(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

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Il dondolo

Quando ero piccolo avevamo un dondolo in casa. Era un dondolo di metallo, con i due supporti laterali, e l’asta in alto su cui era appeso, appunto il dondolo. Sono scarso come creatore di definizioni, ma ho voluto spiegarlo perchè molti confondono il dondolo con la sedia a dondolo. Il nostro era come quello di questa foto.

Era il mio posto preferito. Sopra la struttura metallica aveva un cuscino color marrone che copriva lo schienale e arrivava fin sotto il sedere. Era bello rifugiarsi li a leggere, mentre mi dondolavo. Quasi subito diventai troppo grande per starci sdraiato e allora mi sedevo normalmente. Cavoli quanti "Topolino" ho letto su quel dondolo. Quando ero un po’ più grandicello ho provato ad usarlo anche per studiare, ma non mi faceva stare concentrato. Ma per leggere era il posto più rilassante al mondo.

Anche i gatti di famiglia hanno sempre apprezzato quell’oggetto, così come i miei nipotini (nipotini all’epoca, adesso nipotoni) ci hanno schiacciato parecchi pisolini. Mia mamma talvolta, specie d’inverno, lo usava per appendere i panni lavati e in quei casi non potevo utilizzarlo… che rabbia.

Negli anni se n’è andato x fare spazio ad altri mobili e alla fine è finito a Pregola, come complemente del Bar Castello Malaspina. Che fitta al cuore vederlo l’altro giorno, coricato lungo la piccola scarpata a fianco del bar. Il mio dondolo…. !!!!

19 anni

Rileggendo una vecchia agenda, di quando avevo 19 anni, ho trovato alcune frasi che avevo scritto io, eccole:

  • è bello parlare con gli altri di quello che vuoi senza problemi, è bello mostrarsi agli altri per quello che sei senza problemi.
  • i sogni sono gratis, sono alla portata di tutti, posson farli tutti gli uomini magri o grassi, bianchi o neri, belli o brutti. nei sogni le cose vanno come vuoi tu e se ancora non lo sai devi sognare di più.
  • un uomo è diverso da un altro solo per la sua storia
  • è inutile combattere per degli ideali, prima o poi sono destinati a finire, però è bello crederci.
  • il tempo è la cosa più assurda e inutile che possano aver mai inventato.
  • siamo solo il sogno di qualcuno infinitamente immenso
  • la vita è una missione affidataci e dobbiamo portarla a compimento nel bene e nel male
  • ad un amico si dicono cose che non si sono mai dette a nessuno
  • mentre leggi queste righe un attimo della tua vita è già diventato un ricordo
  • le parole non mi tangono, non sono fra quelli che piangono, la vita la prendo così e finora mi è sempre andata bene
  • la verità non è relativa, sono le idee che sono relative
  • con la gente siamo attori che recitano una parte, con i veri amici siamo noi stessi
  • bisogna ignorare l’ignoranza della gente
  • io odio le contraddizioni, però spesso mi contraddico. è una contraddizione
  • incazzati, sii curioso, fai qualcosa che abbia un valore, lascia un segno.
  • se sai ascoltare, senti il silenzio
  • forse io non esisto e tu mi stai sognando
  • ogni attimo è già passato prima di poter essere gustato
  • come si distingue il ricordo dal sogno?
  • non occorre condividere le idee, basta rispettarle
  • conta più un piccolissimo fatto che un grande discorso

Che nostalgia a rileggerle. Anche perchè alcune mi ricordano un episodio particolare. Forse io non esisto e tu mi stai sognando, ti ricordi le discussioni metafisiche?

Gadget tecnologici

Io, e chi mi conosce lo sa, sono abbastanza appassionato di gadget tecnologici. Ma quali sono i miei preferiti?

  • Lettore DVD/DivX portatile. Troppo comodo, ti butti sul letto, lo apri e ti vedi un film. Qual è il vantaggio migliore? Che è piccolo e puoi vederlo in qualsiasi modo tu stia sonnecchiando.
  • Fotocamera digitale. Sono un patito delle foto e mi piace avere una compatta sempre in tasca pronta a fare foto stupide o semiserie.
  • Cellulare. Indispensabile. Da anni per telefonare uso solo la telefonia mobile. E poi per gli sms, una delle invenzioni più belle degli ultimi anni. E gli MMS, la rubrica, l’agenda, i giochini. E poi l’imprescindibile sveglia.
  • Televisione. La consideriamo un gadget tecnologico? No? Allora aggiungo la navigazione televideo e gli accessori che ho connesso, vale a dire il videoregistratore, il lettore DVD/DivX, e il "cubotto", cioè quel robo che ha dentro un hard disk e lo collego al PC via rete Wireless per pompargli su i film e vedermeli in TV. Non avete capito? Fa lo stesso…
  • Chiaramente il Computer. Ci ho passato e ci passo un sacco di tempo: videogiochi, internet, musica, immagini, film, contabilità, divertimenti, esperimenti, programmazione, ecc. ecc. ecc. Ho sempre e avrò per sempre il mio PC "fisso". Troppo comodo il fisso, ci fai di tutto comodamente. Ma proprio di tutto. E poi ho il portatile: in questo periodo un netbook Asus.
  • Orologio digitale. Odio quelli analogici, mi sembrano così imprecisi
  • Navigatore. Pensate che quando giravo con la mia mitica e mitologica Fiat Tipo pensavo: "la prossima auto la prendo con gli alzacristalli elettrici, così quando devo fermarmi a chiedere la via sono molto più comodo, e non mi devo coricare sul sedile lato passeggero per tirar giù il finestrino a mano". Invece sono cambiati i tempi e col navigatore non hai più bisogno di chiedere.
  • Calcolatrice. Banale ma indispensabile, io non mi fido mai dei conti che faccio a mente. Mai.

Poi in passato ho avuto e tuttora ho tanto altri gadget che magari ora uso poco o niente, perchè sono superati, come la playstation, perchè hanno meno senso di esistere, come il gameboy, il palmare, l’ipod, perchè una volta non ce l’aveva nessuno e adesso è talmente banale da dire, come la chiavetta usb. Tra i tanti del passato: la chiavetta wi-fi per il palmare, l’access point wireless per la rete di casa, il digitale terrestre (e si, io ce l’avevo già due anni fa, poi l’ho venduto, la tv è un sistema poco interattivo per i miei gusti), l’etilometro portatile (una cazzata). Tra gli ultimissimi gadget del 2009: il portachiavi-cornice-digitale, la macchinetta che verifica i soldi, l’hard disk esterno per il portatile, il cubotto (vedi sopra), la internet key (come direbbe Totti: "ma chi??").


Voghera, Piazza S. Bovo

1986

Nella primavera del 1986, due anni dopo quel millenovecentoottantaquattro nel quale Orwell ci prospettava l’avvento del Grande Fratello, c’era già stato un evento che aveva colpito la mia mente di ragazzino: a gennaio era esploso il Challenger. Quando ero piccolino era insieme abitudinaria e speciale l’eventualità di un lancio di un "missile" nello spazio. La luna era già stata conquistata da decenni e mi sembrava quasi preistoria, ma il lancio di navicelle spaziali era ancora un evvento carico di suggestioni a cui i media davano molta importanza. Il countdown era qualcosa di sensazionale. Quel giorno di gennaio qualcosa andò storto e lo Space Shuttle Challnger esplose. Mi pareva incredibile, non mi sembrava vero. Avevo 12 anni e certe cose non le comprendevo, andavano al di là della mia immaginazione. Il mondo era per me fatto di cose consequenziali e quindi non mi sembrava vero che potesse succede una cosa così spaventosamente straordinaria. La cosa che mi ha colpito di più, e a cui ho ripensato tante volte, era la presenza di una maestra tra l’equipaggio. Ne avevano parlato molto: un’insegnante nello spazio. Che, insieme ai suoi compagni di viaggio, è diventata di colpo polvere e fiamme.

Mi ricordo un’altra cosa del 1986: è passata la Cometa di Halley. Anche di questo ne parlarono molto. A me pareva una cosa incredibile: una cometa, come quella di cui parlano i Vangeli, quella del Natale!!!!
E poi ricordo che avevo letto su un qualche giornale che nel 1986 avrebbe visto la luce un’invenzione che mi pareva fantascientifica: il videotelefono. Ho dovuto aspettare molti anni per vederlo davvero, e mi è parso ‘na strunzata.

Ma fu appunto nella primavera del 1986 che successe qualcosa di ancora più straordinario: il disastro di Cernobyl. All’inizio la notizia passò tra le tante: in Russia (in realtà Cernobyl è in Ucraina e quindi era in Unione Sovietica) è scoppiata una centrale nucleare. L’immaginazione veniva colpita perlopiù per un motivo: in Italia avevamo qualche centrale nucleare e il terrore era quello di un qualche disastro che potesse provocare morte e disperazione. La paura più grande era quella che la Guerra Fredda si trasformasse in guerra reale, e uno degli obiettivi dei "cattivi" potesse essere proprio la distruzione di una di queste centrali. Mia mamma mi diceva sempre che se fosse successo qualcosa alla centrale di Caorso, noi saremmo stati relativamente vicini e quindi in grave pericolo. I film che giravano in quel periodo (ricordate "The Day After"?) non facevano che acuire quelle preoccupazioni.

Col passare dei giorni la notizia prese una piega ancora più inquetante: gli espertoni non avevano mai calcolato (o meglio, avevano sempre taciuto) un pericolo molto grave: che le radiazioni nucleari potessero essere trasportate dal vento. E quindi l’intera Europa era in pericolo. Non si mangiavano più frutta e verdura. Non si poteva giocare nei prati. Mettetevi nei miei panni, io abitavo in montagna!!!
Il brutto era che dovevi aver paura di qualcosa di ignoto: non si vedeva, non si sentiva. Il mondo che ci circondava sembrava uguale a prima, ma i telegiornali non smettevano di metterci in guardia. Da incubi…

Altre cose che mi ricordo di quel 1986 sono il mondiale di calcio messicano vinto da Maradona e la sua Argentina (io tifavo Germania Ovest) e la misteriosa morte di Sindona nel supercarcere di Voghera. Costui era uno strano figuro, un personaggio coinvolto in un malaffare torbido in cui erano (forse) coinvolti banchieri, mafiosi e vaticano. Roba da film. E divenne così tristemente famoso il "Caffè alla Vogherese". Un poco indigesto direi…

Capodanni

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Vivere…come ridere

Eccomi qua, alla sera davanti al mio pc. Ancora una volta adulto in un mondo bambino e ancora una volta bambino in un mondo troppo adulto. Mi è stato detto che faccio fatica ad invecchiare, perchè sono sempre in movimento, ho il cervello sempre acceso e sempre pronto a inventare nuove idee. E’ un bel complimento, e io sono fortunato perchè è un periodo in cui ne ricevo tanti: che siano completamente sinceri oppure no, fanno comunque piacere e danno quella spinta in più che nella vita non guasta mai. E’ bello sapere che c’è gente che crede in me, no? E così anche domani mi sveglierò con nuovi pensieri, nati nella notta, trasportati fino a me dal vento. E la vita continua, sempre in movimento, sempre affrontando nuove piccole e grandi sfide. Cercando comunque di ritagliarmi i miei spazi per riflettere, godersi la vita. Anche solo per stare in silenzio, da solo, senza pensare a niente. Quelle volte in cui, come dice Vasco "..oggi non ho tempo, oggi voglio stare spento…" per poi tornare a "…vivere….e sorridere dei guai così come non hai fatto mai e poi pensare che domani sarà sempre meglio…"

 

Davanti il giorno

Anche quest’anno mi viene da fare un po’ il resoconto di questa estate, anche se non è ancora finita. Un’altra estate, sempre diversa come sempre. Luglio l’ho passato praticamente a Voghera, perchè l’invenzione di quest’anno è stata quella di tenere aperto il negozio nei weekend di luglio. Devo dire che ha funzionato. Agosto è stato un mese strano. Misto di nostalgie x le estati passate, risate per l’estate presente e confusione sulle estati future (molto dickensiana quest’immagine, non trovate?). E si, perchè sembra sempre di non aver fatto niente, ma poi pensi agli ultimi 23 giorni e ti accorgi che cmq un po’ di cose le ho fatte. Non le solite, perchè, come ho detto, le estati mutano. C’è stato l’anno delle grigliate, quello dei giri in bici, ecc. L’anno dei personaggi, l’anno dei giri a piedi, l’anno del mare, quello dei capelli azzurri, ecc.

Questa è stata l’estate del Capo dei Commessi, dell’Uomo senza fame (e senza paura), delle Scarpe, del giro-para in vetta al Penice, dell’albergo Costantino, del cuba col Pampero al Malaspina, di Tony Dallara… e poi di quando sono andato ad Alassio alla domenica sera, e quando, la settimana successiva, ho assistito ad un pauroso incidente all’andata e ho rischiato di rimanere a piedi al ritorno…

Questa è l’estate 2009, e non è ancora finita.

 inseguo il giorno
 fino a lasciarmi dietro la mia ombra
 ma poi sfinito
 sorpreso dalla notte
 mi accorgo
 di trovarmi dall’altra parte del mattino

(Christian, detto "GIM", che inseguiva il giorno guidando verso il tramonto)

Qualcosa di simile

Dopo aver letto l’ultimo post del mio amico Michele, mi è venuto in mente questo aneddoto, non so il perchè: anni fa ero abituale frequentatore dei giovedì estivi all’Acquatica di Milano, che smetteva di essere, per quela sera, parco acquatico e diventava discoteca rock (erano "quelli del Rolling"). Una di quelle sere stavo girando da solo quando vedo una tipa, distesa per terra, a guardare il cielo. Una persona normale avrebbe pensato che fosse matta o ubriaca o qualcosa di simile. Invece, per istinto, mi sono coricato anche io, a un paio di metri di distanza da lei, abbastanza distante da non disturbarla, abbastanza vicino per poterle parlare. "Cosa vedi?", le chiesi. E parlammo per circa dieci minuti di quello che vedevamo in cielo. Poi ad un certo punto lei disse "Devo andare", e andò. Ma furono dieci minuti di poesia. E’ una di quelle cose che sono contento di aver fatto nella vita: seguire l’istinto, restare bambino a guardare il cielo. Anche in mezzo ad una discoteca. Perchè no? Probabilmente penserete che io sia matto o ubriaco o qualcosa di simile

Felice

…stanco ma felice…

R e la tavoletta

Fabiano detto Genova… perchè abitava a Genova. Flavio detto Flavietto. Il Camionita. La Foresta degli Eroi coi tarlon con Luke Scavalcher. La festa della birra di Brallo. Le guerre di pigne. Le guerre tra i Mafaball, i Tranch e gli Stemacrips. Io e R. R e la tavoletta. Il campo da calcio alle Piane per Smegi. La carambola di sotto da Max. Vittorio di Pavia. La Casa (oggi detta l’università). Quando io e Diego siamo scomparsi. In Trebbia in bici con Christian con il gesso. Sulle balle di fieno a vedere le stelle cadenti. Roberto di Milano e Mauro. Amdavamo a cercare i tappi in tutti i bar di Brallo: Cavanna, Appennino, Normanno, Edelweiss. I tappi del Campari avevano la gommina. Io e R a rubare i giornali destinati al macero. Quando ci hanno regalato gli Zagor. Io e Andrea e le capanne nella pineta vicino a Mario. In bob nel prato dietro alla Lina. I Paninari. Accendevamo i fuochi in pineta. Quando si entrava di sgamo in palestra. Quel posto là.

Questi potrebbero essere tutti i titoli di altrettanti miei racconti di infanzia. In uno delgi ultimi post vi ho parlato del Kursaal, che rappresenta soprattutto le mie estati da quando sono "grande". Questi invece sono tutti racconti di quando ero ragazzino. Scegliamone uno a caso, non posso raccontarveli tutti: R e la tavoletta. Da piccolo avevo un grande amico: R. Viveva ad Abbiategrasso con sua mamma, suo fratello, il compagno di sua mamma e suo figlio. Questi ultimi due l’ho capito solo quando sono diventato un po’ grandicello chi erano, da piccolo ero convinto che fossero suo zio e suo cugino, anche perchè lui stesso li definiva così. Io e R eravamo grandi amici. Lui veniva su a Brallo in tutte le feste e poi d’estate era su da Giugno a Settembre. Aveva un anno in meno di me e quindi io, che ero quello "grande" e inoltre conoscevo i posti, ero quello che "comandava". Cavoli quante cose con R. Quando pioveva passavamo le giornate a casa sua a giocare a Scala 40, ma in tutti gli altri giorni… non ci fermava nessuno, giravamo dappertutto e ne combinavamo di ogni. Poi un anno, quando avevo circa 12 anni, la brutta notizia: la sua famiglia reputava l’affitto troppo caro e quindi dall’anno dopo sarebbero andati in vacanza a Cegni. Pochi chilometri da Brallo, ma per un dodicenne come se fosse un altro pianeta. Ma prima di partire, proprio quell’anno un ente, se non sbaglio la Provincia, aveva organizzato una specie di campus estivo per i ragazzini. Organizzavano giochi, gite e quant’altro. E così io e R siamo finiti in gita alla piscina di Varzi. Era la prima volta che andavo in piscina (e fino all’anno scorso anche unica). Sia io che lui avevamo paura dell’acqua alta. Ad un certo punto io ero fuori e lui mi chiama, tutto contento, per farmi vedere che aveva recuperato una tavoletta, non so dove, e si era avventurato dove non si toccava. Dopo qualche minuto arriva un bagnino, portando R tutto malconcio in braccio: stava affogando e l’aveva preso appena in tempo. Gli organizzatori ovviamente si sono cagati sotto.

Non ho visto R per tanti anni. Un giorno, quando avevo 18 anni (nel mitico 1992 !!) un’amica mi si avvicina al Kursaal e mi dice: ma tu conosci un certo R? Beh si una volta, tanto tempo fa. Guarda che è lui. Fammelo vedere. Ok vado a cercarlo.

Cazzo era lui, proprio lui, il mio amico. Proprio lui. Ci siamo frequantati quel’estate, ci siamo ritrovati. Un giorno c’erano dei ragazzi che suonavano dal vivo in piazza a Brallo, lui era lì a vederli e allora abbiamo fatto un giro a piedi per il paese, fino a dove abitava lui una volta. Anche l’anno successivo ci siamo rivisti, d’estate. Era un po’ conciato. Sempre messo male, ubriachissimo, sporco. Ricordo che metteva su una giacca degli operai Sip. Un giorno l’ho beccato mentre litigava coi buttafuori che non volevano farlo entrare al Kursaal. Era abbastanza fatto. Allora l’ho caricato in auto e l’ho portato a fare un giro fino a Pregola, o forse fino al Penice. Ho perso mezza serata, e quelle erano serate da non perdere per nulla al mondo. Ma lui era R, perdio. Il mio amico. Al ritorno ha voluto che lo lasciassi li, sarebbe andato a casa con qualcuno. Non l’ho mai più rivisto. L’anno dopo e quelli successivi chiedevo di lui a ragazzi che lo sconoscevano. Ma non era mai più venuto su in Valle Staffora. Un ragazzo una volta mi ha detto di averlo visto in compagni di aluni punkabbestia nelle metro di Milano. Chissà se è vero. Cazzo chissà dove sei finito R.

(la foto non c’entra nulla, è del 1959 e l’ho presa su questo sito: /www.sanmauropavia.it)

Kursaal

E poi ci troveremo come le star a bere un cocktail al Kursaal, al Giardy, al Mille, al Vertigo, al Rolling… Praticamente sono tutti posti fantasma, non esistono più.

Oggi vi parlerò del Kursaal, di cosa è stato per me. Quando ero ragazzino si andava al Kursaal a giocare ai videogiochi. Era aperto (solo d’estate ovviamente) tutti i giorni, al pomeriggio e alla sera. Noi bambinetti frequentavamo il “parco” (la pineta con parco giochi dietro casa mia) e altri posti di Brallo. Ogni tanto ci spingevamo fino al Kursaal. Da ragazzino invece andavo sempre tutti i giorni. Per chi non c’è mai stato: il K è un locale mitico e storico di Brallo. E’ costruito sotto strada e quindi c’è una stradina che lo costeggia che arriva ai vari piani. In fondo c’era la salagiochi. A metà il bar e la discoteca e in alto il ristorante. Io il ristorante non l’ho mai visto aperto. Noi andavamo solo per la salagiochi. Ricordo una volta che c’era un giochino che, appena acceso, è andato in tilt e ha regalato crediti infiniti. Abbiamo giocato tutto il pomeriggio a Super Mario Bros, che resta il mio videogame preferito di tutti i tempi. Poi ricordo Dragon’s Lair, sembrava di poter toccare il futuro. Mio padre mi dava mille lire al giorno che bastavano per 5 partite, visto che il gettone ne costava 200. Però riuscivo a passare tutto il pomeriggio e tutta la sera. Verso i 16/17 anni ho iniziato a frequentare anche la discoteca. Ma per me il K è diventato mitico nel 1992 (dico sempre che prima o poi vi parlerò di quell’estate, ma non so se lo farò mai, è troppo intensa per poterla raccontare a parole, ma è una di quelle cose che ha segnato la mia vita). E le estati successive sono sempre state all’insegna del Kursaal. In quegli anni non apriva più di pomeriggio, ma solo di sera. E negli anni successivi solo le sere di discoteca, che erano martedi, giovedi e domenica. Si andava lì presto, verso le nove e mezza. Si faceva un giro in salagiochi, due parole, due partite, magari un calcetto, una carambola, per i più sportivi un pingpong. Niente bere, al limite qualche partita perché soldini ne giravano pochi. Poi tornavamo giù in paese, dove magari le consumazioni a bar costavano meno. Verso le 11, 11 e mezza si tornava su per la discoteca. La musica bella era a quell’ora. In quel periodo la dance del momento era la neonata Techno. Che figata. Ne mettevano una mezz’oretta, poi si passava al rock, al revival e altre quisquilie del genere. Ballavamo, giravamo, chiacchieravamo, conoscevamo tutti, andavamo a bere, a fare la coda in bagno, a prendere un panino, magari un giro ancora di sotto in salagiochi, ci si provava con le tipe, sempre rigorosamente senza successo, perché noi siamo e saremo come Jack Fruciante, quelli “fuori”. E poi c’era un posto eccezionale: la porta dii sicurezza che dava sui gradini dietro. Ci si ritrovava lì, era un “posto” di aggregazione, dove rifugiarsi per chiacchierare senza dover urlare, e dove vedevi il 90% di quello che c’era da vedere: risse, amori… quasi tutto avveniva lì. Al k c’era gente di tutta l’Alta Valle Staffora. Da Varzi in su erano tutti lì, e poi qualcuno anche più giù, fino a Voghera e talvolta molto oltre.

 

E poi la colla per comprare un panino in due. E gli sbirri col mitra. E poi accompagnare un amico a casa per poi poter ritornare. Ehi, erano altri tempi, il locale chiudeva alle 2 e mezza, ed era tardissimo. Io fino ai 18 anni dovevo tornare a mezzanotte!!! Le due le facevo solo “l’ultima sera del Kursaal”, avvenimento che non mi sarei perso per niente al mondo, un anno ci sono andato con la febbre. Poi per un anno, niente Kursaal, ma lo avresti aspettato. Quando finiva la scuola sapevi che dopo poco tempo avrebbe riaperto. Quando le giornate si allungavano e potevi uscire ancora dopocena col chiaro sapevi che da li a poco il K si sarebbe animato di tanta gente. Quante avventure, quante storie, quanti amici, quante piombe in quel posto. Quella discesa me la rivedo ancora davanti agli occhi. E la pista, i divanetti, le luci, la staccionata. Perfino le turche mi ricordo. Una parte di me è sicuramente ancora al K, che vaga tra le stanze ormai vuote. Le estati più belle della mia vita, dai 18 ai 24 anni le ho passate li. Grazie Kursaal, sei sicuramente un ricordo molto importante della mia vita.

Fiore

Perchè il mio cervello viaggia sempre a mille all’ora? Non riesco a smettere di pensare. E’ un turbinio di flash che si accavallano. Qualcosa che mi sfugge? No, non credo. Solo la mia velocità di pensiero che a volte supera il 100%. Che caldo, se c’è una cosa che non sopporto è il caldo, l’umidità, mi dà un fastidio insopportabile. Strano Luglio, ormai da tanti tanti anni sono abiutuato ad avere il negozio chiuso. I primi anni ho provato a tenere aperto in questo mese, ma con scarso successo. Negli anni successivi chiudevo a fine Giugno per poi dedicarmi all’avventura estiva di gestire il bar Castello Malaspina. Da qualche anno non lo apro più io, ma il negozio lo chiudo lo stesso, perchè non rende…faccio dell’altro. Quest’anno ho fatto un esperimento: apro solo il venerdì e sabato, e nei rimanenti giorni mi industrio nel fare dell’altro, ritagliandomi comunque un sacco di tempo libero. Però mi fa strano essere a Voghera, "vivere" il Luglio in questa cittadina che mi ospita da tanti anni e che ormai sento mia.

Ma fa parte del mio sperimentare, mi piace inventare, scoprire cose nuove, provare nuove strade. A volte cercando le idee più strane, a volte imboccando le strade più ovvie. A volte seguendo i consigli di chi mi sta vicino. Perchè, anche se magari non lo dimostro, mi fa piacere quando qualcuno mi dà dei consigli, perché è uno splendido modo di dimostrare amicizia, affetto e amore. Eh già, io sono criticone di natura e subito trovo le controindicazioni, vedo i problemi, sembra che non accetti lo sforzo di chi mi vorrebbe aiutare. Ma poi ci penso più o meno seriamente e se un’idea mi pare valida, o perlomeno percorribile, ci provo.

Che bella che è la vita. La verità è che le cose più vere sono sempre quelle che sembrano più banali, e quindi anche quello che ho appena scritto può essere tacciato di parer amorfo, anodino, insignificante, insipido, abusato, comune, brutto, impersonale, insulso, irrilevante, irrisorio, mediocre, modesto, ovvio, pedestre, piatto, povero, prosaico, scialbo, scontato, squallido, superficiale, trascurabile, anonimo, artigianale, semplice, usuale, normale, di poco conto, piccolo, convenzionale, dozzinale, grossolano, ordinario, prevedibile, semplicistico, trito, triviale. Ma è, semplicemente, quello che penso.

E quando sono solo, davanti a questa tastiera, a volte, come ora, le dita scorrono veloci. Non sanno neanche loro cosà andrò a scrivere e io lo so ancor meno. Ma è una cosa che mi piace, buttare su carta, pardon su computer, i miei pensieri alla rinfusa. Chissà perchè, chissà come mai ho quest’ambizione di voler scrivere un blog. Cosa vorrò mai dire? Narcisismo? Solitudine? Egoismo? Non lo so, però mi fa piacere che voi, 40 manzoniani lettori mi seguiate, anche fosse solo per dire "chissà che pirlate avrà partorito oggi". Però è bello avere dei riscontri, sapere che ci siete. Me lo dite quando vi incontro di persona, via email, nei commenti, negli sms. Complimenti e critiche (che sono comunque una velata forma di complimenti). Vi annoio? Pazienza, come ho scritto penso altre volte: "Vendere o no non passa tra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso" (Guccini, ovviamente).

Chiudo e vado a nanna, a vivere un’altra giornata. Stavolta nei sogni, e come sempre in compagnia della persona a cui dedico questo fiore. E’ già suo, è stato il primo che le ho regalato. Quanti bei regali ci siamo fatti. No, non sto parlando di quelli, sto parlando di momenti, foto, promesse, baci, canzoni, risate, tenerezze, sorrisi, sguardi, pensieri, sogni, barzellette, discorsi, giochi, immagini, parole. Già, e pensare che io prima non credevo alle parole. Alle sue ci credo, anzi di più, dire "ci credo" fa sembrare quasi che potrei non crederci, ma sarebbe come non credere al mare o alle nuvole, alla neve o al sole. Buonanotte a tutti.

Modesto, California: servirebbe a tutti noi un Derek

È passato un anno. Come inizio di un post può sembrare banale, ma tutto ciò che riguarda noi non è per niente banale. Che strano stupendo anno. Passo dopo passo ti ho conosciuta sempre più, e ogni volta che scopro qualcosa di te mi si gonfia il cuore, perché capisco che esserino meraviglioso sei, e perché capisco che quello che ho provato subito per te era la cosa giusta. Perché ti amo, e ti amo sempre più, ogni istante. Mi hai dato tanto. Io posso magari aver fatto più cose nella vita, come dici tu, ma tu sei riuscita ad insegnarmene ancora tante. E tante ancora me ne ha insegnate lo stare con te. Siamo cresciuti insieme in questo anno. È stato veramente formidabile: ci siamo conosciuti sempre più, e ci siamo piaciuti sempre più. A volte accorgendoci che sotto certi aspetti siamo identici… e ci piace un casino esserlo. A volte scoprendo cose belle l’uno dall’altra o viceversa. A volte scoprendo le nostre diversità, ma rispettando le idee dell’altro, anzi cercando di trasformarle in punti di forza. Ci siamo divertiti tantissimo, stiamo proprio bene insieme. Ti ho visto piangere, mi hai visto piangere. Abbiamo fatto lunghissime chiacchierate, parlando di facezie e criticando tutti quelli che passavano davanti, per poi parlare di noi, dei nostri problemi, dei nostri dubbi, delle nostre idee, speranze, del futuro. Siamo due sognatori, abbiamo cominciato subito a fantasticare, senza problemi, senza false reticenze, ma, come sempre, coi piedi per terra. Ricordi? La favola coi piedi per terra. Dai, perché la nostra è una favola, non c’è altra spiegazione. Ho imparato tante cose in questo anno. È fantastico quando ti preoccupi per me. Lo so che sto dicendo frasi che sembrano a caso, ma, come sai, mi piace perdermi nei pensieri… e se nei pensieri ci sei tu mi affiorano mille ricordi: è difficile riuscire a scriverli con un senso logico. Sei forte sai? Affronti la vita con grinta, anche quando la vita sembra che ti riservi solo amare sorprese. E mi dà una grande soddisfazione quando ti lasci aiutare, mi riempie d’orgoglio. Perché, lo sai, io credo in te e so che ti meriti solo cose belle, ma non per strani motivi di rivincite sulla sfortuna (io credo poco a queste cose, anche se un pochino ci credo), ma perché, semplicemente, te lo meriti. Perché ti impegni nelle sfide, e perché sai vincere con coraggio le tue paure. D’altronde, chi ha paura deve aver coraggio; a chi non ha paura che gli serve il coraggio? Ma cavoli quante cose abbiamo fatto, in un solo anno. E ti ricordi quando elencavamo tutte le cose fatte nei primi 100 giorni, come fanno i politici? Sembravano già tantissime. E poi hai quella capacità di capirmi… forse è la tua dote, magari inutile per il resto del mondo, ma più straordinaria. Per il motivo che è una cosa che mi risulta molto difficile riscontrare negli altri. Chi mi sta vicino, i miei amici, mi capiscono, ma ognuno di loro ha in mente un Fabio diverso. Tu, come pochi altri, hai saputo individuare tutte le sottili sfaccettature che mi rendono uno, o forse nessuno, o forse centomila. Sei fantastica quando ridi, hai una risata contagiosa. Quando invece mi guardi coi tuoi occhioni spalancati e si sente tangibile il tuo amore verso me, beh, te l’ho detto, fatico ogni volta a trattenere una lacrima che mescola commozione, orgoglio, ma soprattutto amore. Ci siamo fatti delle promesse, e non c’è giorno che non me le ricordi, e sono fiero e felice di averle fatte, e sono felice e fiero che tu le abbia fatte. E ogni bacio che mi dai è un premio, ogni momento passato con te un onore. E anche quando non sei con me la vita è bella, perché so che sei lì, da qualche parte. E poi mi piace un sacco come siamo, coi nostri difetti, i nostri discorsi, le sorprese che ci facciamo. Mi piace quando ci prendiamo in giro, quando mangiamo la pizza, quando guardiamo i cartoni. Quando stiamo seduti sul tuo gradino, o in macchina a girare senza meta. Quando mi guardi. Quando ti guardo e resto abbagliato, e anche se fossi (anzi “anche se sono”, usiamo pure l’indicativo presente) in mezzo ad un mare di gente non vedo che te… tu te ne accorgi, ricambi lo sguardo e mi sorridi. Nessun pittore potrebbe disegnarlo, nessun musicista trarne una melodia, nessun poeta saprebbe imbrigliarlo in versi… sarebbero solo lontane imitazioni. Il grafico della mia vita ha un punto di discontinuità: il 10 luglio 2008. Io sono sempre io, faccio le stesse cose, penso nello stesso modo. Ma la mia vita è diversa, è passata dal bianco e nero al colore, e se non posso ringraziare te per questo, perché parrebbe banale (seppur vero), ringrazio allora Dio per averti messo nella mia vita. (E aggiungo: e guai a chi me la tocca, vi spezzo le braccine e le do da mangiare al mio ferocissimo gatto Milli, lo scrivo qui pubblicamente, poi non dite che non vi avevo avvertito)

So che molte coppie pensano di essere coinvolte in una storia così speciale come nessun’altra al mondo ("So che è successo già…"), ma anche io ho questa presunzione, anzi questa certezza. E tu anche. E poi siamo belli, punto e basta. In pratica non abbiamo neanche mai litigato, solo qualche incomprensione, qualche piccola cazzata, dovuta di solito principalmente al fatto che ci teniamo tanto l’uno all’altra che…
Quindi, diciamolo: siamo i migliori, e soprattutto i più modesti, come sempre. Quindi pensa te cosa combineremo negli anni successivi che ci aspettano… mamma mia non oso pensarci, visto che sono così tanti, faremo dei disastri… Quello che so, e che tu sai, è che io ci sarò. Sempre. E so anche, come lo sai tu, che tu ci sarai. E questo è fantasmagorico.
E poi, e poi, e poi, potrei riempire pagine e pagine su di te, su di me, su di noi, ma il mio scopo non è tediare i miei lettori che magari amerebbero argomenti più ameni. D’altronde, ti scrissi che: non so e non m’importa se tu sia o non sia una principessa; quello che so è che tu sei la MIA principessa. Ricordi il vecchio Ludovico Van? Eternamente nostri.
Dunque… che ti amo da matti te l’ho già detto, quindi posso terminare, ti saluto, ciao e, soprattutto: Ave Galaxar!

Non ci credo!

Non credo nei prestiti: quando presti qualcosa, fa’ che non sia molto importante, perchè molta gente non ritiene così importante il prestito e non te la restituirà. Quindi mai prestare soldi, specialmente ad un amico: è il metodo milgiore per perdere l’amico.

Non credo nelle assicurazioni: quando c’è da pagare il premio sono bravissimi e ti lisciano, cercando di ingabolarti, poi quando si tratta di pagare ti fanno notare gli asterischi e le righe piccole…e ovviamente non ti pagano mai.

Non credo nella pensione. Sono conscio del fatto che se un giorno ci arriverò, non mi basterà di sicuro per sopravvivere e quindi inutile farci affedamento.

Non credo nelle superstizioni: tutte cazzate e quindi mi diverto a fare l’esatto contrario. E poi è così divertente vedere le reazioni degli altri….

Non credo all’oroscopo. Tutte cazzate… pensate che a volte lo legge anche mia mamma !!! Non ho parole…. la fine del mondo è vicina!

Non credo alle taglie dei vestiti. Vedi questo post.

Non credo ai Testimoni di Geova. Cioè, non è che non ci credo, ma non me ne frega niente. Vi prego, quindi , di non insistere

Non credo nelle banche: sono quasi perfide come le assicurazioni, quindi cercano sempre e comunque di metter… di spillarti dei soldi facendoti anche credere che lo fanno per il tuo bene. Poi, ovviamente, se hai i soldi te li prestano, se non ce li hai… col cazzo che te li prestano.

Non credo nei metronotte.

Non credo all’impossibile. Talvolta i sogni, anche impossibili, si avverano.


Andy Warhol – "Gianni Agnelli" – 1972

Estate degli anni '90

Poi le cose presero un’altra piega
Rigoni comprò a credito del materiale rubato
Non pagò
e non credo avesse intenzione di farlo
Piombarono di notte a casa i creditori
ubriachi fradici
Sfondarono la porta d’ingresso a calci
e lo massacrarono di botte
Perse del sangue
l’uso della mandibola per qualche giorno
e per un paio di settimane
la voglia di vivere
Ma quell’estate era stata formidabile
Eravamo al massimo della forma
Io e Leo avevamo portato a casa una cassa di champagne
trovata in qualche angolo durante lo sgombero di una cantina
Bottiglie già scadute
che andavano alla testa appena dopo due sorsi
Passavamo i pomeriggi in cucina
Il sudore ci colava addosso
Rigoni teneva banco
le guance infuocate
Eravamo la cornice di un romanzo medievale
Noi
gli eletti

riuniti in una casa che cadeva a pezzi
immersi nel silenzio dei pomeriggi d’agosto
e fuori
fuori la peste

(erano i Massimo Volume – Stagioni. Ma potremmo essere stati noi…)

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