(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Category: Me stesso Page 8 of 9

Il lavoro del blogger

Molti mi chiedono perchè scrivo un blog oppure mi consigliano di scrivere su questo o quell’argomento. Vorrei rispondere a tutti con questo post.
Io sono abbastanza un grafomane, cioè mi piace scrivere. Non mi piace scrivere cose impegnate, anzi amo scrivere esattamente quello che mi viene in mente in quel preciso istante, senza stare lì ad aggiustare la costruzione delle frasi e i tempi dei verbi, ecc. Per questo scrivo un blog. E’ come tenere un diario. Un secondo ma non meno importante motivo è proprio il fatto che ogni giorno scopro sempre nuovi lettori. Ogni tanto incorntro un amico che mi dice "ma lo sai che leggo il tuo blog?". Oppure sento via email persone che non sento da tanto tempo… e scopro che mi seguono tramite il sito. Oppure gente che magari prima non conoscevo. Insomma ho un piccolo seguito (i miei 40 lettori, come mi piace dire) e sento un po’ il "peso" di questa attenzione verso di me. Ovviamente mi fa piacere, ma a volte vorrei poter scrivere tutti i giorni per poterli accontentare. Il fatto è che spesso non ho tempo. Mi capita di pensare una cosa e di volerla scrivere, ma poi passa l’attimo, passano le ore, i giorni, e quella cosa non mi "prende" più come prima, la magia sfiorisce e… non la scrivo.

Per quanto riguarda gli argomenti… beh…. ripeto, sono assolutamente a caso! Quando ho voglia di dire una cosa (ma quante volte ho scritto "cosa" in questo post???), che sia una canzone, una polemica, una foto, una barzelletta…. la scrivo. Tutto qui. Ma forse è bello per quello.

Ho anche un clone! (Davide questo NON scriverlo nel tuo blog !!!!)

Me stesso in ASCII



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Ho superato l'età per crescere, ora sono costretto a rimanere giovane

Come ho già scritto QUI:

Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno
.

In questo periodo ho ripreso a frequentare l’università. Mi mancano 4 esami: microeconomia, macroeconomia, macroeconomia applicata e metodiemodelliperlescelteeconomiche. Come ogni primavera il lavoro scarseggia e quindi ho un po’ di tempo da dedicare agli studi e sto andando a lezione del buon Rampa di Microeconomia. Ho conosciuto ragazzi e ragazze che frequantano il corso e mi sono reso conto che è molto interessante parlare con gente di quell’età (sotto i 25 anni) perchè hanno mille progetti, hanno ancora delle idee. Il mondo è ancor una scatola da aprire, le idee sono confuse e chiare nello stesso tempo. "Vorrei sicuramente fare questo ma magari farò quello". E poi hanno una visione della vita molto particolare, piena di sogni e prospettive, ma anche molto concreta e precisa. Idee positive e propositive. E con pochi sbattimenti.

E’ la stessa mentalità che ho trovato nei ragazzi che ho conosciuto a Londra. Lo so voi mi direte: guarda che ci sono anche i problemi e gli scazzi nella vita, non sono solo rose e fiori. Certo, lo so, ma dipende anche dai modi di affrontare le cose. Non bisogna farsi sopraffare dalla quotidianità e diventare cupi, triste, seri e pessimisti, ma cercare il lato buono delle cose che, sembra un proverbio ma è verità, c’è sempre.

Boh che dire, forse ho la sindrome di Peter Pan, non ho volgia di crescere, ma non credo. Mi sembra che in realtà io sia una persona più o meno equilibrata, ho un lavoro, ho tanti hobbies e tante passioni. Però mi piace sempre sperimentare, sempre provare cose nuove, sempre stare a guardare le stelle (ma dopo il lavoro). E si, mi sa che ormai ho superato l’età per diventare grande… Per questo mi trovo molto a mio agio con persone che angraficamente hanno molti anni in meno dei miei (anche se spesso non me ne rendo conto)

Mario Baratta – Quarta puntata

Un altro prof molto discusso era Pietro Para, eclettico personaggio. A me stava e sta simpatico, non so perchè. Aveva duecentomila difetti. Mancanza totale di autoironia, maleducazione nel parlare al cellulare in classe (era uno dei primi ad averlo), menefreghismo nel non ascoltare minimamente le richieste degli studenti, ecc. Ma il difetto più grande era il suo presunto metodo di insegnamento. Sosteneva la solita favoletta che ormai eravamo adulti e quindi la materia (tecnica bancaria) avremmo potuto e dovuto impararla da soli, e così durante le ore di lezione ci intrattenava con argomenti interessantissimi e con modo di fare piacevole. Ma poi nei compiti in classe era ovviamente un disastro, secondo voi quanti diciottenni studiano se non li costringi?? Io, non so come, qualche 6 lo rimediavo. Una volta ho addirittura inventato un nuovo modo di calcolare il bilancio di un c/c hehehe.
E poi altri prof erano: la Giorgi, di chimica/merceologia, che diceva "ammosfere" e cose simili. Mi ha fatto dare sempre 8 di condotta ma la perdono. La Maione, che ogni tanto aveva dei problemini e sbiellava, la sua sostituta Aprea (che… va beh lasciamo stare), il fantastico Beppe Carcione di geografia, un uomo buono come il pane appena sfornato, Bissa & Bissa, i coniugi della ginnastica. Bissa uomo aveva la fissa dei computer coi quali compilava tabelle per vedere se eravamo in forma e soprattutto della pallavolo. Mai che ci facesse giocare a calcetto. A me andava benissimo perchè non me ne fregava molto del calcetto. Di matematica abbiamo avuto la Castagnola i primi anni (metteva un "più" a chi risolveva per primo gli esercizi, cioè sempre Elena), la Torrazza (che io avevo già avuto alle medie a Brallo!) e… e… cavolo come si chiamava quella di matematica finanziaria…. Andreoli?. E poi la Papalia di religione. Durante quei 5 anni aveva avuto dei figli a cui ovviamente ha dato dei nomi biblici, ma come si fa dico io? Una volta abbiamo fatto un compito in classe e io ho scritto "i 7 comandamenti" !!!! Roba da chiodi.
Mi stavo dimenticando della Ferrari, tecnica commerciale. Bella donna anche lei, la si prendeva in giro dicendo che quando c’era uno sciopero degli studenti o qualche avvenimento simile (come la "liberazione" da parte degli universitari) lei fosse una delle prime a saltare in macchina per tornarsene a casa… Ciao prof, un saluto!!! E poi… boh in questo momento non mi sovviene nessun altro. Come si chiamava la prof di dattilografia di prima? (Quella di seconda non la voglio neanche menzionare). E poi c’è stato Mangiarotti, giovanissimo professore di diritto, Pollini (lo scienziato pazzo del laboratorio di chimica)…

Mario Baratta – Terza puntata

Era il 1989. A dicembre ho comprato l’Amiga 500, un computer che ha fatto storia. Ma qualche mese prima, a settembre, ho dovuto sostenere l’esame di riparazione di francese.
Per l’esame mi aveva preparato mia sorella, che era molto brava in quella materia. Passavamo il tempo quasi a litigare, perchè invece a me il francese non è mai piaciuto. Per esempio non ho mai digerito i partitivi. Quell’esame mi ha insegnato una cosa in particolare: il metodo di studio. E’ inutile cercare di studiare tutto, non fa per me: non ce la faccio, mi annoio, non ho voglia, ecc. Meglio farsi una scaletta delle cose importanti, studiare bene quelle cose e condire il tutto con della sana fantasia. Il risultato sarà sempre: la materia la sai, si vede che hai studiato, magari non a fondo…. e il 6 è assicurato. Fidatevi, è un metodo che funziona. Anche ora, che studio economia (vedi la mia storia) uso un sistema simile: leggo il libro una sola volta, e nel frattempo scrivo col computer dei riassuntini. Così facendo mi si fissano in mente quei concetti condamentali. I dettagli si improvvisano sul momento…

In seconda che gita abbiamo fatto? Se lo dico a queste nuove generazioni si mettono a ridere: Camogli. E si, probabilmente anche qualche mio compagno avrà rimosso questa cosa. Intendiamoci, non è che non mi piaccia Camogli, tuttaltro lo reputo uno dei posti più belli della riviera di levante e ci vado abbastanza spesso… ma proprio per quel motivo… ma che gita è? In gita si dovrebbe andare in un posto mai visto o quasi!!!

In seconda abbiamo perso qualche compagno per strada, ma ne abbiamo acquistati atri, anzi altre. Ma in questa puntata vorrei parlarvi dei professori. Noi siamo stati gli ultimi che abbiamo avuto l’onore e l’onere di conoscere una vecchia generazione di professori storici del Baratta. Avevamo la Bocchio di stenografia!!! A parte il fatto che penso che ormai steno non esista neanche più (noi facevamo il Meschini, le singole lettere me le ricordo ancora)… veniva a lezione col camice, mitica! Di francese c’era la Maccarini, che in seconda si stupiva del fatto che io facessi i compiti in classe abbastanza giusti e allora mi decurtava i voti perchè secondo lei copiavo (a volte era vero). E poi la Edmonson di inglese, indimenticabile professoressa d’altri tempi, capelli raccolti a cipolla, severa e con gli occhiali spessi. Abita vicino a casa mia e la vedo ancora talvolta.
E poi l mitico Virginio Giacomo Bono, di lettere. Idolo. Era il nostro professore, ci ha seguito per tutti e cinque gli anni, ci ha visto crescere, ci ha portato alla maturità. Sapeva tutto di noi, conosceva le sfumature del nostro carattere. Grande appassionato di arte e storia, ha scritto numerosi libri su personaggi, luoghi e storie di Voghera e zone limitrofe. Basta una ricerca su Google. Ricordo alcune sue frasi ricorrenti, quando ad esempio lui, amante della vita tranquilla e delle belle cose, che profetizzava di andare a scuola in cavallo, aveva orrore della massa di gente in coda alle casse dell’iper o criticava noi poveri giovincelli che andavamo a spendere malamente soldi in gite all’estero per poi vedere poco o nulla di relamente valido… Detto così sembra un vecchio barbagianni, ma vi assicuro che sapeva quello che diceva, rendendosi conto di essere spesso un Don Chisciotte. Un’altra sua frase che ricordo è "Tordi scrive di lucad, ma li scrive in un italiano accettabile e quindi sono costretto a dargli 6"
Poi abbiamo avuto la Bruni, sempre di francese. E la Gallo di inglese, bella donna, noi ragazzini la votavamo sempre come la prof più bella. In quinta di inglese la Coda. Vi racconto un aneddoto: io in tecnica commerciale (e bancaria) e in inglese commerciale, vale a dire dove c’erano da compilare fatture, estratti conto o lettere commerciali, invece di Mario Rossi, mi divertivo a usare nomi di personaggi famosi (o famigerati). Una volta in un compito in classe dovevamo scrivere un curriculum in inglese. Quando la prof entra per consegnare i compiti mi dice: "Con te facciamo i conti dopo, ritieniti fortunato se non ti mando dal preside". Io non capivo cosa avevo combinato. Alla fine la prof Coda, incazzatissima, mi ha mostrato il frutto delle mie fatiche, dove dicevo di chiamarmi Toto Riina e di aver frequentato l’istituto Nitto Sanatpaola. (Come potete notare sono stati entrambi arrestati nel ’93, gli ho portato una sfiga pazzesca). Apriti cielo. La prof sosteneva che, siccome erano 20 anni che inglese non usciva come materia alla maturità di ragioneria, poteva essere l’anno buono. E magari in quel caso qualcuno si sarebbe preso la briga di rileggere i compiti in classe. Mamma mia che paranoia. Proprio perchè non usciva da 20 anni, chissà perchè sarebbe dovuto uscire proprio nel ’93? E comunque non avrei MAI e poi MAI portato inglese alla maturità. Le materie sono uscite il 2 aprile, giorno del mio 19° compleanno. Italiano, Ragioneria, un’altra che non ricordo…forse merceologia e… INGLESE! Io volevo scartare a priori le prime due, ma il nostro membro interno (sempre Bono) ci ha fatto notare che praticamente nessuno avrebbe portato ragioneria alla maturità e questo, in una classe di ragionieri, sarebbe stato un fatto particolare, c’era il rischio che a qualcuno potesserero cambiare le materie. Quindi suggeriva, almeno a chi aveva la sufficenza il primo quadrimestre, di portare ragioneria. Chi erano i fortunelli con la sufficenza? Le mitiche LLLZ (cioè Sabrina, Elena, Lorenza, Daniela)… e il sottoscritto (che culo eh?). Però ho pensato: se la porto come prima materia quella lì pensa che io sia un mago di ragioneria, quindi…. Quindi ho portato Inglse come prima materia e ragio come seconda. Il prof di inglese della matura era un pischello giovane. Dal momento che probabilmente ero l’unico in tutto l’istituto a portare inglese come prima materia, avrà pensato che io fossi un fenomeno e ha iniziato a parlarmi in inglse… ma ha cambiato subito!!!

Perchè nessuno voleva portare ragioneria? Perchè eravamo tutti spaventati dalla prof, la mitica Zucchella, lo spauracchio di generazioni di ragionieri. Prof, se per caso un giorno leggesse queste pagine, voglio proprio dirle che secondo me lei ha proprio sbagliato metodo di insegnamento. Non c’è bisogno di fare la stronza come faceva lei, non è così che si insegna la ragioneria. La severità mi sta bene, ma lei andava oltre. Infatti penso che non abbia lasciato molto agli studenti.

(fine prima parte
… domani la seconda parte…)


Io mi divertivo a fare dei collage e farne dei "giornalini" di una sola pagina. All’inizio si chiamava "Mai dire Tordi", poi "Meglio Tordi che mai".

Mario Baratta – Seconda puntata

Questa è la seconda puntata della mia avventura al Baratta. La prima puntata la potete trovare cliccando qui.

Quella che sto per scrivere è una puntata speciale, che esula dagli argomenti che mi ero messo in testa di scrivere. È una puntata tutta dedicata ad una mia compagna di classe: Emiliana Brandolini.

Un anno, forse in seconda, ero sempre stato “spintaneamente” convinto a rimanere al primo banco (ci sono rimasto fino in terza, poi il mio compagno di banco Fabio ha pensato bene di non studiare più una mazza e quindi farsi bocciare, pertanto sono passato nelle retrovie). Dicevo… dietro di noi c’erano due ragazze: la Sara e la Emi. Eravamo abbastanza diversi come carattere. Per prima cosa perché noi due davanti parlavamo di argomenti “da maschietti” cioè computer, videogames, e altre cazzate simili e poi perché eravamo abbastanza stupidotti (come quasi tutti a 15 anni), mentre loro cercavano di darsi un atteggiamento un po’ più “maturo” della loro età. Però si era creato un bel feeling. Gli avevo dato due soprannomi presi dai cartoni animati: Sandy (diminutivo di Sandybell) e Haidi. Loro hanno tentato di chiamarmi Capitan Harlock, ma la cosa è caduta lì, io invece imperterrito ho continuato a chiamarle così anche ad anni di distanza. Infatti ancora adesso il numero di cellulare della Emi ce l’ho sotto il nome “Haidi”.

E sì perché Haidi era Emiliana, detta anche “la Brando”. Il nome Haidi gliel’avevo affibbiato perché aveva un viso da cartone animato, coi capelli lisci e neri e due occhioni grandi. Me la ricordo gli ultimi anni di scuola, quando entrambi eravamo negli ultimi banchi. Io ero nella fila centrale, proprio in fondo, e davanti a me avevo Stefano, Marco e Gianluca. No, non erano in tre, erano solo due, ma erano talmente massicci che era come fossero in tre. Componevano un formidabile scudo tra me e i professori, tant’è che, grazie anche alla solida fama di “bravo ragazzo” che ero riuscito a racimolare negli anni precedenti, ero libero di fare quello che volevo senza essere scoperto: leggevo fumetti, scarabocchiavo il banco, giocavo a battaglia navale con Giancarlo, ecc.

La Emi e la Cinzia si incazzavano sempre. “Ma perché noi studiamo e veniamo sempre interrogate e poi nei compiti in classe andiamo male e Tordi che non fa mai un cazzo non lo chiamano mai fuori e poi nei compiti prende 6 e mezzo o 7??? Grrrr”. Ogni tanto la Emi si girava verso di me e mi smadonnava dietro silenziosamente perché lei davanti aveva il libro aperto, mentre io il Dylan Dog di Andrea…
Ovviamente non si arrabbiavano seriamente, era un gioco di prese in giro. La Emi poi ha sempre avuto un sacco di autoironia.

Dopo le superiori ci siamo persi un po’ di vista, abbiamo ripreso i contatti qualche anno fa, grazie alle nostre mitiche cene di classe. È sempre la solita Emi, anzi è migliorata. Una donna felice, si è sposata da 2 o 3 anni, ha un bel lavoro che la soddisfa, è persino migliorata nella forma fisica. L’anno scorso le ho dato un gattino, per una ragazzina che conosceva lei a Sannazzaro. Ogni tanto ci sentiamo via email, ci giriamo qualche stronzata di quelle che ti mandano gli amici. E poi ci vediamo alle solite cene. Venerdì ho acceso il telefono solo nel pomeriggio e ho visto un po’ di chiamate perse da parte di amici del Baratta, e qualche messaggio…

Che vi devo dire… immagino che dal tono di questo post l’avrete già capito. Emiliana se n’è andata, in un modo molto simile a quello di Cinzia (vedi questo post). Non sono bravo a tessere lodi, mi va solo di ricordarla per come la conoscevo, e per come sempre rimarrà per me.
Lei che è così solare, spero che mi perdoni questa tristezza che ho addosso ora.

Il cielo è pieno di stelle

Oggi vorrei raccontarvi di una serata. Stiamo parlando di parecchi anni fa, ormai. Dunque, fatemi pensare…2007,2006,2005,2004,2003,… si dovrebbe essere il 2002!

Eravamo in autunno, ma non faceva ancora tanto freddo, sarà stato ottobre. Ero d’accordo con una ragazza di uscire al sabato. Quasi all’ultimo minuto sembrava che ci fossero dei problemi, ma poi si sono risolti e siamo partiti. Non mi ricordo molto del viaggio, non è importante.

Quello che mi ricordo e che siamo arrivati in un posto a me molto caro, Pregola, sulla montagnetta. Non so perchè a me piaccia così Pregola, in fondo non è il mio paese, però anche da piccolo ho sempre girato nei dintorni, per me quel paese ha un fascino particolare, soprattutto d’inverno, quando c’è poca gente. Ma se penso alle stelle io penso a Pregola perchè le ho viste mille volte, seduto su una sedia alle 5 del mattino, fuori dal bar a luci spente. E quella sera eravamo lì a Pregola proprio per vedere le stelle.

E quindi, direte voi? E quindi niente. E’ stato molto bello stare li, sdraiati con addosso un plaid (non era inverno, ma alla sera faceva freddo), rivolti verso il firmamento stellato, nella speranza di vedere qualche stella cadente, e cercando di individuare le costellazioni più famose.

E nel frattempo chiacchieravamo, parlavamo, ci confidavamo… Una serata sicuramente particolare, unica.

Lo so che stai leggendo. Ne è passato di tempo da quella sera, vero? Però mi è rimasta sempre nel cuore. Perchè in questo mondo dove tutti andiamo di fretta non è facile trovare dei momenti così. E poi avevamo un bel feeling. Sei una persona dolce, e dicevi che così sono io, pertanto era più facile farci le nostre confidenze. Ricordi? Ti avevo dedicato una poesiola.
Mi hai tirato su parecchie volte lo sai? Per molto tempo avevo nel cellulare un sms che mi hai spedito alle 6 di mattina, in risposta al mio dove mi lamentavo:

Non voglio risponderti con consigli o frasi fatte,ti ho capito e ti dico solo che sei una persona stupenda che non ha niente da invidiare a nessuno.

Ogni tanto mi capita di ripensare a quella sera. Agli amici non l’ho mai detto, lo sai cosa si pensa e si dice in questi casi: tu e lei, sotto una coperta a veder le stelle? Ma dai! A chi vuoi farlo credere, chissà cosa avrete fatto in realtà. E allora per evitare queste banalità mi sono sempre tenuto il “segreto”.

Vedi? Un post sul blog tutto dedicato a te…un po come…
non te l’aspettavi eh! invece eccola qua come mi è venuta e chi lo sa le mie canzoni nascono da sole vengono fuori già con le parole Una canzone per te e non ci credi eh! sorridi e abbassi gli occhi un istante e dici non credo di essere così importante ma dici una bugia e infatti scappi via“…

Ricordo quanti sogni avevi, quante prospettive per il futuro. Nei tuoi occhi leggevo sempre tante speranze, tante certezze, e tanta tenerezza. Non le hai perse vero? Credo di no.
Dai ci sentiamo presto. Ti voglio sempre bene, ma questo lo sai.

Mario Baratta – Prima puntata

Era il 1988. Avevo scelto di fare ragioneria per esclusione, non mi piaceva nulla, se non forse l’informatica, ma c’era solo a Pavia. E quindi, quel giorno di settembre di diciotto anni fa cominciavo la mia grande avventura all’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Mario Baratta di Voghera (zona Pombio)
Il primo giorno di scuola sono arrivato tardi e c’erano solo due posti liberi: uno al primo e uno all’ultimo banco. Scelgo l’ultimo. Il mio compagno di banco è Marco di Santa Giuletta. E’ stato bocciato. Quello davanti a me lo conosco, Enzo, anche lui bocciato. Il suo socio è Giancarlo di Casanova Staffora, anche lui ripetente. Ottimo inizio, sono circondato da gente che studia.

Il mio impatto con le superiori è stato traumatico, io ho vissuto per 14 anni al Passo del Brallo, capoluogo del comune di Brallo di Pregola. Ero un bambino, e pure montanaro. Qui invece c’era chi parlava di cagnare (termine oltrepadano che indica marinare la scuola), chi fumava (sigarette, per la carità, ma ai miei occhi parevano eroinomani), chi aveva l’orecchino (orrore!). Insomma io che ero un brav fiò (cioè uno sfigato) ero stato catapultato in un mondo di “grandi” (o che giocavano a fare i grandi).

Ero molto timido e avevo paura di tutto. Paura dei professori, paura del preside, ma soprattutto paura di quello che avrei dovuto fare o dire. Passavo le giornate chiuso in camera mia a far finta di studiare. Relazioni sociali (a Voghera) pochissime se non nulle. Se penso a quanto sono cambiato da allora, che palestra di vita che è stato il Baratta per me. Non sono cambiato nei valori, almeno non credo, non penso di essere diventato uno stronzo (magari! a volte tornerebbe utile). Ma non ho per nulla più paura della gente, anzi al contrario me ne frego. Dico e faccio ciò che ho in mente, non me la meno per nessun motivo e sono amico di tutti (infatti do del tu a tutti). E poi penso positivo (come Jovanotti) e non mollo mai (sono interista e ho la testa dura).
Il primo giorno mi hanno ovviamente fatto pagare anche la matricola. Ogni tanto vedo in giro i personaggi che all’epoca erano più grandicelli di me e di cui avevo timore: mi sembrano tanto sfigati adesso… tanto grigi…. Come direbbe Vasco: “Ma non ricordo se chi c’era aveva queste queste facce qui non mi dire che è proprio così non mi dire che son quelli lì!

In fondo ci sono stato circa un mese, poi la prof di Inglese (la Eddy) mi ha costretto a stare al primo banco, anche nelle altre ore. Così ho conosciuto quello che stava davanti, Fabio, un tipo strano ma simpatico, una persona sincera. Siamo stati compagni 3 anni, poi è stato bocciato, ma siamo tuttora grandi amici. C’era un altro Fabio in classe, ogni tanto ci vediamo in giro (a dire la verità adesso sono anni che non lo vedo, magari in questi giorni una birra… così mi spieghi cosa combini, balordo)
In gita (di un giorno) siamo andati a San Simone, località lombarda, a sciare. Che gitarella… e va beh. Gli sci li abbiamo affittati là. Una delle ultime volte che ho sciato in quel periodo, poi per 4 o 5 anni… niente. Diciamo che ero ancora bravino.

In classe siamo sempre stati più femmine che maschi. Devo dire che al Baratta c’era un bell’ambiente di ragazze. Se penso a quelli che facevano l’Itis o l’Ipsia… poveracci. Dunque fatemi pensare a chi c’e’ stato solo in prima… beh Enzo, come dicevo, che è stato bocciato ancora e se n’è andato all’Alfieri, un tizio che ha resistito solo una settimana… e una ragazza che studiava come una bestia, infatti dopo qualche mese ha ceduto (di testa) e ha abbandonato…

Il francese non mi entrava in testa e così a fine anno mi sono preso l’esame a settembre. Andavo bene in scienze e in dattilografia, in tutte le altre materie avevo 6. La solita cantilena che ho sempre sentito per tutta la mia carriera scolastica: sei intelligente e potresti fare di più. Che pizza!

Arrivederci alle prossime puntate, dove vi racconterò delle varie avventure capitate in quei meravigliosi 5 anni.

Nomi

Il mio nome è Fabio Tordi. Su questo non ci piove. Come tutti ho e ho avuto una serie di nomiglioli e soprannomi.

Da bambino il mio nome non mi piaceva, mi pareva proprio brutto. Avrei preferito esser stato chiamato Claudio o tuttalpiù Marco (sempre nomi romani comunque, si vede che avevo un certo feeling). Infatti i miei “amici invisibili” si chiamavano così.
Gli zii e le zie mi chiamavano Fabiolino. Questo mi piaceva già di più. Mio padre e mio fratello mi hanno sempre chiamato Fabio, invece mia madre e mia sorella Fa. La stragrande maggioranza degli amici mi chiamava Fa. Quando giocavo, il nome della mia “ditta”, della mia “squadra”, del mio pianeta, del mio albergo, ecc. era EffeTi. Insomma il mio nome non mi piaceva, avrei voluto un nome scelto da me, però la lettera F mi è sempre piaciuta e così ho adottato le mie iniziali.

Alle superiori, come sempre succede, sono diventato Tordi. Tra l’altro ero uno dei pochi ragazzi della mia classe con il cognome corto, quindi non avevo diminutivi. Anche in quel periodo l’unico diminutivo era Fa. Nel frattempo, già da quando ero ancora alle medie, era nato un caso strano. Io ho sempre avuto tantissimi “amici estivi” cioè ragazzini che passavano le vacanze a Brallo e che vedevo solo in quell’occasione. Quindi non erano dei veri e propri amici… penso che sia capitato anche a voi che da ragazzini passavate l’estate al mare, avrete avuto degli amichetti là no? Dicevo, durante una di queste estati, si era in pieno periodo dei Paninari (sarà stato l’85 o l’86) alcuni ragazzi più grandicelli di me hanno iniziato a chiamarmi “Siro“, che è il nome di mio padre, pensando che fosse il mio cognome. Ancora adesso c’è gente che pensa che sia il mio cognome. (Quando lo dico ai miei amici si mettono a ridere, ma credetemi è così). Nelle estati successive la cosa si è diffusa a macchia d’olio perchè durante l’adolescenza conosci un sacco di gente. Ho iniziato a conoscere i ragazzi degli altri paesi (non i residenti, che già conoscevo grazie alla scuola, ma quelli che avevano la casa e venivano solo nelle feste), ecc. ecc. Quindi il soprannome “Siro” si è sparso, e un po’ è rimasto, anche quando hanno capito che non era il mio cognome.

All’università c’era Carlo, detto Giancarlo, che era un geniale personaggio (che non finirò mai di ringraziare per l’aiuto che ci ha dato nell’ultimo esame, Controllo dei Processi). Uno dei suoi passatempi preferiti, a parte quello di riuscire ogni mattina a portare l’automobile proprio davanti alle aule del piano A, era quello di affibbiare nomiglioli a chiunque. A me è toccato Speedy, per via di una bici BMX giallo-taxi che usavo per fare il tragitto stazione-nave. Siccome era una bici da bambino dovevo pedalare più veloce, e sembrava che stessi pedalando come un matto… e così “speedy”.

In quegli anni (e negli anni successivi…) scrivevo qualche piccola poesia, racconti, cose del genere. Per la carità, mi fa sempre specie chiamarle poesie, sono solo delle cose che dalla testa riesco a fissare su un foglio. Emozioni di un momento. Le firmavo come “nessuno“. Non mi piaceva ancora nessuno dei nomi che mi erano sempre stati dati e pertanto come nomignolo mi sono scelto proprio il nome con cui aveva detto di chiamarsi Ulisse interrogato da Polifemo: nessuno. Ricordo ancora il mio primo indirizzo di posta elettronica: nessuno [chiocciola] jetai.unipv.it e il mio primissimo sito web: nowhere (è ancora attivo, fatevi due risate: http://www.jetai.org/~nessuno/ )

Alcune amiche mi chiamano Fabi, mio nonno mi chiamava “il mio Fabione“, c’è chi dice Fab e chi Fafa. Negli ultimi anni c’è chi mi chiama Fabietto, che non mi fa certo impazzire ma è sopportabile.

In internet avevo bisogno di un nick universale, un nick col quale avrei potuto registrarmi ad innumerevoli servizi e siti e non trovarlo sempre già occupato. Un giorno, per caso, stavo impazzendo a trovare un nome per registrarmi ad un servizio on line, quando ho unito il mio soprannome di un tempo “Siro” a quello di cui mi stavo occupando in quel periodo (il protocollo WAP), ed è nato sirwap. Ormai sono 6 anni che in rete io sono sirwap. E’ un nome che mi piace molto, perchè non vuol dire nulla, ma suona bene, contiene un pezzo del nome di mio padre, è sempre “libero” quando mi devo registrare a un forum, ecc.

Ora che mi sono riappropriato del mio nome e cognome (si, adesso sono contento di chiamarmi così, mi piace), ho infatti due identità ufficiali.
Fabio Tordi: fabio [chiocciola] fabiotordi.it
sirwap: sirwap [chiocciola] forteweb.it

Voghera

Ormai la sento quasi mia questa città. Ce ne ha messo del tempo, ma alla fine ce l’ha fatta.

Da piccolo per me Voghera era qual posto così lontano da aver poche occasioni di andarci ma non così lontano da non andarci mai. Era la fiera dell’ascensione. Poi è diventata il posto dove viveva e lavorava mio fratello. Quando ero alle medie mia sorella faceva l’università e stava a Voghera in appartamento. Al lunedì, dopo la scuola, pranzo veloce e poi si partiva per Voghera. Per me era una gita interessante. Almeno per un giorno alla settimana avevo la possibilità di vedere tanti negozi, l’occasione di farmi comprare un fumetto (nell’edicola di Via Cavour), di vedere tanti canali alla TV. A Brallo per anni si è visto solo il Primo, il Secondo, Retequattro (male) e Canale5 (male), quindi mi sbizzarrivo a vedere i cartoni animati più strani… E poi c’era la spesa al SuperGulliver (anzi alla “Standa“) di Via Cavour, mi divertivo un sacco.

Dal 1988 ho iniziato a vivere a Voghera. All’inizio in modo saltuario, per poi metterci le radici. I primi anni stavo circa 6 mesi in pianura e 6 mesi “a casa” (abitavo con mia sorella, quindi tutto dipendeva dal fatto le lei avesse o no lezione). Durante i miei studi di Ingegneria ho iniziato a stare (virtualmente) da solo, in quanto la mia sorellina si è ritrasferita a casa. Stavo a Voghera da settembre a giugno, ma al venerdi sera partivo e me ne tornavo a Brallo.
Per anni e anni non riuscivo a rispondere “Voghera” quando mi domandavano “dove abiti?”. Anche perchè a Voghera non conoscevo quasi nessuno, non avevo compagnia e quindi non uscivo mai. Gli amici li ho sempre avuti fuori Voghera.

Dopo la fine dell’università ho aperto il negozio (anzi a dire la verità l’ho aperto nell’ottobre 1997, quasi 10 anni fa, e l’università l’ho finita nel marzo 1998) e quindi fino al sabato alle 19:30 ero “costretto” a stare in questa città.Mi ricordo ancora che verso le 19 iniziavo a portare la macchina davanti alla porta, alle 19:25 ero prontissimo e alle 19:30 in punto chiudevo tutto, saltavo in auto e correvo verso Brallo, per uscire immeditamente con gli amici (spesso non passavo neanche da casa).

Sono passati altri 10 lunghi anni e le cose sono cambiate. Ormai se penso a “casa mia” penso alla casa di Voghera. E’ l’unico posto dove sto veramente bene da solo (a parte Pregola, ma questo è un altro discorso), dove mi sono creato il mio mondo. Ho iniziato a girare Voghera, a conoscere i posti, i negozi, le vie (cosa che prima non avevo mai fatto), anche se ho tantissime lacune: non chiedetemi i nomi delle scuole, delle chiese, o cose del genere… non ne ho idea. Ho iniziato a conoscere gente di Voghera. E poi con il negozio… quando giro per la città mi capita sempre di incrociare dei clienti… alla fine le facce di questo paesone sono sempre le stesse.

Mi vengono in mente le migliaia di volte che ho passeggiato di sera per le vie di Voghera, mi viene in mente il duomo sotto la neve, il salone del Millenario, quando andavo alla palestra Futura che era a fianco della piscina, la prima partita arbitrata in via Sturla, gli allenamenti al Campo Giovani, il Commodore 64 comprato da AZ Elettronica nel 1986, la prima volta che ho visto il Carcere, le gite in bici passando per la Marchesina o per Strada Valle, quella volta che ho cagnato al Nube, quando spedivo le lettere dalla posta centrale nel palazzo Banca d’Italia, io e il mio socio a mangiare al ristorante cinese davanati al pronto soccorso dopo aver fatto kick boxe per poi andare al Rolling Stone a Milano, le mille serate al Thunder Road al mercoledì, o al bowling a giocare a carambola, mi vengono in mente i gatti che ci sono sempre vicino alla sede della finanza, quella volta che io e Gio siamo andati in giro ad attaccare i manifesti elettorali, tutte le volte che sono stato sul piazzale della Stazione….

Però la residenza ce l’ho sempre a Brallo e finchè posso non la sposto….

Vogheranews

Ma voi lo leggete Vogheranews? No? Beh se siete di Voghera o zone limitrofe, andate sul sito www.vogheranews.it, dove da qualche anno potete trovare le notizie di carattere locale. Ovviamente in modo del tutto gratuito.

Da buon blagone (cioè chi non vede l’ora di menarsela) vi riporto un articolo che parlava di me, quasi due anni fa (CLICCANDO QUI potete trovare l’originale)

VOGHERA 06/05/2005: Il commerciante più “Pazzo” della città

(VOGHERANEWS) – VOGHERA
“Giacca scamosciata, finalmente l’hai trovata”. “Corri in auto in tutta fretta? Ecco allora la tua maglietta”. “Chi dorme non piglia pesci, trova una giacca più bella di me se ci riesci”. Sono solo alcuni esempi dell’ultima trovata commerciale del negoziate più pazzo di Voghera…

Fabio Tordi ha 31 anni, è titolare del negozio d’abbigliamento “Piazza Affari” di Via Cavour e recentemente è salito all’onore delle cronache per un’altra “originalità”, aver fatto campagna elettorale con una Fiat 500 (già ospitata su quessto sito) tappezzata di “santini” parcheggiata in piazza Duomo.

Alle sue spalle ha una lunga serie d’idee matte tutte tese ad attirare la clientela. “La mia filosofia – confessa – è, parlatene bene, parlatene male, ma l’importante è che ne parliate”. Ecco cosa ci dice delle rime. {mosimage}

“L’idea è semplice – spiega Fabio, ingegnere informatico votato al commercio – però funziona. La gente passa, legge, ride e più di qualche volta entra”. Mai però come quella volta che il Nostro mise una scritta provocatoria in vetrina. “Quell’anno fece molto scalpore il cartello ‘Non fare la str… compra questa magliettonza’. C’erano le donne che entravano, e senza trattenere i sorrisi chiedevano di provare il capo”.

Altre “pensate” sono state, la stella di Natale esposta a giungo, i manifesti con “Non comprare questa robaccia, costa solo…” e l’augurio di “Buon anno” messo in vetrina a Maggio. Per non smentirsi, in attesa della prossima idea pazza Fabio si trasforma in manichino e ci saluta con un cartello appeso al collo con su scritto “Ecco un’occasione vera: il gilet per la primavera”.

Articolo tratto da Vogheranews.it (Copyright 2005 Matteo Negri – VogheraNews.it)

Mi hanno scippato la prima serata

Una volta ero un teledipendente. Da bambino ero affascinato dalla TV, il mio sogno era quello di diventare editore o perlomeno conduttore. Giocavo a “Telefabio” creando palinsesti, mi inventavo studi televisivi, inquadrature, ecc. Mi ricordo ancora che casa mia era lo Studio1, la pineta del parco giochi lo Studio3, ecc.

Quando ero un teenager addirittura ero arrivato a crearmi un’agenda con i dati di tutte le tv che riuscivo a raccogliere: frequenze, indirizzi, numeri di telefono. Inutile dire che non me ne sono mai fatto niente.
Oltre a questo la tv mi piaceva guardarla, e molto. Ero proprio assuefatto. Non potevo immaginare la mia settimana senza TV Sorrisi e Canzoni. Aspettavo il mercoledì per comprarlo e conoscere subito tutti i film, programmi e telefilm della settimana. Quello che non potevo vedere lo registravo (mi ero comprato il VCR coi miei sudati risparmi).
Mettevo sveglie e allarmi durante tutta la giornata per segnalare l’inizio dei programmi preferiti.

Circa dieci anni fa ho iniziato, senza volerlo, ma a poco a poco, a disintossicarmi. Se perdevo una puntata del telefilm o programma preferito, non mi importava più di tanto, e magari non la registravo neanche.

Ormai sono totalmente anti-teledipendente: non guardo un film in tv da anni e anni. Non vedo telefilm (l’ultima serie è stata X-files), rarissimamente vedo la prima serata, non so che programmi ci sono e men che meno i giorni, gli orari e il canale. Mi ricordo che le Iene sono su Italia1… e poco altro.
A pranzo mi guardo un tiggì, poi spengo. Alla sera tiggì mentre ceno, magari quei dieci minuti prima di programma a premi (uno qualunque, non ho preferenze) e magari dopo un po’ di Striscia (ma da qualche anno mi piace meno…). Poi o esco o mi fiondo al computer. Posta, contabilità, gestione siti vari, navigazione spicciola, lettura notizie, ecc. ecc.
Quindi verso le 22:30 / 23 ero abituato ad accendere la tv per vedermi qualche programma in seconda serata (solitamente zappando) e dopo ancora magari un film in videocassetta o dvd.

Solo che da un po’ di tempo a questa parte… Non c’è più la seconda serata. Ormai i programmi di prima serata finisco verso la mezzanotte. Chi ha voglia a quell’ora di mettersi li e iniziare un film? Io ci provo, ma finisce che accendo la tele, mi faccio un giro sui vari canali, poi verso l’una inizio il mio film e all’una e venti sono già tra le braccia di Morfeo.

Così per veder un film ci metto più di una settimana

Televisione

2 Aprile

Oggi ho un po’ di considerazioni sparse da fare:

  • Per gli assassini del piccolo Tommaso io non sono per la pena di morte, perchè sono contrario alla pena di morte. Però non sono contrario alla tortura: perchè non tagliargli i coglioni?
  • Oggi è il mio compleanno.
  • Ma la sinistra ha un programma o il suo unico programma è "disfiamo tutto ciò che ha fatto Berlusconi: cancelliamo le leggi che ha fatto, togliamolo di mezzo, facciamo in modo che non possa più essere eletto, incriminiamolo, ecc. ecc. ecc.". I primi a renderlo protagonista sono loro: parlano SOLO di Berlusconi!
  • Sono appena tornato dall’ultima gita dello Sci Club Voghera a Cervinia.
  • Anche oggi Alonso ha dominato il GP di Formula 1: con la sua vittoria e il quinto posto di Fisico possiamo dire che anche quest’anno la Renault è partita proprio bene, che peccato per la Juventus, ooops volevo dire la Fiat e per tutti quei giornalisti che parlano solo ed esclusivamente di Ferrari.

Gloria

Ciao sono Gloria, e questo qui è lo zio Fa

Castello Malaspina

Cos’è il Castello Malaspina?
E’ un locale dove passare qualche ora nelle sere estive. Si trova a Pregola, simpatico paese dell’Appennino Pavese, una volta capoluogo, ora frazione del comune di Brallo di Pregola. Mi raccomando la pronuncia: si dice Pregòla con l’accento sulla o (come Gorgonzola) e non Prégola come dicono in molti.

Nel medioevo era la residenza principale dei Marchesi Malaspina, signori del feudo circostante e attivi partecipanti delle lotte politiche del tempo. L’antico maniero andò distrutto e successivamente (in tempi ormai meno bellicosi) venne costruita una casaforte come residenza dei marchesi. Gli ultimi Malaspina di Pregola morirono senza discendenza diretta nei primi decenni del secolo scorso. Attualmente la costruzione versa in cattive condizioni, a parte quella che una volta era il distaccamento con la stalla e le camere della servitú.
Qui dentro ho aperto, a partire dall’estate del 1999, il mio locale. Premetto che non ero assolutamente a conoscenza di come funzionasse un bar (forse ora una mezza idea me la sono fatta). È stata una specie di sfida, un tentativo (a mio avviso riuscito) di vedere cosa potevo combinare. Come molte altre volte l’idea iniziale non è stata mia, ma di mia mamma Rita, che mi ha dato una grande mano nell’allestimento del bar e nelle public relations con i clienti.

Anche se la gestione è un pochino "artigianale" (o forse proprio per questo) il successo è stato perfino insperato. A mio avviso è un posto che "funziona" per vari motivi:

  • I prezzi non sono alti (e vorrei vedere, lo so anch’io che non siamo a Montecarlo)
  • L’ambiente è abbastanza "scazzato" nel senso che si può fare (nei limiti) ciò che si vuole. Principalmente perchè io lo permetto e perchè mi incazzo molto difficilmente e, in secondo luogo, perchè siamo un po’ fuori mano e non disturbiamo nessuno
  • Con la musica cerchiamo di accontentare un po’ tutti, anche se è difficilissimo: chi vuole Vasco, chi la disco, chi Springsteen, chi il rap, ecc. Quindi mettiamo un po’ di tutto
  • Siamo tutti amici e chi non lo è ancora, lo diventa subito

Per poter realizzare tutto questo ho avuto una mano da un bel po’ di persone, che non posso nominare tutte, ma sono tanti… una grossa pacca sulle spalle (ai boys) e un kiss (alle girls). Senza dimenticare i miei familiari.

Sito del Castello Malaspina

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