?) il Palazzo Municipale. E’ stata la prima dimora degli Este, e ha un aspetto molto medioevale. Se ti giri ti accorgi che alle spalle hai il duomo, cioè la Cattedrale di San Giorgio. Sia dentro che fuori è molto bella. A fianco si trova piazza Trentro Trieste, coi suoi caratteristici negozietti che sono praticamente nella stessa costruzione della cattedrale. Da li parte la carina via Mazzini, dove un tempo c’era il ghetto ebreo. Abbiamo trovato un barino, di cui purtroppo non ricordo il nome, che faceva dei panpizza buonissimi.

Parlando di specialità tipiche, alla sera abbiamo provato i tipicissimi cappellacci di zucca col ragù. Sono delle specie di ravioli, che abbinano il gusto dolce della zucca al salato del ragù. Certo, non da mangiare tutti i giorni, ma sono da provare.

Ritornando indietro nel tempo: al pomeriggio abbiamo visitato il Castello Estense. Molto grande, chissà per riscaldarlo! O meglio, chissà che freddo a quei tempi. Se non ho capito male non se lo sono goduti per molto tempo, perchè pare che sia stato costruito quasi alla fine della dinastia. Fateci assolutamente un giro se siete a Ferrara. Si visitano anche le prigioni, mamma mia….

Altre cose che abbiamo visto: il palazzo Schifanoia che sinceramente non merita la fama di cui gode, o meglio: non merita il prezzo del biglietto. Chiamatemi braccino corto, ma fondamentalmente c’è una sola sala (che strana allitterazione) che vale la pena di essere vista. Il palazzo dei diamanti, ma solo da fuori. E’ chiamato così per via del rivestimento di marmo a forma di diamanti. La casa di Ludovico Ariosto (è una semplice casa). In ogni caso, andateci a Ferrara, ve la consiglio !

Siena, Piazza del Campo

Fine luglio 2007, ero a Siena, disteso in Piazza del Campo a riposare, in attesa di trovare una sistemazione per la notte. Una leggera brezzolina mi faceva dimenticare il caldo afoso che avevo lasciato a casa, le prove del concerto del giorno dopo mi accoglievano in quella cornice da favola. Ancora adesso, quando penso a quei pochi minuti, mi rilasso… e vorrei essere là…

Adiós

Oggi è il giorno del rientro. Quindi ci vuole subito una buona colazione. Andiamo nel bar di ieri, è bellino, roba buona, è lungo la strada e c’è la connessione wi-fi per chi è dotato di iPhone. Lasciamo le valigie nella reception della ditta che gestisce il nostro appartamento e scegliamo la meta di stamattina: il bioparc.

È un enorme e modernissimo zoo. Scordatevi gli animali in gabbie di due metri per due. Qui sono liberi di muoversi in territori adeguatamente ampi. Il visitatore compie un percorso che lo fa attraversare virtualmente l’Africa, passando a fianco a questi territori popolati dagli animali. Gli animali più innocui si possono tranquillamente vedere ad occhio nudo, quelli più pericolosi sono separati da uno spesso vetro (anche se c’è sempre un metodo per vederli, da lontano, senza vetro). Gli ambienti ricordano la loro terra naturale e al posto dei recinti ci sono alte rocce, che in realtà sono fatte di cemento colorato. Ci sono giraffe, leoni, leopardi, gorilla, coccodrilli, pesci, lemuri, zebre, rinoceronti, ippopotami, iene.. a volte sembra di stare dentro al cartone Madagascar, mancano solo i pinguini !



Guardate che bel micione questo leopardo

Certo che qui a Valencia ne hanno avute di idee, e hanno saputo realizzarle: e il fiume, e la Coppa America, e la Formula 1, e l’acquario, e la città della scienza, e il bioparco. Da noi sarebbe dura realizzare un posto così. Perlomeno al nord, intendo, visto che il clima non permetterebbe una vita agevole a tutti questi animali. Si potrebbe farlo in una qualche città del sud, sempre che.. va beh non fatemi parlare di politica. Io da piccolino ero stato allo zoo di Milano, chissà se esiste ancora? Non credo.

Mangiamo un panino al barino, dove il simpatico barista ci regala anche olive e patatine. Meditiamo sul dafarsi per il pomeriggio, c’è chi propone una visitina all’Oceanografico, ma sinceramente non ho più voglia di vedere animali per oggi, probabilmente ci andrò la prossima volta. Perché chiaramente ho intenzione di tornarci a Valencia, prima o poi. Sono quei posti che hanno un fascino particolare. Nella vita tornerò sicuramente a Parigi, la città romantica per eccellenza, a Londra con le sue frenesie e le sue meraviglie nascoste in ogni piega (per chi le sa trovare), magari a Budapest e sicuramente a Valencia.

I soci mi danno retta e ci incamminiamo verso il Museo delle Scienze. Un grandissimo str..ano autista di autobus ci lascia a piedi e quindi attendiamo quello dopo. Col bus ci vediamo per l’ultima volta la città. Ho notato che qui se ne fregano bellamente della vittoria della Spagna ai mondiali di Calcio. Mi sa che non sono contentissimi da queste parti. Non c’è in giro una bandiera che sia una. Ci sono invece, tantissime, le bandiere della Comunità Valenciana.

Al museo almeno c’è fresco, ma l’esposizione è un po’ una cazzata. Niente di particolarmente interessante. Allora prendiamo la gita come parco giochi per adulti e passiamo il tempo a fare foto strane. È un posto dove portarci i bambini. Infatti ci sono i personaggi Marvel, le astronavi di Star Trek e cose simili. E poi ci sono tanti esperimenti da fare per scoprire le leggi della fisica. Niente di scientificamente rilevante, un grosso passatempo, a nostro non qualificato parere.

Decidiamo di tornare verso le valigie percorrendo il Parco del Turia, ma oggi fa veramente caldo e dopo qualche centinaio di metri stiamo per schiattare e optiamo ancora per il bus. Ultime foto, ultimo saluto alla città, ultima telefonata verso la costa ligure e poi sul Ryanair che ci porta, nuovamente in ritardo, in Italia. D’ora in avanti non abbiamo più diritto di lamentarci dei ritardi aerei,  che ci hanno permesso di fare questa gita, e così sopportiamo in silenzio.

E passiamo ai voti:
Valencia: 8 (I motivi li avete letti in queste quattro puntate)
Compagnia: 8 (Ben assortita, o mal assortita se preferite. Ognuno con la sua personalità, come fossimo personaggi di un film ben riuscito)
Maestro Miguel Cornelio Orionès: voto 8 per il numero di sms/telefonate (di cui almeno la metà alla nonna, secondo lui), voto 4 per il numero di sms ricevuti durante la notte con la suoneria accesa, voto 2 per il senso di orientamento in una città dove peraltro c’era già stato. Voto 1 per non averci mai portato a vedere la città della scienza di notte nonostante le nostre continue richieste.
Maestro Miguel Galinero Arrostido: voto 7 per il cambiamento di colore al sole, voto 8 per aver tenuto la cassa comune in quanto militare con più alto grado.
Maestro Lorenzo de Toma detto El Tomate: voto 6 per la borsa gialla da spiaggia, voto 9 per la maglietta ma voto 2 per non aversi voluto far crescere i baffetti, voto 7 per la perseveranza a fare foto, voto 2 per non aver voluto assaggiare la bistecca di toro cruda.
Maestro Brunos Fabi: voto 7 per l’abilità a risolvere i sudoku, voto 9 per essere diventato ufficialmente Maestro proprio in quest’occasione.
Maestro Martin Tordero Palermo: voto 8 per aver portato una borsa di 10kg piena di cazzate, ma di aver dimenticato il cavo di rete e l’adattatore elettrico, voto 5 per l’ordine in stanza (d’altronde, senza comodino…), voto 4 per aver sempre qualcosa da ridire sul cibo.
Lola: 9 (non solo per il cibo)
Movida valenciana: 5 (molto al di sotto delle aspettative)
Trasporti: 5 (aerei in ritardo, autisti di autobus che sono veramente delle cacche)
Premio speciale della giuria a Maestro Tomato e milioni di punti maestro a Orion el Matador de noantri (promozione TIM: ogni sms spedito 1 punto maestro, ogni sms ricevuto 100 punti maestro, ogni telefonata dall’estero 1000 punti maestri, nefer 2010 è praticamente tua!)
 

La Lola

A Valencia si parla ovviamente il castigliano, vale a dire lo spagnolo, ma anche il valenciano, che altro non è che una forma di catalano, come a Barcellona. Sono molto campanilisti da queste parti, in tutta la cosiddetta Comunità Valenciana vige una specie di bilinguismo e alcune scritte sono in entrambe le lingue. In Italia succede che se lo fanno in Alto Adige o in Val d’Aosta è chiamato bilinguismo ed è una cosa bella, se invece lo fanno a Bergamo lo chiamano razzismo, ignoranza e viene criticato da tutti. Ma così va il mondo.

Un’altra particolarità di Valencia sono i balconi. Hanno una struttura di ferro, ma il “fondo” è costituito da piastrelle. Generalmente non ci si fa caso, ma alcuni hanno delle notevoli piastrelle disegnate che si fanno notare (beh per forza, se sono "notevoli"…) (mi prendo in giro da solo).

Oggi visitiamo il mercato coperto. Mi piace proprio come idea: ci sono tanti banchi di generi alimentari, dal pesce alla frutta, e alcuni di generi non alimentari. Dà una sensazione di pulizia, essendo al chiuso. Inoltre hanno la possibilità di tenere aperto con qualsiasi condizione climatica. Facciamo un giro, qualche foto di rito, prendiamo qualche ricordino e poi ci dirigiamo ancora verso la spiaggia. Stavolta prendiamo i lettini per crogiolarci comodamente al sole, a parte El Tomason che preferisce l’ombra, anzi la sombra. Oggi ci arrostiamo ben bene, il sole picchia parecchio e ogni tanto ci tuffiamo in cerca di refrigerio, anche se l’acqua pare brodo. Io non ho niente da leggere e mi annoio, allora vado in cerca di un’edicola. Mi rendo ancora più conto che qui non hanno molto il senso degli affari per quanto riguarda le attività della spiaggia. Oltre al fatto che i barini sono proprio pochi e non tanto forniti, non ci sono negozietti vicino al litorale. Ieri LLLorenzo ha dovuto scarpinare parecchio per trovare una crema protettiva (che poi è una delle poche cose che hanno i barini sulla spiaggia), oggi tocca me alla ricerca insensata di un Corriere della Sera. Dopo aver scoperto che si dice “diario”, mi hanno indirizzato sempre più verso l’interno, per poi trovare una specie di cartoleria che aveva solo quotidiani spagnoli e cruciverba. Per la sola soddisfazione di non aver fatto tanta strada per niente acquisto un sudoku (identico a quello di Don Fabio Bruneiro). Per pranzo scegliamo una vicina cervezeria in stile messicano, dove prendo una bella insalatona.


Il mercato

A metà pomeriggio smettiamo di drogarci di raggi UVA e raggiungiamo la Plaza de Toros per assistere alla corrida. È una di quelle cose, se sei in Spagna, e specialmente in una città come Valencia, a cui vale la pena assistere. Lo spettacolo in sé è una gran pirlata, nel senso che è uno sport (o similare) veramente assurdo: alcuni uomini torturano un povero e stupido animale, finché arriva il matador e lo finisce. Lo spettacolo sta tutto nella teatralità. Per la carità, si potrebbe obiettare che gli stessi spagnoli hanno appena vinto la coppa del mondo in uno sport dove 22 uomini in mutande corrono dietro a una palla, ma almeno lì c’è poco di cruento e non si sa mai come va a finire, qui il risultato è scontato. Gli altri spettatori, turisti a parte, erano di ben altro avviso e si emozionavano parecchio; probabilmente siamo noi inesperti che non capivamo appieno i gesti. Resta il fatto che io un bambino non ce lo porterei di certo, può fare una brutta impressione vedere quei molossi punzecchiati sulla nuca che perdono litri di sangue… Funziona essenzialmente così: entra il toro, una mezza dozzina di matador di basso livello lo sfiancano facendolo correre qua e la, poi altri matador più alti in grado iniziano a piantagli in corpo delle picche infine arriva il fenomeno e lo finisce. Non subito, ci mette un buon venti minuti di saltelli. Gente che ha fegato, indubbiamente, ma il confronto è chiaramente impari. E poi, onestamente, a veder seccare un animale non mi importa così tanto. Però è folkloristico.

Il primo matador era a cavallo ed era parecchio bravo, soprattutto erano bravi i cavalli che usava. Il terzo era un tizio giovane, con cappa e spada, con molto fegato e molto benvoluto dal pubblico. La teatralità non mancava, c’era pure la banda che suonava le musichette. Come ho detto, se non siete di stomaco debole ne vale la pena, anche se lo reputo uno spettacolo insulso e abbastanza inutile. Lorenzito invece era totalmente contrario a questa violenza gratuita e ha abbandonato l’arena lamentandosi parecchio, seguito dopo un po’ da Miguelon che si era un po’ stufato, mentre io, Miguelin e il Legale siamo rimasti fin dopo le 9 di sera. Al ritorno ne ho approfittato per scegliere un bel regalino por la mi novia.

Dopo una rinfrescante doccia decidiamo il luogo della cena. La scelta va su un ristorante molto fashion: La Lola, sempre dalle parti della cattedrale, che ci era stato consigliato da amici di amici di amici di amici che abitano da queste parti. L’ambiente è particolare, strano ma non stravagante, elegante ma non snob. Abbiamo paura che le porzioni siano da nouvelle cuisine, ma siamo smentiti: il cibo è buono e abbondante. Il conto non è basso, ma ne vale la pena. Consigliato. Ci chiediamo chi sia la Lola che da il nome al locale, e abbiamo dei sospetti: non necessariamente deve essere una donna

Dopo cena ci buttiamo ancora per il calli del centro a fare un po’ di foto sceme. All’una tentiamo di andare a bere qualcosa sedendoci ai tavolini di un bar, ma stava chiudendo. Tenete presente che qui l’una è appena dopo cena. Non possono farci finire di cenare a mezzanotte e poi chiudere i locali all’una! Ci dicono che possiamo stare all’interno, ma poi non fanno entrare Micorio perché non è elegante..pensate che io avevo su le infradito !! L’Avvocato e il Geometra ci abbandonano, noi tre cerchiamo un altro locale e riusciamo almeno a bere qualcosa. Poi abbandono anch’io. Dopo mezz’ora arriva il Tomatino e infine Miguel de Valencia. È l’ultima notte. Buonanotte.

5 minuti

Siccome siamo tutti stanchi e siamo in vacanza ci alziamo relativamente tardi. Evviva: oggi i negozi dei dintorni sono aperti e il luogo sembra più vivo. Il nostro appartamento è nel bel mezzo del cosiddetto Barrio del Carmen, che dovrebbe essere il centro della movida di Valencia, ma finora era un po’ desolante. Facciamo colazione e scopriamo che qui vige ancora la barbara usanza di fumare nei locali. Al mattino non ti dico com’è piacevole addentare una tostada con marmelada mentre ti sfumazzano addosso.

Dopo una breve visita ai Jardines del Real prendiamo la metropolitana di superficie (in Italia la chiamiamo “tram”) in direzione mare: oggi spiaggia!

La spiaggia, come dicevo, è molto estesa in lunghezza, ma lo è anche in larghezza. Bella, non aspettatevi però niente di eccezionale. A parte pochi posti non è attrezzata con sdraio, lettini e ombrelloni, quindi piazziamo giù i nostri salviettoni sulla sabbia sabbiosa sabbiolosa. Il mare ricorda Rimini: dopo cento metri l’acqua arriva ancora alla vita. Non ci sono chiatte dove prendere il sole al largo o fare tuffi, nessuno che affitta pedalò o cose simili. Insomma un po’ mortina. In compenso non ci sono neanche venditori ambulanti a rompere le palle, a parte qualche raro personaggio che vende cocco (quelli ci sono in tutto il mondo, credo). Io e Maestro Avogado abbiamo portato gli occhialini ma c’è poco da vedere: i fondali sono sabbiosi e poco limpidi, però l’acqua è calda e pulita e si sta bene. C’è una bella arietta, magari ci frega e stasera saremo tutti scottati. Orio Il Serio dorme, Fabio fa il sudoku, io leggo (e scrivo questi appunti) e Lorenzo e il Galinero passeggiano sul bagnasciuga. Dopo le 2 affrontiamo il pranzo in una specie di Mc Donald’s. Da buoni italiani insistiamo, in un altro locale, a prendere il caffè, ma Migueliton Oriòn vuole seguire le tradizioni locali e si prende un bicchierone di horchata, credendo, per assonanza, che sia orzata, salvo poi scoprire che è una bevanda a base di latte di uno strano tubero. E poi si lamenta se lo prendiamo in giro.Stiamo in spiaggia fino alle 6, per poi tornare verso il centro.

Il mezzo a Valencia c’è l’alveo di un fiume, il Turia, che è stato artificialmente deviato dopo lo straripamento del 1957 che costò la vita a molte persone. Nel letto asciutto è stato quindi realizzato un enorme parco che corre lungo tutta la città dove ci sono giardini, piste ciclabili, campi da tennis, calcio, rugby, minigolf e chi più ne ha più ne metta. Una trovata a dir poco geniale, non credo ci siano una cosa simile in altre parti del mondo. Lungo tutto l’ex fiume ci sono ancora i ponti che lo attraversavano. Alcuni molto caratteristici, anche se li abbiamo visti solo di passaggio dal finestrino del bus.

Visitiamo la zona della Città delle Arti e delle Scienze, un complesso architettonico anch’esso costruito nel letto prosciugato composto da strutture modernissime e spettacolari. Molto molto molto molto carina. Pare che qualcuno, come sempre succede, abbia criticato la costruzione di queste opere, come è naturale che sia. Pensate alla storia della Torre Eiffel o cose simili. Però non le concepisco troppo queste contestazioni: un conto è distruggere qualcosa di antico per costruire delle porcherie, un altro è approfittare di uno spazio che prima non c’era per costruzioni avveniristiche. La cittadella è composta dal Palazzo delle Arti (che ha la forma che mi ricorda un pesciolone, utilizzato per concerti di musica classica, opere, danza, teatro e via dicendo), l’Emisferico (usato per proiezioni 3D), l’Umbracle (usato come parcheggio), il Museo delle Scienze (cosa sia lo dice il nome) e l’Oceanografico (un acquario, stile quello di Genova), l’Agorà (pare che non gli abbiano ancora trovato una destinazione). Tra queste costruzioni ci sono delle fontane che completano la coreografia. Insieme alle nuove strutture del porto secondo me danno un certo carattere alla città, che ha tradizioni antichissime (fu fondata dai Romani) e, pur mantenendo intatte la sua storia, viene spinta verso il futuro. Ecco l’impressione che mi da Valencia.

Sarebbe bello vivere in una città di mare così: spiagge facilmente raggiungibili, centro storico caratteristico e vivibile, porto molto turistico, divertimenti e relax… insomma c’è un po’ di tutto, calibrato attentamente.

Alla sera ci spariamo ancora parecchia strada a piedi, giusto per gradire. Ceniamo in un ristorante vicino alla cattedrale, sempre con cucina tradizionale spagnola. Per digerire passeggiamo ancora fino alla stazione e alla Plaza de Toros. Quando ci buttiamo nel letto siamo veramente ma veramente a pezzi.

Valencia

Stanotte ho dormito poco, sonno agitato. Alle 7 sono già pronto e guardo la TV. Arriva Lorenzo e raggiungiamo gli altri.

Per raggiungere l’aeroporto di Bergamo scegliamo di passare a Piacenza e Brescia per non trovare il traffico di Milano del lunedì mattina. Abbiamo fatto male i nostri calcoli, visto che verso Piacenza c’è molto traffico. Tranquilli, è tutta gente che va in vacanza. Invece no, sul tratto per Brescia è quasi peggio: molto traffico e tutti in corsia di sorpasso. Iniziamo a preoccuparci. Il magister alla guida si innervosisce. Dopo Brescia peggio ancora, ci sono code. Sono le 9 passate e il gate chiude alle dieci meno un quarto. Dobbiamo  ancora raggiungere l’aeroporto, parcheggiare, fare il controllo bagagli. Alle 9 e 35 siamo fermi in autostrada. Aereo peso, accidenti (siccome siamo persone educate esclamiamo tutti: accidenti!). Ma non ci perdiamo d’animo, tentiamo il tutto per tutto. Grazie ad un’intuizione di Mastro Geometra usciamo a Seriate, troviamo per colpo di culo un posto vuoto all’inizio del parcheggio e ci buttiamo di corsa verso gli imbarchi. X fortuna c’è poca fila e i tizi sono in leggero ritardo.
Ce la facciamo, mitici! C’è stato un momento in cui non ci avremmo creduto.

L’aereo parte con 45 minuti di ritardo. Pensa che beffa se avessimo trovato il gate chiuso per poi vedere l’aereo fermo sula pista.

Arrivati a Valencia prendiamo la metro direttamente in aeroporto (che comodità) e raggiungiamo il centro per un pranzetto in un posticino carino, dove ordiniamo pietanze ignote, ispirati solo dal nome. Maestro Michele alla fine del pranzo ordina ancora un piccolo spuntino e gli arriva un piattone con uova e prosciutto crudo. Ottimo, visto che dice di essere intollerante alle uova (e ai latticini). Il nostro appartamento è carino, su due piani, 3 stanze, 2 bagni e una living room con cucina. Mastro Toma viene rinchiuso in una stanza, così saremo immuni dal rumore di motosega. Don Orione decide di sistemarsi sul divano, gli altri nelle stanze di sopra.

Dopo un sonnellino ristoratore usciamo per un primo giro. La nostra guida spirituale, il Maestro Orione, ci conduce presso le il Convento del Carmen, le Torri di Serranos e presso la Basilica e la Cattedrale (dove è custodito un calice che si dice essere il mitologico Santo Graal). Da lì saliamo sul campanile, dove dopo più di 200 ripidissimi scalini arriviamo sulla sommità dove sta la campana del Miguelet  da dove si ha una supervista della città.

Valencia sembra vecchiotta, ma pare pulita. Ha un passato arabo e lo si nota in alcuni tratti, ma in giro di arabi se ne vedono pochi. Da questo punto di vista mi ricorda Palermo. Dopo una granita abbiamo visto la Stazione, in stile Liberty, molto caratteristica. A fianco c’è l’Arena, dove fanno le corride.

A questo punto un salto alla FNAC per comprare un cavo di rete, perché da noi c’è il collegamento a internet, ma solo via cavo. Ovviamente poi scopriamo che c’era un cavetto nel cassetto sotto la TV. Un altro problema è che tutte le prese elettriche hanno due buchi, mentre io ho tutte spine con tre “robi”. Domani comprerò un adattatore, sono venuto a Valencia per comprare cose elettriche…

Qui gli orari sono molto spostati rispetto a noi, caratteristica comune a tutta la Spagna. Si pranza tardi, si cena tardi.

Sulle saracinesche dei negozi spesso ci sono dei disegni (stile street art, o graffiti che dir si voglia) che spesso ricordano il negozio a cui appartengono. Evidentemente sono fatti apposta, molto caratteristici.

Alla sera abbiamo raggiunto la zona del porto, dove ci sono tutti gli “hangar” dei team che hanno partecipato alla 32ma (e alla 33ma) Coppa America: Alinghi, Oracle, Prada, Shosholoza, ecc. e dove è stato realizzato il nuovo circuito di Formula Uno. Un edificio molto caratteristico è il Veles e Vent, dai cui balconi si dovrebbe ammirare tutta la zona. Da lì, verso nord parte la spiaggia sabbiosa che si estende per parecchi km: prima Las Arenas e poi la più nota Malvarrosa. Dopo 5 minuti di cammino (si fa per dire) raggiungiamo una zona costellata da una miriadi di ristorantini. Ne abbiamo scelto uno e abbiamo cenato con paella valenciana, sorseggiando sangria. La paella, piatto tipicamente spagnolo, è nato proprio qui e, contrariamente a quanto si crede, la ricetta tradizionale prevede riso, zafferano, olio, carne di pollo e coniglio e verdure. Niente pesce quindi. Infatti il cameriere, vedendo che siamo stranieri, ce lo spiega in modo da non trovarci delusi. A me che il pesce non piace va benissimo! Altra info: sembra banale, ma il nome deriva dalle padelle che vengono usate. Incredibile: anche qui il Maestro Orione appena entrato ha salutato due tipe italiane che conosce. Idolo.

Quando abbiamo finito era mezzanotte passata da un pezzo e quindi siamo tornati in taxi. Finora  abbiamo visto sommariamente il centro storico e il porto e devo dire che il feeling con questa città è piacevole: accomuna tradizione e innovazione (che frase da depliant turistico che mi è uscita.) Buonanotte, a domani.
 

Lisbona tre

Ritorniamo al barino sotto casa e scopriamo che il cappuccino, senza cannella, è gradevole. I croissant invece qui in Portogallo hanno dimensioni enormi, infatti te li portano tagliati in due altrimenti non ce la faresti ad azzannarli.

Gironzolando per la città si notano molti africani, di più rispetto alla media dei paesi europei dove sono stato (con alcune eccezioni). Magari perché fino a non molti decenni fa il Portogallo aveva ancora colonie in Africa (come la Francia) e quindi ci sono facilitati gli spostamenti. Un altro popolo con numerose presenze è quello dei cinesi. Ci sono tantissimissimi negozi al pubblico gestiti dai figli della Terra di Mezzo che vendono un po’ di tutto, ma soprattutto abbigliamento. Siamo finiti anche in una specie di centro commerciale a più piani straripante di questi negozi, che probabilmente vendevano anche all’ingrosso vista la notevole mole di merce accatastata.

Ci siamo diretti alla Cattedrale di Lisbona. Non mi ha impressionato. La struttura è imponente ma molto austera. Anche l’interno segue lo stesso stile e quindi è tutto di pietra senza (o quasi) statue, affreschi, abbellimenti. Solo alte colonne di fredda pietra. Imponente, ma un po’ troppo cruda.

Un’altra caratteristica di Lisbona è costituita dai tram. Sono piccolini (di solito una sola carrozza) perché molto spesso vanno in salita in vie strette. Guardando le rotaie ci si accorge che talvolta non c’è proprio spazio per i pedoni e altre volte i tram sono costretti ad “allargare” la curva, altrimenti non ci passerebbero.

Ci siamo dati allo shopping da turista con cartoline e ricordini, per poi tornare al ristorante italiano: agnolotti, maccheroni (cioè le penne) e gnocchi, annaffiati da ottimo vino portoghese. Eh si ce la spassiamo.

Cosa ci manca di importante da visitare? Pensiamo di raggiungere la Piazza del Marchese di Pombal, uno dei tre personaggi mitici di Lisbona (gli altri due sono Sant’Antonio da Padova, nato qui, e Vasco da Gama). Percorriamo quindi il grande viale alberato, Avenida da Liberdade, anch’esso pavimentato con migliaia i migliaia di questi ciottoli bianchi e neri. Lungo la strada ci imbattiamo nella funicolare “Elevador da Glória”, ma era chiusa per restauri, quindi poco più avanti sperimentiamo l’Elevador do Lavra, che ci porta in alto per (soli) 188 metri. Ma si la gita in funicolare è, ovviamente, una gita, non è di grande utilità. Però è molto caratteristico e in più è uno dei monumenti nazionali del Portogallo.

Ci imbattiamo in un simpatico parco dove fare una sosta, prima di tornare sull’Avenida. Si fa tardi e siamo stanchetti, quindi per raggiungere la piazza utilizziamo la metropolitana (e così abbiamo visto tutti i mezzi di trasporto). La piazza è bella, ma il tempo è scarso, giusto una breve visita nel parco e si ritorna.

In taxi verso l’aeroporto noto ancora tanti palazzi ricoperti di ceramiche (gli azulejos).

Giudizio: una gita a Lisbona? Ma si, vale la pena. Non è una delle città più belle d’Europa, ma è caratteristica.

Lisbona due

Dopo almeno 10 ore di sonno si riparte. Subito una sosta per un cappuccino, ma anche qui una brutta sorpresa: invece del cacao ci hanno messo la cannella. Ma dico io: "ma che testa c’hanno?"

Cinzia si sente sola, nel senso che nota che non ci sono bionde in giro. Si vede che qui non va di moda.

Andiamo in Piazza Figueira, dove troviamo un bus che ci porterà su fino al Castello di San Giorgio. E’ un bus piccolino, e subito capiamo il perchè: le stradine sono piccolissime e molto ripide. Anzi, mi chiedo come fa ad andare così veloce con 30 persone circa a bordo. Nel castello non entriamo, perchè in fondo sono solo ruderi circodati da mura. Quindi ci mettiamo ad esplorare i dintorni. In quartiere non è male. Ci sono delle viuzze strette e particolari. La privacy è una chimera x questa gente in quanto c’è molto passaggio e tutti sbirciano nelle case (e poi loro appendono il bucato di fuori e lasciano le finestre aperte). Un’altra particolarità è che hanno delle mezze persiane. Cioè, sono persiane, ma coprono solo mezza finestra. Boh.

Nelle chiese c’è una balaustra che divide la zona centrale, dove ci sono i banchi, dal camminamento perimetrale vicino alle statue. Sono quasi sempre di legno, molto particolari.

Nei ristoranti non c’è molta scelta tra le portate: o pesce o carne. La cosa che non mi piace è che tutti hanno ii vetrina queste cose (cioè il pesce e la carne). Nelle loro intenzioni serve a dimostrare che sono veramente fresche, ma a me fanno una brutta impressione, lì in vetrina. Ne scegliamo uno discreto e pranziamo. Bene.

Dopo, con la pancia piena, vorremmo buttarci su uno di quei bus che ti fanno fare il giro della città, ma visti i costi, decidiamo di andare a vedere la Torre di Belem. Il problema è che fatichiamo a trovare un bus che vada in quella zona. Alla fine lo troviamo, ma saltiamo la fermata giusta e peggioriamo la situazione pensando che di lì a poco ci fosse il capolinea e che tornasse indietro. Invece andava sempre più in periferia. Beh possiamo dire che abbiamo visto dov’è l’Ikea di Lisbona. Alla fine il conducente ha avuto pietà di noi e ci ha consigliato di scendere e prendere quello che tornava indietro. Dopo questa simpatica gitarella e dopo un bel po’ di strada a piedi (vedendo da fuori un monumeto tutelato dall’Unesco, il Monastero dos Jerónimos) arriviamo alla torre. E’ proprio un bel posto e poi la luce del crepuscolo lo rende ancora più speciale. Torniamo finalmente in centro e ci rechiamo in una pizzeria pseudoitaliana che avevamo già adocchiato ieri. Dopo cena anche oggi siamo stravolti e torniamo in camera.

Lisbona uno

Partenza alle 8 da Voghera. Prima scoperta: l’aereo parte dal terminal 1 di Malpensa e non dal solito caro terminal 2. Bella menata, qui i parcheggi costano un assassinamento. E poi noi torniamo con Easyjet quindi siamo sicuramente al 2. E va beh.

Per fortuna il viaggio in aereo è molto tosto: Lufthansa ci coccola e ci da il giornale da leggere e il pranzo. Very good. Peccato che la scelta sia tra il merluzzo e le lasagne. Ovviamente ho scelto le lasagne, ma.. erano alle verdure (zucchine comprese). Il viaggio dura tre ore, ma viaggiamo lisci.

A Lisbona fa più caldo che in Italia, si gira ancora in maniche corte. Raggiungiamo in taxi l’albergo e ci dedichiamo subito a girare per la città. Grazie alla mitica guida del Touring scendiamo dalla nostra via (Almirante) per raggiungere il cuore della città, il Rossio.

Poi abbiamo proseguito per la Baixa, il quartiere più pedonale. Altra sorpresa: Lisbona non è in pianura, ma è tutto un saliscendi di colline. La gente che circola non è bellissima, mi ricorda un po’ Atene… e non so se mi spiego. Anche se a prima vista qui sembra un pelino meglio. La città è carina, molte cose sono state ricostruite dopo un terribile terremoto del 1755, da un certo tizio, aspetta come si chiama. Ah si. Il marchese di Pombal. Ci sono delle funicolari (piccoli trenini a cremagliera) per raggiungere i punti più alti, ma non le abbiamo ancora viste.

Abbiamo raggiunto il mare, ma… altra sorpresa: nella mia beata ignoranza ho sempre creduto che Lisbona fosse in riva all’oceano, invece no: da sull’estuario del fiume Tago. La mitica Piazza del Commercio era purtroppo chiusa per lavori e non l’abbiamo vista nel suo splendore.

Si faceva buio e ci siamo inerpicati su fino al Chiado, zona di mostre d’arte, librerie, vinerie e chiese. C’era addirittura la chiesa della Madonna di Loreto.

Devo dire che Lisbona mi ispira simpatia. La città è piccola per essee una capitale, non è caotica è ha tanti punti…come dire.. di sosta: piazze, giardini, ecc.

I marciapiedi sono tutti lastricati con quadrelli bianchi e neri che formano disegni. E’ una particolarità di questa città.

Abbiamo girato finchè ce l’abbiamo fatta, per poi tornare in camera e crollare dalla stanchezza.

Spalato. Sole

Stamattina quel simpaticone lì del mio socio mi sveglia spruzzandomi con la pistola ad acqua. Andiamo a pagare la signora dell’appartamento e, visto che alla strafaccia delle previsioni c’è un sole che spakka i sassi, ci dirigiamo lestamente in spiaggia. Stavolta, per non fare chilometri, ne scegliamo una più vicina.

Aaaaah che bella giornata. C’era veramente caldo, pareva di essere in piena estate. La spiaggia era molto più carina, è un insenatura riparata, ci sono un paio di bar e invece della sabbia c’è una ghiaietta fine che risulta comunque morbida ma non ha i difetti delle sabbia: non vola col vento, non ti sporca salvietta, vestiti, calze, zaino, ecc. quando esci dall’acqua riesci a restare "pulito" senza che ti si appiccichi addosso di tutto, ecc ecc. Avrete capito che non sono un amante della sabbia, ma che volete farci, è più forte di me, mi da un fastidio terribile sentirmela dappertutto…

Ho fatto anche il bagno con la maschera e boccaglio, ma non c’era un granchè da osservare nei fondali, anche se erano più fondi dell’altra spiaggia.

Il maestronzolo ha avuto la brillante idea di farmi fare centomila passi solo per prendere un gelato nella solita spiaggia di Bacvice, salvo poi accorgersi che in effetti era veramente distante. Allora ne abbiamo approfittato per pranzare al medesimo posto dell’altro giorno (stesso menu: insalata e pizza all’ana. al ritorno siamo stati ancora un po’ sotto il solleone, un altro bagno per il sottoscritto e poi di nuovo a casa, pronti per uscire x la sera.

Alle 5 eravamo di nuovo in giro. Io mi sono fatto un giro in centro, mentre lui raggiungeva l pallazzetto per la partita Croazia – Belgio che avrebbe determinato la prima e la seconda del girone di qualificazioni.

E’ strano come nel weekend ci sia poca gente in giro per Spalato. E dire che è una città turistica. Anche oggi i negozi e anche le bancarelle erano quasi tutti chiusi. Ho rivisto i monumenti principali, ho fatto gli ultimi acquisti e ho raggiunto la zona del Gripe dove c’è il palazzetto. La partita stava cominciando ed è finati per una  vittoria della Croazia, sempre per 3 set a 0.

Che fare? Un ultimo giro per Split, o Spalato che dir si voglia, una cena in un ristorante all’aperto dentro alle mura del palazzo di Diocleziano, un giretto finale sul lungomare raccontando pietose favolose barzellette.

Addio Spalato, oppure au revoir. Devo dire che è una cità carina, seppure con le sue contraddizioni, ma piacevole da visitare. Una gita da maestr.

Spalato. Shopping selvaggio

Stamattina il tempo non era bellissimo, così ne abbiamo approfittato per gironzolare x la città a piedi. Come dicevo il centro è molto carino (al contrario, appena fuori dal centro ci sono enormi palazzoni parasovietici che fanno veramente schifo).

Abbiamo girato tutta la mattina, acquistando un po’ di cagate ricordini nei vari negozi e bancarelle. Ci siamo presi un caffè in una delle belle piazze e un dolcetto in un negozio. Il mio socio ha investito qualche kuna (la moneta locale) in una salagiochi alla roulette. Quando è uscito il sole ci siamo precipitati nella spiaggia più vicina, cioè sempre la solita, a stenderci un po’.

La mia battaglia contro il sole continua. Non mi do per vinto e imperterrito sono stato qualche oretta a fronteggiarlo. Anzi ho fatto di più e sono stato anche in acqua rischiando l’assideramento. Devo dire che questi autoctoni hanno usanze un po’ da visigoti. A parte il fatto che camminano strisciando i piedi (e in una cazzo di spiaggia di sabbia non è il massimo perchè fanno un polverone incredibile), giocano tutti con una palla schizzando acqua da tutte le parti e si divertono come dei matti a tirarsi la sabbia, sia fuori che dentro l’acqua. E’ un piacere avere a che fare con loro.

Prima di rientrare siamo passati al supermercato per una spesa intelligente: cicche, fazzoletti di carta, 3 coche, 1 redbull, merendine, pringles, birre, una bottiglia di vino bianco, yogurt, patatine… direi che siamo dei salutisti

Spalato. Aneddoti

Speriamo di riuscire a tornare a casa: alla sera il pedale del freno fa 1 strano verso: sembra quasi che ci sia dentro dell’aria… ma lo fa solo di sera, cosa sarà?

Grazie alla tecnologia siamo riusciti a caricare un centoeuro sul cell di Michele, visto che i cinquanta che aveva messo prima di partire stavano già finendo

Qui i parcheggi a pagamento sono gestiti così: tu prendi il biglietto, entri, cerchi un posto. Se non lo trovi esci, rendi il biglietto e te ne vai.

In spiaggia c’è una tizia che arriva con la pelliccia in mano, la mette giù stile salviettone e si stende. Mah….

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