(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Un weekend a Londra

Sabato 15 marzo 2014 – Ore 6:51
Eccomi in attesa dell’imbarco. Mi sono svegliato alle 5. Svegliato non è la parola giusta, visto che è un periodo, qualche settimana, che dormo poco e agitato. Infatti mi sono svegliato a mezzanotte, all’una, alle 3. E poi definitivamente alle 4. Stasera sarò stravolto. Scrivo un messaggio, prendo su i miei 4 stracci e parto. Ho solo il bagaglio a mano, un piccolo trolley. Parto in auto e sprofondo nei miei pensieri. Il viaggio è sonnoloso e continuo a sbadigliare. E poi mi sento un po’ solo. Non mi era mai capitato in passato, ma adesso è un po’ diverso: starò invecchiando? E poi mi capita come quando sono andato a sciare quest’anno: prenoto, poco convinto, poi nei giorni prima perdo l’entusiasmo e quando parto…ho già voglia di tornare. Poi alla sera sono contento di essermi distratto un po’. Qui è uguale: in questo momento vorrei essere…altrove.
Arrivo al parcheggio “low cost” che avevo individuato su internet. Amara sorpresa: non c’è posto e il tizio mi sgrida x non aver prenotato. Che faccio? Qui ci sono un sacco di parcheggi, ma a questo punto chi se ne frega, vado all’aeroporto e la metto nel parcheggio entrando col telepass: imbruttito fino in fondo! Prendo un cappuccio e brioche e vado all’imbarco: grazie alla mia carta d’imbarco sul cell e al passaporto in tasca sbrigo subito le formalità. Ho con me il giubbino mezza stagione, non dovrebbe fare freddo. Sono sull’autobus che mi porterà sull’aereo. Ciao Italia, ciao Voghera. Si parte.


Lo so che sto per scrivere una cazzata.. ma a me il Wellington Arch, vicino a Hyde Park Corner ricorda la Porta di Brandeburgo di Berlino…

Sankt Moritz

Sankt Moritz è sicuramente un posto di montagna molto chic. Non ci sono negozi: sono tutte boutiques (ovviamente è un’iperbole, ci sono anche negozi "normali"). E’ sul lago (sembra che tutti i luoghi della Svizzera siano su un lago), che ovviamente si chiama Lago di Sankt Moritz. In italiano suonerebbe San Maurizio, ma in lingua madre suona meglio. Anche se, a dire la verità, il Cantone dei Grigioni è trilingue, e a Sankt Moritz la lingua ufficiale dovrebbe essere il Romancio.

La stagione sciistica finisce prestino visto che a metà aprile gli impianti sono già chiusi, così come la maggioranza degli alberghi e dei negozi. E dire che a poca distanza, sul territorio italiano, a Livigno gli impianti hanno chiuso il 15 maggio (per poi riaprire, visto il freddo che ha fatto quest’anno).

Il posto è sicuramente carino, sarebbe stato bello averlo visto in un periodo un po’ più "vivo", comunque presenta i canoni dello stereotipo svizzero: bello, ordinato, pulito (e la cosa no nmi dispiace affatto). Vicino al lago c’è un grande parcheggio coperto da cui sale una superscalamobile che ti porta su in paese.

Lubiana

Lubiana è una di quelle città di cui non si sente mai parlare. E’ la capitale della Slovenia, dall’indipendenza del 1991. La Slovenia è diventata indipendente senza guerre, senza farsi notare, è entata nell’Unione Europea e ha adottato l’Euro come moneta. Tutto questo senza che quasi nessuno se ne sia accorto. E Lubiana è così: nessuno ne parla, ma ciò nonostante vale la pena visitarla.

Il centro storico è sviluppato a ridosso del fiume Ljubljanica, che ha due vie pedonali ai fianchi e tanti ponti che portano di qua e di la. Molto romantica, molto carina. Pulita, bei negozi, bar e ristoranti. A poca distanza c’è un castello medioevale, dal quale si gode una meravigliosa vista della città. Noi non l’abbiamo visitato, un po’ per mancanza di tempo (la visita di Lubiana non era prevista), un po’ per il caldo, la fame, la stanchezza e lo sbatti.

E’ nel centro geografico della Slovenia, e da Trieste in 50 minuti la si raggiunge in autostrada, passando dalle parti di Postumia.

 

Trieste

Che dire di Trieste…la sua storia la potete trovare sui siti di turismo, io posso dirvi che mi è piaciuta molto. Ci ero già stato, oltre 20 anni fa, ma non la ricordavo molto. E’ una città di mare, coi monti alle spalle (e sono monti molto ripidi), anche se il centro è tutto in piano. E’ stata ed è un porto molto importante, lo sfogo del Centro Europa sul Mediterraneo,  l’ingresso verso il vecchio continente delle merci in arrivo dal sud. E’ una città piena di storia, con radici romane e bizantine (e quindi sempre romane), per poi essere stata bloccata nella sua crescita da quella ingombrante vicina di casa, Venezia. Il periodo d’oro sotto Maria Teresa d’Austria che ne ha intuito la posizione strategica e l’ha trasformata, da paese in disarmo di quattromila anime alla fine del ‘600, a terza città dell’Impero Asburgico con oltre duecentomila. E’ una città del caffè, di cui rappresenta uno dei principali importatori, di cui i triestini sono i maggiori consumatori nazionali (e quindi, presumo, del mondo). Qui ci sono importanti venditori della nera bevanda e molte caffetterie storiche frequentate da artisti. E’ una città d’arte, che ha accolto scrittori, poeti e pittori.
Per scoprirla, dovete visitarla. Potete inerpicarvi fino al colle di San Giusto per vedere i resti del foro romano e la cattedrale omonima, girare nelle viette, vedere i negozi storici, passeggiare sul lungomare. Sicuramente andrete in Piazza Unità d’Italia. Se ci arrivate di sera, quando è tutta illuminata,vi consiglio di passare dal mare, per vedere i palazzi illuminati. Se ci arrivate di giorno invece passate dall’entroterra: quando davanti a voi vi si aprirà la piazza sul mare sarà un colpo d’occhio incredibile.


 

Capodistria

Siamo stati a Capodistria per una brevissima visita. E’ una città, neanche a dire, di matrice veneziana, che, altrettanto ovviamente è in Istria, anzi ne è il porto e la città principale.  Molti (me compreso) se la ricorderanno per il famoso canale televisivo “Koper Capodistria” in lingua italiana che si riceveva anche dalle nostre parti fino ai primi anni ’90, quando le sue frequenze sono state acquistate da Fininvest per mettere in piedi Telepiù.
Koper è il nome sloveno di Capodistria. Anche qui vige il bilinguismo. Dopo un piccolo giretto sul  lungomare (zona di balneazione molto affollata e porto dove c’era una nave container – non so se si chiamano così – veramente grande!) abbiamo visto la piazza principale, Piazza Tito, dove c’è il Palazzo Pretorio, la cattedrale di San Nazario e il campanile.

 

Pirano

Pirano è un paesino molto caratteristico della costa Slovena. Non ci si arriva in auto perché è tutta ZTL, ma c’è un grosso parcheggio appena prima di entrare in paese. E’ un paesotto in stile veneziano. C’è una bella e spaziosa piazza lastricata, da cui si può raggiungere con una salitella, la chiesa e il campanile, che è la riproduzione (in piccolo) di quello di San Marco a Venezia. Pirano è stata infatti una città veneziana per 5 secoli (dopo essere stata romana, bizantina, austriaca), per poi tornare austriaca e poi italiana. Dopo la seconda guerra mondiale ha seguito il destino di tutta l’Istria finendo in Jugoslavia.
Come i paesi circostanti anche qui vige il bilinguismo sloveno e italiano. Il paese è sviluppato su un promontorio, in modo che è quasi interamente circondato dal mare. Al centro c’è il porto, mentre avvicinandosi alla punta del promontorio ci sono tutti i ristorantini romantici.
Diciamo che non è un posto per le famigliole in cerca di mare, e neanche per i ragazzi che cercano i locali. Per tutto questo è meglio Portorose, ma per una cenetta e una passeggiata andate a Pirano.

Portorose

Portorose è una località di mare della costa della Slovenia (una delle poche, visto che la costa slovena non è grandissima , saranno una quarantina di chilometri).
La costa è come quella a cui siamo abituati in Liguria, vale a dire con le colline / montagne a ridosso del mare. Dal nostro appartamento c’era una splendida vista del mare e del paese.
La particolarità interessante, per noi italiani italofoni che abbiamo sempre difficoltà ad esprimerci in altri idiomi è che qui vige perfettamente il bilinguismo e l’italiano è correntemente parlato da tutti. Ovviamente, essendo la Slovenia nell’area Euro, non c’è neanche il problema del denaro.
Per viaggiare in Slovenia ci vuole il bollino autostradale, la cosiddetta vignetta, che va usata anche sulle superstrade e quindi è pressoché obbligatoria. La settimanale costa 15 euro.
Portorose (in sloveno Portorož, ma come dico qui anche i cartelli sono sia in italiano che in sloveno) non ha spiagge nel senso comune del termine. Quindi niente sabbia, ma neanche niente sassi o scogli: solo terrazzoni di cemento sul mare. Ci sono quelli “liberi” dove mettere i salviettoni, ci sono quelli “a prato” con l’erba e quelli attrezzati (sono quelli degli alberghi, ma accessibili a chiunque) a pagamento con lettini ed ombrelloni. Il costo, per chi è abituati ai prezzissimi della Liguria, è irrilevante (due lettini e ombrellone costano un terzo che a Rapallo).
Il mare non è cristallino, nel senso che non è certo un posto dove vedere le barriere coralline, anzi. Però  nelle spiagge private perlomeno è pulito, visto che ci sono le barriere anti-rudo. Portorose è un posto molto mondano, pieno di locali giusti per la sera.

Redipuglia

Fogliano Redipuglia è un comune della provincia di Gorizia, vicino all’aeroporto friulano di Ronchi dei Legionari. Ospita il più grande monumento ai caduti italiano (e uno dei più grandi d’Europa), fatto costruire in epoca fascista, per ricordare i caduti della Grande Guerra.

E’ un’enorme scalinata che occupa un’intera collina. Ogni “scalone” (alto più di una persona) contiene le spoglie di una parte dei soldati morti durante il conflitto, ricordandoli con una lapide. In totale pare siano circa 100.000 (si avete letto bene, centomila ragazzi morti), anche se il monumento ricorda idealmente tutti i caduti della guerra, che furono più di seicentomila. E’ stato inaugurato da Mussolini e ogni anno, il 4 novembre, presenzia il presidente del Senato in vece del Presidente della Repubblica che è all’Altare della Patria a Roma. Alla base della scalinata c’è anche la tomba del Duca d’Aosta Emanuele Filiberto, che aveva combattuto in guerra e aveva chiesto di aver l’onore di essere seppellito, alla sua morte, insieme ai commilitoni.
Le scalinate contengono le salme di circa 40.000 caduti identificati, la maggior parte con nome, cognome e reggimento di appartenenza, alcuni con solo il nome o solo il cognome (es. “Soldato Pietro … “). Alla sommità la fossa comune di sessantamila militi ignoti. Sessantamila!!!! Numeri impressionanti.
Sopra a tutti i gradoni campeggiano le scritte “PRESENTE”.
Nei dintorni del sacrario ci sono altri musei dedicata alla memoria della guerra, e nel parco sono conservate mitragliatrici, cannoni, munizioni inesplose e quant’altro.

Lugano

Lugano è una piacevole cittadina. Poco distante da Milano, facilmente raggiungibile, se non fosse per la frontiera italo-svizzera che può far perdere tempo.

E’ situata sul lago omonimo ed è la città di lingua italiana più grande fuori dall’Italia. In effetti è come essere in Italia: si parla italiano, si vive italiano, si legge (oltre al giornale locale) il Corriere della Sera. Solo che si paga in franchi e non si è in Italia, bensì in Svizzera, fatto che può risultare molto affascinante.
Lugano ha tanti sportelli bancari, visto la tradizionale cultura del segreto bancario e vista l’adiacenza alla Lombardia. Il costo della vita è maggiore rispetto alle nostre parti, ma presumo che anche gli stipendi siano adeguati a ciò. Per il resto è una cittadina carina, di stile tipicamente lombardo. E’ abbarbicata sulla collina adiacente a lago (molte costruzioni hanno una vista stupenda), presenta numerosi luoghi interessanti da visitare e molti negozi dove fare acquisti: sia centri commerciali, che oggetti tipicamente svizzeri, che atelier di grandi firme. C’è anche il casinò. Se non ci siete mai stati vi consiglio un giretto.

 

Sbrisolona sbrisulona sbrisolina sbrisulusa sbrisulada

Ragazzi, l’Italia è piena di bei posti, di città che hanno un passato che sprizza da ogni mattone, zampilla da ogni strada, sgorga da ogni angolo. E allora, con una altra abituale quarantina di minuti, dalla Trebisonda perchè non raggiungere anche Mantova?

Lo so che a molti non piace vedere una città in una giornata, sembra di perdersi il meglio, i dettagli, di non poterla conoscere come si deve. Hanno ragione, ma è altrettanto bello farlo, per avere un’infarinatura della sua storia, del suo ambiente, del suo stile, del suo essere. Per esempio: Mantova è come il suo dolce tipico, la sbrisolona. E’ una città arroccata, circondata dal Mincio, pare quasi un’isola. E in quei pochi chilometri quadrati sono racchiusa secoli di storia. E’ bello parcheggiare lungo i muraglioni e addentrarsi nel centro a piedi. Bello scoprire i suoi palazzi, i suoi scorci medieovali, le sue chiese, ma anche i suoi negozi, la sua gente. E’ bello respirarne i sospiri del tramonto, mentre i sole si abbassa sull’acqua creando una luce familiare, rassicurante. Non voglio spiegarvi Mantova come ho spiegato Verona, potete leggerlo su qualsiasi opuscolo o sito turistico. Voglio spiegarvi l’atmosfera. Voglio dirvi quanto è bello mangiare una pizza in Piazza delle Erbe (eh si, anche qui una piazza con lo stesso nome) mentre si fa sera. Oppure gironzolare senza meta nelle sue vie, ascoltando il vociare proveniente dai caffè e osservando la gente fare gli ultimi acquisti nei negozi prima della chiusura. Oppure sedersi su una panchina, mano nella mano col mio amore. Le ore del crepuscolo hanno qualcosa di magico, e la nostra amata ma bistrattata Italia ha sempre tanti bei luoghi che aspettano solo di essere visitati.


Due ombre in Piazza Sordello

Montecchi e Capuleti

Ripartendo dall’agriturismo Trebisonda, sempre in poco più di una trentina di minuti potete arrivare a Verona. Per chi non ci fosse mai stato ve la descrivo brevemente. E’ la più grande per numero di abitanti tra le città del Nord Italia "di provincia", ovvero quelle che non sono capoluogo di regione. E’ famosa in tutto il mondo e infatti è frequentatissima dai turisti, sia per le sue bellezze artistiche, sia per i suoi eventi, sia per il furbo marketing derivato dalla storia di Giulietta e Romeo. Il suo fiume è l’Adige e la sua storia passa dai Galli, ai Romani, i Goti, i Longobardi, Carlo Magno, Sacro Romano Impero. Fu addirittura sede papale nel dodicesimo secolo. Ma la sua grandezza arrivò con la signoria dei Della Scala, prima di finire sotto il dominio di Venezia (in piazza delle Erbe si può vedere il Leone di San Marco, simbolo della città lagunare, eretto per dimostrare sottomissione al doge veneziano). Seguì quindi il destino della Serenissima che dopo oltre un millennio di indipendenza, fu occupata durante la guerra franco-austriaca di fine 1700e finì nel regno Lombardo-Veneto fino all’annessione all’Italia nel 1866.

La prima cosa da vedere, appena arrivati, è sicuramente l’Arena, il celeberrimo anfiteatro romano. Se è tuttora in buono stato, nonostante tanti disastri naturali (alluvioni, terremoti) lo si deve anche a Teodorico: e poi parlano male dei barbari. Anche Dante passò di lì a vedere uno spettacolo e Palladio ne studiò l’architettura. Fu sempre usata per attività ludiche (e non): spettacoli, giostre, incontri, persino esecuzioni. Ci fu l’esposizione di un rinoceronte nel 1751, la caccia ai tori (una specie di corrida) e attualmente è teatro di rappresentazioni di opere liriche. Personalmente la ricordo come sede storica della finale del Festivalbar, perdonatemi la bassezza, ma per me lo spettacolo di Vittorio Salvetti era un’istituzione.

Le vie centrali di Verona traboccano di negozietti e boutiques di grandi firme. La centralissima via Mazzini vi porterà fino alla già citata Piazza delle Erbe, dove una volta vi era il foro romano e sede di storici e begli edifici. Da li potete iniziare la vostra visita seguendo uno degli innumerevoli itinerari che vi portano a scoprire le bellezze della città: i suoi angoli, le sue chiese, le sue case medioevali, i suoi scorci sull’Adige.

Oltre a questi classici luoghi riscontrabili più o meno in molte città italiane, ci sono i luoghi diventanti famosi tramite un’attenta politica di promozione turistica del culto di Giulietta e Romeo. I due innamorati, personaggi inventati, sono i protagonisti di una storia che Shakespeare ha raccolto, rinnovato e resa leggendaria. Circa un centinaio di anni fa i veronesi hanno incominciato a propagandare la "Casa di Giulietta" (pare fosse realmente la casa della famiglia dei Cappelletti, storpiata dal sommo drammaturgo in "Capulet" e re-italianizzata in Capuleti), la "Tomba di Giulietta" (non esistendo Giulietta non esiste neanche la sua tomba, ma la storia è talmente avvincente che vale la regola "non è vero ma ci credo") e la "Casa di Romeo" (casa dei Montecchi, famiglia veronese molto importante)


Acquasantiera della chiesa di Sanr’Anastasia

(continua domani)

Ho perso la trebisonda

Oggi vi parlerò bene dell’agriturismo Trebisonda, situato appena fuori del paese di Monzambano, in provincia di Mantova.
Il posto è veramente carino, questo è il sito: www.trebisonda.com E’ un posto tranquillissimo, immerso nella natura, silenzioso. Un vero agriturismo: gli utlimi metri da percorrere sono addirittura non asfaltati, niente TV in camera e un allevamento con circa 15 cavalli. Sono scelte, possono piacere o non piacere, ma chi arriva li deve sapere che sta fuggendo dalla frenesia cittadina. Gli appartamenti sono belli, perlomeno quello che ho avuto modo di vedere ("La casa della vigna vecchia"), ristrutturati bene e discretamente arredati. I gestori sono gentilissimi, molto disponibili e ti fanno sentire veramente a tuo agio. La posizione geografica è ottima: in mezz’ora o poco più puo raggiungere il Lago di Garda, oppure Verona, oppure Mantova. E nei dintorni ci sono splendide località da visitare.

Per esempio Borghetto sul Mincio, uno dei Borghi più belli d’Italia. E’ veramente caratteristico, un paesino di mulini proprio SUL fiume e non ACCANTO al fiume. Ci sono segli scorci da favola e graziosi posticini da visitare. Molto romantico. Appena accanto troverete anche Valeggio, dove potete vedere l’antico Castello Scaligero. Se siete in zona è obbligatorio andare a Borghetto!

Oppure Castellaro Lagusello, altro borgopiùbelloditalia. E’ una frazione di Monzambano, sede di un antico maniero, di cui la gran parte rimane tuttora intatta. Si possono vedere le torri e le cinta murarie. Quanti bei posti da vedere in Italia! E se volete fermarvi al Dorsè Bar potete assaggiare la loro specialità locale: il Fugasì, sorta di pane contadino non lievitato, una specie di piadina cicciuta, dove il condimento va sopra anzichè dentro come nei classici panini.

A circa mezz’ora o poco più (dipende dal traffico – molto facile che ci sia – e dal parcheggio – molto facile che non ci sia) potete anche raggiungere Sirmione, la perla del Lago di Garda. Il paese è situato sulla punta di un istmo, vale a dire una penisola stretta stretta che divide il sud del lago in due. Il problema del traffico è proprio nel fatto che c’è una strada sola e i turisti sono sempre tanti. Arrivati a Sirmione sarete "accolti" dal castello scaligero, che è fatto proprio "a castello": è il punto di accesso al paese, circondato dalle acque su tutti e quattro i lati, alte mura con merletti e torri. La visita prosegue nelle vie e piazze, dove potete trovare negozi molto belli e tanti bar. Sirmione è anche centro termale, quindi il turismo deriva anche dagli amanti del benessere. Una location da visitare inevitabilmente, indubbiamente, obbligatoriamente…e anche qualunquemente sono le Grotte di Catullo. Costui, per chi non lo ricordasse, era un poeta romano che visse proprio nella Città Eterna, ma ogni tanto non disdegnava di tornare nella sua bella villetta sul Lago di Garda (all’epoca chiamato Benaco). Le cosiddette grotte sono in realtà resti di una villa romana, attribuita al poeta, senza peraltro prove certe. La denominazione "grotte" è dovuta al fatto che nei secoli la villa è stata interamente ricoperta di terra e vegetazione e i primi a cui riapparve la scambiarono per una serie di caverne. Quindi non è un grotta e non è di Catullo, ma tant’è… Ha ragione Elisa: vedendo l’immensità, la grandiosità, la magnificenza, la straordinarietà di queste rovine ti rendi conto di come è stato possibile che i Romani abbiano conquistato il mondo: dopo di loro l’Europa è sprofondata in mille anni di barbarie da cui siamo faticosamente usciti dimostrando capacità e mietendo successi in tanti campi: dalla scienza all’arte, dall’esplorazione alla tecnica, dall’inventiva alla capacità di fare…ma non ancora nella maestosità dell’Impero Romano.

(prosegue domani)

Take a picture

È incredibile pensare quante storie, quanta gente che torna a casa, quanti papà che stanno giocando coi loro bambini, quante vite che scorrono nelle case illuminate che si vedono dall’aereo. Stiamo tornado a casa.

Ma cominciamo con ordine. Stamattina ancora una bella e sana colazione a Le Dune. Giudizio complessivo del Bed & Breakfast sicuramente positivo: carino, pulito, gente simpatica e cordiale, vicino alle spiagge e al centro città. L’appartamento non era grandissimo, ma tanto eravamo sempre fuori. Un saluto al gatto Nerone e al cane di cui non sappiamo il nome (e alle tartarughe assassine, agli uccellini tropicali e tutte le bestie varie che ci sono lì) e ci facciamo un giro in spiaggia. Ovviamente non in spiaggia-spiaggia, ma sugli scogli. Per la precisione quelli dove siamo stati l’altroieri, visto che la caletta ci era piaciuta molto: ombra, sole, possibilità di tuffi e panorama gradevolissimo. C’è stato anche un giretto di perlustrazione che io e il Lurenzun abbiamo fatto nelle vicinanze. Poi il rito dei tuffi (anche di testa) (io no!) (cioè a dire il vero ci ho anche provato, ma con scarso successo). È incredibile come questo sole ti asciughi dopo pochi minuti che esci dall’acqua. Giudizio finale sul mare della Puglia, o meglio sul mare del Salento, o meglio sul mare di Otranto e dintorni: mare bello, pulito (a parte qualche rara eccezione), colorato, caldo e molto salato; spiagge pressoché inesistenti, trattasi quasi sempre di scogliere, il più delle volte per niente lisce (anzi decisamente frastagliate tanto da assumere aspetto vulcanico) e quasi sempre difficilmente raggiungibili. Le sporadiche spiagge sabbiose sono piccole, strapienissime di gente e devo dire non proprio pulitissime. Quindi direi: bello è bello, ma niente di eccezionale.

La signora del B&B gentilmente ci fa usare la doccia per sciacquarci via il sale, ci cambiamo e cerchiamo un posticino per mangiare velocemente qualcosa. Ora parlerò male de “Il Ghiottone”, locale che nelle insegne e scritte diceva: bar, ristorante, pizzeria, gelati, panini, bibite. Ci sediamo e ci apparecchiano il tavolo portandoci le liste ristorante. Quando diciamo che vogliamo panini ci fanno cambiare tavolo (quello senza tovaglia) e ci dicono di entrare a ordinare i panini. Scopriamo così che sono panini industriali “di plastica”, imbustati nel cellophane, molto peggio di quelli che si possono trovare nei distributori automatici. Alla faccia della ghiottoneria.

Facendo i conti abbiamo circa un’oretta scarsa per visitare Alberobello, patria dei trulli. Dopo un paio d’ore raggiungiamo questa località, che noi tutti pensavamo fosse sul mare o perlomeno in pianura, invece è in collina. Alberobello è patrimonio dell’umanità (ollallà addirittura). I trulli sono in un apposito quartiere, probabilmente il vecchio nucleo cittadino, una volta abitato e adesso sede di negozio di ricordi per sciocchi turisti come noi. Purtroppo la visita deve essere breve per forza, ma perlomeno abbiamo soddisfatto Mastro Lorenzo che immaginava che i trulli fossero disseminati per tutta la puglia e non segregati in un’unica zona. Mesti mesti e lesti lesti raggiungiamo l’aeroporto Karol Wojtyla di Bari, lasciamo la nostra fida Fiat Bravo che ci ha accompagnati in questi 5 giorni ciucciandoci 90 euro di carburante e ci facciamo una pizza da Spizzico (senza infamia e senza lode). A proposito di pizza, personalmente a Otranto  vi consiglio la pizzeria Cala dei Normanni e la pizza Estate. Volevamo sperimentare anche la pizzeria La Bella Idrusa, di cui ci avevano parlato bene, ma c’era sempre una fila pazzesca a qualunque ora e non accetta prenotazioni dopo le 19 !!

Ora siamo sull’aereo, e sotto di noi greggi e greggi di pecore a forma di nubi. O saranno cirrocumuli? O stratonembi? E tante tante tante luci di tante città con tante case e tante storie da raccontare…

L'ultima spiaggia

Oggi abbiamo deciso per il sud di Otranto. Partiamo in auto, andiamo, andiamo, andiamo e arriviamo.. a Otranto! Ok, allora prendiamo la litoranea per Orte. Ad un certo punto la strada finisce e andiamo giù a piedi.

Da qui si vedono i monti dell’Albania e siamo anche parecchio vicini alla Grecia, visto che l’altroieri la TIM mi ha mandato un SMS con scritto "Benvenuto in Grecia". Alla radio si prendono stazioni di entrambi gli stati.

Dopo tanto camminare ci accorgiamo di essere finiti in un pessimo posto tutto scogli, assolutamente non piatti, con quel paesaggio tipicamente lunare e purtroppo anche parecchio sporco. Mestamente ce ne ritorniamo all’auto sotto il solleone. E poi ci chiediamo come mai alla sera siamo sempre stanchi!

Riprendiamo la litoranea e raggiungiamo S. Cesarea, compriamo della frutta per pranzo e ci adagiamo sugli scogli, cercando qualche punto piatto. Un bel bagno ristoratore mi fa apprezzare ancor più le mi scarpette da mare, visto che per entrare e uscire dall’acqua bisogna passare su scogli appuntiti. Ci mettiamo all’ombra a pranzare e poi ci dividiamo in dormienti (Gallipoli e Tomasopoli) e leggenti (io e Santi Licheri). Il bagno del pomeriggio è a basa di tuffi, dove stupiamo tutti col nostro stile a… non so come definirlo… blocco di cemento è abbastanza verosimile…

Siccome il pomeriggio è ancora lungo, dopo esserci rinfrescarti decidiamo di fare tutta la costa fino a Leuca, fermandoci ogni tanto per vedere il panorama. E’ confermato: spiagge zero o al massimo zero virgola uno. Anche il panorama interno non è bellissimo: campagne abbastanza brulle, al limite qualche uliveto, e casettine tutte uguali piuttosto bruttine a nostro gusto.

Lungo la strada abbiamo anche visitato la Grotta Zinzulusa, chiamata così perché sembra piena di cenci a brandelli, stracci, chiamati zinzuli nel dialetto locale. E’ visitabile nel primo tratto, con le classiche stalattiti e stalagmiti. Ci vivono ancora i pipistrelli, che escono solo di notte…

Arrivati al santuario di Santa Maria (di Leuca) ci siamo soffermati per una visita. Pensate che Santa Maria di Leuca non fa neanche comune. E così abbiamo raggiunto la punta più a sud del Salento. Ora non ci rimane che tornare su.

Alla sera ci facciamo l’ultima pizza e progettiamo il dafarsi per domani, giorno di rientro. Raggiungiamo a piedi uno dei pochi posti dove non siamo ancora stati, il porto di Otranto. Giusto per macinare ancora qualche chilometro e schiantarci nel letto belli cotti. A domani.

Salento is not Puglia

Stamattina abbiamo fatto colazione in compagnia del gatto Nerone, poi ci siamo inerpicati lungo la costa per raggiungere località meno frequentate. Abbiamo trovato delle calette veramente carine sul lato nord della città. Ce n’era una sabbiosa e poco dopo un’insenatura dove l’acqua era abbastanza profonda, di colore veramente da cartolina. Ci siamo fermati li. Il paesaggio è oggettivamente bello, l’acqua molto pulita e sempre calda. Figuratevi che in paese c’è gente che fa il bagno anche alle 9 di sera!
Ci siamo concessi anche dei tuffi dalla scogliera: bastava arrampicarsi per qualche metro e c’è una pedana naturale con sotto una pozza di acqua profonda abbastanza da permettere un discreto salto. La mattina è scorsa così velocemente in modo divertente. Il tenente Michele e il soldato Lorenzo hanno riportato lievi ferite da arrampicata sugli scogli, ma il tutto è guaribile in un paio di giorni. Al ritorno abbiamo pensato di percorrere un sentiero alternativo, sicuramente più "facile" ma anche più lungo, ci siamo quasi dispersi per la campagna di Otranto, per poi raqggiungere un barino dove abbiamo sperimentato insalatone e friselle.

Qui sono molto campanilisti e specificano il fatto che Salento is not Puglia. E poi si lamentano se Bossi dice che Padania is not Italia.

Al pomeriggio raggiungiamo Lecce. Ci accorgiamo subito che i negozi aprono molto tardi, verso le 17,30. Probabilmente perché fa un caldo dell’accidente: perlomeno ad Otranto basta andare in riva al mare per sentire un po’ d’aria, qui si boccheggia. Lecce ha la fama di essere città barocca, da alcuni definita la "Firenze del sud". Beh barocca lo è, in quanto a Firenze lasciamo stare, non facciamo paragoni per favore.

Abbiamo visitato il Castello, eretto da Carlo V, per poi dirigerci verso la centralissima Piazza Sant’Oronzo dove c’è l’anfiteatro romano e proseguire verso piazza duomo, la chiesa di Santa Croce, ecc. Il centro di Lecce si gira facilmente, i monumenti da vedere sono tanti, quasi tutti costruiti con la classica pietra leccese e molti in stile barocco. Deve avere avuto sicuramente un passato fasto. Carina, oserei concedere anche un bella, ma non certo imperdibile.

Notiamo che in giro ci sono tanti fricchettoni: venditori ambulanti, ritrattisti, ma anche personaggi di passaggio: tutti colorati e coloriti. Ho notato anche tanti negozietti gestiti da stranieri: africani e indiani. Per cena abbiamo seguito il consiglio di Fabio e abbiamo provato un ristorantino tipicissimo niente male dove abbiamo preso le ricciaredde cu li pumitori scattariciati e un classico vino Negroamaro. Il cameriere non pare aver molta simpatia per il quasi omonimo gruppo pop.

Dopocena la città è sicuramente più viva, anche se alle undici di sera c’è ancora un caldo terribile. Gironzoliamo un po’ senza meta e poi ritorniamo verso la costa. Tutti a nanna.

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