Ho letto questo libro di Maria Rita Zibellini e Roberto Rossi edito nel 1998: “Sull’appennino dalla preistoria al duemila. Note storiche a proposito del comprensorio di Pregola e Santa Margherita Staffora”.
Ci raccontano come i liguri abitassero queste zone, prima della colonizzazione romana e di come aiutarono il generale cartaginese Annibale. A questi succedettero, appunto, i romani, i goti e infine i longobardi. Con il Sacro Romano Impero e il sorgere del feudalesimo, prese possesso di questi luoghi la famiglia Malaspina, fino all’arrivo di Napoleone.
Il libretto prosegue cercando di spiegare la storia dei nomi dei paesi dell’alta Valle Staffora e per ciascuno di essi, i cognomi più diffusi.
Devo dire che mancava nella mia libreria, son contento di averlo trovato.
Ho letto questo libro che mi aveva consigliato Andrea, parecchi anni fa, e io avevo acquistato circa due o tre anni fa (ho un po’ di arretrati nella lista dei libri da leggere).
Parla di Londra ed è scritto in modo molto londinese, come piace a me, ovvero senza un filo logico, o cronologico, o per zone, ma in modo (apparentemente) casuale.
Si ma di cosa parla? Di varie esperienze dell’autore, che ha vissuto in tante città, quando ha abitato a Londra. Parla di una Londra non “commerciale“, quindi non di quando ha visitato il British o passeggiato in Trafalgar Square, ma di vari aneddoti nelle zone più o meno “degradate” o meno conosciute.
Mi manca Londra. Mi manca “questa” Londra, questa Babilonia. Ottimo libro per me.
e dopo 11 anni, quando sono da qualche parte o quando leggo qualcosa, mi ritrovo a pensare: QUESTO DEVO DIRLO ALLA MAMMA!
Quando c’è qualcosa di stravagante, o di antico, o di interessante, o di scientifico, o di caratteristico, il mio primo istinto è di parlartene quando arrivo a casa. Poi mi rendo conto che te l’ho già detto, in quel preciso istante, e che tu mi hai appena fatto un cenno di consenso. C’è tanto di te, in me.
Ci svegliamo ancora storditi dallo “Stato di leggero malessere psicofisico (stanchezza, sonnolenza, senso di stordimento, ecc.), generalm. avvertito dopo un lungo viaggio in aereo per il rapido cambiamento di fuso orario.” (Treccani, sta per “jet lag”) e tentiamo una colazione al vicino Starbucks, dove inizio ad avere il leggerissimo sospetto di non capire una mazza di quello che dicono negli USA.
Raggiungiamo il parcheggio “Toy Story” di Disneyland tramite autostrada. Eh si, Los Angeles è talmente enorme che per spostarsi da un punto all’altro ci si muove in autostrada. Tecnicamente il nostro albergo non è a LA, ma a Harbor City, mentre Disneyland è a Anaheim, ma nella pratica è tutta Los Angeles, senza soluzione di continuità, una città immensa, pare che sia 88mila km quadrati.
Da lì ci portano con la navetta fino al parco. In realtà sono DUE parchi, uno di fronte all’altro. Il primo è Disneyland in senso stretto, quello fondato da Walt Disney, il primo al mondo, l’altro si chiama Disney’s California Adventure. Tutte le guide che ho letto consigliano, se non l’hai già visto, se hai una sola giornata, se hai bambini, di visitare IL PRIMO. Iniziamo con lo sfatare un mito: Disneyland è SOLO quello di Los Angeles. Quello di Orlando, in Florida è il Walt Disney World (conosciuto anche come Disneyworld), poi c’è Disneyland Paris (conosciuto anche come Eurodisney), poi c’è quello di Tokyo, Hong Kong e Shanghai.
Ovviamente, con Leo, abbiamo visitato tutte le giostrine subito vicine all’entrata, che sono le prime e le più adatte ai bimbi piccoli, relative a Pinocchio, Alice, Peter Pan, Mary Poppins, ecc. Dopo averne provata anche qualcun’altra e aver preso due bottigliette d’acqua per l’economico prezzo di 10 dollari, ci siamo resi conto che si faceva tardi (il tempo vola in quei luoghi, tra file, toilette, negozietti, ecc.) e ci siamo spostati verso l’area dove avremmo dovuto incontrare il mondo di Topolino. Leo si è divertito come un matto al parco giochi (visto? Per far divertire i bambini spesso non serve sorvolare l’oceano) poi, dopo un’infinita coda per salire su un trenino, appena saliti il suddetto treno si è guastato e quindi siamo dovuti uscire. I classici personaggi che si vedono nelle pubblicità tipo Topolino, Paperino, Minni, Pluto, non li abbiamo visti
Erano quasi le sette di sera, abbiamo raggiunto l’area Star Wars (per far contento il papà), ma proprio durante la fila per entrare nel Millenium Falcon, Leo si è addormentato. Non ci hanno lasciato scelta: non si poteva tenere in braccio, quindi o uscivamo o avremmo dovuto legarlo da solo sul seggiolino davanti. Da bravi genitori cosa abbiamo deciso? Ma di lasciarlo da solo naturalmente! Capiteci: la Flotta Imperiale ci era alle calcagna, non potevamo fare altrimenti!
Leo si è vendicato non svegliandosi più e così ho dovuto portarlo in spalla fino all’uscita e poi fino alla navetta. Credo che possiamo dire di aver visto forse meno di un terzo dell’intero parco.
Ho letto questo libro: “Risottimo“, di Stefano Calvi e Paolo Calvi.
Come si può immaginare dal titolo, l’argomento è il risotto. Ci spiegano come il riso è passato da mangime per animali ad alimento base per ricette sopraffine. Ovviamente spiegano anche come preparare un buon risotto, anzi un ottimo risotto: il brodo, la carne, la verdura, il soffritto, la sfumatura, la cottura, la mantecatura, ecc.
E per finire alcune meravigliose ricette.
Un libro che ti fa venire assolutamente il languorino
Per prima cosa le autostrade non si pagano, salvo rarissimi casi. In ogni caso non esistono caselli né in entrata né in uscita. Molto spesso le strade extraurbane sono talmente dritte, ampie e lunghe, che è come se fossero autostrade. I limiti di velocità sono variabili e sono sempre indicati dai cartelli. Soprattutto sulle strade extraurbane bisogna fare attenzione in quanto, dopo magari decine di miglia nel nulla più assoluto si attraversa un centro abitato e i limiti possono passare da 70 a 25 miglia orarie, o magari ci si può trovare davanti ad un semaforo rosso!
Un’altra particolarità delle strade è che molto spesso hanno una dimensione variabile: ci sono due corsie, poi magari diventano 3, poi 4, poi tornano a 2. Spesso alcune strade “infinite” hanno 3 corsie e quella centrale viene usata, alternativamente, per i sorpassi e quindi si passa da una a due corsie di marcia in modo alternato ogni tot miglia.
Un mito da sfatare è quello che i limiti di velocità sono sempre rispettati da tutti. Non è assolutamente vero. I primi giorni ero spaventato dai racconti di poliziotti nascosti dai cartelloni pubblicitari pronti a puntarti l’arma in faccia se superavi anche di un solo miglio i limiti, e quindi li seguivo rigorosamente. Poi mi sono reso conto che così facendo mi superava anche il carretto dei gelati e sono diventato un po’ più “elastico”. C’è da dire che quasi nessuno rispetta i limiti, ma praticamente nessuno “esagera”. Mi spiego: se c’era il limite di 65, andavano quasi tutti a 70 o 75 al massimo a 80. Se c’era 35 andavano a 40 o 45, ma non vedevi mai nessuno sfrecciare via. Quindi furbini sì, disgraziati no.
Sulla striscia continua invece nessuno transige: spesso su quelle strade infinite, quando arrivava dietro un tizio che andava più veloce di me mi stava dietro, su una strada dritta nel nulla, dove per chilometri dietro non c’era nulla e per chilometri davanti altrettanto, finché non aveva la possibilità di superare o finché io non accostassi volontariamente. Non una volta ho visto dei sorpassi non consentiti.
Altre due regole che ho dovuto imparare: è consentito superare a destra. Questa regola, a mio parere, contribuisce a non bloccare mai il traffico sulle arterie più congestionate. Non mi è quasi mai successo di dovermi fermare o rallentare. Vi spiego: ci sono 4 corsie, tu sei nella corsia numero 2. Quello davanti a te va più piano? Ti sposti nella 1 o nella 3, stop. Senza nessun problema. E poi non “rientri”, non ce n’è bisogno, stai nella nuova corsia. Se qualcuno arriva dietro ed è più veloce, si sposterà. Avete presente quando qui da noi c’è un leggero rallentamento e TUTTI stanno in terza corsia contribuendo a rallentare ulteriormente il traffico? Lì non succederebbe.
Ai semafori, se non ci sono cartelli che lo vietano espressamente, si può girare a destra anche col semaforo rosso. Ti devi, ovviamente, fermare, poi guardare che non arrivi nessuno e infine ti puoi immettere. Un enorme vantaggio di tempo. Molto molto comodo.
Invece sulle autostrade devi stare molto attento a non stare sempre sulla destra, in quanto ogni tanto, per uno svincolo o un’uscita, la corsia più a destra diventa la corsia di uscita e se sei distratto e non te ne sei accorto ti ritrovi fuori oppure in direzione sbagliata. Questa cosa mi faceva sempre infuriare.
Alta particolarità: quando incontri uno “STOP” devi fermarti (e fin qui tutto normale), ma non devi dare precedenza a quello che viene da destra o che è sulla strada principale. Semplicemente partirà per primo quello che era arrivato allo stop per primo. Geniale (in Italia però non lo rispetterebbero in molti)
Se invece arrivi dove c’è uno scuolabus (in giro ne ho visti tantissimi) che ha i lampeggianti accesi (per indicare il carico/scarico di bambini) NON puoi assolutamente superarlo, pena il ritiro immediato della patente.
Ti voevi andà a Rapallo e t’ho portò a Rapallo Ti voevi andà a Snremu e t’ho portò a Sanremu Ti voevi andà a Fegin e t’ho portò a Fegin Ti voevi andà a Casela…
In passato alcune persone hanno cercato di farmi sentire sbagliato, a tal punto che ho creduto che la felicità sarebbe stata nel diventare non-sbagliato.
Invece sono rifiorito, come le margherite a primavera.
Arriviamo all’aeroporto di Los Angeles ovviamente storditi dal jet lag e con le nostre mille valigie (in realtà “solo” 4, più tre zaini) cerchiamo, non senza fatica, il bus che ci porta al noleggio auto. E’ sera, dopo la fila al desk finalmente ci fanno scegliere il nostro mezzo. Io avevo scelto come categoria un SUV di taglia media, per stare più comodi coi bagagli e per affrontare meglio i deserti che ci attendono, ma qui scopro subito il primo VERO MITO americano: “quello che per noi è grande, per loro è medio, se non piccolo”. Infatti ci prospettano tre macchinoni. Ad una prima occhiata io e Valentina vorremmo optare per quello rosso, decisamente da maranza, ma era targato “Colorado”, uno stato che non avremmo neppure visitato, quindi la scelta va su un Toyota 4runner, una bella bestia.
Prima difficoltà: io non avevo MAI guidato un’auto con le marce automatiche, escludendo qualche centinaio di metri con una Smart di un amico, durante i quali ho premuto il freno credendo che fosse la frizione e a momenti mi faccio tamponare. So, dai film americani, che P sta per Parcheggio, R per Retro, N per folle. Mi mancavano S e D. Provo S, la macchina va. Ottimo. In seguito scopro che S sta per “Sport” e quindi una guida un po’ più grintosa e con maggiori consumi, in alternativa a D, che sta per “Drive”, la guida “normale”.
Mi ripeto mentalmente di NON muovere per nessun motivo la gamba sinistra e imbocco l’autostrada. Non ero pronto ad affrontare il modo di guidare americano tutto in una volta, soprattutto dopo 15 ore su un paio di aerei, stanco, al buio (ormai erano le 8 di sera), e su una strada trafficatissima. Gente che mi superava da tutte le parti, timore di superare i limiti e difficoltà a capire dove dovessi andare. Leo e Valentina che dormivano e io che imprecavo mentalmente.
Ma siamo arrivati sani e salvi al motel. Carino, anche se con una presenza un po’ inquietante di un homeless nel parcheggio che ci fissava.
Visto che qualcuno me l’ha chiesto, vi racconto alcune cose del nostro recente tour negli Stati Uniti. Come premessa devo subito specificare che non abbiamo visitato tutti gli stati, ma solo quattro, e in modo anche superficiale, quindi tutto quello che scriverò sarà relativo alla piccola esperienza tra le strade, le città, i paesi e le distese infinite di una parte di: California, Nevada, Utah e Arizona. Per intenderci è come se un turista venisse in Italia, vedesse Venezia, Firenze, Taormina e L’Aquila: un’idea dell’Italia se l’è fatta, ma giusto un’idea.
Vi parlerò di ciò che abbiamo visto, delle mie impressioni, dei miti e dei falsi miti, della gente, vi racconterò aneddoti e alcune piccole riflessioni.
Come prima cosa vi spiego per sommi capi il nostro itinerario: Los Angeles, Disneyland, Hollywood, Santa Monica, Death Valley, Page, Monument Valley, Grand Canyon, Route 66, Joshua Tree Park, Palm Springs, San Diego e Tijuana.