(raccolta molto sparsa di pensieri)

fabiotordi

Category: Marketing

La distribuzione

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Settima puntata – La distribuzione

Qui inizia la seconda parte, relativa alla distribuzione.

Il canale di distribuzione è il percorso che un prodotto segue nel suo trasferimento dal produttore al consumatore o all’utilizzatore finale.
La distribuzione produce il servizio commerciale, definito come “l’insieme di attività necessarie a mettere a disposizione dei consumatori i beni che questi desiderano nei tempi, nei luoghi e nelle modalità desiderate”  (G.Aiello, “Domanda e offerta di servizi commerciali”, Corso di Retail Marketing 2004-2005, Università di Firenze).
Questa definizione, caratterizzata da un’ottica “industriale”, evidenzia essenzialmente il ruolo logistico dell’intermediazione, ma il riferimento alle “modalità desiderate” suggerisce come questo servizio possa essere personalizzato e differenziato attribuendo al distributore un possibile ruolo di marketing autonomo rispetto all’industria.
Nello scenario attuale, dove sempre di più il valore di un prodotto è funzione, oltre che delle sue caratteristiche intrinseche ed estrinseche, anche dei tempi, dei luoghi e dei modi attraverso i quali viene reso disponibile, il ruolo della distribuzione risulta cruciale, in particolare nel settore moda.
I prodotti passano attraverso dei canali distributivi che assumono un ruolo determinante nel raggiungere il consumatore; in particolare essi sono la forza vendita (venditori dipendenti dall’azienda, rappresentanti, agenti, importatori, distributori, concessionari) e il canale distributivo operante sul mercato (ingrosso, grande distribuzione, distribuzione organizzata, dettaglio, vendite per corrispondenza, vendite on-line, outlet, negozi monomarca, ecc).


Questa non c’entra: è la cinghia di distribuzione !!!

Le politiche di prezzo

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Sesta puntata – Le politiche di prezzo

Rispetto alle altre leve del marketing mix , il prezzo si caratterizza per il fatto che, nella sua determinazione, i fattori esogeni (struttura del mercato, concorrenza, ecc.) pesano in misura molto più rilevante. Ciò è ancora più vero nel marketing della moda. In molti settori il prezzo si rapporta ai costi, alla qualità, alla concorrenza; nella moda diviene una variabile “aleatoria”, collegata soprattutto alle aspettative cui il prodotto è destinato.
La moda è il risultato di un bisogno postmoderno di consumare, prima che oggetti, significati( L. A. Giancola, “La moda nel consumo giovanile”, Franco Angeli, 1999) . Il prodotto deve essere in grado di comunicare un mondo d’appartenenza, mantenendo funzionalità ed efficienza.

Il livello del prezzo deve essere attentamente curato al fine di evitare che il prodotto venga banalizzato. Un abito di moda, offerto con un prezzo basso, potrebbe essere ritenuto dal consumatore non più “di moda”, oppure un falso o un prodotto di scarsa qualità: il consumatore è convinto che il prodotto moda abbia un maggiore valore rispetto ad altri beni e desidera pagare questo prestigio che gli assicura. Dietro la cifra scritta sull’etichetta, quindi, non c’è soltanto la logica dei costi.

Differenziazione e segmentazione del mercato

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Quinta puntata (questa settimana va "in onda" il mercoledì)

Nel gioco competitivo del settore un ruolo importante viene assunto sia dalla differenziazione sia dalla segmentazione del mercato, due strategie di prodotto strettamente collegate.
Con la politica di differenziazione del prodotto l’azienda si propone di rendere il proprio prodotto differente da quelli offerti dalle aziende concorrenti. In questo modo l’azienda cerca di sottrarsi alla competizione di prezzo sfruttando il fatto che, tramite la differenziazione, il suo prodotto possa risultare diverso e preferibilmente migliore degli altri.
La strategia di segmentazione parte dal presupposto che il mercato globale è eterogeneo, ma presenta comunque una serie di segmenti omogenei, ciascuno dei quali presenta desideri, motivazioni e caratteristiche peculiari (La segmentazione del mercato è il processo attraverso cui l’impresa suddivide il mercato in “gruppi”, costituiti da soggetti -individui o organizzazioni- con profili di domanda omogenei per taluni aspetti significativi, sufficientemente distinti tra loro. Essa consente di orientare l’impresa sia nella scelta della modalità competitiva, sia nell’implementazione della strategia competitiva, sia, infine, nell’allocazione tra i differenti mercati e i differenti prodotti. Cfr M. Raimondi, op. cit.). Mentre l’obiettivo della strategia della differenziazione è quello di penetrare in ampiezza in un vasto mercato, quello della segmentazione consiste nel penetrare in profondità in un mercato più limitato.

L’offerta, sulla base della tipologia di prodotto, può essere distinta nel settore moda in quattro filoni principali:

  •  Alta moda: fa riferimento ai prodotti di alta sartoria di famosi stilisti; i prezzi sono decisamente alti e i clienti sono ridotti e selezionati, normalmente si tratta di vestiti per grandi occasioni.
  • Prontomoda (detto anche prêt-à-porter): portano sempre importanti nomi di stilisti, di case di moda o d’industrie; i prodotti pur essendo d’alta qualità sono maggiormente accessibili dal punto di vista del prezzo e per questo indirizzati ad un vasto pubblico, sono capi che possono essere indossati anche quotidianamente.
  • Abbigliamento di massa: è l’area nella quale abbiamo la maggior parte dei consumatori; anche se si è in presenza di prodotti a prezzi medio-bassi, rientrano pur sempre nel contesto della moda visto che ne seguono l’evoluzione.
  • Abbigliamento sportivo: si comprendono tutte le tipologie d’abbigliamento sportivo per qualsiasi consumatore.

A lunedì prox!

Il prisma di Kapferer

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Quarta puntata – Il prisma di Kapferer

 

Il prisma di Kapferer
(fonte: J-N Kapferer, “The New Strategic Brand Management: Creating And Sustaining Brand Equity”, Kogan Page, 2004)
Kapferer sostiene che “la marca è un segno la cui funzione è rilevare le qualità nascoste del prodotto che sono difficili da trovare”.
Questo autore utilizza come modello per definire l’identità della marca un prisma esagonale.

Secondo questo schema l’identità e costituita da 6 elementi:

  • Fisici: sono gli elementi di base della marca, quelli che evocano un aspetto fisico o prestazionale (Nike: scarpe sportive; Colmar: abbigliamento da neve con elevate prestazioni). Sono necessari ma non certo sufficienti per formare una marca.
  • Personalità: una marca acquista un carattere, viene identificata come fosse una persona, con – appunto – la sua personalità (Sweet Years è giovane e casual, Lacoste è tranquillizzante).
  • Cultura: i prodotti derivano da un ben definito tipo di cultura (di Paese, di territorio, di azienda) di cui essi sono l’espressione: la marca incapsula questa cultura e può renderla durevole nel tempo, al di là delle persone che l’hanno generata. Una marca può dunque evocare un paese d’origine (Le Coq Sportif), oppure il know how e la tecnologia (Gore-tex).
  • Relazione: la marca spesso fornisce l’opportunità di uno scambio intangibile fra persone, stabilendo fra esse un legame più o meno esplicito.
  • Immagine riflessa. La marca riflette una certa immagine del suo segmento-target: non si tratta perciò del target ma del modo nel quale esso viene identificato dagli altri. L’immagine riflessa di Lacoste sono persone che giocano a tennis, quella di Monella Vagabonda sono ragazze e giovani donne. Ma in ambedue i casi il target di mercato e più ampio. L’immagine riflessa esprime il fatto che chi acquista una marca desidera essere visto non come è ma come vorrebbe essere percepito in quanto utilizzatore di quella marca.
  • Auto-immagine: è l’immagine che il target ha di se stesso e che deve trovare conferma nella marca che viene scelta. In tal caso non si ha a che fare con l’immagine che si aspira ad avere presso gli altri, bensì con le proprie autopercezioni rispetto alle quali l’individuo vuole trovarsi in equilibrio.

Figura 2 – Prisma dell’identità della marca Lacoste

Ecco un esempio: Lacoste, la famosa marca del coccodrillo. L’elemento fisico è dato dalla polo, il coccodrillo, il tessuto di qualità extra fine a nido d’ape, l’associazione con il mondo del tennis e del golf. La personalità è discreta, senza eccessi. La cultura è data da un universo individualista, classico, aristocratico. Le relazioni si hanno con distinzione ed elevazione sociale. L’immagine riflessa è trasgenerazionale, unisex, di classe medio-alta e l’auto-immagine è data da desiderio di distinguersi e di appartenere a un club.

…a lunedì prossimo !!!

La piramide dei bisogni di Maslow

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Terza puntata – La piramide dei bisogni di Maslow

 

Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality del 1954.

Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell’individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L’individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow". I livelli di bisogno concepiti sono:

  • Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)
  • Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione
  • Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)
  • Bisogni di stima, di prestigio, di successo
  • Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).

(fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Piramide_di_Maslow)

 

Figura 1 – La piramide dei bisogni di Maslow

Questa scala di identificazione è stata soggetta a critiche per aver semplificato eccessivamente i reali bisogni dell’uomo e per averne dimenticati alcuni, ma resta un valido supporto per capire le motivazioni che spingono all’acquisto dei beni.
Seguendo la teoria di Engels secondo la quale la percentuale della spesa dei consumatori destinata ai bisogni primari è decrescente al crescere del reddito disponibile, Maslow cerca di dimostrare una conseguente differenziazione delle motivazioni d’acquisto, per le quali i consumatori delle fasce sociali più basse tenderanno a soddisfare i bisogni primari, mentre quelli delle classi più elevate saranno invece piuttosto propensi all’acquisto di beni sempre più voluttuari e rappresentativi di uno status sociale.

Questa sarebbe la ragione dell’affermarsi delle mode e dei prodotti "griffati": il bisogno degli appartenenti ad una classe sociale inferiore di rapportarsi al loro gruppo di riferimento, ovvero una classe sociale non necessariamente superiore, ma che ai loro occhi gode di quel successo che essi desiderano.

continua lunedi prossimo…

La marca nel prodotto moda

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Seconda puntata – La marca nel prodotto moda

 

Il prodotto moda
Nella visione attuale del marketing l’idea del prodotto è un’astrazione che tende ad essere sempre più ampliata andando a contenere elementi che si aggiungono alle semplici particolarità del prodotto stesso come i servizi accessori che accompagnano la vendita e una serie di attributi immateriali quali la confezione, i colori utilizzati, il prestigio del produttore, il fascino dei testimonial, ecc. Sono caratteristiche che aumentano il valore percepito dal consumatore. Tutto questo è ancora più vero se si considera il prodotto moda.

Il prodotto moda caratterizzato da una specifica etichetta, è un elemento ad alto valore simbolico, che possiede un significato e un’anima, che crea emozioni, che consente l’espressione dell’identità, sociale e individuale, di chi ne è fruitore, che permette al consumatore di comunicare messaggi diversi in differenti occasioni d’uso.
Le sapienti strategie di marketing mix creano al consumatore nuove esigenze, e fanno sì che il prodotto sia quello che l’acquirente desidera: l’offerta deve esprimere una gamma di emozioni capace di conquistarlo.
Un prodotto moda come tale richiederà originalità, creatività, styling, tessuto, colore, differenziazione.

La marca
Nel settore moda, particolarmente legato al prodotto, risulta essenziale il ruolo svolto dalla marca. Per essere forte, una marca deve avere elementi forti, distintivi, difendibili legalmente, facili da ricordare, che risultino simpatici, che richiamino alla mente la categoria a cui il prodotto appartiene e che evochino le associazioni desiderate. Nell’ultima decina di anni si è avuto un netto cambiamento della concezione della marca e quindi del modo in cui è intesa e percepita:

Il prodotto è ciò che viene fabbricato in uno stabilimento; la marca è invece ciò che il consumatore acquista; il prodotto può essere imitato da un concorrente, la marca è unica; il prodotto può risultare rapidamente superato, la marca di successo dura nel tempo.”  (S. King – WPP Group, London, citazione da D. Aaker, “Brand Equity. La gestione del valore della marca”, Franco Angeli, 1997)

Nel mercato del sistema moda, oggi il ruolo della marca è andato progressivamente crescendo d’importanza: da semplice nome o simbolo identificativo di un prodotto è divenuta una componente essenziale e centrale capace di sopraffare, talvolta, i prodotti stessi. La marca rappresenta l’idea, il concetto soggettivo che il consumatore si è fatto in maniera sintetica di un’azienda; una buona marca sarà sinonimo di sicurezza, affidabilità, immagine.
La griffe di un prodotto, se è affermata, esercita un valore psicologico di grande influenza assicurandogli un maggiore peso sul mercato ed un migliore rapporto coi consumatori.
Per stabilire l’importanza e la forza che il brand ha tra i fattori del mix, basti dire che in presenza di più prodotti tra loro in concorrenza e che rispondono più o meno in uguale misura alle esigenze del cliente, viene premiato quel prodotto che può vantare una marca affermata, visto che il suo valore simbolico ha una grande influenza.
La marca dovrà tenere conto dei posizionamenti in cui si trovano i suoi prodotti, in caso contrario non sarà accettata, ma anzi completamente ignorata. Non esistono prodotti “giusti” o sbagliati, esistono prodotti giusti e sbagliati in relazione al target, al contesto, al cliente cui sono rivolti.

Storicamente la marca nasce come elemento informativo, identificativo, segnaletico di un’innovazione. Diventa fattore di difesa e di tutela rispetto ad innovazioni non brevettabili. La marca garantisce l’originale e previene la sostituzione con prodotti di qualità inferiore. La marca è una tipica risorsa immateriale; poiché essa consente di capitalizzare il patrimonio di fiducia relazionale, è la più importante risorsa di fiducia dell’impresa.
Rappresenta il presupposto per sviluppare la fedeltà, aiuta il consumatore a memorizzare, interpretare ed elaborare informazioni, riduce la percezione del rischio nell’acquisto e permette di sedimentare informazioni comunicative.
In un numero sempre maggiore di contesti competitivi, l’innovazione di marketing si gioca sulla capacità di continua immissione di componenti estetiche, non funzionali, in prodotti industrializzati.

Per il consumatore, la marca svolge diverse funzioni (M.Raimondi, “Marketing del prodotto-servizio”, Hoepli Editore, 2005) :

  •      Rassicurazione. Riduce il rischio percepito al momento del primo acquisto, oppure presso un nuovo fornitore.
  •      Individuazione. Agevola il cliente nel farsi un’idea della gamma di prodotti disponibili.
  •      Semplificazione e riconoscimento. Associa al prodotto alcune caratteristiche, prestazioni e sensazioni.
  •      Emozioni positive. Assume un significato emozionale per effetto delle associazioni mentali che richiama.

Nella moda, gli elementi simbolici ed evocativi prevalgono su quelli funzionali: il cliente finale non acquista cioè solo prodotti tangibili, ma anche una marca connotata da un sistema di segni di riconoscimento che contribuiscono a identificare la sua appartenenza ad un gruppo socioculturale.

Secondo uno studio del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca socioeconomica fondato nel 1964. Svolge attività di studio e consulenza nei settori della società italiana, ovvero nella formazione, nel lavoro, nel welfare, nell’ambiente, nell’economia e la cultura) per il 23% degli intervistati ritiene la marca la principale garanzia di qualità del prodotto, e il 9,7% la ritiene molto importante, tanto quanto il consiglio del venditore. (Fonte: indagine Censis – Confcommercio 2004)

Gli armadi delle persone sono pieni di abiti e prodotti di abbigliamento; eppure, la gente continua a comprare. Evidentemente, i bisogni soddisfatti non sono solo quelli funzionali, legati al vestire fisico. La domanda viene continuamente creata attraverso il cambiamento del prodotto e l’insoddisfazione generata nel consumatore dal divario tra il suo look e le ultime tendenze della moda.

Continua lunedì prossimo..

Format distributivi…

Format Distributivi del settore moda abbigliamento in Italia: situazione e prospettive del piccolo punto vendita

Prima puntata

Negli ultimi anni, si è assistito nel Nostro Paese a forti cambiamenti dell’apparato distributivo, che si concretizzano in una rapida crescita della Grande Distribuzione a scapito dei piccoli negozi al dettaglio. Se, da un lato, questa situazione permette di razionalizzare la distribuzione consentendo ai consumatori di concentrare i propri acquisti in un’unica soluzione, dall’altro preannuncia la crisi del commercio tradizionale in quasi tutti i settori merceologici. Questo è particolarmente vero nel settore abbigliamento-moda, nel quale si stanno verificando parecchi mutamenti. In questo contesto, si è assistito ad una trasformazione delle formule distributive classiche in formule diverse come il franchising, gli outlet, le stock house.

Nel nuovo contesto di mercato, dinamico e globale, molti dei principi del marketing classico risultano obsoleti e, comunque, inadeguati per garantire rendimenti crescenti nel lungo periodo come in passato. Da un mercato orientato al prodotto dominato da produttori e distributori siamo passati ad una logica fortemente orientata al cliente in cui il consumatore finale ha assunto un ruolo sempre più rilevante. La diffusione di Internet su larga scala ha reso disponibili una serie di informazioni precedentemente inaccessibili, ridefinendo i rapporti di forza tra gli attori economici. Il nuovo consumatore è molto più informato, attento ed esigente che in passato, obbligando le imprese a progettare strutture sempre più flessibili e innovative.

Vorrei parlarvi della distribuzione del prodotto moda-abbigliamento e approfondire un caso particolare. È un argomento trattato in cinque parti. Nella prima parte è presentato il prodotto moda e i diversi settori dell’offerta, esplicitando il grande valore assunto della marca, specialmente in questo campo. Nella seconda parte si introduce l’argomento della distribuzione, definendo il concetto e valutando le nuove tendenze. Vengono esaminati i nuovi trend dei canali distributivi, sia del settore abbigliamento sia del mercato distributivo generale. Infine vengono presentate le particolarità della distribuzione in Italia. Nella parte successiva, la terza, vengono analizzati uno per uno, più nel dettaglio, i principali canali distributivi e per ciascuno sono mostrate le forze e le debolezze, le opportunità e le minacce. Questa analisi non vuole ritenersi esaustiva, ma il limite dell’approfondimento è composto dal fatto che molte di queste formule distributive si sommano e si confondono l’un l’altra. Al giorno d’oggi è difficile schematizzare un mondo così movimentato come quello del commercio per individuare modelli unici: ogni punto vendita può avere caratteristiche differenti da qualsiasi altro. Mi soffermerò quindi sui modelli principali. Presenterò anche lo studio di un caso di successo di vendita on line.
La quarta parte si focalizza su un particolare canale distributivo: il piccolo negozio, che ha sempre caratterizzato la vendita al dettaglio in Italia. Il marketing del negozio presenta ovviamente aspetti diversi da quello di altri canali di vendita, sia per quanto riguarda il rapporto con il cliente che per la comunicazione. Si valuterà l’aspetto relazionale ed esperienziale dello shopping, attraverso i metodi per trasformare il puro atto di acquisto in “esperienza di consumo”. Questi ed altri elementi vengono esaminati più in particolare.
Infine, nella quinta parte, viene introdotto e presentato un caso particolare: quello del negozio “Piazza Affari” di Voghera PV, che ha adottato il modello di vendita della “Stock House”, forgiandolo e adattandolo per la sua specificità.

A lunedì prossimo.

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