(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Colazio

Non sono un abitudinario nei pasti, posso tranquillamente saltare il pranzo o la cena senza quasi neanche accorgermene… ma non posso saltare la colazione. Il mio corpo al mattino ha assolutamente bisogno di incamerare cibo, specialmente dolce.

In casa mia siamo abituati così: mio padre ha sempre preso al mattino una tazzona di latte coi biscotti, spesso anche due. Mia mamma invece predilige una tazza di caffè della moka con il pane. Non disdegna neanche qualunque roba dolce che bazzica per casa: merendine, torte, ecc. Io sono una via di mezzo: caffèlatte.

Da bambino me lo preparava mia mamma e lo "farcivo" con pezzetti di pane del giorno prima, insomma delle specie di crostini. Devo dire che è un buon abbinamento, ma da quando sono stato a Voghera con mia sorella ho "scoperto" i biscotti che mi danno quella carica ipercalorica (e iperglicemica) che mi sostenta x tutto il giorno. Per anni e anni ho fatto così: tazza di latte + caffè fatto con la moka + biscotti. I biscotti li inzuppo, mangio la parte inzuppata e butto nella scodella il resto del biscotto. Risultato: alla fine ho una mezza scodella piena di biscotti. Quindi ho abbastanza energia per stare un giorno senza altro nutrimento. Ho provato a fare colazione con altre cose, ma non funzionano. Corn flakes, altri paciughi vari… noooo a metà mattina mi viene ancora fame e inoltre non mi gusto la colazione. Sarebbe come far colazione col tè: inaudito! Il tè va bene al pomeriggio per rilassarti, al mattino ho bisogno una bomba nucleare che mi svegli e mi dia potenza (…mmm potrei provare col VOV).

Da alcuni anni, per la mia nota pigrizia (che io chiamo antisbatti) ho sostituito il caffè della moka con il Nescafè, esclusivamente quello extrastrongsuperforte. Spesso faccio colazione al bar: cappuccio e brioche. In questi casi non inzuppo la brioche, preferisco mangiarla a parte e quindi la voglio farcita, non importa di cosa, va bene tutto: crema, cioccolato, marmellata… basta che sia. E così ne approfitto per svegliarmi piano piano leggendo i giornali.

Rolling Stone Milano

Un altro mito che se ne va. Ormai è ufficiale, la discoteca Rolling Stone di Milano chiude. Al suo posto nasceranno degli appartamenti. Dopo 28 anni chiude uno dei templi del rock in Italia,su quel palco le grandi stelle del rock: Joe Cocker, Bob Geldof, Ben Harper…

Ho conosciuto il "Ròòòllin" alla fine degli anni ’90, per via dei miei amici milanesi che lo frequantavano. Mi è subito piaciuto. Per prima cosa era diverso: non era una discoteca simile a quelle a cui ero abituato nella mia zona, posti da fighetti dove per entrare dovevi vestirti come se avessi dovuto fare la prima comunione. Entravi come volevi, una grande libertà. E poi facevano una musica diversa, il rock, genere che mi piace. A me piace praticamente tutta la musica, anche se prediligo l’elettronica, e comunque mi piace variare. Quindi non sono un fan del rock, ma mi piace. Per qualche periodo ci andavo addirittura due volte alla settimana. E molto spesso da solo. Cioè partivo da Voghera da solo, anche perchè era uno dei pochi posti dove ero sicuro di trovare gente che conoscevo. Neanche al bar a fianco a casa mi succede.

La prima volta in realtà ci sono stato proprio per la musica elettro: nel 1997 al concerto dei Daft Punk, mitico davvero. Il locale è chiaramente un vecchio cinema riadattato, c’è ancora la scalinata. Cavoli quante serate li dentro, veramente ma veramente tante. E’ stato il primo posto di Milano che sapevo raggiungere ad occhi chiusi. Mi ricordo quando il giorno dopo lavoravo ed ero in coma…

Ecco io il Rolling l’ho vissuto così, tra amici, a chiacchierare, bere dei pessimi cocktail (facevano veramente schifo), buttarsi in pista a pogare sulle note di "vorrei vedere le piramidi di Cheope, ma sono miope, ma sono miope…" e sognare fantasticare… Mi ricordo anche una bellissima serata con gli Elii qualche giorno prima di capodanno.

Ultimamente la suonata è un po’ cambiata, il tempio del rock ha cambiato un po’ volto e si sono istaurate le serate "fighetto"… che sinceramente non c’entrano nulla. Quando andavano io facevano rock di tutti i tipi: ska, rock’n’roll, anni ’70… di tutto. Ho sperimanetato altre discoteche alternative di Milano, dall’Alcatraz al Rainbow, ma non sono neanche pragonabili alle atmosfere del Rolling. Il Rainbow è troppo un buco, non mi piace e l’Alcatraz invece un capannone troppo grande, ti ci perdi… io al Rolling di sopra conoscevo tutti.

E invece a maggio chiude i battenti. Saranno contenti i residenti, così non ci sarà più casino. Quante volte a fermarsi alla latteria con Fabio che prendeva la vodka alla menta. O un coktail al Divina, li vicino. Oppure una birra al cinese. E girare mezz’ora per trovar un posto auto e poi metterla in divieto sperando che i ghisa non passassero… Addio Rolling Stone, sei stato una parte della mia vita.

Gli altri locali che hanno "fatto" la mia storia sono: Kursaal, Giardinetto, Vertigo, ma di questi vi parlerò un’altra volta.

Altro che multe

«Altro che multe, dateci dei contributi»

VOGHERA.   «A Vigevano il Comune taglia la Tarsu ai commercianti di corso Genova come indennizzo per i disagi causa cantieri, a Voghera hanno mandato gli ausiliari della sosta a far multe, anche con la neve che copriva segnaletica e marciapiedi». I commercianti del centro storico sentono la crisi, acuita dai lavori per trasformare piazza Castello, prolungati nel tempo causa fiocchi bianchi. «Invece delle pettorine gialle degli ausiliari della sosta dovevamo vedere quelle arancioni degli spalatori».  E’ polemica. E crollano gli incassi, anche fra i banchi del mercato. S’invoca una rivoluzione viabilistica, ragionata sulla base del vento gelido di crisi. Il parcheggio dell’ex Caserma? Troppo lontano per tanti clienti di bar e negozi del centro, che hanno cominciato a preferire anche per la pausa caffè i centri commerciali con parcheggi gratuiti anche interrati, e dunque riparati dalle intemperie. D’altro canto chi il centro lo vive ancora non utilizza il bus navetta istituito a metà novembre dal Comune e costato circa 15mila euro.  «Con gli stessi soldi si potevano garantire sgravi a noi commercianti di via Cavour – dice il barista Maurizio Bovolenta -. In alternativa si sarebbero potuti finanziare nuovi eventi per invogliare le famiglie ad affollare il centro. Questi lavori in piazza Castello e i ritardi nell’apertura della nuova area di sosta che si affaccia sulla nostra strada ci stanno facendo davvero male. Non capiamo come mai, tentativo del bus navetta a parte, l’amministrazione sia così distante».  Per Angelo Nardulli, titolare di Tappeto d’Autore, non ci sono palliativi che tengano: «Serve una rivoluzione viabilistica, un cambio di mentalità a misura di cliente e di frequentatore del centro. Oggi non è più tempo di mandare ausiliari della sosta a far multe mentre cavalloni di neve impediscono ancora alla gente di camminare sui marciapiedi e di vedere le righe blu per terra. Nei giorni scorsi è successo e il Comune rischia anche una valanga di ricorsi». E allora che fare? «Cancellare un po’ di righe blu in centro e smetterla con queste isole pedonali a metà. Col doppio senso di circolazione avete visto via Cavour?».  Un tema ricorrente quello del ripristino del senso unico e dell’inversione di quello istituito in via Garibaldi: il primo a sollevarlo, ancora nel settembre scorso, era stato Graziano Tagliavini di Confesercenti: «Ciclisti e pedoni rischiano la pelle – aveva messo in guardia -, ma anche i clienti dei negozi ogni volta che escono dalla porta». Da allora il Comune non ha fatto niente: chi la città la vive in modo ecologico, spostandosi a piedi o sui pedali, nelle ore di punta è ancora costretto al percorso a ostacoli lungo una delle vie peggio illuminate della città.  Fabio Tordi, titolare del negozio d’abbigliamento di via Cavour che sta proprio di fronte all’imbocco di piazza Castello, mastica amaro: «Gli sgravi sulla Tarsu non li hanno concessi né ai colleghi di via Garibaldi né a quelli di via Emilia, sarà dura…». Piuttosto, Tordi vorrebbe qualcos’altro: «Invece di chiedere una ciotola di riso dovremmo chiedere al Comune d’imparare a coltivarlo anche per noi. Un indennizzo non sarebbe la cura. Occorre programmare per ridare la scossa e più carattere a una città che non trova una sua identità». Tordi invita a guardarsi attorno, anche appena fuori dai confini comunali: «Ispiriamoci a Stradella o magari anche a Tortona, due città che hanno più coraggio».

Emanuele Bottiroli

Mezzo cioè 6 cioè 184

Sono sicuro che se non ti conoscessi e tu arrivassi ora all’improvviso mentre me ne sto qui a non fare niente immerso nella strada se non ti conoscessi dicevamo e non avessi mai detto ti amo mai a nessuna donna prima d’ora per imbarazzo o perchè non c’era se non ti conoscessi e a un certo punto mentre distrattamente guardo avanti così come si fa…sovrappensiero e tu passassi ora come sei io per la prima volta nuovamente mi sentirei così come mi sento ancora un’altra volta nuovamente starei proprio così come sto adesso: innamorato
Se tu apparissi ora come sei con quel tuo modo di guardare …netto coi tuoi capelli che come un sipario si aprono soltanto a chi ha il biglietto io nuovamente ancora un’altra volta mi sentirei così come mi sento incatenato nella tua atmosfera imprigionato come piuma al vento io per la prima volta nuovamente mi sentirei così come mi sento ancora un’altra volta nuovamente starei proprio così come sto adesso: innamorato

Ieri, il Natale

Quando ero piccolo com’era il Natale per me? Se ne iniziava a parlare dalla settimana dopo l’Immacolata. A scuola la maestra iniziava a pensare ai “lavoretti” che avremmo potuto fare per Natale. Erano cosine semplici, però ovviamente ci sembrava di fare delle cose bellissime. La cosa che mi piaceva di più, e che rendeva speciali questi lavoretti rispetto agli altri che si facevano durante l’anno scolastico, era che quelli natalizi “luccicavano”. Nel senso che si usava la carta brillante. Mi spiaceva perfino tagliarla… per farci magari delle stelline o cose simili. Mi pareva uno spreco, tenevo anche i ritagli. Anche perché a casa mia di queste cose non se ne parlava neanche e un ritaglio di carta luccicante era già un bel premio… E poi si iniziava a parlare del Natale, si narrava la storia di Gesù, nato lontano lontano al freddo e al gelo.
A messa il parroco, Don Mario, iniziava a convocarci per la Novena in preparazione al Natale. Al termine si cantavano sempre le classiche canzoni, come “Tu scendi dalle stelle”. E poi aveva bisogno di una mano per fare il mega presepe. Andavano di sotto a recuperare le statue. Ovviamente a noi bambini dava il compito di portare su quelle più piccole, le grandi le portava lui. Era un presepe in prospettiva: davanti si mettevano le statue principali, che erano grandi quanto un bambino, e in fondo quelle piccole, fino ad arrivare a quelle molto piccole come quelle di casa mia.
A casa facevamo il presepe non l’albero. Io e mia sorella andavamo nei boschi a cercare il muschio. Mi ricordo una volta che c’era la neve e occorreva ricordarsi dove fosse il muschi, visto magari mesi prima nella bella stagione. Poi ci siamo modernizzati e utilizzavamo il tappeto di erba finta. I primi anni facevamo nascere Gesù in una grotta, che altro non era che un pezzo di legno che pareva proprio una cavità naturale. Di statuine ne avevamo parecchie, molte probabilmente derivavano anche dal fatto che mi mamma ha fatto la maestra in tantissime scuole e, quando dovevano rinnovare un presepe, lei di certo non buttava le statuine. Infatti ci diceva che “quelle di adesso sono in plastica, non come le nostre che sono in gesso, sono più delicate, ma sono molto più belle”. Poi un anno abbiamo recuperato una capanna e da allora la Sacra Famiglia è stata un po’ più comoda. Sopra alla casetta c’era la stella cometa, che era la più difficile da piazzare. Un altro anno è arrivato lo sfondo stellato. E poi c’erano tante statuine: i classici pastori, e poi tutti quelli che facevano tutti i  tipi di lavoro: pescare, filare, mungere, ecc. Poi qualche casetta, qualche pecorella e qualche ochetta da piazzare nel laghetto fatto con la carta stagnola (oops adesso si dice "alluminio" oppure "domopak", ma io sono un preistorico…).  Chissà se anche adesso si fa ancora il presepe nelle scuole o se anche li, per far vedere che noi italiani non siamo razzisti e siamo aperti a tutte le culture, ci divertiamo a soffocare la nostra come al solito…
Ahhh ma mi sono dimenticato di dire che i re Magi li mettevo in fondo e ogni giorno li spostavo di pochi centimetri, fino a farli arrivare il 6 gennaio di fronte alla capanna. Gesù stava nel cassetto sotto al telefono fino al 24 sera. Prima di uscire per andare a messa lo mettevo nella mangiatoia.


E poi c’era la messa di mezzanotte. Alcune volte mi addormentavo prima e allora i miei mi lasciavano dormire e andavo a quella del 25 mattina. Don Pino che faceva le sue fantastiche omelie.
E poi il 25 respiravi un’altra atmosfera. Era bello alzarsi e uscire, tutto vestito un po’ bene. E girare, magari sotto il sole o sotto la neve, vedendo che tutti erano più allegri, più felici. La gente che usciva da messa e si salutava, quelli che si incrociavano e si sorridevano e si facevano gli auguri. E poi di corsa a casa, aspettando che Cinzia si alzasse, per aprire i regali insieme. Poi abbiamo instaurato l’abitudine di aprire i regali dopo pranzo, in modo che la famiglia fosse tutta unita.
Durante il pranzo del 25 amavo mettere un disco in vinile, un LP, con tutte le musiche di Natale, mentre in tv il Papa lanciava la sua benedizione a Roma e a tutto il mondo.
Il Natale era questo, era l’atmosfera, era l’attesa, aspettare Natale e fare i soliti buoni propositi. Cantare le canzoni di Natale… ma non Jingle Bells della Cocacola… Aspettare la neve, la messa di mezzanotte, aspettare la nascita, aspettare i doni che rigorosamente portava Gesù Bambino. Ormai credo che neanche più nei libri di storia sia citato Gesù Bambino che porta i doni. Ormai la globalizzazione ci ha imposto il biancorosso Babbo Natale e stop. Io invece ero contento che a portare i regali fosse un bambino come me. Anzi mi chiedevo come facesse a individuare tutti i bambini in tutte le case. Una volta avevo espresso il mio desiderio a Milano e lui mi aveva portato il regalo fino a Brallo: che grande!!!
E poi le battaglie a palle di neve con gli amici. E l’oscurità che porta subito la sera. In casa a giocare coi nuovi giochi, sembravano magie, cose bellissime. Mi ricordo il trenino Lego: quanto l’avevo desiderato. E quanto ne ero geloso, guai se qualcuno avesse osato smontarne anche solo un singolo pezzo.
E poi andare al mattino di Natale dalla Linda a svegliare Matteo. E poi… e poi…. E poi…
È lo stesso spirito di Natale che trovo nei visi della gente che, frettolosa ma non troppo, si saluta amichevolmente lungo la via, che ritrovo nel tram di natale che abbiamo visto l’altra sera a Milano, nei sorrisi dei bambini quando vedono le luci, i colori, le fantasmagoriche luccicanze, nel bell’albero addobbato che ho visto l’altro giorno a casa della mia ragazza…

Mario Baratta – Undicesima Puntata

Invece, grazie anche alle mirabolanti imprese di Andrea, siamo riusciti ad andare a Parigi. Cavoli che bello. Della nostra classe, eravamo appunto molto pochi. Prima di partire Andrea ci raccontava meravigliose cose dei casinò, quindi decidiamo di andare a visitare quello di Parigi. Pertanto, mentre i nostri compagni caricavano sulla corriera solo zaini e borsoni, noi maschi (solo in 4) avevamo anche gli abiti e i cappotti. Idoli. Come prof accompagnatore non avevamo nessuno della nostra classe. Se non ricordo male avrebbe dovuto esserci la Papalia, insegnate di religione, ma aveva dei problemi e pertanto c’erano due professori dell’altra classe. Due tizi (uno dei due era Veneroni, l’altro non ricordo) fortissimi, se ne fregavano abbastanza di noi (in senso buono) anche perché eravamo quasi tutti maggiorenni.
Abbiamo visitato le cose abbastanza classiche e canoniche di Paris. La prima sera, come deciso, volevamo andare al Casinò. I nostri compagni di classe non erano dell’idea, quindi io e il mio socio Giancarlo siamo tornati in camera e ci siamo cambiati. Nel farlo, mi si è sciolto il nodo della cravatta. Invece i nostri altri due amici, Andrea e Stefano, ci hanno convinti lo stesso: si va in quattro. Bene, ma dovete farmi il nodo alla cravatta. Io non ero capace. Su quattro sbarbati diciottenni nessuno era in grado di fare il nodo, ma Andrea mi rassicura: non è obbligatoria. Andiamo nella hall dell’albergo (Ibis Alesia per la cronaca) e chiediamo al tizio dove si trova il Casinò. Non lo sa, ma guarda sulle pagine gialle e ci fornisce l’indirizzo. Raggiungiamo la zona in metropolitana. Non so se siete mai andati a Parigi, la metro fa abbastanza schifo, non come servizio intendo, ma come pulizia. Usciamo dalla stazione e notiamo di essere in una zona non proprio bellissima: porno shop, battone, cinema hard. Quando racconto questa cosa tutti mi dicono: eri a Pigalle. No, questa era proprio una zona di merda, datemi retta. Strano che il Casinò sia in un posto simile. Arriviamo al numero civico… nooooooooo, è una sala giochi di nome “Casinò”. Che fare? Un venditore di piadine ci dice che il Casinò è abbastanza in periferia di Parigi, bisogna andarci in taxi. Ma si, facciamo ‘sta cazzata. Arriviamo la, paghiamo e poi mi fermano perché non ho la cravatta. Ecco! Alla fine me ne vendono una loro. Una volta dentro mi accorgo che, soldi per la metro, per il taxi, per l’ingresso, per la cravatta,… mi avanzano giusto quelli x il ritorno. Mi posso permettere solo una fiche da 7 mila lire, il taglio più piccolo. Quanti soldi che giravano li dentro. Decidiamo di tornare all’una. Invece gli altri due sono in scimmia e non si schiodano. E va beh, li lasciamo li. Al mattino dopo, a colazione hanno due facce da funerale. Avete vinto? Si si come no. Ok, capito, avete perso tutto. La sera dopo vogliono andare ancora, invece i prof insistono per farci andare a fare un giro sul Bateaux Parisiens (il fratello povero del Bateaux Mouche). Noi si va, loro imperterriti vanno al Casino. Il giro sulla Senna non è male, si vede anche la statua della libertà. E poi i due prof sono proprio simpatici. Di notte, stiamo dormendo quando: TOC TOC TOC. Bussano alla camera. E’ Stefano che ci chiede i soldi per pagare il taxi. Andrea è giù in “ostaggio”. Grandi: hanno spianato tutti i soldi che si erano portati in gita. Benissimo, e ci sono ancora 5 giorni. E così al mattino scendevano con lo zaino per incamerare quanta più roba possibile: tortine, brioches, ecc.

Tra le altre cose mi ricordo un giretto al Centre Pompidou, una visita a Père Lachaise a vedere la tomba di Jim Morrison. E poi quando siamo stati sulla Torre. Al secondo piano non vediamo più gli altri e Giancarlo, solito agitato, inizia a dire che sono scesi. E’ talmente agitato che mi mette l’ansia e mi convince, quindi scendiamo. Raggiungiamo la corriere, dove non c’è nessuno. Noooooooo, sono andati al terzo piano. E io sono venuto fino a Parigi senza andare sulla Torre??? Noooo, sacrilegio!!!! Ho deciso, la prima volta che posso tornerò a Parigi e vado subito sulla Torre. (Infatti ho fatto così, anni dopo)
Un’altra sera siamo andati alla discoteca La Scala, in Rue de Rivoli. Mitica, mi pareva veramente grande. E poi proiettava i video delle canzoni che mandava. Erano i tempi degli U.S.U.R.A con “Open Your Mind”. Un’altra sera siamo stati in albergo a giocare a carte e fare i pirloni tutta notte. Insomma è stata proprio una bella gita.
E poi si avvicinava la matura. Da una parte felicissimi di finire, dall’altra la paura di non saper cosa fare dopo, la paura di dover crescere, la malinconia di non frequentare più quei posti e quelle persone.
Ragazzi, l’esame di maturità è forse quello in cui ho copiato di più nella mia vita. Non so come dire, ma era veramente una figata, si estraevano bigliettini da ogni dove. Io mi ero creato colle mie manine fatate una cartucciera (visto che mia madre si era rifiutata di farlo) per inserirvi tutti i bigliettini. Se non ricordo male solo Federica si è fatta sgamare.
Anche l’orale non è stato male. Ricordo che il tizio di inglese, vedendo che io la portavo come prima materia, pensava fossi un fenomeno della madonna, ma dopo due minuti di pseudo conversazione in inglese ha capito e si è messo a parlarmi in italiano hehehe. La prof ci aveva detto di studiare bene una lettura del libro apposito e di portarla a scelta. Invece il tipo ha aperto il libro a caso. Panico. La fortuna ha voluto che era una lettura sulla famiglia reale. Come non sapere le cose? Le vicende di Charles, Diana e la regina Lizzie? La fortuna aiuta gli audaci, è una cosa che nella mia carriera scolastica è SEMPRE stata confermata. Se non ci provi non ti capiterà mai la botta di culo.
Peccato non aver assistito agli orali di quel pistola di Andrea, mi hanno detto che ha fatto del gran teatro, non rispondendo quasi nulla e dicendo che aveva fretta di andare al mare. Infatti l’hanno segato. Idolo. Lo ammiro. Non si sentiva di uno bocciato alla matura dai tempi dei tempi. E lui ce l’ha fatta. Dopo aver superato 4 anni a calci in culo, essere ammesso all’esame per grazia divina… si è imbattuto in gente che non lo conosceva… e così è finito male. Peccato, non era per niente stupido (aveva sicuramente altri difetti, per esempio presuntuoso, permaloso, ecc)

Qui finisce il racconto delle mie avventure al Baratta, alcuni aneddoti che ricordo. Ma quello che mi resta è il fatto che io ci sono entrato bambino e ci sono uscito… moooooooolto meno bambino. Sia quando si dice: alle superiori mi sono trovato male, soprattutto coi compagni? Ecco, il nostro è il caso opposto, ci siamo trovati benissimo e siamo ancora amici. Non tutti, ovviamente, di alcuni si sono perse le tracce praticamente immediatamente, ma con altri il feeling è rimasto. Grazie ragazzi, siete mitici. Ci vediamo in giro. Fabio.
 

Mario Baratta – Decima puntata

Evvai, finalmente eravamo in quinta. Figata, ancora un annetto e poi basta scuola. E poi vuoi mettere? Eravamo grandi. E questo voleva dire patente, macchina, uscire, ecc. Dall’inizio era subito chiara una cosa: il primo quadrimestre non contava quasi nulla, perchè tutto era concentrato sull’esame di maturità. Quindi ce ne sbattevamo abbastanza dei voti del primo quadrimestre.E infatti molti si sono ritrovati con delle insufficenze. Ma chi se ne frega, il bello era avere gli amici che ti portavano in stazione in macchina, oppure firmarsi le giustificazioni da soli. Le materie più rispettate erano Ragioneria, Tecnica Bancaria, Italiano. In quanto quasi con certezza assoluta erano parte dell’esame di maturità. Poi c’erano Diritto ed Economia. Mamma mia, ripensandoci adesso chissà che pirlate potevano esserci scritte sui libri di Diritto e Economia, ma d’altronde erano rivolti ad ingenuotti diciottenni. Di tecnica bancaria c’era il mitico (si fa per dire) Para, uno dei professori più detestati per il proprio modo di fare. Mi ricordo ancora adesso che le materie da portare all’esame sono uscite il giorno del mio compleanno: 2 aprile. Al telegiornale del mattino avevano detto: per ragioneria ci saranno ragioneria, italiano, economia, diritto. Ottimo, ho pensato, potrei portare economia e diritto. E invece, una volta arrivato al Baratta scopro che l’istituto era uno dei pochi in italia ad avere un indirizzo particolare (forse "mercantile") e quindi le materie non erano quelle standard ma, attenzione, merceologia (cioè chimica) e inglese. Inglese!!! Non usciva alla matura da vent’anni!!! Che fare? Per prima cosa abbiamo voluto che il nostro professore, cosiddetto "membro interno" della commissione fosse Bono, il nostro supermitico prof di lettere. Lui non voleva, diceva che sarebbe stato più appropriato un professore di ragioneria. Si, col cavolo, la Zucchella invece di aiutarci ci avrebbe messo due dita negli occhi!

A proposito di Zucchella, sentite questa: lei aveva un debole nel rompere i maroni a quelli che già andavano male, ma non per aiutarli, bensì per cazziarli ulteriormente. Quando c’era da correggere un compito alla lavagna chiamava sempre i soliti. Io me ne stavo bel bello in ultimissima fila, davanti alla cattedra. Praticamente invisibile. Verso maggio entra, fa quel suo classico sorrisetto agghiacciante e dice: "Oggi mi sento buona, chiamerò qualcuno che di certo il compito l’ha fatto giusto, per esempio Tordi". Mi sono detto: "Ok Fabio, sei in ballo, cerca di uscirne nel migliore dei modi". In quanto io non solo non avevo fatto il compito, ma in tutto l’anno non avevo neanche comprato il quaderno. Dovete sapere che per ragioneria ci voleva un quaderno apposito. Ma perchè spendere dei soldi inutilmente? Io usavo un bel blocco per tutte le materie…
"Arrivo subito prof, però c’è un problema, ho dimenticato il quaderno a casa". Faccia scura, brutto presagio. Invece quella mattina era veramente in luna buona e mi dice "E va beh, Tordi, anche se da te non me lo sarei mai aspettato, vorrà dire che invece di copiare dal quaderno lo rifai ex-novo". Con totale nonchalance ho svolto tutto il compito. Ogni volta che commettevo un errore mi dimostravo stupito, incredulo e contento di poter riparare al mio errore imparando la versione corretta. In realtà non me ne fregava niente. La ragioneria è una materia arida e inutile, ormai fanno tutto i computer, e ve lo dice un informatico!!!
Il giorno dopo mi presento col mio bel quaderno di ragio, con sopra l’esercizio contenente gli stessi errori che avevo fatto la mattina prima. Stefano mi vede e mi dice "Tordi sei un mito, esordisci col quaderno a Maggio? Non l’hai avuto per tutto l’anno!!!!". E si, in quinta non si faceva veramente nulla. Per la carità, quelli spaventati dalla Matura magari si impegnavano anche, ma non era il mio caso. D’altronde, nel corso degli anni al primo banco mi ero costruito una solida fama di bravo ragazzo mediamente studioso. E che cavolo dovevo fare, mi stavano con gli occhi addosso!! Ma quando ho scoperto l’ultima fila, ragazzi che pacchia, il nirvana del nullastudiante like me.

Ogni anno, come tradizione, le quinte classi andavano in gita all’estero. La prassi era così: prima e seconda gita sfigata di un giorno in Italia. In terza e quarta gita di più giorni in Italia e per finire in quinta gita di più giorno all’estero. Quando eravamo in prima dicevamo: in quinta andremo a New York. In seconda uguale, in terza idem, anche in quarta. Arrivati in quinta i miei comgpani hanno iniziato a dire: io sono in spese perchè compro la macchina, io perchè qui, io perchè la. Figuratevi che molti avevano speso per i coscritti (e si a Voghera c’è questa tradizione dei coscritti in grande stile, c’è gente che spende un puttanaio di soldi, del tipo mille o duemila euro per una cazzata del genere). E così quelli decisi ad andare in gita erano pochini. Siccome c’era una regola che diceva che ci vuole una certa percentuale per andare in gita… niente da fare, dovevamo stare a casa. Noooooo, che sfigati.
Tra l’altro non vi ho detto una cosa: da che mondo è mondo la classe 4A ha sempre preparato il giornalino della scuola "Il Barattolo". Noi siamo stati i primi a interrompere la tradizione. Da che mondo è mondo la 5A ha sempre organizzato la veglia (era in assoluto la migliore quella del Baratta, ma per forza, solo noi eravamo tantissimissimi, riempivamo il Maskara di brutto) e coi soldi guadagnati si andava in gita. Invece all’inizio dell’anno altre due quinte si sono coalizzate ed hanno ottenuto dalla preside l’organizzazione. Che sfigati che siamo stati. (segue… probabilmente domani!)

Grafico

Ecco il grafico del mio stato psicologico del nuovo millennio. Ponendo = 100 il mio stato al gennaio 2000 ecco l’andamento in questi ultimi 8 anni. Si può notare un andamento sostanzialmente stabile, nel senso che ruota semprein torno al punto di partenza, con picchi di alti e bassi dovuti a contingenze. I primi tre picchi di alto nel grafico sono stati seguiti da altrettanti picchi in negativo, anche se poi si è puntualmente ripreso l’andamento verso l’alto. Il picco del 2006, dovuto all’esperienza londinese, è seguito da un inspiegabile picco negativo, che forse sommava un insieme di situazioni e di pensieri negativi che mi ha portato, nel periodo natalizio (che come potete notare porta sempre un po’ di negatività dovuta a malinconia ancestrale e stress da superlavoro) ad avere addosso una para della madonna. Per fortuna il 2007 mi ha risollevato e dall’estate in poi è stato un netto miglioramento che mi ha portato a livelli sostanzialmente alti nel 2008. Da luglio 2008 è un continuo crescendo.

Piazza Castello

Mercoledì scorso è apparso il seguente articolo su "La Provincia Pavese"

Piazza Castello, cantieri al debutto nel caos
Automobilisti e commercianti pronti alla mobilitazione per i parcheggi tagliati
Altri sei mesi di lavori per realizzare un’area pedonale con un solo passaggio per le auto

VOGHERA. Piazza Castello chiusa per 6 mesi, il caos in centro storico, il parcheggio all’ex Caserma snobbato, gli esercenti sull’orlo di una crisi di nervi. Cartoline da un cantiere che invade il centro per trasformare piazza Liberazione nel biglietto da visita di una città che si appresta a diventare più a misura di ciclisti e pedoni. Ieri a Voghera è andato in scena il V (in senso di vaffa) day. Auto incolonnate all’incrocio del cinema Arlecchino, genitori dei bambini delle scuole che hanno perso la bussola.

Mamme con bimbi da scarrozzare, e papà a caccia di un posteggio per raggiungere l’ufficio sbuffano (e non solo), mentre gli anziani hanno rivisto le loro abitudini: il martedì e il venerdì in centro molti arrivano in autobus. Ma gli altri devono arrangiarsi. L’ha confessato, ieri mattina, trafelato lungo via Cavour, anche Giorgio Grandi: «Muoversi in auto nel centro di Voghera nei giorni di mercato prima era difficile. Oggi è impossibile. Spero davvero che i lavori in corso si concludano quanto prima, viceversa a corona di piazza Duomo sarà sempre il caos». Sulle barricate gli esercenti. In particolare ce n’è uno che lavora blindato da nastri e transennamenti. Si chiama Fabio Tordi ed è il titolare di Piazza Affari, davanti a quella che una volta era l’immissione in piazza Castello, la più grande area di sosta gratuita del centro storico. Oggi a poca distanza dall’incrocio con via Cernaia, Tordi ha un sogno: «Mi auguro che la mini area di sosta in realizzazione qui all’angolo, a compensazione parziale del mega parcheggio che se ne va, sia pronta quanto prima. Ma non si potevano inaugurare i nuovi posti macchina prima di avviare il restyling di piazza Castello?». Timore per il futuro dei negozi del centro: «Quando tutti si saranno abituati al centro commerciale, anche durante la settimana, il Comune organizzerà iniziative di rivitalizzazione. Ma sarà tardi». Le parole degli automobilisti in transito lungo via Cavour hanno dato il segno del disagio: «Sono stufo di girare come una trottola per sistemare l’auto — ha spiegato Umberto Lamagni —. Ma davvero il centro di Voghera vale tutta questa fatica per un posto auto senza spendere quasi 1 euro l’ora?». Se c’è chi si lamenta c’è anche chi si adatta: il popolo della terza età. A spiegare come è Roberta Demichele, ambulante del mercato: «Tanti anziani nostri clienti abituali scelgono il pullman e non ci pensano più. Perché alla qualità proposta dal mercato non si rinuncia. Stanno cambiando le abitudini». Per Confesercenti il caso è serio. Graziano Tagliavini, coordinatore iriense dell’organizzazione, invita palazzo Gounela a elaborare un piano viabilistico alternativo: «Entrare e uscire dal centro storico è diventato un vero e proprio rebus. Così non si può andare avanti. Il sindaco Aurelio Torriani riceverà una lettera da Confesercenti».
Emanuele Bottiroli

Lettera a mia madre

Senti una cosa Ma’, cioè volevo dirti, si insomma volevo parlarti di quando ero un ragazzino. Praticamente tu mi facevi fare, cioè mi continuavi a dire certe cose e io le facevo. Insomma sto facendo un discorso incasinato, forse è meglio che ricomincio da prima. Da bambino-bambino ero scatenatissimo, ero un disgraziato della madonna, uno di qui bimbetti che vorresti mettergli le mani in faccia e dargliene tante. Capriccioso a manetta. Sai secondo me come mai, si cioè vorrei tentare una spiegazione di psicologia spicciola: siccome da piccolo ero stato sempre in giro da parenti e affini, gente che mi teneva xchè voi non avevate tempo, ma però io non è che non me ne ero accorto, voglio dire, io mica non lo sapevo, io sotto sotto volevo stare con la mia famiglia. Allora magari sono diventato così, cioè cagacazzo, magari x attirare l’attenzione. Boh non lo so ma è una mia idea, magari no, però.
Certo che è durissimo crescere un figlio, fai del tuo meglio, ma mica gli puoi aprire la testa e metterci dentro le cose giuste. Poi però sono cambiato. Io volevo parlarti di quando ero un ragazzotto, si insomma praticamente quando tipo andavo alle medie o giù di li. Tu mi dicevi un sacco di cose sul fare e non fare e diciamocelo, io + o meno ti davo retta. Cioè dai, non puoi dire di no, più o meno non puoi dire che non è così. Ma anche nelle piccole cose, per esempio mi viene in mente quando mi dicevi che io con le t-shirt stavo malissimo, che io non ero fatto x metterle (ma tu dimmi che idea del cavolo) e allora solo polo. Cavolo quando arrivavano in negozio le magliette ovviamente le + figose erano girocollo, con le stampe, mentre le polo erano più seriose. Ma io ero “convinto” di non stare bene, e non le avevo mai messe. Adesso ne avrò 3000. Vedi è una piccola cosa, ma x dire che mi convincevi proprio, del tipo se lo ha detto mia mamma allora è così. L’unica cosa dove non mi convincevi, beh si, era di studiare, di quello non me n’è mai fregato un cazzo, si capiva. E infatti alle elementari l’Andreina mi diceva: 6 1 bambino intelligente ma non studi una mazza. Alle medie la Grilli proprio si incazzava, o xlomeno si rammaricava. Si mi diceva cose del tipo: la tipa tua compagna non sa una minchia, ma quello è il suo massimo, tu magari fai anche di più, ma la tua potenzialità è evidentemente quella di fare di +, ma tu te ne fotti xchè 6 1 fancazzista e allora mi arrabbio. Cioè ma scusa, ma che discorso è, dai. E poi alle superiori solita menata: si meriti 6, ma potresti fare molto di più, che rabbia, mi dicevano. Ma voi fatevi i cazzi vostri se merito sei dammi sei e non rompere. Va beh poi è finita con la storia dell’università, ma questa è la dimostrazione che non c’è bisogno di studiare, cioè di mettersi li di brutto, x fare le scuole.
La gente è convinta di due cose sbagliate. La prima è che per fare le scuole devi NECESSARIAMENTE studiare come una bestia. Cioè mettersi li in casa, non uscire, legarsi alla sedia col libro davanti. Errore. Ogni materia, ogni esame è una sfida. Devi capire cosa vuole il professore e poi fare in modo che lui sia xsuaso che tu sappia ciò che vuole lui. Certo un metodo è quello di studiare tutto di tutto, ma secondo te io ho voglia? Ma va, se posso il libro non lo apro, se poi devo mi ci addormento sopra, navigando con la fantasia x altri mondi. Diciamo che ho sviluppato un mio sistema, magari inutile, magari poi non ho imparato una sega, però le cose mica le faccio per gli altri, le faccio x me stesso principalmente.
Un’altra cosa è che quelli che prendono titoli di studio, tipo le lauree, sono dei personaggioni, con dei testoni incredibili. Del tipo a me dicono: caspita sei laureato, chissà che intelligente. Ma dove? La laurea mica misura l’intelligenza, né la da a chi non ce l’ha. Quante bestie laureate ci sono in giro? Beh si dai. A limite uno esce con 110 e lode allora li si che puoi dire che quello è un figo, xchè comunque ha avuto una costanza e una capacità mica facili da trovare. Io fossi una ditta un tipo da centodieci lo assumo a scatola chiusa, ma non per quello che sa (magari non serve a molto, come sempre succede con le scuole) ma per la capacità che ha dimostrato, l’impegno, la voglia di fare. Allora si.
Va beh dai che cavolo sto dicendo volevo parlare di altre cose. Stavo dicendo che da ragazzino ti davo retta. Fin troppo. Ma x la carità, tutte cose giuste, a posteriori posso dire con orgoglio che molti dei valori che considero di avere me li hai insegnati tu, ma non sto parlando di queste grandi cose, sto parlando delle cazzate. Si insomma dai è normale che le madri dicano cosa fare ai figli ed è abbastanza normale e bello che i figli le seguano le direttive, ma quello che voglio dire è che adesso sono molto contento che col tempo ho capito che io magari la pensavo diversamente e me ne sono fregato. Così da una parte è andata bene anche a te perché mi sono svegliato un po’, mi sono svezzato. Beh svezzato lo sono stato da subito, da bambino avevo più libertà io di Pinocchio, ma non è quello che intendo. Beh penso che succeda a tutti, arrivi ad una certa età e pensi che tutto quello che dicono i genitori son cazzate. Ci sono periodi della vita così. Io non pensavo fossero tutte cazzate, come ripeto sulle cose importanti ti ho sempre dato ragione e ancora la pensiamo uguale lo sai. Sulle piccole cose della vita invece molto spesso la pensiamo in maniera diametralmente opposta e quindi ci scazziamo un po’. Ma è il nostro modo di fare, siamo due fiammiferi che ci accendiamo subito, ma nel giro di poco si spengono ancora.
Però appunto sono orgoglioso di me stesso x quando ho cominciato e pensare con la mia testa, a cercare di capire il mondo, i suoi meccanismi, le sue convenzioni. E il fatto che siano appunto convenzioni, alcune da seguire, altre da divertirsi a distruggere. Quando ho capito di non aver più paura di nulla, paura di quello che può pensare o dire la gente. Cioè così facendo non è che io sia uno strafigo della madonna, tuttaltro. Certo nei sogni a tutti piacerebbe esserlo, sai  tipo stile il playboy miliardario brillantissimo e precisissimo. Però, visto che tanto non riuscirei a reggere la parte, sono ultracontento di essere come sono. Di prendere la vita come viene, ma non passivamente, sempre con la curiosità di un bambino, che vuole esplorare sperimentare imparare scoprire.
E sempre con la voglia di cantare e ballare come un bambino. O come un deficiente. Non so se è un pregio o un difetto, ma anche di questo non mi frega. Mi inserisco tranquillamente nella categoria degli sfigati nella quale sono stato spesso inserito. Tanto sono in buona compagnia. Ma tanto mi piaccio abbastanza x così come sono, non ho complessi del cazzo, cerco di capire i miei limiti, di conviverci, di sfruttarli se si può e di arginarli se si deve. Beh si dai ovvio che si vorrebbe essere sempre un po’ meglio, ma tutto sommato è OK così.
Va beh insomma ma che cazzo sto scrivendo non lo so neanche io, sono qui al buio con dei fogli e una penna, non posso neanche rileggere perché non ci vedo mi bruciano gli occhi, ma mi sembra che invece che a te sto parlando a me stesso. E va beh dai vedo che comunque in ogni caso, cioè, si dai cioè mi sembra che ti vada bene, cioè che sei contenta x come sono e x quello che faccio, e la cosa ovviamente mi riempie di orgoglio, cioè le cose che io posso fare o non fare certo io le faccio x me e xchè ho voglia di farle, ma sapere che tu sei contenta è bello dai. Poi se litighiamo sulle cazzate è lo stesso, anzi va bene così se no che gusto c’è? E poi se sei contenta fai bene, tutto quello che faccio nella vita è anche perché ho sempre avuto il supporto della mia famiglia, quindi…
Cavolo basta sono quasi stufo di scrivere, al buio non sono abituato, e poi son molto più veloce con la tastiera che con la biro, ma non so che fare, mi bruciano gli occhi e non posso fare nulla, leggere, guardare la tele, usare il comp, nulla. Neanche andare all’aperto a fare un giro. Che cavolo di roba che c’ho addosso salcazzo. E allora ti scrivo nella penombra una cosa che probabilmente non si è capito una mazza di niente. Alla fine volevo solo dirti che sei OK, anche se come tutte le madri hai tentato di fare un po’ troppo la chioccia, anche se non sei proprio il tipo ma è così, ma lo stesso ti sono un po’ sfuggito, anche se poi vengo sempre a chiederti consigli. Insomma dai alla fine ci troviamo bene no? Va beh occhei finisco insolitamente in modo smielato dicendoti che ti voglio bene, non te lo dico mai e non farci l’abitudine perché non te lo dico più, non ci siamo abituati, ma però ma si ogni tanto va bene anche dirselo no? Ok ciao.

I want to ride my bicycle

Nei giorni scorsi ho provato il mio nuovo mezzo, una bici da corsa. Beh nuovo nuovo non è, l’ho acquistata usata, poi l’ho portata in un negozio a far sistemare (freni, copertoni, camere d’aria) e a regolare per la mia altezza. Non avevo mai provato una bici da corsa, ho sempre avuto solo mountain bike. Tutti mi raccontavano mirabolanti cose su queste bici, del fatto che sono molto più leggere e pratiche, ecc. Allora mi son deciso, visto che quando sono a Voghera mi riduco a girare quasi sempre in pianura.

Vi dirò: niente male, proprio niente male. Per prima cosa elenco i difetti: il sellino è un pochettino troppo duro, ma ha una forma che è migliore di quello delle bici che avevo, Diciamo che ti fa male in un punto diverso delle "parti basse", non so se è meglio o peggio… credo meglio. E poi soprattutto la posizione che è molto più incurvata rispetto alla bici normale. Dopo un po’ avevo mal di schiena… e di collo in quanto per guardare davanti devi tenere la testa piegata in su. E poi se stai nella posizione diritta non hai le mani sui freni, questo un po’ mi inquieta.

Però viaggia molto di più, cavoli se viaggia. Quando dai una bella pedalata la senti subito, è come quando schiacci l’acceleratore di una macchina con una bella ripresa e senti la spinta. Infatti in due ore di bici ho gironzolato parecchio. Non so a che velocità andassi in quanto non gli ho ancora fatto mettere il computerino, però la prova è superata, a Voghera userò questa bici d’ora in poi. Così potrò raggiungere anche dei posti un po’ distantini e non sempre i soliti… dopo un po’ era già ora di tornare.


Berlino 2003

Ho millenovecentosettantaquattro anni

Ho fatto nuoto per almeno 3 anni. Ho lavorato come tecnico informatico per 3 anni. Ho fatto l’arbitro di calcio per 2 anni e mezzo. Scio da almeno 20 anni. Ho fatto 5 anni di ingegneria. Un anno son stato a Londra. Ho il negozio a Voghera da 11 anni. Sono abbonato a Topolino da.. cavolo da 27 anni! Ho fatto lo sviluppatore software per 4 anni. Sono andato in vacanza a Rimini per 5 anni. Ho gestito un bar per 6 anni. Sono stato a Parigi, Praga, Bruxelles, Barcellona, Budapest, Oslo, Amsterdam, Vienna, Bratislava, Berlino. Ho avuto un negozietto a Brallo per almeno 4 anni. Ho fatto 5 anni di università ad Economia. Ho un nipote che ha 9 anni meno di me, ho una sorella con 9 anni più di me, ho un fratello con 19 anni più di me. Faccio spinning da 3 anni, Ho fatto il corso di balli caraibici per due anni e mezzo. Ho giocato a tennis per 4 anni. Sopporto me stesso da 34 anni. Sono interista da circa 30 anni (e questo spiega tante cose, ma spiega anche perché sono uno di quelli che non mollano mai). Ho fatto kick boxing per quasi 3 anni. Porto gli occhiali da circa 16 anni (che palle!!). Mi sono rotto un braccio e una costola a distanza di 4 anni, sempre durante i mondiali di calcio. Vado in bicicletta da tanti anni. Gestisco il sito forteweb.it da quasi 10 anni. Ho una nipotina che ha 3 anni. Ho fatto 5 splendidi anni di Ragioneria (splendidi per la classe e alcuni prof, non certo per ragioneria). Un anno ho fatto il giro della Sicilia. Sono stato in mille locali e discoteche: Gasoline, Giardinetto, Vertigo, Palace, La Scala, Milleluci, Mayerling, Maskara, Zoe, Toqueville, Rolling Stone, Kursaal, Sporting, Club House, Ombelico, Luminal, The Club, Golf, Pepe Club, Mulino della frega, Luna Rossa, Rotonde, Siglo, Killer Plastic, Cafè Atlantic, Mania, Nautilus, Ynadamas, Teatrò, Slalom, e mille altre di cui non ricordo il nome. Ho fatto il corso di arbitro di pallavolo. Ho fatto 4 capodanni a Genova. Ho un blog da 3 anni. Da neanche un anno ho imparato a giocare a biliardo all’italiana (insomma so le regole, non ho detto che sono bravo… ma ho comprato la stecca!)

E vedrete quello che devo ancora fare…

Weekend da maestri

Lo scorso weekend è stato proprio divertente.
In questo periodo un po’ nebuloso, in cui il tempo non si decide mai a diventare bello, in cui tante ombre si aggirano, periodo nel quale non ho ancora chiaro cosa intendo fare per la prossima estate ormai alle porte, una volta chiuso il negozio per la pausa estiva…. ci voleva un fine settimana così.

Un venerdì sera da maestri in cui ci siamo divertiti tantissimo, con pochissimo, semplicemente sparando cazzate, facendo i cretini come non mai e sprizzando allegria da tutti i pori. Un sabato sera tra amici cmq divertente e per finire una splendida giornata di sole (ci voleva proprio) al mare, ad Alassio.

Grazie quindi a tutti gli amici che hanno reso speciale questo weekend: il maestro Filippo, il maestro Michele, la maestra Alina. E poi il maestro Lorenzo. Un grazie speciale all’altro maestro Michele e soprattutto all’apprendista Elisa e alla maestra Silvia. Tanti ringraziamenti ai maestri e tanti baci alle donzelle. A presto.

Primavera

Che dire di questa primavera inoltrata? Beh tutto abbastanza bene. Il clima sembra andare verso un piacevole caldo, con la speranza che non si trasformi in afa. Mi sono tolto il peso dell’università… anche se per ora non me ne rendo bene conto. Probabilmente me ne accorgerò quando avrò più tempo libero da dedicare a me stesso o ad altre attività. Il lavoro va abbastanza bene, dopo un 2007 in ribasso questo 2008 sembra iniziato meglio (incominciare peggio era quasi impossibile… e sarebbe stato molto preoccupante). In questi 10 anni di lavoro in negozio ho capito che le fasi sono cicliche. il 1999 era andato peggio del 1998 e il 2000 peggio del 1999. Nel 2001 c’è stata un’inversione di tendenza. E poi ho anche capito che i luoghi comuni non esistono. Una volta lavoravo tantissimo a dicembre e pochissimo a giugno. L’anno scorso invece giugno è stato uno dei mesi migliori. A volte si lavora tanto il sabato, a volte il martedì… Insomma non si possono fare previsioni, bisogna stare sempre "sul mercato", rimanere coi piedi per terra e avere in tasca sempre una buona dose di ottimismo. Eliminare i prodotti che non sono più richiesti e cercare di avere quelli che si vendono di più. A dirsi sembra facile, ma l’importante è stare in negozio e rendersi effettivamente conto di quello che la gente cerca (o che la gente compra, a volte non sono le stesse cose). La salute quest’anno va bene (facendo i dovuti scongiuri). L’amore non c’è, e questa è una mancanza per gente come me. A volte è sconfortante, a volte sono fatalista e non mi aspetto nulla dal domani. Ho sempre un mucchio di libri in arretrato da leggere, un mucchio di film da guardare. Per i telefilm ormai sono fuori dal giro, quando con gli amici si va sul discorso mi devo allontanare perchè non vedo un telefilm da almeno 7/8 anninon so di che parlano. Non ho ancora deciso cosa fare nel futuro prossimo, quando chiudere il negozio per la pausa estiva. Non ho ancora deciso cosa fare da grande. L’altra sera ero in compagnia di amici, parecchio più giovani, che discutevano sui possibili "business" da realizzare. Mi viene in mente quando io e Matteo abbiamo passato una sera di tanti anni fa al pub di via Cernaia per discutere su un progetto che avevamo in mente: realizzare un sito internet per la vednita di prodotti tipici dell’Oltrepo, sembrava un’idea fantastica. Io avevo appena creato Forteweb, lui il "Cassetto dei sogni". Ma sono convinto che quei sogni servono sempre nella vita, prima o poi li si tira fuori, gli si da una spolverata e li si utilizza, magari per un uso completamente diverso.

Duca Conte Barambani Serbelloni Mazzanti Viendalmare

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