Uffa sono stufo. Probabilmente oggi (per voi che leggete) mi laureo. Cioè nel senso che non lo so come funziona, ma dovrei proprio terminare oggi pomeriggio con la proclamazione ecc. ecc e quelle storie li. Insomma si vado su a Pavia, tutto vestito perbenino con le scarpe lucide (anzi dove ca..spita le avrò messe, devo ancora cercarle….), con la copia della tesi in mano che fa molto figo. Volete sapere su cosa ho scritto la tesi? Il titolo non lo ricordo, aspetta che vado a vedere sul sito della facoltà, a ecco: "FORMAT DISTRIBUTIVI DEL SETTORE MODA-ABBIGLIAMENTO IN ITALIA: SITUAZIONE E PROSPETTIVE DEL PICCOLO PUNTO VENDITA". Bello vero? Beh cmq è bella veramente, interessante xlomeno. Inizio spiegando un po’ il valore della marca, poi spiego la funzione della distribuzione e vado nel dettaglio di tutti i tipi della distribuzione nel settore abbigliamento: franchising, outlet, negozio ecc. Poi parlo in dettaglio del negozio tradizionale e infine del MIO negozio. Beh diciamo senza falsa modestia che è venuta benino, beh insomma io sono contento, e poi deve piacere a me, se a quelli non piace cazzi loro. E poi, …e poi boh. Finita. Che storia, mi sembra ieri quando in quell’estate là mi è venuto ‘sto bernoccolo di iscrivermi a Economia. E il caso ha voluto che mi laureo a 10 anni esatti dalla prima volta. Allora era il 1998 e quel pomeriggio i miei amici mi avevano fatto una festa a sorpresa: Giovanni, Matteo, Arianna, Isabella, Elisa, Raffaele, Jolanda, Paolo. Hey sono spariti quasi tutti. No meglio non ripensare al passato che nascono le malinconie. Dicevo all’inizio: sono stufo. Si stufo nel senso che è un periodo in cui non ho stimoli. Non so cosa fare. E poi si avvicina l’estate. Non so se ho proprio voglia di farmi un’altra estate al Brallo. Di giorno mi divertivo proprio, lavorando (e non), ma alla sera che due maroni… Sono un po’ stufo delle solite cose, della solita vita… beh ci penserò. Per adesso mi accontento che domenica prossima parto per Londra. Starò li giusto un paio di giorni, tanto per farmi assalire dai ricordi. Sarebbe bello andare a Parigi. Che bello. Oppure posti mai visti: Madrid, Hong Kong, New York… o magari nell’isola-che-non-c’è !!
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Leggo su il Corriere della Sera: "Immobili, centinaia di persone si sono bloccate di colpo, all’improvviso, contemporaneamente alla stazione Termini, rimanendo ferme, come «in stand by», per tre minuti di fila sotto lo sguardo attonito dei passanti: chi stava baciando la fidanzata, chi allungando il braccio per dare la mano al collega appena arrivato, chi guardava l’orologio. Tutti fermi, come congelati davanti agli occhi increduli di pendolari e turisti in una sorta di un due tre stella collettivo. Ma tutta la gente che sfrecciava loro intorno, di qua e di là, per contrasto sembrava quasi più assurda di questa massa di improvvisate statue viventi. L’adunata è partita via web, dal blog Frozen Termini, nato apposta per lanciare l’iniziativa appena 48 ore prima. Risultato: un’installazione vivente che strappando un sorriso ha spezzato il ritmo serioso e serrato della vita metropolitana, mostrandone il lato paradossale. Ma anche in questo caso come nei flash mob, a dare l’esempio sono stati gli americani"…(segue).
Falso! Rivendico l’originalità del gesto, anche a nome del mio fratello Jim Christian L.
Anzi, ammetto pubblicamente che noi l’abbiamo a nostra volta copiato da una campagna pubblicitaria della Diesel abbastanza vecchia, perlomeno antecedente al 1994. Ecco le prove:

Qui a Rimini estate 1997

Qui alla discoteca Rolling Stone di Milano nel 2003 (una delle nostre ultime "Ice Action", per fortuna direbbe qualcuno)
Ecco chi ho incontrato l’altro giorno all’autogrill Brianza Sud: il senatur !!!

Già solitamente il periodo del natale non mi piace, non chiedetemi il perchè…
Tutti gli anni mi ritrovo, in compagnia dei miei amici, nella tristezza e nella malinconia.
A tutto questo quest’anno si aggiunge un fatto: stamattina ho trovato la mia micia, Obi, morta. Come sia successo, che importa, tanto ormai è morta. Beh, per quanto possa valere vorrei dire, come epitaffio, che è stata una ottima compagna di giochi in questi tre anni e mezzo in cui ci siamo fatti compagnia a vicenda.
Sicuramente mi mancherà.
Come dice il mio amico Carlo, i blog son fatti per metterci le foto dei propri gatti, anche se questa non è un’occasione delle migliori.
Io e Obi Wan, quando era "giovane", due anni fa.
(Clicca per ingrandire)
Questa l’ho scattata esattamente un anno fa.
Ragazzi il tempo passa… ricorre proprio in questi giorni il decimo anniversario dell’apertura di Piazza Affari, il mio negozio.
Avrei dovuto aprire addirittura nel 1996, ma per intoppi burocratici ho dovuto posticipare. E così eccoci arrivati all’ottobre 1997. Proprio in quei giorni ho finito il tirocinio per l’università presso una ditta di informatica di Pavia, la Sys-Net. La settimana dopo ero pronto ad aprire. Solo un piccolo particolare: non avevo merce. Solo 10 tute da ginnastica. Allora sono andato alla Slam di Genova dove ho comprato una cinquantina di felpe, alcune bianche e gialle marcate Merit Cup, altre rosse con la scritta Marlboro. In quei giorni sono stato da un fornitore che mi ha dato una decina di completi Sci + Attacco + Scarpone da vendere a 199.000 lire. Stop. Fine. Non avevo nient’altro. I primi tempi tenevo le luci in fondo al negozio spente per non far notare il vuoto. Poi coi primi incassi ho iniziato a fare acquisti… and so on. Mi ricordo i primi clienti: Pasquale, che aveva la panetteria a fianco, ha preso delle felpe e una famiglia che abitava di fronte ha preso due completi per gli sci.
I primi anni sono stati belli. Anni in cui i (pochi) clienti li conoscevo tutti, e avevo il tempo (e la voglia) di fare quattro chiacchiere con ciascuno. Sapevo dove abitavano, cosa facevano, ecc. Era, come si suol dire, un rapporto più umano.

Ecco la facciata del negozio, prima della ristrutturazione
Dal 2001 ho ingrandito parecchio il negozio, tant’è che anche in questo caso sono andato per gradi. Il primo anno ne ho tenuto comunque chiuso un pezzo grande, da utilizzare come retro. Avevo paura di non riuscire a riempire e gestire un negozio così grande. Il secondo anno ne ho chiuso solo un pezzettino, per poi aprirlo tutto.
Nel 2003 è arrivata la prima commessa. Nel frattempo io, putroppo o per fortuna crescevo, la gente non mi dava più del tu ma del lei, aumentava il numero dei prodotti trattati e le quantità, ecc.
Quante cose sono successe in questi 10 anni. Fa strano pensare che sia passato così tanto tempo. A volte ho una gran voglia di fare, a volte vorrei piantare lì tutto e fare qualcosa d’altro. Ma poi penso: ma cosa? Ormai non ho più 23 anni, e non ho una gran voglia di ripartire da zero. So fare questo lavoro, o perlomeno ci provo dignitosamente.
Io dico sempre che una delle cose belle del mio lavoro è aver a che fare con la gente, e una delle cose più brutte e avere a che fare con al gente…
Però è un lavoro che, oggettivamente, mi lascia del tempo libero, mi permette di girare in tanti posti (per fare acquisti)… e poi è il mio. Posso sistemare gli articoli come voglio, scrivere nei cartelli quello che mi passa x la testa, ecc…
La cosa che mi annoia di più è proprio quella della vendita al cliente-pecora, quello che entra, chiede un prodotto, lo prova ed eventualmente acquista. Io mi appassiono con quelli con cui ho feeling e riesco a scambiare due battute. Ovviamente la vendita è la parte più importante del mio lavoro, perchè per un negozio è essenziale, ma, come dico, spesso noiosa. Purtroppo non ho preso da mio padre la passione per la vendita vis-à-vis, io mi stufo subito coi clienti noiosi….
Comunque, tanti auguri a Piazza Affari, speriamo che quest’avventura prosegua per tanti altri anni!
Eccomi in formato South Park stavolta

Meno di un’ora fa stavo tornado a casa dal negozio. Oggi è stato il primo giorno della stagione 2007-2008 quindi c’è stato un po’ di movimento, gli ultimi sono usciti alle 8 e mezza, poi ci ho messo una mezz’ora per ristabilire almeno un poco le vetrine.
Di colpo il mio iPod, dopo "Canzone per Silvia" di Guccini e "Ay Papi" dei Run DMC, mi spinge nelle cuffie "We need freedom" di A.N.T.I.C.O., pezzo dance dell’estate 1991, quando avevo 17 anni. Che botta di ricordi.
Di colpo ho iniziato non solo a sentire la musica del 1991, ma ho iniziato anche a provare altre sensazioni, mi sembrava quasi di sentire gli "odori" del Kursaal, di vedere la gente, le luci, i divanetti, la pista che in seguito mi avrebbe visto protagonista e che invece mi incuteva ancora timore. Avrei avuto voglia di allargare le braccia e mettermi a volare nei ricordi, ma, dal momento che ero in Piazza del Duomo, mi sembrava eccessivo e così ho solo chiuso gli occhi per qualche istante.
Ero al Kursaal, di sopra, dopo la prima parte della serata passata al Parco a parlare colle ragazze, da Cavanna a prendere un gelato, e poi di sotto in sala giochi a fare un paio di partite. Con un amico stavamo decidendo se valeva la pensa investire duemilalire a testa per prenderci una "birradaquattromilalire", cifra che ci sembrava spaventosamenta alta. Era ovviamente una Ceres, che non mi piaceva (e non mi piace tuttora), ma era l’unica che "faceva figo". Per poi tenerla in mano un tempo lunghissimo, un po’ per uno, e bere gli ultimi sorsi quando ormai è calda.
E poi, quando i più piccoli dovevano tornare a casa, tutti sui divanetti, a ridere, scherzare, provare a ballare (come ho detto andare in pista ci sembrava ancora eccessivo). E il periodo migliore era dopo le undici e mezza, quando metteva la musica che di li a poco avrebbero chiamato "Techno", e "We need Freedom" era uno dei pezzoni, conosciuto da tutti più semplicemente come "fridom". Andavo in discoteca con i pantaloni belli, le scarpette e la camicia, ma non ditelo in giro: non erano ancora i bei tempi, quelli sarebbero partiti dall’anno dopo, ma di quelli vi parlerò un’altra volta. Il 1992 è un capitolo della mia vita, è una pietra miliare. Le cose che ho fatto le ho fatte "prima del 1992" o "dopo il 1992". Ma come dico, è un’altra storia.
La canzone è finita. Ora il bianco aggeggio di Steve Jobs mi fa ascoltare Bon Jovi, è meglio che me ne torni a casa, sono le nove passate e ho fame.
ps quella della foto è la copertina del secondo singolo di Antico, a mio parere ancora più bello.
Ieri mi ha telefonato Maurizio e mi ha fatto notare che era l’ultimo giorno del Notting Hill Carnival, la festa più grande d’Europa! Che nostalgia. Sarei dovuto andare…. Purtroppo sono i tempi condizionali dei verbi che ti fregano. Comunque solo a distanza di tempo mi accorgo che il mio inglese in effetti era migliorato, a Brallo c’era Alicia, una ragazza di Bristol che faceva la baby sitter e ci parlavo benissimo (beh magari se fosse stato un cesso non sarei riuscito ad esprimermi, la necessità aguzza l’ingegno)
D’estate non mi piace vivere di giorno. Non è neanche l’una e sono già a casa. Prima ero al malaspina e ho sentito per telefono Maurizio, lavora a nord di Londra. Dovrei fare un salto su, magari la prossima settimana… Cavoli che nostalgia….. E poi di giorno è un casino, la mattina la odio abbastanza perchè ho sempre pensato che uno che in ferie si alza presto al mattino è fondamentalmente un rompicoglioni e mi sto accorgendo che è proprio così. Al pomeriggio è tutto un viavai, e poi alla sera sei stanco e crolli… però mi mette tristezza andare a nanna all’una. Soprattutto adesso. Hey già in questo periodo ho una nostalgia da matti di Londra…. Un’anno fa ero la. Ero già da Anna probabilmente… dunque aspetta che cerco il post sul vecchio blog… eccolo:
http://fabiotordi.leonardo.it/blog/2006/lug/sabato_15_luglio_2006_ore_1105.html
Ora esco alla sera e vado da Gianni a prendere un caffè, come suggello finale della cena consumata, invece una volta lo prendevo come "colazione", per le mie successive 8 ore di lavoro. E poi che bello che era girare in macchina, alle 5 del mattino, da solo, nel buio, ad ascoltare musica. Magari fino alla Scaparina, o fino a Pratolungo, oppure semplicemente alla Montagnola. E poi, distrutto, nel letto. Fino all’una, per alzarmi e fare colazione con la pastasciutta. Cavoli a fine estate sognavo un caffellatte!!! Raga io a Londra mi sono trovato benissimo, ho fatto delle esperienze bellissime. Da solo? A parte il fatto che io da solo mi ci trovo benissimo, ma poi da solo non ero per niente. Per prima cosa avevo un sacco di amici, e poi ero a LONDRA, non so se mi spiego, se volevo gli amici in un quarto d’ora me li trovavo.
Mi viene in mente quando una sera sono andato fino a Paddington a piedi, ho preso una birra in un negozietto e me la sono bevuta lungo la strada… Oppure quando ero a Twickenham di passaggio verso il Bushy Park. O quando ho visto i Docklands per la prima volta… avevo con me il palmare e cercavo una linea wireless a scrocco…..
Bah mi sa che è meglio che vado a dormire…. visto che ho scelto di vivere di giorno, mi devo ahimè abituare… che palle… Ho sentito Ale e Filo…. sono a Montreal. Boh sono svogliato, non c’è niente che mi da stimoli per inventarmi qualcosa di nuovo… mi annoia tutto. Devo inventarmi qualche avventura…
Finalmente la gita poteva essere di più giorni, e decidemmo per la costiera amalfitana. Splendidi posti. In un primo momento la nostra scelta era stata Roma. In quel periodo c’era stata la prima Guerra del Golfo e molti genitori avevano timore di possibili attentati, quindi molti nostri compagni non sono venuti in gita. Peccato. Il viaggio come al solito è stato massacrante (in corriera…) però la gita veramente divertente.
Avevamo l’abergo a Sorrento, vicino al porto. Ci siamo divertiti. Mi ricordo che siamo stati in una discoteca, "La Mela", a ballare. A pensarci adesso, chissà come eravamo ridicoli. Mi ricordo che c’era Sabrina, che se non sbaglio in questo periodo si sposa o si è sposata: congratulations. Ragazza carina dolce e intelligente, ma una volta mi ha lasciato sconcertato quando, mentre parlavamo di un compito in classe io gli confessai che non avevo intenzione di studiare e lei mi disse che era impossibile, che se avessi voluto prendere la sufficienza avrei dovuto passare il weekend sui libri. Me lo disse in tono perentorio, ma come fosse ineluttabile, come se non ci fossero alternative. In realtà ce ne sono, e la mia storia scolastica e universitaria è lì a dimostrarlo.
E poi c’era Lorenza, che "da grande" ha scritto un libro di racconti: "Il sole alle spalle" ( "Con il sole alle spalle, basso sull’orizzonte, l’ombra si allunga sul sentiero,e te la vedi ben bene. I difetti s’ingigantiscono, come sotto una lente, e non puoi più fingere di non riconoscerli. Le qualità son sempre di minore entità rispetto a quello che credevi; però son lì, nessuno te le leva.Così, metti tutto in bilancia e ci fai quattro conti "). Sai una cosa Lorenza? Posso fare una critica al tuo libro? Scrivi con uno stile troppo volutamente complicato: tutti quegli aggettivi e tutte quelle elisioni !!! Per la carità, ame personalmente piace parecchio, ma dopo un po’ odora di ragnatele e vecchia polvere. Non è una critica negativa, beninteso, magari tu volevi proprio che fosse così. E’ bello dove scrivi "Credere solo a quel che si vede e non veder più quello in cui s’era creduto. Lasciare che s’alllontani, magari vecchio e rassegnato. Sentire il peso dell’inutilità sopra a tutti i sogni e formarsi l’erroneo convincimento che l’inutilità stia nei sogni e, nel peso, la vita."
Al Baratta era la secchiona della classe. Titolo che le altre studiose (Elena, Daniele e anche Sabrina) non potevano soffiargli per manifesta inferiorità: se loro avevano la media dell’otto, Lorenza in molte materie aveva addirittura nove. In My Honest Opinion fatica sprecata. I professori andavano in visibilio per lei, perché non dava tutti quei grattacapi di quelli che studicchiano e non sanno mai rispondere alle oziose domandine. Né simpatica, né antipatica, dopo tanti anni assieme ormai imparavi a conoscerla e sapevi che non avrebbe mai aderito ad una protesta anti compito in classe o cose simili. Ovviamente anche in Italiano andava benissimo, nei temi penso che avrà sempre fatto la prima traccia, quella di letteratura. Io facevo sempre l’ultima traccia, quella di attualità, quella che Bono diceva di mettere solo per quegli scribacchini miei pari che non avevano studiato letteratura e/o non avrebbero saputo scriver d’altro. Ancora adesso non mi sognerei neppure lontanamente di fare un tema di letteratura, scriver cazzate di attualità è così divertente, nessuno può dirti se le tue opinioni sono giuste o sbagliate… in quanto tali.
Ormai la mitica classe, quella che in prima era composta da bambinetti timidi e gentili, considerata una delle classi migliori dell’istituto, stava mutando in quella che due anni più tardi sarebbe stata considerata una delle peggiori classi (insomma i più rompicazzo). Ottimo direi.
Ormai in terza non ti ponevi più domande del tipo "sarà giusta la scelta che ho fatto per le superiori?", ma non ti ponevi ancora domande sulla maturità o sul post-diploma. E’ un anno di transizione.
Ma la domanda fonamentale che tutti da sempre si chiedono è: ma chi cavolo era Mario Baratta? Su Wikipedia c’è anche una pagina dedicata a lui: http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Baratta
Ecco la nuova puntata sulle mie avventure all’Istituto Mario Baratta di Voghera. In due parti, la seconda sarà domani….
Era il 1990. Eccoci in terza finalmente. Earavamo circa a metà dell’opera. Era stata l’estate dei mondiali in Italia, quelli di Schillaci, quello organizzato da Montezemolo e vinto dalla Germania Ovest di Matthaus, dell’Italia battuta agli stramaledetti rigori in semifinale dall’Argentina di Maradona (proprio a Napoli!).
Iniziavano le materie specifiche, come Tecnica Commerciale e Ragioneria, Inglese veniva declassato a materia poco importante. Il professor Bono lasciava il biennio per trasferirsi al triennio, perchè c’eravamo noi (grande!). Insomma il gioco si faceva duro. E infatti qualcuno ci lasciò la pelle (scolasticamente parlando). Il mio storico compagno di banco, Fabio, adottava uno strano metodo di comportamento: visto che andava maluccio, si demoralizzava e non si impegnava, col risultato di andare ancora peggio. Alla fine aveva parecchie materie insufficienti e saltò parecchie lezioni, e fu bocciato (riuscì a farsi dare l’insufficienza anche in storia, signori!!! – come direbbe Marco).
Mi ricordo che in primavera la Zucchy doveva spiegare il Bilancio, di cui ci aveva preannunciato l’importanza (con un po’ di sano terrorismo psicologico come sapeva fare lei). Proprio quel giorno furono scelti due alunni a caso da ciascuna classe per essere spediti in palestra a fare un test anonimo su "i giovani e il razzismo". In condizioni normali gli estratti a sorte sarebbero stati contenti di perdere due ore di lezione, ma in quel caso no. I fortunati furono il mio socio Fabio e Marco. Quest’ultimo non voleva partecipare e allora io (che di saltare ragio non m’importava) mi ofrii di sostituirlo. Al ritorno in classe i nostri compagni ci dissero: "Il bilancio è veramanete un casino, mettetevi subito a studiarlo", ma noi ovviamente non gli prestammo attenzione. Quando mancava una decina di giorni al fatidico super-compito-in-classe iniziai a studiare e mi accorsi che era realmente complicato. Suggerii di fare altrettanto al mio compare, ma quello, più pigro di me, non lo fece fino al giorno prima. Risultato: prese 1 !!! E da li seguì la parabola discendente che lo portò alla bocciatura.
Un altro candidato alla perdita dell’anno era Fabrizio, che aveva un tot di materie col voto negativo. Ma lui ce la mise tutta, se non proprio nello studio almeno nelle public relations, facendosi interrogare e controinterrogare (neanche fossimo stati ad un processo fiume), insistendo e trafficando. Ottenne la sufficenza vincolata al superamente di 4 esami di riparazione a settembre. Notare che la leggenda diceva che oltre le tre materie era bocciatura assicurata: fenomeno! Alla pizza di fine anno aveva già salutato tutti come fosse un addio, e invece per fortuna ce lo siamo ritrovati in classe anche gli anni successivi. Anche perchè altrimenti avrebbe rinunciato agli studi, visto che sarebbe stata la sua seconda bocciatura.
(fine prima parte)